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“LA TEORIA SECONDO CUI NAPOLITANO FOSSE IL REGISTA DI UN COMPLOTTO PER FAR CADERE BERLUSCONI CON LA MIA COMPLICITÀ È INFONDATA E OFFENSIVA”

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

GIANFRANCO FINI DEFINISCE “SPAZZATURA” I “FALSI RACCONTI” CHE CONTINUANO A CIRCOLARE: “I TEMPI LUNGHI SULLA SFIDUCIA A BERLUSCONI? AVREI POTUTO FISSARE IMMEDIATAMENTE LA VOTAZIONE. MA NON LO FECI PERCHÉ…”

Gianfranco Fini, che ricordo ha del presidente Napolitano?
«Quello di un uomo molto rigoroso. Che diventava puntiglioso tutte le volte che si trattava di rispettare o di difendere l’equilibrio tra poteri dello Stato. Vede, Giorgio Napolitano ha avuto un rispetto sacrale della Costituzione. A differenza di alcuni predecessori, che hanno inciso nella dialettica tra partiti e in certi casi l’hanno determinata, come Scalfaro o prima ancora Cossiga, mai, neanche una volta ho sentito fare al presidente Napolitano considerazioni o anche solo accenni al dibattito politico-partitico in corso allora».
Per cinque dei nove anni di Napolitano al Colle, lei fu presidente della Camera. E anche il leader di partito che staccò un pezzo importante dalla maggioranza di Berlusconi.
«Furono anni turbolenti. E lo furono anche per alcune mie scelte politiche, certo. Ma la teoria secondo cui l’allora capo dello Stato fosse il regista di un complotto per far cadere Berlusconi con la mia complicità non solo è infondata ma anche offensiva. Con falsi racconti degni della spazzatura che continuano a circolare».
Si riferisce alle testimonianze di chi sostenne che lei avrebbe fatto ascoltare in viva voce una telefonata in cui il presidente si compiaceva delle difficoltà che le sue scelte avevano creato al governo?
«È una cosa totalmente falsa. Napolitano non si occupava delle vicende politiche in presenza, figurarsi se l’avrebbe fatto per telefono. Le voglio raccontare alcuni episodi del mio rapporto con lui».
Complotto o non complotto, come risponde a chi pensa che il Quirinale abbia avuto un ruolo nella sua decisione di presentare una mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi?
«Nella primavera del 2010 venni estromesso dal Popolo delle Libertà…».
Il giorno del famoso «che fai, mi cacci?» con cui lei rispose a Berlusconi.
«Esattamente. Né in quel giorno, né nei giorni o nelle settimane o nei mesi successivi, il presidente Napolitano parlò con me delle dinamiche in corso nella maggioranza, del mio rapporto con Berlusconi, dell’oggettivo indebolimento dell’esecutivo».
Molti finiani denunciarono i tempi lunghi che vennero riservati al voto sulla mozione di sfiducia, sottolineando l’ampio margine che ebbero i berlusconiani per cercare i famosi «responsabili».
«La preoccupazione principale del Quirinale era mettere in sicurezza l’approvazione della legge di bilancio, in discussione al Senato. Il giorno in cui alcuni ministri si dimisero dal governo esprimendomi la loro solidarietà, a metà novembre 2010, io e Schifani venimmo convocati da Napolitano. Il capo dello Stato chiese al presidente del Senato in che tempi, ragionevolmente, l’Aula avrebbe approvato la manovra. “Venti giorni”, fu la risposta.
I tempi della mozione di sfiducia furono dettati da questo timing. Se avessi voluto, data l’assenza di un accordo nella conferenza dei capigruppo, avrei potuto fissare immediatamente la votazione sulla sfiducia. Non lo feci perché sarebbe stato irresponsabile dal punto di vista istituzionale. Solo molto tempo dopo, Napolitano mi disse di aver apprezzato la mia decisione…».
Tommaso Labate
(da il Corriere della Sera)

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OCCIDENTE PREDONE, IL TRAMONTO FINALE SULLA PELLE DEGLI ALTRI

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

FRANCO CARDINI: L’ASCESA DELLE POTENZE CLASSICHE AVVENNE GRAZIE ALLE RAZZIE DELLE RICCHEZZE DELLE COLONIE, LE STESSE DA DOVE PARTONO I MIGRANTI

