Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
“LA NOSTRA STESSA ESISTENZA E’ MESSA IN DISCUSSIONE DAL 1948″… “DA ISRAELE ANNESSIONI ILLEGALI, UCCISIONI INDISCRIMINATE, DEMOLIZIONI DI CASE E UNA LUNGA SERIE DI ABUSI”
“Gli eventi che si stanno verificando oggi a Gaza possono essere
descritti solo come un genocidio, ed è fondamentale che a Israele – in quanto potenza occupante – non sia consentito di agire impunemente. Chiediamo all’Italia di assumere un’iniziativa per dimostrare coerenza e integrità nella sua posizione sui conflitti in tutto il mondo”. A dirlo, intervistata da Fanpage.it, l’Ambasciatrice di Palestina in Italia Abeer Odeh, già ministro dell’Economia nell’Autorità Palestinese.
La diplomatica ha condannato le stragi commesse da Hamas una settimana fa, ma ha sottolineato come le violenze da parte di Israele nei confronti di palestinesi inermi siano quotidiane e perdurino da anni nell’indifferenza della comunità internazionale: “Come rappresentanti dello Stato di Palestina, rifiutiamo la pratica di uccidere o di maltrattare i civili – da qualsiasi parte essi siano – poiché contravviene alla morale, alla religione e al diritto internazionale”. Tuttavia “se qualcuno pensava che prima di sabato 7 ottobre fosse tutto ok si sbagliava completamente”. Spiega Abeer Odeh: “Avevamo costantemente messo in guardia sull’imminente scoppio della guerra. Avevamo espresso preoccupazione riguardo alla necessità di esercitare pressioni su Israele affinché interrompesse le sue violazioni e aggressioni contro i palestinesi. Abbiamo sottolineato che il nostro popolo non poteva più sopportare tutto ciò. È stato scoraggiante osservare i doppi standard e il silenzio internazionale di fronte alle azioni unilaterali di Israele contro i palestinesi che abbiamo più volte portato all’attenzione della comunità internazionale, compresa l’Italia”.
Signora ambasciatrice, permetta una domanda personale: come stanno i suoi familiari e amici? In che condizioni si trovano i suoi conoscenti a Gaza e in Cisgiordania?
Grazie. La mia famiglia e i miei amici, tutta la mia gente è angosciata per quello che sta accadendo a Gaza. Da una settimana Israele prende di mira civili, famiglie e bambini con missili, bombe e armi di distruzione di massa proibite, come il fosforo bianco, armi scagliate contro di loro dal cielo, dalla terra e dal mare. Violando ogni norma del diritto internazionale, Israele spara indiscriminatamente su case, campi profughi, ospedali, scuole, moschee e infrastrutture, comprese le strade che dovrebbero essere utilizzate per portare aiuti sanitari e che invece vengono distrutte. Le vittime accertate – ma ce ne sono molte altre ancora sotto le macerie – sono già più di 1.800, più della metà delle quali donne e bambini; i feriti almeno 6.388; gli sfollati costretti ad abbandonare le loro case si stimano per ora intorno ai 423mila, stando ai dati delle Nazioni Unite, ma l’esercito israeliano sta già chiedendo l’evacuazione immediata di metà della popolazione di Gaza. Se ciò non bastasse, i palestinesi in Cisgiordania continuano a essere attaccati dai coloni, uccisi e arrestati dalle forze di occupazione, ogni giorno. Sono giorni di dolore e paura per tutti noi.
Il 7 ottobre Hamas ha lanciato un attacco coordinato e molto efficace a Israele. Qual è la posizione dell’Autorità Palestinese su questa iniziativa militare del gruppo islamista? È qualcosa che vi aspettavate, o siete stati anche voi colti di sorpresa?
Come rappresentante dei palestinesi, posso enfatizzare la politica dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), unico legittimo rappresentante del popolo palestinese, che ha rinunciato alla violenza e ha aderito alle leggi internazionali, alla resistenza popolare pacifica e all’azione politica come percorso per raggiungere i nostri obiettivi nazionali di libertà e indipendenza, con la fine all’occupazione e il riconoscimento del nostro Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale, sui confini del 1967. La leadership palestinese ha sempre seguito la via della legalità internazionale, sperando nel sostegno internazionale per raggiungere pacificamente i nostri legittimi obiettivi di autodeterminazione. Purtroppo la nostra posizione nonviolenta non è stata adeguatamente sostenuta dalla comunità internazionale, il suo sostegno non è mai arrivato e il nostro popolo lo ha visto molto chiaramente. Avevamo costantemente messo in guardia sull’imminente scoppio della guerra. Avevamo espresso preoccupazione riguardo alla necessità di esercitare pressioni su Israele affinché interrompesse le sue violazioni e aggressioni contro i palestinesi. Abbiamo sottolineato che il nostro popolo non poteva più sopportare tutto ciò. È stato scoraggiante osservare i doppi standard e il silenzio internazionale di fronte alle azioni unilaterali di Israele contro i palestinesi che abbiamo più volte portato all’attenzione della comunità internazionale, compresa l’Italia.
Da anni Israele colpisce e uccide civili palestinesi nella Striscia di Gaza e in West Bank. Tuttavia sabato scorso Hamas ha fatto la stessa cosa, compiendo stragi in alcuni villaggi israeliani. Come giudica l’Autorità Palestinese queste azioni?
