Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
GLI SCONFITTI NON POSSONO DIVENTARE AFONI, SVANIRE NEL NULLA E CONDANNARSI AL’IRRILEVANZA… IN POLITICA SI PUO’ PERDERE, MA NON SPARIRE DOPO AVER PERDUTO
Dopo la sconfitta elettorale, il centro moderato, quello che voleva e doveva diventare il terzo polo
riequilibratore della politica italiana, è scomparso. Silente. Stordito. Incapace di indicare un sia pur minimo segnale di riscossa a beneficio almeno di quel 10 per cento di italiani che lo aveva scelto.
L’ago della bilancia si è spezzato.
Il terzo polo è emerso fragorosamente, ma sventola come icona quella di Beppe Grillo: altro che riequilibrio.
I postumi di una sconfitta sono dolorosi.
Ma il senso di lutto, se si è responsabili verso quella parte anche se minoritaria di elettorato che ha optato per i perdenti, non può essere l’unica risposta.
Se le idee «riformiste» erano buone, è giusto non dismetterle anche nel caos post-elettorale che rischia di precipitare l’Italia nell’ingovernabilità .
Si cerca una via d’uscita al marasma scaturito dalle urne.
L’attenzione pubblica è concentrata sull’oggetto misterioso che il movimento di Grillo ha portato in Parlamento.
Ma il Pd e il Pdl sembrano inghiottiti dagli identici schemi del passato.
Il bipolarismo che l’area capeggiata da Mario Monti bollava come primitivo e in balia delle rispettive spinte estremiste o massimaliste, è stato travolto da un pareggio che non prevede soluzioni di governo che non passino attraverso il bagno in una qualche trasversalità .
Le forze che si sono combattute in campagna elettorale devono trovare una qualche intesa se non si vuole il ritorno il più celere possibile alle urne.
Manca però la voce di quel «centro» che fino a pochi giorni fa sembrava il pilastro essenziale della governabilità futura.
Il Fli di Fini è stato annichilito, l’Udc di Casini è ridotto al minimo, la «Scelta civica» di Monti vive un risultato deludente, asfittico, di gran lunga inferiore anche alle meno rosee previsioni.
Ma gli sconfitti non possono diventare improvvisamente afoni.
Se ritenevano la loro «agenda» essenziale per salvare l’Italia dal baratro della crisi, a maggior ragione oggi, anche se i numeri parlamentari non consentono di svolgere un ruolo determinante, quella certezza non può essere abbandonata, annientata dal dibattito politico.
Le forze che si sono coalizzate per un progetto evidentemente non gradito all’elettorato devono seriamente ragionare sui motivi di una sconfitta tanto cocente, ma non possono consentirsi di svanire nel nulla, di condannarsi all’irrilevanza, di mettere il silenziatore su tutte le proposte sostenute con tanta veemenza in campagna elettorale.
Se la linea di Pietro Ichino sul mercato del lavoro era considerata indispensabile alla vigilia delle elezioni, non può essere sradicata dall’ordine delle cose possibili dopo una disfatta elettorale.
Se una parte della «società civile» ha ritenuto utile e urgente «salire» in politica, non è possibile che la salita venga seguita da una repentina e amara ridiscesa, a seguito di un verdetto elettorale molto negativo.
Se continuerà la linea depressiva del silenzio e dello sbigottimento post-traumatico, si regaleranno argomenti a chi considerava la coalizione centrista un mero espediente elettorale.
In politica si può perdere, ma non si può sparire dopo aver perduto.
Non ci si scioglie, non si lascia senza guida un 10 per cento di elettori, senza una prospettiva, senza l’idea di qualcosa per cui valga la pena combattere anche se le cose vanno in senso contrario.
Qualcosa che vada oltre gli incontri istituzionali di routine.
E che abbia l’ambizione di restare nel tempo.
Pierluigi Battista
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Casini, Fini, Monti | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
LE PRESSIONI SUL PROCURATORE CHE INDAGAVA SULLE SPESE PAZZE DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI BOLZANO
Robert Schà¼lmers, procuratore regionale della Corte dei Conti del Trentino Alto Adige scrive a Tommaso Miele, presidente dell’Anm dei magistrati contabili e alla mailing list dell’Associazione.
Caro Presidente (…) meno di un anno fa, ossia a fine giugno 2012, il Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, mi ha chiesto — nelle mie funzioni di Procuratore regionale — di stare più tranquillo nei confronti dei vertici politico-istituzionali della Provincia autonoma di Bolzano, altrimenti “questi ti/ci distruggono” (labiale non comprensibile).
