VIOLATO IL CODICE ETICO: IL SENATORE M5S CONDANNATO E LA DOPPIA MORALE DEI GRILLINI
IL SENATORE DE BONIS, CONDANNATO IN SECONDO GRADO PER TRUFFA AGGRAVATA ALLA REGIONE… SE UNA NOTIZIA FINISCE SUI GIORNALI ALLORA SI ESPELLE IL REO, ALTRIMENTI SI FA FINTA DI NULLA
Vi ricordate di quando Luigi Di Maio in campagna elettorale prometteva che nelle liste del MoVimento 5 Stelle non c’erano impresentabili?
Vi ricordate di quando si è scoperto che in lista all’uninominale Di Maio aveva fatto mettere massoni ed indagati?
Il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle rassicurava gli elettori che «Tutti coloro che erano in posizioni eleggibili nei candidati delle liste plurinominali mi hanno già firmato un modulo per rinunciare alla proclamazione altrimenti gli facevo danno d’immagine».
Gli altri, spiegava il leader pentastellato, erano in collegi uninominali perdenti, quindi non sarebbero stati eletti. Ovviamente non è andata così.
Alcuni degli impresentabili presentati dal MoVimento 5 Stelle sono stati espulsi (ma sono rimasti in Parlamento), come ad esempio Salvatore Caiata il presidente del Potenza calcio eletto alla Camera in Basilicata e subito espulso dal M5S perchè indagato.
Altri — per non si sa quale motivo — invece hanno potuto tenere lo scranno e il posto nel partito del Capo.
È il caso del Senatore Saverio De Bonis, eletto all’uninominale in Basilicata con la bellezza di 123.118 preferenze. De Bonis attualmente è membro della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama. E il 19 febbraio 2017 è stato condannato in secondo grado per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art 640 bis c.p.) dalla Corte dei Conti.
La sentenza d’appello è stata pubblicata nel maggio scorso ma De Bonis non solo è stato candidato dal MoVimento 5 Stelle ma, in aperta violazione del Codice Etico non si è autospeso nè è stato espulso dal M5S.
Ma il problema è un altro, perchè dal momento che le sentenze di primo grado a carico di De Bonis sono state emesse nel 2014 e nel 2015, il senatore non avrebbe potuto candidarsi perchè non solo era indagato ma era già stato condannato in primo grado.
Eppure le cose sono andate diversamente perchè — e non è chiaro se i vertici ne fossero a conoscenza o meno — De Bonis è arrivato in Parlamento nonostante la condanna (non definitiva) per truffa e la prescrizione per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
Il sistema dei due pesi e delle due misure (o della doppia morale) pentastellata funziona così: se la stampa scopre che un “portavoce” è sotto indagine allora viene espulso (come nel caso di Caiata) ancora prima di essere eletto, anche se poi viene archiviato.
Se la notizia di una condanna in secondo grado non arriva sui giornali allora il MoVimento degli onesti e trasparenti fa finta di niente.
Eppure la condanna di De Bonis, imprenditore agricolo molto attivo sul fronte politico della tutela della qualità di riso e grano italiani, dovrebbe far riflettere il M5S.
Perchè l’accusa nei confronti di De Bonis è quella di aver truffato la Regione Basilicata al fine di ottenere l’ammissione della sua azienda ai benefici previsti dal P.O.R. Basilicata 2000-2006, Misura IV.8 “Investimenti nelle aziende agricole nell’ambito delle filiere produttive.
I fatti risalgono al 2004 e nella sentenza si legge che «<agli atti di causa risulta che il De Bonis ha dichiarato nella domanda di essere imprenditore agricolo dal 7/11/2000 ed “insediato da non oltre 5 anni”, mentre dalla “visura storica dell’impresa” depositata in atti dal P.M., risulta iscritto presso la Camera di Commercio Industria ed Artigianato di Matera quale “Impresa Agricola (sezione speciale)” sin dall’8.1.1997, e risulta altresì “data d’inizio dell’attività d’impresa 03/04/1996” relativamente all’attività di coltivazione di cereali>. Per cui il suddetto non era in possesso dei requisiti per godere delle agevolazioni previste nei confronti dei c.d. “giovani imprenditori agricoli”».
In pratica secondo l’accusa De Bonis avrebbe tentato di acquisire il maggior punteggio in graduatoria (e il finanziamento maggiore) concesso a quei “giovani imprenditori” nel caso di richiesta di ammissione al contributo venisse presentata «da giovani agricoltori che si siano insediati in azienda da meno di cinque anni».
La prima sezione d’appello della Corte dei Conti ha condannato De Bonis al pagamento, in favore della Regione Basilicata, di euro 2.775,0.
Ma non è tanto l’entità della condanna il problema, quanto il fatto che De Bonis abbia taciuto sul suo processo ai vertici del partito.
E se De Bonis non ha taciuto e il Capo Politico e lo Staff ne erano a conoscenza allora la situazione dimostra il doppio standard pentastellato.
Perchè? Forse perchè al Senato la maggioranza è meno ampia che alla Camera. Ogni voto conta, e il MoVimento non può permettersi di perdere un senatore.
(da “NextQuotidiano”)
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