Ha ragione, i palestinesi sanno benissimo cosa significa essere presi di mira ogni giorno dalla violenza. Lo vediamo quotidianamente nelle nostre case, nelle nostre strade, nelle nostre moschee e nelle nostre chiese, che sono costantemente attaccate dall’esercito di occupazione israeliano e dai coloni illegali. Lo Stato di Israele – visto da molti come una democrazia perfetta – ci sta facendo questo da decenni. Non parliamo di un movimento estremista. Quanto a noi, come rappresentanti dello Stato di Palestina, rifiutiamo la pratica di uccidere o di maltrattare i civili – da qualsiasi parte essi siano – poiché contravviene alla morale, alla religione e al diritto internazionale.
Come si è arrivati a questa nuova guerra? Quali sono le ragioni strutturali dell’attuale escalation?
La responsabilità di quanto sta accadendo in questi giorni ricade sull’incapacità o sulla mancanza di volontà della comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità nel pretendere il rispetto e l’attuazione del diritto internazionale e delle risoluzioni dell’ONU che chiedono la fine dell’occupazione illegale della nostra terra da parte di Israele. Dobbiamo andare alla radice di un problema che purtroppo è stato rimosso, sia da Israele che dal resto del mondo. Non possiamo parlare del diritto di Israele ad esistere senza ricordare che stiamo parlando di una potenza occupante. La priorità dovrebbe essere quella di proteggere il popolo palestinese dai crimini commessi dalle forze di occupazione, non quella di garantire l’impunità di Israele. Non possono esserci doppi standard perché non esistono vite che valgono più di altre. Le vite dei palestinesi, già miserabili a causa dell’occupazione, sono decimate da decenni da Israele, che non fa distinzione tra uomini e donne, anziani e bambini. Il numero di palestinesi uccisi da Israele – non da un movimento estremista, ma dall’esercito ufficiale – è troppo grande per essere menzionato, così grande che diventa difficile da immaginare, quasi irreale. Tutti sanno che Israele ha bombardato ripetutamente Gaza, ma le vittime ogni volta sono state così tante – con migliaia di persone uccise, tra cui intere famiglie con bambini – che sembrava impossibile dare loro un nome e un volto. Tuttavia, un nome e un volto li avevano. E dall’inizio del 2023, solo in Cisgiordania, Israele ha ucciso almeno un minorenne a settimana. Parlando dei coloni illegali, che il governo protegge e che aumentano ogni giorno raggiungendo ormai il numero di oltre 620mila, vorrei solo ricordare che sono riusciti a dare fuoco alla famiglia Dawabsha, appiccando un incendio alla sua casa mentre dormivano tutti. Il piccolo Ali, di 18 mesi, è morto con i genitori, mentre Ahmed, di 5 anni, è sopravvissuto all’attacco terroristico, riportando gravissime ustioni. Ma ci sono tanti altri esempi di violenza letale da parte dei coloni. E se proprio vogliamo parlare di orrore, vorrei anche ricordarvi che Israele detiene, in un frigorifero, i cadaveri dei palestinesi che le forze di occupazione uccidono, solo per usarli come arma di ricatto contro le loro famiglie. Questa è una politica ufficiale israeliana e questa non è una situazione normale che possa andare avanti per sempre. Se qualcuno pensava che prima di sabato 7 ottobre fosse tutto ok si sbagliava completamente.
Ritiene che i palestinesi in Cisgiordania e in Israele si uniranno alla rivolta contro Israele? Quale indicazione darà l’ANP, in questo caso?
Lasciatemi dire che non è una questione di “rivolta”, è una questione di resistenza all’occupazione a cui non rinunceremo mai; ed è una questione di sostegno al nostro popolo di Gaza intrappolato sotto le bombe. Un sostegno che desideriamo esprimere con le nostre manifestazioni e chiediamo sia espresso anche dal resto del mondo, come sta già accadendo in molti Paesi amici. La tensione in Cisgiordania è altissima, i morti dal 7 ottobre sono più di 44, compresi molti bambini, e Israele sta fornendo ai coloni nuove armi, come i fucili d’assalto M16, per compiere contro di noi attacchi ancora più letali.
L’ANP sta lavorando a una de-escalation del conflitto? Sono in corso delle trattative?
Naturalmente stiamo lavorando per porre fine a questo massacro. Stiamo avendo incontri e colloqui con rappresentanti di diversi Paesi, delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, per fornire protezione al popolo palestinese e in particolare ai bambini, le cui vite sono in grave pericolo a causa dell’occupazione coloniale israeliana illegale e dell’Apartheid che ci impone.
La comunità internazionale, innanzitutto USA ed Europa, si sono schierate fin da subito al fianco di Israele. Come giudica questa posizione? E cosa chiede all’Italia?
È paradossale che la comunità internazionale si schieri a favore del diritto di Israele, la potenza occupante, a difendersi dal popolo occupato. Invece di applicare doppi standard quando si tratta di diritti internazionali, gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero piuttosto schierarsi per la legalità e quindi per la fine dell’occupazione, se ciò che vogliono è la pace. Sappiamo sicuramente meglio di Israele, Paese occupante, cosa sia il diritto di difendersi e di sopravvivere, visto che la nostra stessa esistenza è messa in discussione dal 1948 ed è quotidianamente a rischio a causa delle politiche di Israele, che comprendono annessioni illegali, uccisioni indiscriminate, arresti immotivati, demolizioni di case abitate, e una lunga lista di abusi sempre più difficili da sopportare.
