L’ULTIMA CAZZATA DI UNA PREMIER PRIGIONIERA DI SE STESSA
PERCHE’ LA MISSIVA CONTRO LE ONG E’ UN BOOMERANG
Giorgia Meloni appare ormai prigioniera di se stessa. Ingabbiata in un’immagine che si è autonomamente assegnata. Non riesce ad uscire dal cliché della donna di destra che alza la voce per risolvere i problemi e per dimostrare di essere forte. E di guidare una “nazione” altrettanto forte.
Ma quando quell’immagine si misura con i fatti e con la realtà, va immediatamente in frantumi. Mostra tutti i segni e i cocci della sua debolezza. È uno specchio introflesso, capace solo di riflettere le esigenze domestiche e che esplode in mille pezzi quando subisce la spinta ad una naturale ed europea estroflessione.
La lettera inviata al cancelliere tedesco Scholz sta provocando proprio questi effetti. I contenuti e soprattutto il tono espongono il Paese ad una fragilità inusitata.
Nel merito, infatti, la presidente del consiglio non tiene conto di alcuni aspetti che sono fondamentali e che in diplomazia marcano la differenza tra la sconfitta e la vittoria. Il provvedimento di cui si lamenta è stato approvato dalle autorità tedesche nel 2022. Il finanziamento destinato alle Ong che operano nell’attività di assistenza dei migranti rientra nel bilancio federale varato oltre nove mesi fa. Non è insomma una novità. Non è certo la prima volta che Berlino prevede quel tipo di misura e comunque è stato autorizzato quando il governo Meloni era almeno agli albori. Le parole scritte nero su bianco dalla premier, invece, non solo fanno emergere una conoscenza approssimativa delle scelte compiute da un Paese non solo leader in Europa ma storicamente alleato dell’Italia, ma fanno sospettare che il Cancelliere socialdemocratico Scholz abbia voluto deliberatamente mettere in difficoltà un esecutivo di destra.
Non si tiene poi conto degli obiettivi del fondo messo a disposizione dalla Germania. Non riguarda solo l’Italia. È un bando rivolto a tutte le organizzazioni non governative che si muovono in questo settore. Nel nostro Paese, ma anche in Polonia, nella Repubblica Ceca etc. Riguarda le iniziative avviate in mare ma anche sul terreno. Anche, ad esempio, per quei volontari che accolgono i rifugiati via terra. Si ottengono i soldi dopo aver partecipato ad un regolare bando. Tanto per fare un esempio, tra le organizzazioni che usufruiscono di questi aiuti c’è anche la Comunità di Sant’Egidio. Non esattamente un gruppo di pericolosi complici dei trafficanti di essere umani. Ma probabilmente uno dei più grandi e efficienti movimenti cattolici impegnati nella solidarietà sul campo. Di certo in Italia e in Africa. Questo governo, allora, che si richiama ai valori della tradizione, come concilia le sue presunte vocazioni con una critica così feroce ad una associazione cristiana? Come combina la pretesa di sventolare la fede con una linea così oltraggiosamente contraria ai principi che anche di recente sono stati confermati e rilanciati da Papa Francesco?
Ma queste palmari incoerenze sono incorniciate con una modalità che sottolinea l’inefficacia dello strumento. Il linguaggio e la gradazione che viene utilizzata in quel testo è assolutamente controproducente. Ricorrere a una lettera di questo tipo con la Germania significa aprire un altro conflitto dentro l’Unione europea. Meloni aveva già iniziato nei mesi scorsi mostrando inutilmente i muscoli con la Francia. Ora lo fa con Berlino. Significa non rendersi conto del contesto in cui agisce. E non capire che dentro l’Ue i risultati si conseguono con le alleanze. La logica a Bruxelles è quasi sindacale. Ma per affermarsi nel negoziato bisogna avere la consapevolezza dei propri mezzi e comprendere che senza Francia e Germania difficilmente si va da qualche parte. Che abbracciare l’ungherese Orbán, come ha fatto la presidente del consiglio pochi giorni fa, può essere utile a gonfiare il proprio ego e forse a galvanizzare la base più radicale del suo elettorato, ma certo non serve a raggiungere traguardi utili al Paese. Nemmeno a tutelare l’interesse nazionale. Soprattutto è chiaro che a Palazzo Chigi non si sono accorti che Scholz, sulla questione migranti, può essere l’alleato più prezioso. Perché anche in Germania i flussi migratori stanno esponendo il governo ad una severa difficoltà e a una gigantesca conflittualità interna.
Quella missiva, allora, può forse rifornire l’arsenale dialettico della politica interna italiana e contrastare la competizione sempre più a destra con la Lega di Matteo Salvini. Ma niente di più.
Anzi, il nostro Paese vive una fase delicata con i partner europei. Il Memorandum con la Tunisia è bloccato e messo seriamente in discussione dai partner “frugali” dell’Ue. A cominciare dalla Germania. Vogliono sapere se i soldi spesi dalla Comunità siano davvero impegnati nel modo giusto e non siano solo un regalo al Paese africano per accontentare l’Italia. Dinanzi a questi dubbi, l’esecutivo di Roma non riesce a far altro che aprire un ennesimo contenzioso proprio con i tedeschi. Una scelta che in questo momento spinge comunque il nostro Paese in un angolo. O meglio è la destra italiana a sospingerlo. E tra le questioni negoziali che ci attendono, ci sono anche la riforma del Patto di Stabilità, l’applicazione del Pnrr, la ratifica del Mes (il Meccanismo di Stabilità). Tutti dossier decisivi che dovranno essere trattati anche con Berlino. E allora è stato davvero conveniente spedire quella lettera alla Cancelleria tedesca? L’interesse nazionale avrebbe reclamato ben altro.
(da La Repubblica)
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