Quando cominciano, nel mondo, le ere nuove? È un vecchio problema, e non solo di periodizzazione. Certo, le “ere” storiche sono una convenzione; e ancor più lo sono gli avvenimenti che noi prendiamo volta per volta a simbolo del chiudersi o dell’aprirsi di un’epoca. La presa della Bastiglia del 1789 e la battaglia di Valmy del 1792 continuano tuttavia a occupare, nel nostro immaginario, un ruolo analogo alla conquista di Granada e alla scoperta del Nuovo Mondo del 1492. Sappiamo bene che si tratta di simboli e di convenzioni: tuttavia, non è solo per abitudine scolastica che restiamo intimamente fedeli all’idea schematica che l’età moderna sia sorta nel 1492 e tramontata, appunto, nel 1789-1792 per dar luogo all’età contemporanea. Quelle due età sono entrambe tuttavia da ascrivere al più ampio e complesso momento della storia di un “Occidente” che rappresenta l’espansione dell’Europa fuori di se stessa, l’imposizione della sua supremazia e l’avviarsi di un’economia-mondo: di quel processo che ormai siamo abituati a definire “globalizzazione” o “mondializzazione”. Tale lungo momento, durato all’incirca mezzo millennio, è forse correttamente o comunque plausibilmente definibile appunto nel suo complesso come “Modernità”: per contro, il da troppi celebrato “Postmoderno” permane in realtà nell’indefinita e indefinibile bruma dei concetti ardui a comprendersi. E si apre un problema destinato a ricevere complesse, contraddittorie risposte: “Occidente”, “egemonia dell’Occidente sul mondo” e “Modernità” sono dimensioni considerabili come sinonimiche?
Nella seconda parte del XX secolo presero ad affermarsi, in parallelo con l’avanzare dei processi di “decolonizzazione” politica e di “neo colonializzazione” finanziaria, diplomatica e tecnologica, varie forme di rivendicata o di dissimulata supremazia di movimenti neo cristiani o postcristiani successori del colonialismo storico nei confronti d’indigeni “pagani” o “infedeli” o neo convertiti o rimasti sinceramente e più o meno solidamente cristiani. Ciò era destinato a non rimanere privo di risposte da parte né di alcune componenti del panorama del fondamentalismo religioso africano, né di gruppi religioso-politici negli altri continenti. I crimini del colonialismo in tempi sia lontani sia prossimi sono successivamente tornati o stanno tornando a galla: e insieme con essi la realtà che sia stato in buona parte grazie a quei crimini, ben noti almeno alle nostre classi dirigenti, che il mondo occidentale (…) ha potuto permettersi, giovandosi del controllo da parte delle lobby finanziarie e imprenditoriali statunitensi ed europee nonché sovente con la complicità degli stessi governi locali, di gestire la sistematica spoliazione degli interi continenti africano e latinoamericano: da qui, fra l’altro, l’esodo massiccio di migranti indigeni che fuggono da quelle immense aree depresse il suolo e il sottosuolo delle quali rigurgita peraltro di ricchezze drenate. Dalla Bolivia all’Africa occidentale, la gente più miserabile del mondo lascia i suoi paesi dal suolo e dal sottosuolo ricchissimi, al pieno possesso delle cui risorse avrebbero pur diritto secondo la Carta dell’Onu, per cercare asilo e lavoro in Paesi divenuti opulenti grazie alla secolare rapina di quegli stessi sventurati popoli. E la rapina continua: non ci sono conferenze internazionali, né denunzie all’Onu, né appelli all’opinione pubblica internazionale, né patti intergovernativi bilaterali, né progetti di sviluppo che tengano.
La violenza, la frode, la corruzione sono stati gli ingredienti strutturali del colonialismo; e il colonialismo una delle colonne portanti della vita, della potenza, della prosperità dell’Occidente; e l’abolizione dello schiavismo, da un certo momento in poi della nostra storia sette-ottocentesca, è stata del tutto funzionale e compatibile con la dinamica dello sviluppo delle nostre classi dirigenti e addirittura con le dinamiche e i costi della produzione. Questo atroce non-senso, questo scandalo senza nome, i signori di Wall Street e della World Trade Organization nonché gli elitari frequentatori dei meeting di