Gli eventi che si stanno verificando oggi a Gaza possono essere descritti solo come un genocidio, come ha detto anche Human Rights Watch, ed è fondamentale che a Israele, in quanto potenza occupante, non sia consentito agire impunemente. Oggi chiediamo all’Italia di assumere un’iniziativa, come membro responsabile della comunità internazionale, per dimostrare coerenza e integrità nella sua posizione sui conflitti in tutto il mondo. Affrontando la difficile situazione del popolo palestinese e lavorando attivamente per una soluzione giusta e duratura, l’Italia potrebbe davvero svolgere un ruolo cruciale nel promuovere la pace, i diritti umani e la realizzazione delle aspirazioni palestinesi alla libertà e alla dignità. La nostra speranza è che il governo italiano si opponga fermamente a qualsiasi forma di ingiustizia e intraprenda azioni significative per sostenere la causa palestinese, non solo quella israeliana.
(da Fanpage)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
SOLO IL MERCATO DEGLI STUPEFACENTI VALE 13,7 MILIARDI DI EURO (+0,4 MILIARDI RISPETTO AL 2020)… ANCHE L’AUMENTO DEI MASCHIETTI CHE VANNO A PROSTITUTE È STATO RILEVANTE: NEL 2021 SUI MARCIAPIEDI, O SUI SITI INTERNET, SONO STATI SPESI 4,5 MILIARDI DI EURO
Nel 2021, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali hanno generato un valore aggiunto pari a 18,2 miliardi di euro, pari all’1,1% del Pil; tale valore include l’indotto, ossia il valore dei beni e servizi legali utilizzati nei processi produttivi illegali. Lo rileva l’Istat nel report ‘L’economia non osservata nei conti nazionali – Anni 2018-2021’, spiegando che al 2021 il valore complessivo dell’economia illegale non è tornato ai livelli pre-crisi.
Rispetto al 2020, quando le misure restrittive messe in atto per contrastare la pandemia avevano comportato una contrazione dell’economia illegale, si è registrata nel 2021 una ripresa del fenomeno, con una crescita del 5,0% (pari a 0,9 miliardi di euro) del valore aggiunto generato dalle attività illegali. Riprendendo la tendenza positiva degli anni precedenti la crisi pandemica, i consumi finali di beni e servizi illegali sono cresciuti di 1,2 miliardi di euro, attestandosi a 20,8 miliardi di euro (corrispondenti al 2,0% del valore complessivo della spesa per consumi finali).
Nonostante la crescita dell’ultimo anno, con riferimento al periodo 2018-2021 – spiega l’istituto – le attività illegali hanno mostrato una contrazione di 1,1 miliardi del valore aggiunto e di 0,8 miliardi della spesa per consumi finali, con una decrescita media annua, rispettivamente, dell’1,9% e dell’1,3%. Al 2021, dunque, il valore complessivo dell’economia illegale non è tornato ai livelli pre-crisi.
La ripresa delle attività illegali nel 2021 è stata determinata per larga parte dalla dinamica del traffico di stupefacenti: il valore aggiunto è salito a 13,7 miliardi di euro (+0,4 miliardi rispetto al 2020), mentre la spesa per consumi si è attestata a 15,5 miliardi di euro (+0,7 miliardi). Tale crescita è in linea con l’andamento del quadriennio precedente al 2020 in cui, per il traffico di stupefacenti, si era registrato un incremento medio annuo del 2,1% per il valore aggiunto e del 2,6% per i consumi finali, sostenuti soprattutto dalla dinamica dei prezzi.
Nello stesso periodo anche la crescita dei servizi di prostituzione è stata rilevante. Nel 2021 il valore aggiunto e i consumi finali sono aumentati, rispettivamente, dell’11,8% e del 12,3% (portandosi a 3,9 e 4,5 miliardi di euro).
L’attività di contrabbando di sigarette nel 2021 rimane marginale, rappresentando una quota del 3,3% del valore aggiunto (0,6 miliardi di euro) e del 3,8% dei consumi delle famiglie (0,8 miliardi di euro) del complesso delle attività illegali.
Nel periodo 2018-2021, l’indotto connesso alle attività illegali, principalmente riconducibile al settore dei trasporti e del magazzinaggio, è passato da un valore aggiunto di 1,3 miliardi di euro a 1,4 miliardi, dopo aver subito una caduta di 170 milioni nel 2020.
(da agenzie)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
IAN BREMMER, POLITOLOGO AMERICANO, PARLA DEL CONFLITTO IN MEDIO ORIENTE E DEGLI ERRORI DI ISRAELE: “ANNUNCIARE L’ASSEDIO DI GAZA È STATO UN ERRORE. L’EVACUAZIONE IN 24 ORE NON È REALISTICA. NETANYAHU? È RESPONSABILE”
«Non c’è alcuna giustificazione per i mostruosi attacchi terroristici di
Hamas, un’organizzazione che dovrebbe essere distrutta. Ma so che quando 2,3 milioni di palestinesi vivono in una situazione disperata e nessuno – né in Israele, né in altri Paesi del Medio Oriente – si preoccupa di loro, la situazione non finirà bene. E questo è un pezzo importante della storia».
