BERSANI RINUNCIA ALL’ULTIMATUM: “DOPO DI ME NON CI SONO SOLO LE ELEZIONI”
“MA MAI UN GOVERNO CON BERLUSCONI”… LE FRIZIONI CON IL QUIRINALE, IL SEGRETARIO APRE AL PIANO B
Per tenere unito il Pd, Bersani non minaccerà le elezioni a giugno, eviterà l’aut aut «o il mio governo o si torna a votare».
Anche Giorgio Napolitano, con il quale i rapporti non sono idilliaci in questa fase, osserva le mosse della direzione democratica.
Ma il segretario pianterà un paletto che sembra destinato a escludere qualsiasi forma di collaborazione con gli avversari di sempre.
E quindi a restringere il campo di un’alternativa alla sua impresa. «Che sia tecnico, del presidente, di emergenza, per me non esiste alcun governo con Berlusconi».
Con il politico che «compra De Gregorio», che secondo la procura avrebbe avvicinato «anche Razzi e Scilipoti», non si tratta e non si vota la fiducia.
Il paletto può essere accettato da tutti e scongiurare una conta che, all’indomani della sconfitta, rischierebbe di spaccare il Partito democratico definitivamente seppellendolo sotto le macerie.
Ognuno però ascolterà le parole del segretario con un retropensiero diverso, con orizzonti che non hanno lo stesso colore.
Per i bersaniani di più stretta osservanza la partita non è ancora persa. «Qualcosa si muoverà nel Movimento di Grillo. Noi dobbiamo proporci con umiltà e con senso di responsabilità . Dando la prova di un cambiamento radicale».
Questa prova è affidata agli 8 punti del programma: Europa (correzione delle politiche Ue, non solo rigore ma crescita), misure urgenti per il lavoro e sul fronte sociale, riforma della politica, leggi contro corruzione e mafia, conflitti di interesse, green economy ed efficienza energetica, diritti, istruzione e ricerca.
È la base di un corteggiamento che ha già registrato molti rifiuti netti dai grillini. Secondo Bersani, però, non sta in piedi una seconda scelta «e anche Napolitano deve discutere con noi», dice un collaboratore del leader.
Ma la linea oltranzista, nel corso di questi giorni, è stata abbandonata.
Anche Bersani si chiede se non ci sia uno sbocco differente, anche senza Berlusconi, magari rinunciando a guidare in prima persona l’esecutivo.
Il segretario ha perso pezzi della sua maggioranza interna sulla trincea delle elezioni immediate. Da D’Alema a Enrico Letta, i suggerimenti di prudenza sono arrivati forti e chiari.
I due dirigenti hanno garantito lealtà assoluta al tentativo bersaniano, ma avvertendolo: «Se non va in porto l’intesa con Grillo, si azzera tutto e si ricomincia daccapo».
Cioè, la parola passa al capo dello Stato e si esaminano anche soluzioni nuove che non portino il Paese dritto dritto alle urne.
Stavolta D’Alema e Matteo Renzi navigano nella stessa identica direzione.
Il sindaco di Firenze conferma che «non pugnalerà Bersani» e che non gradisce le prese di distanza del giorno dopo. Ma è convinto che il segretario non ce la farà .
La direzione di oggi segnerà anche un passaggio importante per la storia futura del Partito democratico.
Renzi infatti, seppure sulla posizione della lealtà estrema, prenderà la parola. È la prima volta che lo fa in quella sede, davanti alla nomenklatura del Pd che non lo ama.
In altre occasioni si era sempre limitato a un’assenza giustificata (si fa per dire) o una breve visita prima di riprendere al volo il treno.
Renzi non pugnala perciò, ma sente “l’odore del sangue”.
«Non c’è dubbio, il suo discorso sarà uno spartiacque. Mette un piede dentro al partito per conquistarlo », è l’opinione di D’Alema e Letta.
Quando alludono all’azzeramento, l’ex premier e il vicesegretario pensano del resto anche alla leadership del Pd, al ruolo di Bersani, che in caso di bocciatura del governo Pd-M5s, è destinato a lasciare la segreteria aprendo la corsa alla successione.
Con Renzi grande favorito. Bersani si gioca tutto, sul fronte del governo e sul fronte del Pd.
A invocare le elezioni anticipate sono rimasti i giovani turchi di Matteo Orfini e Stefano Fassina. Non a caso, ieri, esclusi dalle consultazioni del segretario e del suo staff. Il segretario non li segue, preferisce giocarsi le sue carte in Parlamento e al Quirinale.
Perchè il suo obiettivo è far partire comunque un governo, presentandolo alle Camere, cercando lì i voti necessari ad andare avanti.
«Un sentiero strettissimo, ma quello di una maggioranza con Berlusconi lo è anche di più».
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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