Davos lo conoscono perfettamente. Esso ha provocato e continua a provocare, ha prodotto e continua a produrre guasti immani, comprese le ricorrenti epidemie di terrorismo, le carestie, le guerre e la tragedia senza fine dei boat people, quelli che noi chiamiamo – con un’espressione da disinvolto turismo balneare – “gommoni”. La casistica dei misfatti coloniali riempirebbe intere grandi biblioteche e quel poco che se ne sa o che se ne potrebbe sapere anche solo informandosene senza sforzo grida da solo vendetta al cospetto di Dio. Ma non parlano mai o quasi mai seriamente di queste cose né la nostra educata e schizzinosa società civile, né i media asserviti alle lobby e ai tanti think tank transnazionali che nel loro complesso costituiscono il deep government cui rispondono Paese per Paese, i governi e i partiti che ospitano nel loro seno o tra i finanziatori membri dei “comitati d’affari” lobbistici, né la società civile e la scuola che ne sono degne e magari inconsapevoli complici con il conformismo uso a distribuire patenti di democrazia e di dittatura a comando e a sbattere mostri in prima pagina in modo da coprire mostri ancor peggiori che si nascondono dietro essi.
Non abbandoniamoci a ipotesi di complotto universale o a fantasie dietrologiche coperte dal pretesto di un qualche ingegnoso paradigma indiziario. Il “grande complotto”, si può esserne (quasi) certi, non esiste; non c’è alcuna Tavola (né rotonda, né di altre forme geometriche) attorno alla quale seggano “Superiori Sconosciuti”. Ma disegni e programmi formulati per conseguire interessi particolari di lobby e di corporation da personaggi e da gruppi che contano al di fuori e al di sopra della legalità interna e internazionale, questi sì, ce ne sono parecchi. E le sedi delle corporation, dei club, delle banche, delle imprese, dei pool in cui essi vengono progettati sono ben fornite di stanze dei bottoni, di tavoli, di poltrone e di computer, sia pur non immuni dagli attacchi degli hacker. (…) È troppo presto per comprendere dove sta andando la politica di questi ultimissimi anni; una politica che, peraltro, si trova a far fronte a una crisi climatica che di qui a non molto, complice la desertificazione del sud del mondo, rischia di aumentare i flussi migratori verso i Paesi benestanti, oltre a creare disastri dei quali si stenta a valutare la portata. Se ancora un ventennio or sono le avventure militari Usa sembravano imporli come potenza egemone, oggi lo scenario è diverso. Il governo italiano ha un po’ in sordina ma con decisione definitivamente abbandonato qualunque interesse per il progetto One Belt, One Road egemonizzato dalla Cina: la sua decisione – certo “suggerita” dal nostro potente alleato d’oltreoceano – è stata però giudicata da molti imprenditori della penisola come “in controtendenza”, se non inopportuna per non dire autolesionista. I Brics (…) non sono ancora un’unione militare con esiti paragonabili a quelli della Nato: ma le esercitazioni congiunte di alcuni fra quegli Stati sono ormai sempre più frequenti. La guerra in Ucraina ha spazzato via dalla Russia l’idea che un collegamento politico-economico con l’Europa fosse possibile, così come le bombe hanno spazzato via il Nord Stream tanto voluto dalla Germania e dalla Russia stessa. Oggi la Russia è sempre più “asiatica”, rinforzando la partnership economica con Cina e India, ma anche con altri Paesi asiatici, mentre in Africa le milizie mercenarie Wagner rubano spazio alle vecchie potenze coloniali (Francia, Germania); al contempo, la “Nuova Via della Seta” cinese affronta battute d’arresto in un’Europa sempre più appiattita sulle scelte statunitensi, ma per questo in grave crisi economica, mentre si espande sul suolo africano. È difficile fare la storia del presente, si è detto, soprattutto dinanzi a mutamenti che appaiono con tutta evidenza di portata epocale. Per cui non facciamo previsioni sul domani, neppure su quello prossimo, ma auspichiamo ora più che mai un linguaggio della storia che riesca a narrare la pluralità più di quanto non abbia fatto fino a oggi.
Franco Cardini
(da il Fatto Quotidiano)