A parlare via Zoom, dalla sua casa di New York, è il politologo Ian Bremmer, presidente dell’Eurasia Group, uno degli analisti più lucidi dei disordini del presente. Mentre la comunità internazionale assiste a nuove testimonianze del massacro operato il 7 ottobre dai terroristi di Hamas al confine con Gaza, in molti si interrogano sulle conseguenze degli attacchi che hanno riportato all’attenzione del mondo un territorio spesso dimenticato.
La risposta di Israele alle atrocità dei crimini di Hamas è cominciata. Il governo di Netanyahu ha ordinato l’evacuazione di oltre un milione di persone dal nord di Gaza in 24 ore: un obiettivo impossibile da raggiungere. Lei cosa pensa?
«Certamente un annuncio che dice a più di 1 milione di palestinesi presenti a Gaza City che devono evacuare in 24 ore non è realistico, se l’intento è proteggere questa popolazione. Le popolazioni civili devono essere protette, una responsabilità che non riguarda solo gli israeliani: è anche un problema di Hamas. Se Hamas opera direttamente nelle aree civili e si rifiuta di permettere ai palestinesi che vivono a Gaza di evacuare, sta tenendo queste persone in ostaggio. Dunque non sequestrano solo 150 israeliani e cittadini internazionali, ma anche milioni di civili palestinesi. Quindi, innanzitutto, la responsabilità è di Hamas. Detto questo, credo sia stato un errore per gli israeliani annunciare l’assedio di 2,3 milioni di palestinesi di Gaza. La maggior parte di queste persone non sono terroristi, ma civili. Il 50% di loro sono bambini: innocenti e impotenti che vengono usati in questa guerra. Saranno loro a subire i danni peggiori, come è sempre successo ai palestinesi di Gaza, che hanno sopportato il danno principale di decenni di questo conflitto. Se si guarda ai dati, il 50% degli abitanti di Gaza soffre la fame. Il 90% non ha accesso all’acqua potabile. E questo accadeva prima della guerra: vivevano come animali e nessuno si prendeva cura di loro. Sono profondamente solidale con il desiderio israeliano di distruggere i terroristi di Hamas, credo che abbiano il diritto di farlo, ma hanno anche l’obbligo di fare tutto il possibile per proteggere i civili. E nei primi giorni di questa guerra il governo israeliano non è riuscito a farlo».
Che giudizio ha di Netanyahu e del suo governo?
«Credo che non abbia fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggere i civili israeliani. Negli ultimi sei mesi ha distolto lo sguardo dalla sicurezza israeliana, dalla sicurezza dei confini israeliani, dall’intelligence. Si è concentrato sui suoi casi di corruzione, sulla sua riforma giudiziaria, sui suoi alleati di destra, sull’interesse per l’espansione degli insediamenti, sulla Cisgiordania. E così ha distolto lo sguardo dalla palla. Israele ha storicamente la migliore sicurezza delle frontiere al mondo, la migliore intelligence al mondo. Il fatto che un’organizzazione come Hamas possa arrivare e uccidere 1300 civili israeliani è anche colpa di Netanyahu. È responsabile di non aver protetto i civili israeliani. E il popolo israeliano lo biasima per questo».
Che ruolo ha l’America in questo conflitto?
«L’America vuole innanzitutto stabilità. Di certo non possiamo considerarla un mediatore imparziale: Israele è il suo più importante alleato nella regione. Ma la verità è che nessuno si aspetta che gli americani siano imparziali in questo conflitto…Vuole limitare il più possibile il numero di civili uccisi e di abusi dei diritti umani: una scelta in parte valoriale, in parte dovuta al timore che il conflitto possa espandersi a spirale e minare la posizione di Israele, e non solo, nella regione. Tuttavia, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, gli Usa hanno riportato l’attenzione in Europa, una scelta che ha creato anche molti problemi al presidente Biden. Non vogliono essere coinvolti in dispiegamento di risorse anche in Medio Oriente».
Putin ha detto che quello che accade in Israele è la dimostrazione del fallimento delle politiche americane in Medio Oriente. Il presidente russo – che sembra dimenticare di aver avuto un ruolo importante nella regione, a cominciare dalla Siria – riuscirà a trarre vantaggio da questa situazione? In generale crede che il blocco anti-occidentale sia più forte dopo l’attacco a Israele?
«L’ultima settimana probabilmente è stata la migliore per Putin da quando ha invaso l’Ucraina. Non tanto perché sta migliorando la sua posizione in Medio Oriente, quanto perché solo una settimana fa l’Ucraina era il problema principale a Washington. Oggi, se tutto va bene, è il terzo problema…Ecco perché Zelensky sta facendo un viaggio veloce in Israele: vuole assicurarsi di essere ancora rilevante. Ma se mi chiede se la Russia avrà un ruolo maggiore in Medio Oriente, non credo.».
La questione palestinese è la grande dimenticata della “normalizzazione” sancita dagli Accordi di Abramo?
«La responsabilità è condivisa dagli israeliani e dagli altri regimi della regione. Negli ultimi anni ho passato molto tempo a parlare con persone di Medio Oriente, e quasi nessuno si è preoccupato di chiedermi dei palestinesi, anche se Netanyahu stava espandendo gli insediamenti illegali in Cisgiordania. Israele è stato più che felice di continuare ad andare avanti nel processo di “normalizzazione” senza preoccuparsi della posizione dei palestinesi».
Chi sono i protagonisti di questo confitto? Quelli che possono avere un ruolo attivo per limitarne o ampliarne il raggio?