Stando infatti ai nostri vertici istituzionali, il Presidente provinciale (…) in attesa di giudizio in due altri processi pendenti (di cui uno, in materia di rimborso Irap, assai complesso e delicato) e al tempo sottoposto ad altre due indagini, si era lamentato del Procuratore regionale, agli inizi di giugno 2012, nientemeno che presso il Quirinale, in occasione di una visita ufficiale, e Napolitano, da lui invitato per settembre 2012 a Bolzano per ricevere una solenne onorificenza, aveva subito dato mandato ai suoi ormai famosi “consiglieri” di intervenire presso la Corte dei conti, muniti di apposito dossier sul sottoscritto (cause vinte e soprattutto cause perse, come se queste fossero indice di inettitudine del Procuratore) per vedere se si poteva fare qualcosa per ricondurre a ragione questo indisciplinato magistrato. (…)
Di qui i primi e unici contatti, a Bolzano, con il Presidente Giampaolino (…) e anche il primo abboccamento — un paio di settimane prima — richiesto dal neo Procuratore generale, Salvatore Nottola. (…) Arriviamo poi a fine gennaio di quest’anno, dove, accompagnato da motivazioni quantomeno discutibili (…), arriva improvvisamente, surreale ed irricevibile, un non richiesto “consiglio” di archiviare — “con pronta sollecitudine” e con motivazione che sembri “autonoma” — un procedimento nei confronti del Presidente provinciale in una vicenda di estrema gravità , costituente, senza dubbio, il caso più delicato sinora trattato da questa Procura. (…)
“Diffuse falsità ”
Giovedì 28 febbraio 2013
Salvatore Nottola, procuratore generale presso la Corte dei Conti, scrive a Tommaso Miele dell’Anm.
Caro Presidente, con riferimento alla lettera divulgata dal Procuratore Regionale Robert Schà¼lmers (…) in data 26 febbraio 2013 (…) le affermazioni contenute nella lettera, di oggettiva gravità , per quel che riguarda la mia persona non rispondono neppure in minima parte alla verità dei fatti. Rivendico di aver sempre esercitato funzioni e prerogative, anche in sede di coordinamento previsto dalla legge, nel massimo rispetto dell’autonomia dei singoli magistrati (…)
“Le mie verità ”
1 marzo 2013
Robert Schà¼lmers scrive a Salvatore Nottola, procuratore generale presso la Corte dei Conti e a Tommaso Miele (Anm) attraverso la mailing list dell’Anm.
Caro Procuratore generale, prendo atto che dopo più di un mese di silenzio torni finalmente sull’argomento. Lo fai rivolgendoti al Presidente dell’Associazione, forse perchè costretto dall’evolversi degli eventi. (…)
In data 5 giugno 2012 il Presidente provinciale Luis Durnwalder si reca in visita ufficiale al Quirinale e, tra una chiacchiera e l’altra, chiede un intervento del Capo dello Stato, come già scritto in precedenza.
Dopo neppure un paio di giorni arriva una tua telefonata in cui (…) mi metti al corrente che la settimana entrante (…) ti attende un appuntamento con un personaggio importante che ti deve raccontare delle cose su di me e non vuoi essere impreparato. Mi chiedi di predisporre una relazione sulla situazione.
Ma di spedirtela non all’indirizzo della Corte, ma al tuo indirizzo di posta elettronica privata. Non vuoi che resti nulla sul server della Corte.
Lavoro tutta la notte e il giorno dopo ti mando, al tuo indirizzo di posta elettronica privata, una lunga relazione (…)
Inizia così: “Quando settimana scorsa il Presidente provinciale Alois Durnwalder si è recato in visita ufficiale al Quirinale ho sperato (…). Qualche giorno dopo mi chiedi di raggiungerti presso una località termale trentina (…) Passeggiamo lungo un bellissimo parco, scegli una panchina isolata, e giù a raccontarmi del personaggio quirinalizio, che non mi nomini, ma che ti avrebbe raccontato cose su di me, pregandoti di “non prendere appunti” perchè il Quirinale non voleva essere formalmente coinvolto nella vicenda.
Mi dici che mi riferisci solo il 10% di quello che ti è stato detto. Ma a me basta.
Mi riferisci di come si sia cercato di delegittimarmi, parlandoti di miei presunti insuccessi processuali.(…)
Mi dici che comunque stai dalla mia parte, che le pressioni le conosci, per averle subite in passato, e mi chiedi di predisporti quanto prima uno specchietto delle sentenze della sezione giurisdizionale di Bolzano degli ultimi anni. Ti serve perchè comunque vuoi rispondere al Presidente della Repubblica”.