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L’ULTIMA CAZZATA DI UNA PREMIER PRIGIONIERA DI SE STESSA

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

PERCHE’ LA MISSIVA CONTRO LE ONG E’ UN BOOMERANG

Giorgia Meloni appare ormai prigioniera di se stessa. Ingabbiata in un’immagine che si è autonomamente assegnata. Non riesce ad uscire dal cliché della donna di destra che alza la voce per risolvere i problemi e per dimostrare di essere forte. E di guidare una “nazione” altrettanto forte.
Ma quando quell’immagine si misura con i fatti e con la realtà, va immediatamente in frantumi. Mostra tutti i segni e i cocci della sua debolezza. È uno specchio introflesso, capace solo di riflettere le esigenze domestiche e che esplode in mille pezzi quando subisce la spinta ad una naturale ed europea estroflessione.
La lettera inviata al cancelliere tedesco Scholz sta provocando proprio questi effetti. I contenuti e soprattutto il tono espongono il Paese ad una fragilità inusitata.
Nel merito, infatti, la presidente del consiglio non tiene conto di alcuni aspetti che sono fondamentali e che in diplomazia marcano la differenza tra la sconfitta e la vittoria. Il provvedimento di cui si lamenta è stato approvato dalle autorità tedesche nel 2022. Il finanziamento destinato alle Ong che operano nell’attività di assistenza dei migranti rientra nel bilancio federale varato oltre nove mesi fa. Non è insomma una novità. Non è certo la prima volta che Berlino prevede quel tipo di misura e comunque è stato autorizzato quando il governo Meloni era almeno agli albori. Le parole scritte nero su bianco dalla premier, invece, non solo fanno emergere una conoscenza approssimativa delle scelte compiute da un Paese non solo leader in Europa ma storicamente alleato dell’Italia, ma fanno sospettare che il Cancelliere socialdemocratico Scholz abbia voluto deliberatamente mettere in difficoltà un esecutivo di destra.
Non si tiene poi conto degli obiettivi del fondo messo a disposizione dalla Germania. Non riguarda solo l’Italia. È un bando rivolto a tutte le organizzazioni non governative che si muovono in questo settore. Nel nostro Paese, ma anche in Polonia, nella Repubblica Ceca etc. Riguarda le iniziative avviate in mare ma anche sul terreno. Anche, ad esempio, per quei volontari che accolgono i rifugiati via terra. Si ottengono i soldi dopo aver partecipato ad un regolare bando. Tanto per fare un esempio, tra le organizzazioni che usufruiscono di questi aiuti c’è anche la Comunità di Sant’Egidio. Non esattamente un gruppo di pericolosi complici dei trafficanti di essere umani. Ma probabilmente uno dei più grandi e efficienti movimenti cattolici impegnati nella solidarietà sul campo. Di certo in Italia e in Africa. Questo governo, allora, che si richiama ai valori della tradizione, come concilia le sue presunte vocazioni con una critica così feroce ad una associazione cristiana? Come combina la pretesa di sventolare la fede con una linea così oltraggiosamente contraria ai principi che anche di recente sono stati confermati e rilanciati da Papa Francesco?
Ma queste palmari incoerenze sono incorniciate con una modalità che sottolinea l’inefficacia dello strumento. Il linguaggio e la gradazione che viene utilizzata in quel testo è assolutamente controproducente. Ricorrere a una lettera di questo tipo con la Germania significa aprire un altro conflitto dentro l’Unione europea. Meloni aveva già iniziato nei mesi scorsi mostrando inutilmente i muscoli con la Francia. Ora lo fa con Berlino. Significa non rendersi conto del contesto in cui agisce. E non capire che dentro l’Ue i risultati si conseguono con le alleanze. La logica a Bruxelles è quasi sindacale. Ma per affermarsi nel negoziato bisogna avere la consapevolezza dei propri mezzi e comprendere che senza Francia e Germania difficilmente si va da qualche parte. Che abbracciare l’ungherese Orbán, come ha fatto la presidente del consiglio pochi giorni fa, può essere utile a gonfiare il proprio ego e forse a galvanizzare la base più radicale del suo elettorato, ma certo non serve a raggiungere traguardi utili al Paese. Nemmeno a tutelare l’interesse nazionale. Soprattutto è chiaro che a Palazzo Chigi non si sono accorti che Scholz, sulla questione migranti, può essere l’alleato più prezioso. Perché anche in Germania i flussi migratori stanno esponendo il governo ad una severa difficoltà e a una gigantesca conflittualità interna.
Quella missiva, allora, può forse rifornire l’arsenale dialettico della politica interna italiana e contrastare la competizione sempre più a destra con la Lega di Matteo Salvini. Ma niente di più.
Anzi, il nostro Paese vive una fase delicata con i partner europei. Il Memorandum con la Tunisia è bloccato e messo seriamente in discussione dai partner “frugali” dell’Ue. A cominciare dalla Germania. Vogliono sapere se i soldi spesi dalla Comunità siano davvero impegnati nel modo giusto e non siano solo un regalo al Paese africano per accontentare l’Italia. Dinanzi a questi dubbi, l’esecutivo di Roma non riesce a far altro che aprire un ennesimo contenzioso proprio con i tedeschi. Una scelta che in questo momento spinge comunque il nostro Paese in un angolo. O meglio è la destra italiana a sospingerlo. E tra le questioni negoziali che ci attendono, ci sono anche la riforma del Patto di Stabilità, l’applicazione del Pnrr, la ratifica del Mes (il Meccanismo di Stabilità). Tutti dossier decisivi che dovranno essere trattati anche con Berlino. E allora è stato davvero conveniente spedire quella lettera alla Cancelleria tedesca? L’interesse nazionale avrebbe reclamato ben altro.
(da La Repubblica)

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CACCIARI: “LE AUTOCELEBRAZIONI DI MELONI? PATETICHE”

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

“SE LEI E SALVINI NON MENTISSERO APPOSTA, AVREBBERO BISOGNO DI UNO PSICHIATRA”

Durissimo commento del filosofo Massimo Cacciari, ospite di Otto e mezzo (La7), sul primo anniversario del successo elettorale di Giorgia Meloni e sulle parole autocelebrative diffuse sui social dalla presidente del Consiglio (“Oggi l’Italia è più credibile, più stabile più ascoltata”).
“Le affermazioni della Meloni hanno del paradossale – osserva l’ex sindaco di Venezia, che cede a una risata – Giorgia Meloni sarebbe più ascoltata e più credibile di Draghi in sede internazionale? Mi sembra abbastanza osé affermarlo”.
E aggiunge: “L’Italia sta meglio? Noi siamo arrivati a 2.870 miliardi di debito e stiamo procedendo con un aumento del debito pubblico pari a 10 miliardi all’anno. Come farà il governo Meloni una finanziaria decente lo sa solo lo Spirito Santo. Naturalmente non è tutta colpa del governo, ma l’Italia è in un immobilismo istituzionale e in una crisi economico-finanziaria drastica. Che cosa canta per farsi coraggio la Meloni? – continua – Cantare vittoria è semplicemente ridicolo e patetico. Questo è un paese in cui i risparmi privati sono diminuiti con un impoverimento spaventoso del ceto medio. I dati economici non sono migliorati di una virgola, anzi sono peggiorati. Questa è la realtà, al di là delle chiacchiere”.
Cacciari rincara: “Ma cosa canti vittoria? Dì le cose come stanno. Ma quando verrà il momento in cui questi politici ci racconteranno la realtà e non le loro promesse, i loro sogni, i loro desiderata? Sull’immigrazione, poi, immaginate cosa avrebbero fatto Meloni, Salvini e company con 3mila sbarchi al giorno, se fossero stati all’opposizione – aggiunge – Immaginate che casino avrebbero fatto. Non è certamente colpa loro se non c’è una politica migratoria europea, ma cosa raccontano? I successi del governo Meloni sull’immigrazione? Ma è veramente la mancanza totale del principio di realtà”.
E conclude: “Se non fosse apposta che mentono, falsificano e mistificano, sarebbero delle persone per cui chiamare lo psichiatra, perché mancano completamente del senso di realtà”.
(da agenzie)