«Ovviamente quasi tutto dipende dagli israeliani e dai palestinesi. Hamas sta combattendo contro i civili israeliani. Ma finora non abbiamo visto, ad esempio, azioni in Cisgiordania. E speriamo ancora che Hezbollah e il Libano rimangano ai margini. Più la violenza peggiora, maggiore è la possibilità che si radicalizzino segmenti ampi delle popolazioni che circondano Israele. Certamente se gli iraniani decidono di contribuire a promuovere il coinvolgimento di Hezbollah, allora il potenziale per l’espansione della guerra all’Iran diventerà reale. Penso però che sia una probabilità molto bassa al momento».
(da Open)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
IL GOVERNO HA RICHIESTO, IN GRAN SEGRETO, LA REVOCA DELLA NOTIFICA A BRUXELLES PER EVITARE LA BOCCIATURA DELLA COMMISSIONE
Mentre in pubblico assaltavano le multinazionali e il cibo di Frankenstein, in segreto il governo Meloni prepara la ritirata.
Così mentre a Roma la Coldiretti, l’organizzazione che detta la linea al ministero dell’Agricoltura, in piazza rivendicava la lotta contro la “carne sintetica” (“Ci dicono che siamo oscurantisti – dice il segretario generale Vincenzo Gesmundo – invece siamo gli unici che hanno acceso una luce sul fenomeno”), a Bruxelles di fatto si prende atto dell’insostenibilità della norma oscurantista.
“Si richiede il ritiro della richiesta di notifica – recita la comunicazione del ministero guidato da Francesco Lollobrigida inviata lunedì al Mimit, che si occupa di queste pratiche – per un approfondimento delle tematiche oggetto del ddl, alla luce della discussione parlamentare in corso e delle modifiche che il testo potrebbe subire”.
È stato impossibile avere dalla Commissione una spiegazione ufficiale sulle ragioni che hanno spinto il governo italiano a ritirare la notifica. Ogni iniziativa del governo Meloni viene trattata come “politicamente sensibile”. A Bruxelles vogliono evitare ogni possibile scontro o polemica in pubblico. Ma alcune fonti dell’Ue ammettono che è “raro” che uno stato membro si tiri indietro su una notifica una volta avviata la procedura, salvo quando “c’è un rischio di bocciatura”.
Il disegno di legge contro la carne coltivata, volgarmente chiamata “carne sintetica”, un caposaldo della culture war del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Lollobrigida, aveva sollevato sin da subito dubbi dentro la Commissione. L’Ue vuole restare aperta alle innovazioni scientifiche, anche in campo alimentare, per l’impatto che possono avere su salute, ambiente e lotta alla fame. Da marzo a oggi la linea è rimasta sempre la stessa. “I consumatori europei saranno sempre liberi di decidere cosa mangiano”, hanno ripetuto più volte i portavoce dell’esecutivo comunitario: “Il ruolo dell’Ue è di assicurare che il nostro cibo, inclusi i nuovi alimenti come la carne coltivata, sia sicuro”. La valutazione scientifica sui rischi è affidata all’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa, quella con sede a Parma, conquistata a fatica usando la bandiera del suo prosciutto) ed è tra “le più rigide al mondo”. Ma “finora la Commissione non ha ricevuto richieste di approvare carne coltivata per i mercati europei”.
Tuttavia, il principale problema per la Commissione riguarda il mercato interno, a cui è legata la notifica che il governo ha ritirato. L’Ue è un grande mercato unico e i singoli paesi non possono frapporre barriere, tranne in rare eccezioni come la sicurezza nazionale. Il disegno di legge di Lollobrigida impone un divieto di importazione e produzione della carne coltivata: in sostanza, vieta una cosa già vietata dato che non esistono cibi sintetici autorizzati. I governi devono informare la Commissione attraverso il sistema TRIS di qualsiasi progetto di regolamentazione tecnica, che potrebbe ostacolare la libera circolazione delle merci, prima della sua adozione. Questo consente alla Commissione e agli altri paesi di esaminare il testo e rispondere, compresa la possibilità di imporre uno stop se effettivamente ci sono ostacoli alla libera circolazione. Prima, però, ci sono tutta una serie di potenziali passi intermedi. Se la Commissione presenta un “parere circostanziato”, lo stato membro interessato è obbligato a rispondere, spiegando le ragioni del suo provvedimento. Se la Commissione invia dei “commenti”, lo stato membro è obbligato a tenerne conto nell’adozione definitiva della regolamentazione.
La scadenza della procedura sarebbe stata il 30 ottobre, ma siccome dalle interlocuzioni era chiaro che la legge Lollobrigida sarebbe stata bocciata – anche per l’introduzione dell’emendamento Centinaio sul “meat sounding” che vieta l’utilizzo di nomi che fanno riferimento alla carne per prodotti vegetali, già introdotto dalla Francia e bocciato da Bruxelles – il governo ha preferito ritirare la notifica. La ragione formale, come detto, è che il Parlamento potrebbe modificare la norma. In realtà il ddl, già approvato al Senato, è stato iscritto nel programma dei lavori della Camera a novembre e in commissione l’iter procede spedito, senza che sia prevista alcuna modifica sostanziale.