Con mail di mercoledì 27 giugno 2012, (…) ti mando finalmente, sempre all’indirizzo privato, lo specchietto delle sentenze dal 2009. (…) Ti servirà per la tua relazione al Quirinale. (…) Napolitano si dirà soddisfatto. Meno male. Nel frattempo capita un imprevisto. Il 29 giugno 2012 il Presidente Giampaolino è a Bolzano in occasione del giudizio di parifica. (…) Il Presidente desidera parlare con me dopo la cerimonia. Attendo pazientemente e durante il buffet, con un calice in mano e qualcosa nell’altra, mi dice quello che mi deve dire. (…) A fine gennaio, (…) mi “consigli” caldamente di archiviare la vertenza di cui sappiamo. Per te è normale lavoro di coordinamento, per me, invece, è pura e semplice ingerenza. (…) Invero, di punto in bianco, venerdì 25 gennaio 2013 (…) mi arriva una mail che per noi in Procura è a dir poco un fulmine a ciel sereno. (…)
Mi dici che, a distanza di più di un mese, ti saresti improvvisamente accorto che il decreto di sequestro impugnato dalla Provincia di Bolzano dinanzi alla Corte costituzionale sarebbe illegittimo, perchè frutto di una “deduzione logica” (…)
Mi inviti perentoriamente a “studiare un sistema per uscirne” (studiare un sistema per uscirne? Ma da dove?).
Mi scrivi che dovrei “revocare il decreto di sequestro ed archiviare la vertenza. Bisognerebbe però trovare una motivazione non basata sulla presentazione del ricorso ma che avesse il senso di un’autonoma decisione.”.(…)
Tra l’altro, nel frattempo, la Procura contabile si era già costituita in giudizio presso la Corte costituzionale e la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva fatto la stessa cosa, sostenendo la piena legittimità dell’operato della Procura contabile di Bolzano (…) Per me la Provincia ha fatto un errore e la Consulta dichiarerà il ricorso inamissibile o infondato. (…)
A mio avviso si tratta semplicemente di ingerenze indebite (…) Come ritengo altresì che quella che è stata posta in essere da parte del Quirinale, piaccia o non piaccia, sia un’altra interferenza indebita. Ma questo è il mio punto di vista (…)
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Giustizia | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
IL PROFESSORE E’ CONVINTO CHE BERSANI FALLIRA’… LO SCENARIO DI UN PATTO CON RENZI, MA NON ORA
Mario Monti ritiene che il tentativo di Bersani di formare un governo sia destinato a fallire e che le
ipotesi di tornare a votare siano al momento molto alte.
È un convincimento rafforzatosi nelle ore successive al colloquio di due giorni fa avuto con il capo dello Stato e di cui ieri il Professore ha discusso con Matteo Renzi, in vista a Palazzo Chigi.
Due ore di incontro con il sindaco di Firenze, a tu per tu, con la moglie Elsa che entrava di tanto in tanto nello studio, hanno avuto ieri come giustificazione formale un visita di carattere istituzionale: «Non ci poteva essere scusa migliore per provocare Bersani», dicono nello staff di Scelta civica, ironizzando su quella che chiamano divertiti la «scusa» di Renzi.
Oggi Monti terrà una conferenza stampa e finalmente dirà cosa pensa del momento politico. Con i suoi ha giudicato «un atto di egoismo», innanzitutto verso il Paese, l’arroccamento di Bersani sull’ipotesi di un governo con Grillo.
La ritiene un’opzione destinata al fallimento e si prepara a rimarcarlo in sede di elezione del presidente del Repubblica, scelta su cui è certo di poter giocare un ruolo non indifferente.
Forse sono solo suggestioni, scenari corroborati da auspici di parte, ma quello che apertamente i collaboratori del Professore immaginano in questo momento è un’alleanza politica fra Renzi e il Professore, dopo il fallimento del tentativo di Bersani di formare un governo e lo scioglimento anticipato della legislatura.
Dunque l’intesa non sarebbe per domani, ma in prospettiva magari di un ritorno alle urne.
Ovviamente si può solo chiamare scommessa politica, non è affatto detto che il presidente della Repubblica la pensi allo stesso modo, ma la prospettiva di votare di nuovo prima dell’estate è giudicata a Palazzo Chigi molto verosimile: e con un Pd in cui Renzi vincesse la sua partita per la leadership allora si schiuderebbe un altro scenario, che in qualche modo depotenzierebbe anche il Cavaliere.
Insomma sembra che per Monti tutte le ipotesi sin qui fatte confliggano con i numeri parlamentari, con le esigenze di governabilità del Paese, che ha un bisogno di stabilità ancora drammaticamente alta rispetto ad altri Paesi europei.
Anche se lo stesso premier uscente riconosce che tutte le opzioni restano formalmente ancora aperte.
Ma tornare a votare dovrebbe consentire di ritrovare un livello più accettabile di stabilità politica, per dare al Paese un governo più forte di quelli che in queste ore si stanno immaginando in ogni sede istituzionale.
Sono argomenti che domani potranno essere affrontati da Monti direttamente con Bersani: l’incontro per preparare una convergenza istituzionale ampia sul prossimo Consiglio europeo è destinato a coinvolgere anche questi temi. E lo stesso avverrà il giorno dopo con Berlusconi.