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LA SANITA’ PUBBLICA IN MANO ALLA POLITICA E’ DIVENTATA UN COLABRODO

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

MEDICI E INFERMIERI IN TRINCEA

Medici e infermieri ridotti a scudi umani di una sanità pubblica alla deriva. Ospedali e in particolare i pronto soccorso, trasformati in vere e proprie trincee, dove, gli operatori mettono a repentaglio la propria incolumità, i pazienti la propria vita e i familiari i propri nervi. Ospedali e distretti sociosanitari, presidiati da guardie giurate e tappezzati di locandine, attraverso le quali, si invitano le persone a non aggredire il personale sanitario, fenomeno tanto grave quanto diffuso, assolutamente non derubricabile a singoli fatti di cronaca. La politica dovrebbe interrogarsi seriamente sulla genesi di tante aggressioni.
Invece anche in Toscana, la narrazione ufficiale racconta una realtà di pregio ed eccellenze, nonostante si combatta quotidianamente con una sanità pubblica allo sfascio. La salute, passando dalla prevenzione alla cura, fino alla riabilitazione, non sembra più un valore collettivo da salvaguardare oltremodo. La gente ha capito, “se pur per deduzione”, che la tutela della propria salute, dipende dalla propria capacità economica, costretta com’è, a rivolgersi sempre più al privato. La sanità pubblica viene smantellata giorno dopo giorno, un’erosione continua, un vero e proprio stillicidio. Dopo un’agonia che si protrae da decenni, la sanità è arrivata al fine vita e pertanto soggetta esclusivamente a cure palliative.
Ormai il sistema sanitario pubblico, si contraddistingue per le imbarazzanti liste di attesa per visite specialistiche ed esami strumentali. Per le interminabili soste nei pronto soccorso, in attesa di un posto letto, attese che spesso sfociano in una “sorta di maltrattamenti”, considerato che i pronti soccorso, per definizione non hanno servizio alberghiero e non sono organizzati per fornire un’assistenza di lungo periodo. Così per le persone, soprattutto se anziani fragili, sopravvivere al pronto soccorso, diventa un’esperienza davvero eroica. E non va meglio dopo. Conquistato il posto letto, iniziano le insidie legate alla degenza ospedaliera, anch’essa foriera di rischi, fino al momento della dimissione, passaggio altrettanto critico.
Un sistema sanitario colabrodo, noto a tutti, ma ignorato da chi di dovere. Inarrestabile riduzione di posti letto. Mancanza di medici e infermieri, turni massacranti, pochissimo tempo da dedicare direttamente al malato che spesso viene confinato a letto. Nessuno che ascolta nessun, con tutti i rischi connessi. Durata della degenza imposta da protocolli e procedure, a dispetto della clinica, salvo rarissime eccezioni. Né un giorno di più, ne di meno. Un territorio altrettanto sguarnito di Infermieri, oss e Medici, incapace di un’efficace presa in carico domiciliare. Insomma, il perfetto terreno di coltura per il noto meccanismo delle porte girevoli. Dimissione ospedaliera oggi e rientro domani.
La sanità pubblica non può essere gestita come un’azienda privata. Non può fare profitti. La catena di montaggio che per definizione prevede la “minutizzazione delle prestazioni”, non può essere applicata a Medici e Infermieri che devono tener conto delle molteplici variabili, legate alla persona malata. Una sanità in mano alla politica, che detta regole ed obiettivi di budget, non può che essere fallimentare. Una sanità che premia operatori, semplicemente perché funzionali al sistema, a discapito di menti illuminate, è una sanità incapace di promuovere salute. Governare il sistema sanitario pubblico implica possesso di competenze e lungimiranza.
Il risparmio di oggi, se concepito con approssimazione, si trasformerà di lì a breve, in uno spreco, ben più consistente. Se a causa del ridotto personale, un anziano staziona, prima barellato per 24/48 ore in pronto soccorso, poi nel letto di corsia, con altissima probabilità, svilupperà altre patologie. Ulcere da decubito, insorgenza o aggravamento di patologie respiratorie e circolatorie.
Allora, viene da chiedersi, davvero una gestione tanto sciagurata ha messo in salvo il bilancio?
(da Il Fatto Quotidiano)