Dal ministero dell’Agricoltura fanno sapere che “la notifica ritirata sarà rinotificata all’esito dell’approvazione parlamentare”, anche perché altrimenti il governo subirebbe una procedura d’infrazione. Ma a quel punto la bocciatura arriverebbe dopo l’approvazione. In pratica il governo scrive a Bruxelles che ritira la notifica perché la norma potrebbe essere modificata, ma in realtà ritira la notifica proprio per evitare di modificare una legge in contrasto con la normativa europee,
(da ilfoglio.it)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
LA STORIA DI LUIGI, GUARDIANO NOTTURNO A GENOVA
Come è possibile che ci fosse un uomo di 76 anni a fare da guardiano
notturno di un cantiere in autostrada?
È questa una delle domande a cui si sta cercando di dare una risposta dopo che giovedì 12 ottobre, in Liguria, Luigi Bernardini è morto travolto da un’auto nel tratto di autostrada A12 in direzione Genova, tra Deiva Marina e Sestri Levante.
Il 76enne stava lavorando come guardiano notturno per una ditta appaltatrice della società concessionaria Salt e il suo compito era sorvegliare il cantiere e il posizionamento dei conti spartitraffico tra un turno e l’altro degli operai.
L’altra sera, però, qualcosa è andato storto: Bernardini è stato investito da un uomo alla guida di un’Audi, che poi è stato portato in stato di shock all’ospedale di Lavagna.
La rabbia dei sindacati
Stando alle prime ricostruzioni, il 76enne avrebbe attraversato la carreggiata per cambiare una luce che non funzionava. Ed è stato centrato in pieno dall’automobile in un tratto di curva prima dell’inizio del cantiere. Bernardini era originario di Carrara e si era trasferito con la famiglia nel borgo storico di Fosdinovo. L’uomo lascia la moglie e due figli.
Saranno le indagini della magistratura a chiarire la dinamica dell’incidente e la catena gerarchica delle ditte appaltatrici dei lavori. Nel frattempo, a lasciare sgomenti i sindacati è l’età della vittima: 76 anni. Come è possibile, chiedono Cgil e Uil Liguria, che la ditta abbia deciso di affidare un lavoro ad alto rischio a un lavoratore in età così avanzata? «È inaccettabile – attaccano i sindacati – che un uomo di 76 anni fosse ancora in servizio presso un cantiere autostradale con il compito di rimuovere la segnaletica. Una rete di protezione istituzionale e sociale ha evidentemente fallito».
Appalti e subappalti
Cgil e Uil hanno chiesto che venga ricostruita «la filiera di appalti e subappalti». E hanno lanciato un appello alla Regione Liguria affinché metta mano alla legge sulla sicurezza sul lavoro. Per finanziare la figura del Rls, ossia il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. «Siamo di fronte all’ennesimo morto sul lavoro, che è il chiaro sintomo di una sicurezza che non c’è e non viene nemmeno cercata – attacca Luca Maestripieri, segretario generale Cisl Liguria -. Quell’uomo, alla sua età, doveva essere da tempo a godersi la sua pensione, la sua famiglia. Non è possibile che si debba lavorare fino alla morte, magari in cantiere come è successo in questo caso».
(da Open)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
SOSPESO DAL SERVIZIO E’ AI DOMICILIARI
Un maresciallo della Guardia di Finanza è indagato per tentata violenza sessuale e stalking nei confronti di un’addetta alle pulizie che lavora al Consiglio di Stato. Marco Boni, 57 anni, residente a Supino in Ciociaria è stato sospeso dal servizio dopo la presentazione della denuncia, che risale al 20 settembre. E si trova agli arresti domiciliari.
A deciderlo, racconta oggi Il Messaggero, è stato il tribunale di Roma. La donna delle pulizie è dipendente di una ditta che lavora a Palazzo Spada, sede del CdS. E dove presta servizio il finanziere. Che nel frattempo respinge le accuse: sostiene di essere stato vittima di un raggiro. Nei prossimi giorni si svolgerà l’interrogatorio di garanzia. Secondo l’accusa il maresciallo avrebbe molestato in più occasioni la donna. I tentativi sarebbero andati avanti per mesi. Lei non ha denunciato subito per paura di perdere il lavoro. Le indagini sono state delegate ai carabinieri. Il caso è stato trattato come un “codice rosso”. Nel suo paese Boni è conosciuto come dirigente sportivo e come organizzatore della festa patronale.
(da agenzie)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
I SITI E LA FONTE DI MAURIZIO CORONA
Trenta nomi di giocatori coinvolti nelle scommesse sulle piattaforme
illegali. E uno di loro che ha puntato almeno un milione di euro in un anno e mezzo. Mentre per la procura di Torino Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali non scommettevano solo su poker e blackjack. Mentre gli investigatori, oltre a quello di Nicolò Fagioli e dei due nazionali avevano fornito ai pm indizi generici su altri sette calciatori. Su cui però non sono emersi per ora abbastanza riscontri. Per questo ad ora non ci sono altri nomi di iscritti nel registro degli indagati. Nemmeno quello di Nicola Zalewski. Mentre Fabrizio Corona dice che sono dieci i calciatori, 5-6 i procuratori e nella storia ci sono anche le bische clandestine. Ed emerge anche il nome di un dj romano che avrebbe fatto da banco per le scommesse.