Ieri sera erano ancora in corso contatti fra Grillo e Palazzo Chigi per verificare le intenzioni del leader del Movimento 5 Stelle: anche lui è stato invitato ad incontrare il presidente del Consiglio prima del vertice Ue, ma non ha ancora dato una risposta.
«La posta in gioco è alta, quali nuovi governi?». Pausa. Sorriso.
«Parlo per quella parte del mondo (arabo, ndr). E quali nuovi equilibri tra Islam e democrazia?».
Con queste parole, scherzando, ieri Monti è parso per un attimo sfiorare in pubblico lo scenario politico attuale, durante un convegno alla comunità di Sant’Egidio.
Per un attimo, appunto, poi ha proseguito parlando di Paesi islamici e di primavere politiche di quelle regioni.
Marco Galluzzo
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Bersani, Monti, Renzi | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
“CORRO ALLE PRIMARIE, NIENTE SCORCIATOIE”… VENDOLA E IL “PIANO B”, SPUNTA SACCOMANNI
«La mia strada è dentro il partito, non sono interessato a scorciatoie e non ho intenzione di mollare Pierluigi». Matteo Renzi si presenterà stamattina alla direzione del Pd.
È il D-day delle decisioni importanti, dopo la vittoria che sa di sconfitta, giorno dell’atteso discorso del segretario Bersani a caccia di una via d’uscita dall’impasse. Il sindaco di Firenze è arrivato già ieri a Roma, in treno, ha raggiunto in taxi Palazzo Chigi per incontrare il premier Mario Monti, discutere del bilancio dei comuni ma inevitabilmente anche degli scenari.
Oggi ascolterà il leader come gli altri dirigenti, il suo intervento è altrettanto atteso, in un partito confuso e che per certi versi guarda già avanti.
«Noi non dobbiamo inseguire Grillo, dobbiamo sfidarlo sul suo terreno, quello dell’innovazione – è la convinzione maturata in queste ore da Renzi – In tutta la campagna elettorale ci siamo fatti dettare l’agenda da Berlusconi. Ora, con la campagna finita, non possiamo farcela imporre da Grillo».
Bisogna uscire dall’angolo e per farlo l’ex “rottamatore” proporrà oggi una ricetta di riforme pesanti in quattro step.
«Primo, abolire il finanziamento pubblico ai partiti. Secondo, cancellare i vitalizi ai parlamentari. Terzo, trasformare il Senato in Camera delle autonomie, i cui componenti verrebbero designati e dunque retribuiti dagli stessi enti locali, comuni e regioni. Quarto, l’abolizione delle Province».
Sul piano interno, Renzi in questa fase resta al fianco del segretario, a dispetto di tutte le congetture.
«Non ho alcuna intenzione di mollare Bersani – ha confidato agli interlocutori romani della vigilia – Lo potrei lasciare solo un minuto dopo che lo abbiano fatto Migliavacca ed Errani».
I suoi fedelissimi di sempre, come dire: mai.
E rincara: «Vergognoso chi vuole fare la pelle al leader in questo momento. Per quanto mi riguarda, io non sono interessato a scorciatoie. La mia strada è dentro il partito e attraverso nuove primarie, semmai, sarei pronto a ripropormi».
Nuove «primarie vere», le uniche attraverso le quali può immaginare un approdo a Palazzo Chigi. Nessuna cooptazione.
Voto in autunno? E allora primarie a giugno-luglio.
Voto tra un anno? Primarie e congresso a ottobre-novembre.
È il calendario virtuale di un sindaco che esclude invece qualsiasi intesa col Pdl di Berlusconi, come pure le offerte di Corrado Passera: «Non esiste che io vada con l’ex ministro, tanto meno mi faccio schiacciare a destra, io sto dentro il Pd e ci resto».
La scalata, se ci sarà , dovrà essere tutta interna. «Se invece perdo, lascio tutto, a quel punto lascio anche Firenze».
Poi, la sera, intervenendo a Ballarò, Renzi ha ammesso: «Se avessimo rottamato di più, il Pd sarebbe andato meglio» alle elezioni.
Fuori dal Pd adesso anche Nichi Vendola, pontiere virtuale coi grillini, non dà più per scontato un esecutivo a guida Bersani, pur premettendo che al segretario spetti la «prima mossa».
Parla alla direzione di Sel e ipotizza un “piano B”, un «governo di cambiamento, di antitecnici, con incarichi a personalità che tutelino il bene comune e le esigenze del paese».
Magari, più facile dopo l’elezione del capo dello Stato. Intanto, un primo incarico esplorativo a Bersani resta l’ipotesi più probabile.