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COME FUNZIONA L’ENNESIMO CONDONO SUGLI SCONTRINI CHE SALVA 50.000 BOTTEGAI

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

BASTA UN “RAVVEDIMENTO OPEROSO” E IL GIOCO E’ FATTO

Nel decreto energia del governo Meloni, tra il bonus carburante e gli sconti per le bollette di luce e gas, c’è una misura destinata a far discutere. Nel pacchetto di norme appena varato ha infatti trovato spazio la sanatoria sugli scontrini fiscali che, come sottolineato dall’esecutivo, “salva” 50mila piccoli esercizi commerciali dalla sospensione della licenza per aver commesso violazioni sugli scontrini, fatture e ricevute fiscali. Una misura che in sostanza va in soccorso di chi ha violato gli obblighi di certificazione dei corrispettivi e di conseguenza presentato dichiarazioni dei redditi falsate
Come funziona la sanatoria per gli scontrini
Come funziona? Con un semplice “ravvedimento operoso”, che non prevede “sconti” sulle somme da pagare, ma evita appunto sanzioni accessorie, come la sospensione dell’attività, i commercianti che dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023 hanno commesso delle irregolarità, possono “sistemare” la loro situazione con il Fisco. Per quanto riguarda le tempistiche, il suddetto ravvedimento dovrà essere effettuato entro venerdì 15 dicembre 2023. Un condono destinato a generare polemiche. Se da un lato la mossa del governo viene motivata con il salvataggio di 50mila piccole attività, dall’altro c’è chi storce il naso, facendo riferimento all’ennesimo “favore” a chi non ha rispettato le regole. Pagando il dovuto ci si mette in regola, e senza dover pagare penali, con buona pace di chi invece fa tutto per bene ed è in regola con i pagamenti.
La polemica: “L’ennesimo condono del governo”
La norma sugli scontrini (e non solo quella) è finita nel mirino di Antonio Misiani, responsabile economico del Pd: “È un decreto assolutamente deludente, quello varato oggi dal Consiglio dei ministri. Avevamo chiesto che lo Stato restituisse agli italiani l’extra gettito ricavato dall’aumento della benzina e del diesel. La risposta del governo è stata una mancetta, il mini bonus da 80 euro una tantum caricato sulla social card ‘Dedicata a te’. Cento milioni in tutto, a fronte di una stangata per gli automobilisti di oltre dieci miliardi di euro (gran parte dei quali finiti nelle casse dello Stato). In pratica, una presa in giro”,
La proroga di alcuni aiuti contro il caro bollette e della garanzia Consap sui mutui per gli under 36, così come il parziale rifinanziamento del bonus trasporti, che il Pd aveva fortemente sollecitato – ha aggiunto Misiani -, sono le uniche decisioni che vanno nella direzione giusta. Per il resto, siamo nettamente al di sotto delle necessità. È assente la proroga del regime di maggior tutela luce e gas, con il rischio che l’anno prossimo dieci milioni di famiglie subiscano un enorme aumento delle loro bollette. Nulla per le famiglie in affitto. Nulla per il caro libri di testo. È invece presente il ‘ravvedimento operoso’ sugli scontrini fiscali. Cioè l’ennesimo condono da parte di un governo che finora ne ha inanellati una dozzina. È il segno di quali siano le reali priorità della destra”. Sanatoria bocciata anche da Pierpaolo Bombardieri, leader Uil: “Abbiamo registrato ieri un’ultima sanatoria, quella per chi non ha fatto gli scontrini, e noi abbiamo in Italia tanta gente per bene che paga le tasse: vorremmo che questo principio fosse applicato dappertutto”.
Diversa la posizione di Giulio Felloni, presidente di Federmodaitalia-Confcommercio: “Bene la sanatoria per le violazioni degli obblighi di trasmissione all’Agenzia delle Entrate degli scontrini elettronici perché rientra nel solco degli interventi di tregua fiscale, già introdotti con la Legge di Bilancio dello scorso anno, finalizzati a promuovere l’adempimento spontaneo dei contribuenti e a instaurare un rapporto con l’Amministrazione finanziaria meno conflittuale, più collaborativo e più trasparente”.
(da Today)

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MODIFICARE LE NORME SULLE INTERCETTAZIONI SIGNIFICA GARANTIRE L’IMPUNITA’ ALLA CASTA