La talpa
Corona parla oggi con il Corriere della Sera. La procura di Torino l’ha sentito come persona informata dei fatti prima di consegnare l’avviso di garanzia e il decreto di sequestro del telefono a Tonali e Zaniolo. «Dirò tutto martedì al programma di Nunzia De Girolamo subito dopo la partita», fa sapere lui. «Faremo altri nomi e sveleremo la nostra fonte delle notizie. È lo zio di un ex calciatore dell’Inter dell’epoca di Mourinho, amico intimo di Mario Balotelli. Mario è un mio amico, è venuto tante volte qui, era shockato dalle prove che gli ho dato. Lo zio racconta che suo nipote si è trasferito a Roma e ha aperto una bisca. C’è qualche altro della Nazionale? Ci sono anche dei presidenti…». Le squadre coinvolte in totale sono cinque. Mentre dal punto di vista penale è importante notare che ai giocatori non è stato contestato il reato di frode sportiva. Questo significa che non ci sono per ora evidenze in questo senso.
Quatto giocatori della Lazio, un ex Inter
Secondo il Fatto Quotidiano Corona avrebbe appreso il nome di Zalewski (non indagato, ndr) da ambienti vicini agli influencer tattoo-fitness romani. Quattro giocatori della Lazio e un ex Inter sarebbero gli altri nomi in predicato di uscire a breve. Gli investigatori hanno accertato che diversi siti di scommesse non autorizzati dall’Aams, l’autorità dei monopoli di Stato, venivano utilizzati per il riciclaggio di denaro sporco. Tra questi i siti worldgame365.me ed evoz9.fx-gaming.net. Sono quelli usati dai calciatori indagati. Uno di loro avrebbe speso in poco tempo un milione di euro. E tutti gli indizi portano a Fagioli. Repubblica fa sapere che nelle carte ci sono 30 nomi. E spiega che proprio a causa dell’indebitamento lo juventino ha chiamato in causa Tonali e Zaniolo. È Fagioli a dare il contatto degli agenti delle scommesse. La polizia sta lavorando sulla chat consegnata dal giocatore agli inquirenti. Alcuni sono di Serie A. C’è anche un compagno di squadra, pressoché suo coetaneo. Non ci sono altri Azzurri.
Come funzionano le piattaforme di scommesse illegali
Le piattaforme di scommesse illegali si muovono con l’aiuto di Telegram. La Stampa spiega che attraverso i canali del social network si raccolgono le puntate in modo sicuro e lontano dagli occhi della polizia. Telegram consente di creare catene di canali che servono a rimandare a quello giusto. Il canale di solito è privato e solo gli amministratori possono postare messaggi. Le scommesse vengono aperte di solito al pomeriggio. Gli admin danno due link: uno per inviare un messaggio privato all’amministratore, in cui comunicare quanto si vuole scommettere, e un secondo che rimanda alle istruzioni. Si può anticipare il denaro «pagando ogni singola partita 300 euro» oppure «inviare il 10% sulle vincite». Nel caso si scelga la seconda opzione l’amministratore comunicherà «l’importo da scommettere e il sito su cui giocheremo». Tutto ciò «per anticipare problemi legati al controllo» e «massimizzare la collaborazione».
Il caso Buffon
Sempre Repubblica fa sapere che in allegato agli atti dell’inchiesta c’è un’informativa della Guardia di Finanza su Gianluigi Buffon. Si legge: «Nel 2006 Buffon è stato accusato dalla procura di Parma di scommesse sportive illecite, in violazione dell’articolo 4 della legge 401», lo stesso che viene contestato oggi ai calciatori azzurri. La Procura chiese l’archiviazione dopo che era stato appurato che «l’ammontare delle scommesse di Buffon raggiungeva i 2 milioni di euro. Il denaro per le giocate era accreditato su siti specializzati da un amico di Parma per evitare di fare comparire direttamente il nome del giocatore. Buffon ha dichiarato di non aver mai scommesso sulla Juventus o su altre squadre italiane. Ma ha ammesso di essere un giocatore accanito in vari settori: casinò, biliardo, cricket e di aver scommesso sul calcio straniero e su altre discipline. Perché in Italia era possibile farlo».
La mamma di Zaniolo
L’indagine è partita da una ricevitoria di Torino che aveva anche un canale per far scommettere in modo illegale. Tonali ha chiesto di essere interrogato dagli inquirenti. Mentre Fagioli – assistito dagli avvocati Luca Ferrari e Armando Simbari – sembra intenzionato a chiedere il patteggiamento in sede sportiva. Prima che la Procura della Federcalcio lo deferisca. Ieri Corona ha chiamato in causa anche Francesca Costa, madre di Zaniolo. Anche lei non è tra gli indagati. Poi l’ex fotografo dei vip ha detto che la sua fonte è «italiana, anzi spezzina». E che ha alle spalle 12 anni di carcere. Il fascicolo d’indagine ha un numero di registro che risale al 2022. Ovvero quando gli agenti della sezione criminalità organizzata incrociarono questo «filone», tra puntate e pallone. E, dicono gli investigatori, non è la parte relativa ai calciatori quella più importante dell’inchiesta.
(da Open)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
“GAZA E’ FINITA, TUTTO QUELLO CHE CI GARANTIVA ALMENO UNA VITA DECENTE ORA NON C’E’ PIU'”
“Oggi è venerdì. È passata una settimana dall’inizio della guerra. La gente sta evacuando Gaza, stanno andando a sud. Si muovono tutti a piedi, non ci sono auto disponibili. La mia famiglia è già scappata, io e mio fratello stiamo aspettando una macchina che venga a prenderci. Ho detto addio alla mia famiglia, perché non so se li rivedrò”.