È sul dopo che si moltiplicano già ipotesi e scenari.
Accanto al nome dell’attuale ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, sullo scacchiere prende già quota la pedina del direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni: l’uomo forte di via Nazionale che due anni fa è stato frenato nella corsa alla poltrona di governatore solo dal braccio di ferro tutto interno al governo Berlusconi.
Per un esecutivo di corto respiro, sei mesi o un anno, nessuno si sente di spendere la carta dell’attuale governatore Ignazio Visco.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: Bersani, Partito Democratico, PD, Renzi | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
“MA MAI UN GOVERNO CON BERLUSCONI”… LE FRIZIONI CON IL QUIRINALE, IL SEGRETARIO APRE AL PIANO B
Per tenere unito il Pd, Bersani non minaccerà le elezioni a giugno, eviterà l’aut aut «o il mio governo o
si torna a votare».
Anche Giorgio Napolitano, con il quale i rapporti non sono idilliaci in questa fase, osserva le mosse della direzione democratica.
Ma il segretario pianterà un paletto che sembra destinato a escludere qualsiasi forma di collaborazione con gli avversari di sempre.
E quindi a restringere il campo di un’alternativa alla sua impresa. «Che sia tecnico, del presidente, di emergenza, per me non esiste alcun governo con Berlusconi».
Con il politico che «compra De Gregorio», che secondo la procura avrebbe avvicinato «anche Razzi e Scilipoti», non si tratta e non si vota la fiducia.
Il paletto può essere accettato da tutti e scongiurare una conta che, all’indomani della sconfitta, rischierebbe di spaccare il Partito democratico definitivamente seppellendolo sotto le macerie.
Ognuno però ascolterà le parole del segretario con un retropensiero diverso, con orizzonti che non hanno lo stesso colore.
Per i bersaniani di più stretta osservanza la partita non è ancora persa. «Qualcosa si muoverà nel Movimento di Grillo. Noi dobbiamo proporci con umiltà e con senso di responsabilità . Dando la prova di un cambiamento radicale».
Questa prova è affidata agli 8 punti del programma: Europa (correzione delle politiche Ue, non solo rigore ma crescita), misure urgenti per il lavoro e sul fronte sociale, riforma della politica, leggi contro corruzione e mafia, conflitti di interesse, green economy ed efficienza energetica, diritti, istruzione e ricerca.
È la base di un corteggiamento che ha già registrato molti rifiuti netti dai grillini. Secondo Bersani, però, non sta in piedi una seconda scelta «e anche Napolitano deve discutere con noi», dice un collaboratore del leader.
Ma la linea oltranzista, nel corso di questi giorni, è stata abbandonata.
Anche Bersani si chiede se non ci sia uno sbocco differente, anche senza Berlusconi, magari rinunciando a guidare in prima persona l’esecutivo.
Il segretario ha perso pezzi della sua maggioranza interna sulla trincea delle elezioni immediate. Da D’Alema a Enrico Letta, i suggerimenti di prudenza sono arrivati forti e chiari.
I due dirigenti hanno garantito lealtà assoluta al tentativo bersaniano, ma avvertendolo: «Se non va in porto l’intesa con Grillo, si azzera tutto e si ricomincia daccapo».
Cioè, la parola passa al capo dello Stato e si esaminano anche soluzioni nuove che non portino il Paese dritto dritto alle urne.
Stavolta D’Alema e Matteo Renzi navigano nella stessa identica direzione.
Il sindaco di Firenze conferma che «non pugnalerà Bersani» e che non gradisce le prese di distanza del giorno dopo. Ma è convinto che il segretario non ce la farà .
La direzione di oggi segnerà anche un passaggio importante per la storia futura del Partito democratico.
Renzi infatti, seppure sulla posizione della lealtà estrema, prenderà la parola. È la prima volta che lo fa in quella sede, davanti alla nomenklatura del Pd che non lo ama.
In altre occasioni si era sempre limitato a un’assenza giustificata (si fa per dire) o una breve visita prima di riprendere al volo il treno.
Renzi non pugnala perciò, ma sente “l’odore del sangue”.
«Non c’è dubbio, il suo discorso sarà uno spartiacque. Mette un piede dentro al partito per conquistarlo », è l’opinione di D’Alema e Letta.
Quando alludono all’azzeramento, l’ex premier e il vicesegretario pensano del resto anche alla leadership del Pd, al ruolo di Bersani, che in caso di bocciatura del governo Pd-M5s, è destinato a lasciare la segreteria aprendo la corsa alla successione.
Con Renzi grande favorito. Bersani si gioca tutto, sul fronte del governo e sul fronte del Pd.
A invocare le elezioni anticipate sono rimasti i giovani turchi di Matteo Orfini e Stefano Fassina. Non a caso, ieri, esclusi dalle consultazioni del segretario e del suo staff. Il segretario non li segue, preferisce giocarsi le sue carte in Parlamento e al Quirinale.