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

ECCO COSA COMPORTA NELLO SPECIFICO

Il 13 maggio 2013, Antimafia 2000 pubblicava un mio post, proprio sulle intercettazioni. Ecco uno stralcio: “Non so se ridere o piangere: ci risiamo. Il PDL suona due volte, ossia torna alla carica sulle intercettazioni e dimostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che le intercettazioni rappresentano una vera fobia. Sono anni che il signor B non dorme sogni tranquilli e ad ogni piè sospinto si inalbera per le intercettazioni. E basta! Non credete di essere ripetitivi sino alla noia? Toglietevelo dalla zucca e dunque fatevene una ragione, giù le mani dalle intercettazioni”.
Il 3 aprile di due anni dopo, nel 2015, sempre in tema di intercettazioni, riportai sul giornale La Voce di New York una dichiarazione davvero singolare da parte di un senatore: “…il primo aprile l’intervento al Senato del senatore Giacomo Calendo di Forza Italia, che ha affermato ‘La lotta alla mafia l’abbiamo fatta senza intercettazioni… Falcone ha fatto grandi processi alla mafia seguendo il percorso del denaro e non con le intercettazioni’. Se lo dice lui, si vede che è in possesso di notizie diverse dalle mie, mah!”.
Oggi, che siamo nella terza decade del mese di settembre del 2023, sono costretto, ahimè, a parlare di nuovo di intercettazioni. Confesso di essere stanco: stanchezza forse dovuta all’età avanzata. Vorrei smettere di leggere i giornali, di ascoltare i media e chiudermi in un eremo. La cosa che più mi rattrista – volgendo lo sguardo al passato – è che i nostri martiri della violenza mafiosa sono morti inutilmente. Tutto questo scalpitare di alcuni politici e persino da Nordio nel voler modificare le intercettazioni non è altro che il raggiungimento del sogno di numerosi politici e segnatamente del fu Silvio Berlusconi: ovvero la drastica limitazione delle intercettazioni verso i colletti banchi e la Pa.
Non voglio tediarvi sui motivi che danno luogo al progetto di modifica, sono talmente lapalissiani che anche un picciriddu lo capisce. La ritrosia sulle intercettazioni, a mio modo di vedere, non nasce sull’uso, ma sul suo ridimensionamento e modifica per consentire ampi spazi di impunità: la privacy non c’entra affatto.
Ho letto quel che sarà il decreto legge, laddove si vorrebbe affidare alla polizia giudiziaria la responsabilità di decidere se una conversazione sia o meno attinente, ossia rilevante/irrilevante per le indagini. Ma ci si rende conto di cosa potrebbe succedere se date quest’ampia responsabilità alla polizia giudiziaria? Non credo che ci sia bisogno di esplicitarlo, basta riflettere un anticchia (un poco).
Coloro che stanno facendo di tutto per modificare la norma non sono mai entrati in una sala di intercettazione: non capiscono o non vogliono capire – compreso il ministro Nordio – che se passasse l’annunciata modifica ci troveremmo di fronte a degli errori madornali, non solo in danno dell’accusa ma anche nei confronti della difesa. Sto esagerando? Chi vivrà vedrà!
Leggo dai giornali il riferimento alle intercettazioni a strascico. Anche questa affermazione è fuffa. Affermo senza tema di essere smentito che ogni intercettazione ha una vita a sé, e che solo l’esperienza, la perspicacia e la professionalità dell’operatore di polizia giudiziaria può carpire quel che si cela durante una conversazione apparentemente normale e, quindi, classificarla. Il voler mettere paletti temporali o bastoni tra le ruote, oltre a quelli già esistenti, costituirà grave danno alle investigazioni.
Ma non bisogna essere un esperto di intercettazioni per capire il fine ultimo di una modifica così come viene sbandierata. Si ritorna alla genesi: l’impunità dell’intoccabile casta, che pretende di non far scoperchiare le pentole del malaffare nella PA.
Comunque, per far comprendere meglio il mondo dell’intercettazione, cito un’indagine da me condotta su un presunto traffico internazionale di armi da guerra. Ebbene all’inizio, dai dialoghi intercettati, non si ravvisava alcunché di illecito. Passavano giorni e giorni e non emergeva nulla che potesse confutare i nostri sospetti e quindi stavamo per mollare. Ma ad un tratto gli interlocutori si tradirono facendo riferimento a numeri e quantità di un catalogo, senza tuttavia citare armi. E fu così che nel prosieguo delle intercettazioni – peraltro ampliate con altre utenze – scoprimmo un vasto traffico di armi da guerra – missili, carri armati, mine marine e bombe a grappolo – tra l’Italia e Saddam Hussein.
In quella inchiesta, intercettai alcune telefonate di una nota donna politica, che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso: vergai sul brogliaccio “non pertinente” e nessuno, tranne il pm, seppe di quelle telefonate. Concludo dicendo che mai mi sarei aspettato che un ex magistrato perorasse un siffatto cambiamento sulle modalità di intercettazione. Avrei preferito un’attenzione diversa, soprattutto per quei reati contro la Pubblica Amministrazione. Pazienza! Mi auguro che l’annunciata modifica venga respinta dal Parlamento.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IMMIGRAZIONE, NONI GLI ITALIANI PER IL NUMERO DI IMMIGRATI RISPETTO ALLA POPOLAZIONE

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

SIAMO ULTIMI PER ACCOGLIENZA, GRAZIE ALLO SMANTELLAMENTO VOLUTO DAI SOVRANISTI… COSI’ I POVERACCI RIMANGONO PER STRADA E I SOVRANISTI PRENDONO I VOTI DEI RAZZISTI

