VIA LIBERA AL RECOVERY, MA ANCORA UNA VOLTA L’EUROPA SI PIEGA AD ORBAN
UNGHERIA E POLONIA POTRANNO PRENDERE I SOLDI UE E VIOLARE LO STATO DI DIRITTO PER ALMENO UN ALTRO ANNO
Tra i 27 leader europei riuniti all’Europa Building a Bruxelles la discussione sul recovery fund e sul bilancio pluriennale dell’Ue dura nemmeno mezz’ora.
Tutto è stato deciso ieri da Angela Merkel, presidente di turno dell’Ue, e i governi di Ungheria e Polonia. Il compromesso, che di fatto sospende il regolamento che lega i fondi europei al rispetto dello stato di diritto, plana sul tavolo del Consiglio europeo e viene approvato senza emendamenti.
Così il veto posto da Viktor Orban e il suo alleato polacco Mateusz Morawiecki viene superato. Sbloccati ben 1800 miliardi di euro, la somma tra il bilancio 2021-27 e il ‘Next Generation Eu’, bazooka anti-crisi da covid-19. Ma per l’erogazione dei soldi bisognerà aspettare le ratifiche dei Parlamenti nazionali: un processo non proprio scontato, sul quale l’Ue non può più di una moral suasion. Dipende dagli Stati membri.
Basti pensare che per ‘Sure’, lo strumento varato in primavera dalla Commissione europea di sostegno alla disoccupazione, ci son voluti ben 4 mesi per le ratifiche dei 27 Parlamenti nazionali dell’Ue. Di questo passo, il recovery fund non sarà operativo a gennaio, malgrado l’accordo di stasera.
Osservata speciale: l’Olanda dove si vota a marzo per le politiche, paese che non ha mai ben digerito l’idea di maturare un debito comune europeo (seppure una tantum) al fine di inviare ingenti risorse ai paesi del sud, tra cui l’Italia con i suoi 209 miliardi di euro. In Olanda il recovery fund resta una spina della campagna elettorale del premier Mark Rutte, che ha ottenuto un aumento sugli sconti ai contributi al bilancio Ue, motivo del suo sì stasera. Ma sullo stato di diritto il capo del governo olandese non esce bene.
Rutte è sempre stato il più accanito a chiedere che l’erogazione dei fondi fosse condizionata al rispetto dello stato di diritto, questione molto sentita nell’opinione pubblica olandese come in tutti i paesi nordici, compresa la Germania. Al summit, il premier de L’Aja si presenta con tre richieste.
Primo, vuole essere sicuro che il compromesso raggiunto da Merkel con i due paesi dell’est vada bene anche al Parlamento europeo, istituzione che ha condotto una strenua battaglia sullo stato di diritto, riuscendo a ottenere che diventasse una condizione per avere i soldi Ue. Su questo c’è il placet del presidente David Sassoli, convinto che questo sia “il momento per adottare le decisioni, non per rinviarle”.
Ma Rutte non la spunta sul punto più cruciale. L’accordo raggiunto prevede che Ungheria e Polonia possano usufruire dei fondi europei anche se violano lo stato di diritto. Di fatto, la condizionalità , tanto invocata e ottenuta dal Parlamento europeo, esce ‘sospesa’ dal vertice di stasera. In caso di violazioni, le risorse verrebbero bloccate solo dopo una sentenza della Corte di giustizia europea, dietro ricorso di Budapest e Varsavia (che certamente arriverà ). Di solito, per emettere una sentenza la Corte impiega almeno un anno. Va da sè che l’anno prossimo Orban e Morawiecki potranno continuare ad avere soldi dall’Ue senza dover dare conto del rispetto dei diritti.
Ecco, Rutte chiedeva che questo meccanismo fosse almeno retroattivo: se la sentenza conferma le violazioni, i soldi erogati dovranno essere restituiti. Ma il premier olandese non ottiene nemmeno questo. “Sarebbe come neutralizzare la sospensione”, ci dice una fonte europea, di fatto ammettendo che la condizionalità sullo stato di diritto c’è e non c’è: per ora, è sospesa. Non c’è.
Rutte riesce solo a ottenere che, dopo il vertice di stasera, il servizio giuridico del Consiglio europeo esprimerà un parere sulla solidità giuridica di tutto l’impianto. Magra vittoria. Orban e Morawiecki brindano per aver schivato l’attacco al loro modo di governare, con discriminazioni verso le minoranze, i media non governativi, le comunità Lgbtq.
I leader più interessati ai fondi europei esultano. A cominciare dal premier italiano Giuseppe Conte che, assediato in Italia dalla sua stessa maggioranza di Italia Viva e Pd, trova a Bruxelles un respiro di sollievo con l’accordo di stasera.
Merkel riesce a chiudere il semestre di presidenza tedesco con successo. Non era scontato. L’Europa va avanti nella definizione degli strumenti economici anti-crisi da covid. Ma nel rapporto con i paesi dell’est non c’è un passo in avanti.
Vince il compromesso ‘merkeliano’, forse l’unico modo per tenere unita l’Ue. A che prezzo?
(da “Huffingtonpost”)
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