Perchè il suo obiettivo è far partire comunque un governo, presentandolo alle Camere, cercando lì i voti necessari ad andare avanti.
«Un sentiero strettissimo, ma quello di una maggioranza con Berlusconi lo è anche di più».
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
argomento: Bersani, Partito Democratico, PD | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
OGGI IN DIREZIONE VIA LIBERA SCONTATO A BERSANI… LE POSIZIONI DEI “GIOVANI TURCHI” E QUELLA DI VELTRONI
Quelli che scherzano: “Ora in streaming sul web, dobbiamo presentarci come hanno fatto i grillini?». Ironia amara alla vigilia della Direzione democratica, per la prima volta trasmessa in diretta.
Quelli che prendono atto della «gravità del momento» e non hanno voglia neppure di una battuta.
I fratellicoltelli, le correnti, le diverse anime ribollono nel “parlamentino” democratico.
Siamo al punto di massima tensione. Però lo tsunami elettorale non consente vecchi copioni. Non ora, non oggi.
Non più D’Alema e Veltroni contro, la musica è cambiata nelle urne.
Oggi c’è Renzi, che per la prima volta interverrà in Direzione. Non lascerà solo Bersani e appoggerà la linea di tentare un governo con i 5Stelle, anche se è la cosa che lo convince di meno: «Mollo il segretario solo dopo che l’ha lasciato Migliavacca…», scherza il sindaco “rottamatore”.
Maurizio Migliavacca è il capo della segreteria bersaniana, piacentino, fedelissimo, l’uomo a cui Bersani affida le patate bollenti.
La rotta l’hanno discussa di nuovo insieme, ieri. Con lui si è confrontato il leader per limare quegli otto punti di governo — correzione delle politiche Ue; misure urgenti per il lavoro; riforme della politica; conflitto d’interessi; diritti; green economy; scuola e ricerca — e per andare avanti nel tentativo di formare un governo con l’appoggio dei grillini.
Nella nuova geopolitica democratica sono i “giovani turchi” a fare la parte del leone. Sono loro a delimitare il perimetro di movimento del segretario; loro che alzano la voce e chiudono del tutto alla possibilità di un piano B.
Stefano Fassina, Alessandra Moretti, Matteo Orfini, Andrea Orlando, il segretario dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini condividono la strategia di Bersani e anzi ne accentuano l’ultimatum: nessuna uscita secondaria, o si fa un governo con i 5Stelle o si va al voto.
A guidare il tentativo non può che essere Bersani.
Eventuali governi tecnici? «No», è la risposta secca.
E soprattutto: «Mai con il Pdl, mai con Berlusconi». Nico Stumpo, un altro dei giovani bersaniani, lo ripete a muso duro.
In vista di questo copione, ha deciso di disertare la riunione Marco Follini. Parla di disagio, di «un passo e mezzo indietro» per via di una linea in cui non si riconosce. Follini è tra i più convinti sostenitori del governo del presidente.
Spetta cioè a Napolitano decidere, e meglio sarebbe affidare l’incarico di governo a una figura terza.
Al di là dell’assenza politica di Follini, quelli che — come Veltroni, Tonini, Gentiloni — condividono questa posizione, non andranno però alla resa dei conti.
«Saremo tutti con Bersani e speriamo che Grillo non chiuda del tutto», annuncia Walter Verini, braccio destro dell’ex segretario.
Non è al primo giro di giostra che il Pd si spaccherà .
Potrebbe addirittura concludersi con l’unanimità la riunione di stamani.
Poi, se Bersani dovesse fallire, si riapriranno anche i giochi dentro al partito.
Ieri sera si è riunita Areadem, la corrente di Franceschini, per fare il punto. Franceschini e Enrico Letta, il vice segretario, si muovono di concerto.
«Siamo molto in sintonia» dicono entrambi. «Mandato pieno al segretario», dichiara Letta. «Un passo per volta», aggiunge.
Cosa significa? «Non si può ragionare adesso su quello che accadrà dopo».
Se l’impresa di Bersani fallisse, tutto andrebbe riconsiderato? Potrebbe essere indispensabile un appoggio a un governo tecnico, oppure si dovrebbe trovare la quadra con un esecutivo guidato da un altro esponente democratico.
Insomma, un piano B ci deve essere per forza. Non è però questo il momento di fasciarsi la testa. «La situazione va gestita passo per passo», ragiona Letta.
Così la pensa anche Beppe Fioroni. I dissensi covano sotto la cenere.
E D’Alema? Il “lider Maximo” per ora si è allineato.
E pare che Orfini, ex dalemiano, lo abbia invitato a non esporsi a interviste, a dichiarazioni.