L’Italia, tra i Paesi europei, è al nono posto per numero di immigrati rispetto alla popolazione nazionale. Al primo posto c’è la Spagna (il 13,9 per cento dei suoi abitanti sono immigrati), al secondo l’Irlanda (13,8), al terzo la Svezia (12,3), al quarto la Germania (11,9), al quinto il Regno Unito (10,2), al sesto l’Olanda (10), al settimo la Francia (8,9), all’ottavo la Grecia (8,6), al nono l’Italia (8,3).
La fonte è il rapporto delle Nazioni Unite sulla popolazione mondiale del 2005 e successivi aggiornamenti (l’ultimo è dell’agosto 2023).
Le cifre non dicono mai tutto; e su un fenomeno non sempre “in chiaro” come le migrazioni possono essere incomplete. Ma hanno un peso evidente – tendono all’oggettività – e non possono essere ignorate. Siamo primi per numero di sbarchi, tra gli ultimi per accoglienza. Un’accoglienza così scadente (a parte la generosità dei volontari e dei soccorritori in divisa) da rendere lecito il sospetto che la si mantenga tale per favorire la volontà degli stranieri in transito di andarsene al più presto laddove, per esempio in Germania, la volontà politica di integrazione e di potenziale con-cittadinanza è molto più forte.
La lagna meloniana e la brutalità salviniana hanno, come tutte le posizioni politiche, una loro ragion d’essere. Calcolo elettorale, per esempio. O anche, semplicemente, sincera xenofobia.
Ma non hanno alcuna pezza d’appoggio nella realtà fattuale del continente europeo, che vede altri Paesi molto più capaci di accogliere riducendo l’impatto negativo (che c’è) e valorizzando le grandi opportunità (che ci sono). Che il nostro duo patriottico polemizzi proprio con chi, sulla gestione dell’immigrazione, è più solido, più preparato e, non da ultimo, più ospitale di noi, è veramente imbarazzante.
(da La Repubblica)

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JOE BIDEN ARRINGA GLI OPERAI DELL’AUTO IN SCIOPERO: “RAGAZZI, MERITATE L’AUMENTO”

Settembre 27th, 2023 Riccardo Fucile

E’ LA PRIMA VOLTA DI UN PRESIDENTE USA A UN PICCHETTO

Il presidente americano Joe Biden ha fatto visita oggi agli operai del comparto automobilistico che da oltre 10 giorni manifestano in Michigan per ottenere migliori retribuzioni e più diritti. Megafono alla mano e cappellino da baseball in testa, Biden ha arringato – anche se per non più di un minuto e mezzo – la folla di operai della United Auto Workers (UAW), il più potente sindacato del settore. Una visita storica, considerato che mai prima di oggi un presidente americano si era unito a un picchetto di lavoratori, notano all’unisono i media americani. «Ragazzi, me l’avete sentito dire tante volte: non è stata Wall Street a costruire questo Paese, è stata la classe media, e i sindacati hanno costruito la classe media!», ha chiamato l’applauso Biden, prima di proseguire sul terreno concreto delle richieste dei lavoratori: «Le aziende automobilistiche hanno avuto un periodo di difficoltà ma poi si sono riprese e ora devono darvi un aumento significativo e ridarvi quello che avete perso».
L’attuale vertenza vede contrapposto il sindacato a tre big del settore, per le quali l’impianto di Belleville dove si svolge lo sciopero produce componenti: General Motors, Stellantis e Ford. «Il presidente non intende entrare all’interno dei negoziati» tra le parti, ha poi precisato la Casa Bianca.
La posta in gioco per Usa 2024
Al fianco di Biden l’estensore dell’invito, il leader dell’AUW Shwan Fain, non ha tuttavia perso l’occasione di far sentire tutte le aspettative dei suoi alla Casa Bianca: «I Ceo pensano che il futuro appartenga a loro. Oggi appartiene invece ai lavoratori dell’auto e alla working class. Grazie di essere venuto, signor Presidente. Sappiamo che farà la cosa giusta per i lavoratori». A poco più di 13 mesi dal voto, la visita di oggi ha tutta l’aria del fischio d’inizio sul terreno della campagna elettorale per le presidenziali 2024, con la caccia al voto operaio sin d’ora aperta tra Biden e Trump (se i rispettivi iter interni confermeranno la scelta tra Democratici e Repubblicani, come oggi appare). Neppure 24 ore dopo il presidente, sarà infatti il principale “promesso sfidante” ad arringare gli operai del settore automobilistico. Trump è atteso in Michigan domani, mercoledì, per tenere il “suo” discorso agli aderenti al sindacato. Il leader dei Repubblicani deve riconquistare il loro voto, che lo aiutò a scalare la Casa Bianca nel 2016, ma gli voltò le spalle nel 2020. In vista del prossimo anno, nota la Cnn, la UAW non ha ancora preso posizione, anche se è Biden quello ad avere il vantaggio da perdere.
(da agenzie)

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