Il vento del cambiamento soffia e soffia forte.
Ivan Scalfarotto, renziano, chiederà di avviare al più presto le pratiche del congresso. E intanto potrebbe esserci una reggenza “pro tempore” del vice Letta. Non è tuttavia al proprio ombelico o alla punta delle proprie scarpe — citazioni bersaniane — che guarderà la direzione.
Su questo i fratelli — rinfoderati i coltelli — sono tutti d’accordo.
I più scettici su Grillo e sulla possibilità di coinvolgere un movimento antagonista nel governo del paese e nel rispetto degli impegni europei, staranno intanto a guardare. Rosy Bindi afferma di essere tra i “non allineati”: considererà , valuterà .
Si rischia un unanimismo di facciata? «È che tutto è molto fluido, e un tentativo politico va fatto assolutamente e affidato a Bersani.
Con un accorgimento: il voto sarebbe il trauma definitivo per il paese», afferma Antonello Giacomelli.
Non ci sarà una conta, non subito.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
argomento: Bersani, Partito Democratico, PD | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
SALVO COLPI DI SCENA, IL PRESIDENTE DI FLI INTENZIONATO A ESCLUDERE OGNI SUO IMPEGNO DIRETTO NEL PARTITO… TRA GLI EX PARLAMENTARI CHI PENSA A UN NUOVO SOGGETTO POLITICO, CHI A CONFLUIRE CON MONTI, CHI IPOTIZZA UN’INTESA CON EX AN
Dopo un comunicato interlocutorio dato alla stampa il giorno successivo all’insuccesso elettorale,
Futuro e Libertà non ha dato segni di vita per una settimana, salvo finire sui giornali per il veloce trasloco dalla sede di via Poli, a Roma.
Domani Fini ha convocato una riunione degli ex parlamentari e dirigenti per comunicare le sue intenzioni circa il futuro del partito.
La decisione che starebbe maturando il presidente del partito è quello di esprimere la sua personale volontà di escludere qualsiasi suo impegno diretto nel partito.
Non a caso, nel primo e unico comunicato, vi era un riferimento a una forma di associazione culturale con cui far maturare, in un ideale passaggio di consegne, le giovani generazioni.
Con Fini disimpegnato, in Fli restano due alternative: lo scioglimento del partito se tutti fossero d’accordo su questa ipotesi o la sua consegna definitiva a Italo Bocchino che ha l’esclusiva notarile del marchio.
Ovvero a colui al quale il 90% della classe dirigente addebita di aver sfasciato il partito per mere ambizioni personali, sistemando ovunque i suoi uomini.
Bocchino potrebbe cercare di mantenere in vita Fli ancora per qualche tempo, in attesa del momento propizio per confluire in qualche diverso contenitore a lui adatto.
Per fare ciò cercherà di trattenere qualche nome conosciuto di Fli che non ha ancora operato scelte definitive.
C’è infatti chi pensa alla nascita di un nuovo soggetto politico in sintonia con le tesi originarie di Bastia Umbra, chi guarda con interesse a Scelta civica di Monti, chi non è insensibile ad aprire una discussione con chi auspica la ricostruzione di una nuova destra con gli ex An.
Diverse correnti di pensiero che Fini aveva tenuto insieme (con scarso esito elettorale peraltro) e che adesso invece, col declino del leader, potrebbero portare a scrivere la parola fine a un’avventura che, con una classe dirigente diversa, avrebbe meritato di finire meglio.
Nel merito, abbiamo già espresso il nostro punto di vista: Fli va sciolta e in subordine nessuno dei esponenti di vertice, a partire da Fini e Bocchino, sono riproponibili.
Finito un ciclo, se ne riaprirà prima o poi uno nuovo.
Possibilmente con una linea politica chiara.
Nel frattempo liberi tutti.
argomento: Fini, Futuro e Libertà | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
VIA TARGHE E VINI: IL PALAZZO SI PIEGA AI 5STELLE
Solo per Emilio Colombo il tempo sembra non passare mai.
E non tanto perchè porta i suoi quasi 93 anni bene che più bene non si può.
Il senatore a vita sembra essere l’unico, nei palazzi della politica, a restare attaccato alle tradizioni, e non c’è Beppe Grillo che tenga.
Colombo, che presiederà la prima seduta dell’assemblea di palazzo Madama essendo il più anziano in quel consesso, ha già messo le mani avanti con gli amici: «Se i senatori del Movimento 5 Stelle si presentano senza giacca e cravatta io non li faccio entrare in Aula».
L’esponente della «fu» Democrazia cristiana sembra l’unico a voler resistere all’onda dei grillini.
Per il resto, nei palazzi della politica romana ci si adegua con incredibile velocità .
Alla Camera funzionari che annusano il vento hanno fatto sparire le tracce dei privilegi.
Nella stanza riservata ai deputati che volevano leggere i giornali – ma che più che altro la usavano per lunghi pisolini – è sparita la targa che precisava come il luogo fosse off limits per i comuni mortali.
All’ufficio della posta si è volatilizzata come d’incanto l’insegna d’ottone che ammoniva a dare la precedenza agli «onorevoli deputati».
In Corea, il corridoio parallelo al Transatlantico, quello posto alle spalle dell’Aula, i commessi non inseguono più i giornalisti per cacciarli.
Per un regolamento interno di Montecitorio anche quello spazio è riservato ai parlamentari.
Ufficialmente perchè possano tenere le loro riunioni lontane da orecchie indiscrete, in realtà perchè non vengano visti in compagnia di clienti, lobbisti e ospiti di dubbia moralità .
Ma con i grillini in arrivo meglio chiudere un occhio, anzi due, anzi ancora, meglio lasciarli entrambi serrati e voltarsi pure dall’altra parte.
Non si sa mai dicano che la «casta» vuole tenersi stretto qualche metro quadrato di corridoio.
Anche alla buvette la Camera si è adeguata al nuovo che avanza.
Sembra di entrare in un emporio bulgaro, dice qualcuno. No, sembrano i magazzini Gum della Mosca sovietica, replica qualcun altro.
Le scatole di cioccolatini di marca sono scomparse.
Le poche bottiglie di vino decenti anche.
Restano sui banconi panini stantii, un po’ di frutta dall’aria affranta e qualche tavoletta di cioccolato non particolarmente pregiato.
I prezzi sono esposti ovunque, a mostrare che non sono più bassi che altrove.
Fatica sprecata.
L’altro giorno, quando hanno fatto la loro gita a Montecitorio, i grillini si sono tenuti ben lontani dalla buvette, quasi fosse un luogo del demonio.
Al Senato, nel frattempo, si provvede a competere in austerity con la Camera.
Il ristorante che è stato chiuso pochissimo tempo fa, resterà sbarrato.
Era stato la pietra dello scandalo per i prezzi bassissimi e ora è più opportuno evitare che i grillini si ricordino quell’episodio non propriamente commendevole.
Si farà un altro appalto, si manterrà l’attuale, sarà quel che sarà , ma si deciderà solo quando si saranno insediati i nuovi senatori.
Per ora basta e avanza il bar interno.
Maria Teresa Meli
(da “Corriere della Sera”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
CHI HA INDAGATO SULLE SPESE PAZZE DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI BOLZANO FINISCE INDAGATO: COSI’ IMPARA A FARSI I FATTI SUOI
Iscrizione “lampo” nel registro degli indagati per il procuratore regionale della Corte dei Conti in
Trentino Alto Adige, Robert Schulmers.
La procura di Roma, dopo la notizia rivelata da Il Fatto di una serie di pressioni del Colle sui vertici della Corte dei Conti a favore del presidente della Provincia autonoma di Bolzano, il leader del partito Sà¼dtiroler Volkspartei, Luis Durnwalder, ha indagato Schulmers per calunnia e offesa al Capo dello Stato.
Contemporaneamente è stato aperto anche un secondo fascicolo, per adesso contro ignoti, in cui si indaga per abuso d’ufficio e di cui è titolare Alberto Caporale.
La procura vuole chiarire se ci siano state o meno pressioni da parte dei procuratori Salvatore Nottola e Luigi Giampaolino, lasciando tuttavia la posizione del Colle assolutamente marginale.
La Procura della capitale ha preso questa decisione in seguito all’incontro di ieri tra il procuratore generale della Corte dei Conti, anche lui destinatario di una serie di mail, Salvatore Nottola e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone.
Ieri, secondo indiscrezioni, i due avrebbe parlato proprio di questo caso, e Nottola avrebbe espresso la propria indignazione per la notizia finita sui giornali.
Stamattina invece in procura è stato sentito il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, il quale, nella mailing list generale, avrebbe chiesto al procuratore Schulmers di darsi una calmata con i politici.
Giampaolino ha respinto ogni accusa, anche se in una delle tante lettere, quella del 26 febbraio, Schulmers scrive: “Giampaolino, mi ha chiesto — nelle mie funzioni di Procuratore regionale — di stare più tranquillo nei confronti dei vertici politico-istituzionali della Provincia autonoma di Bolzano, ‘altrimenti questi ci distruggono’”.
Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, in realtà , ha ammesso di aver consegnato al Quirinale un promemoria “riguardante alcune inchieste della Corte dei conti che non mi riguardano personalmente”.
Il Colle nega di essersi interessato al caso.
Per ora c’è una sola certezza: il procuratore regionale della magistratura contabile autore della denuncia è finito sotto inchiesta della procura di Roma.
Valeria Pacelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Napolitano | Commenta »