Karam parla ad Huffpost dalle strade di Gaza. Ci invia un video. Si interrompe, perché spesso si sentono esplosioni. Cammina in mezzo ai palazzi distrutti dai bombardamenti, mentre dietro di lui si vedono decine di persone, tra cui bambini, donne, anziani, scappare per le strade, a piedi. Fuggono verso Sud, prima che l’esercito israeliano cominci la sua operazione nel nord, prevista tra poche ore.
Sono momenti di attesa per Gaza, che si dilatano e si restringono, a seconda delle notizie che arrivano, spesso discordanti tra loro. Attesa di una distruzione ancora più vasta di quella che già c’è. Se la Striscia, già prima di questa guerra, era una prigione a cielo aperto, oggi lo è ancor di più. L’esercito israeliano ha ordinato a 1milione e 100 mila abitanti del nord di Gaza di trasferirsi nel sud dell’enclave entro le 20 di stasera (le 19 in Italia). Dal cielo, attraverso i droni, piovono volantini raccolti dalle persone: sono diffusi dall’esercito, che chiede di andare via il prima possibile. Hamas, invece, esorta a restare, sostenendo che l’avviso di ricollocazione da parte di Israele è stato un tentativo da parte israeliana “di trasmettere e diffondere falsa propaganda, con l’obiettivo di seminare confusione tra i cittadini e danneggiare la nostra coesione interna”. I miliziani erigono posti di blocco e barriere per impedire agli abitanti di lasciare Gaza City.
Stretti tra gli ordini delle due parti in conflitto, nella prigione senza aria, come sempre, ci sono loro, i civili, le persone. Un corrispondente di Al Jazeera racconta che sono migliaia le persone che si stanno dirigendo verso sud. ”Lungo la strada – racconta il giornalista – ho visto migliaia di persone portare con sé i propri figli. Alcuni portavano materassi o piccole borse con dentro tutto ciò che potevano portare con sé, cose essenziali come vestiti per i loro figli e i documenti necessari”. Una cooperante italiana di “Azione Contro la Fame”, che si trova nella striscia di Gaza insieme a 19 colleghi, sta seguendo l’esodo. “Stanno scappando tutti a piedi” afferma. Le organizzazioni umanitarie presenti a Gaza si sono già spostate a sud della Striscia per monitorare la situazione. “Abbiamo fatto ‘una ibernazione’, cioè le varie organizzazioni si sono riunite nello stesso posto e poi è stato organizzato un convoglio con macchine che si sono mosse tutte insieme” racconta Chiara Saccardi, responsabile Medio Oriente di “Azione contro la Fame”. “Ci sono tante voci che dicono che Hamas non lascia passare per fuggire a sud, io non so cosa stia succedendo. Ma so che Gaza è finita” commenta con Huffpost Karam.
Gaza è finita, perché anche le possibilità di fuggire, che già prima di questo conflitto e dell’assedio di Israele erano remote, ora sono praticamente assenti. Israele chiede alle persone di evacuare, ma non ci sono macchine e non c’è benzina. “Ordinare a un milione di persone a Gaza di evacuare, quando non c’è un posto sicuro dove andare, non è un avvertimento efficace. Le strade sono macerie, il carburante scarseggia e l’ospedale principale si trova nella zona di evacuazione” spiega Clive Baldwin, di Human Rights Watch. Critica sull’ordine di evacuazione dato da Israele anche l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa). ”Ciò porterà solo a livelli di miseria senza precedenti e spingerà ulteriormente la popolazione di Gaza nell’abisso” ha detto il commissario dell’agenzia Onu, Philippe Lazzarini. Più di 423mila persone sono già state sfollate, ha affermato Lazzarini. L’Onu condanna la decisione di Israele, considerando “impossibile un tale movimento senza devastanti conseguenze umanitarie”.
Intervistata da HuffPost, la direttrice Unrwa Marta Lorenzo Rodriguez racconta della tragedia in corso spiegando che “l’agenzia affronta una crisi senza precedenti. Ad ora, abbiamo oltre 230mila sfollati che risiedono nei nostri centri, tra scuole, presidi medici e il nostro Hedquarters. Nelle zone dove è stata ordinata l’evacuazione ci sono molte persone del nostro staff, impiegate nell’aiuto dei civili, che stanno rischiando ogni momento la propria vita. Fornire supporto umanitario in questo momento è impossibile, non veniamo ascoltati: abbiamo sottolineato al governo israeliano che non ha alcun senso logico pensare di poter trasferire un milione e mezzo di abitanti a sud in 24 ore. Come possiamo farcela? È diventata una scelta che dipende dalle persone, noi non possiamo fare niente se non avvisare”.
Una situazione che mette in pericolo tutti, anche i funzionari umanitari impiegati nella gestione della crisi: “Il nostro staff rischia la vita costantemente. Abbiamo perso 11 dei nostri dipendenti a causa dei bombardamenti. Ciò che è assurdo è che abbiamo sempre segnalato alle autorità israeliane della presenza di persone all’interno delle strutture. Oggi in un attacco ad un altro edificio sono rimasti feriti due dei nostri volontari, uno dei quali è in gravi condizioni. I danni possono essere causati da bombardamenti diretti o da crolli collaterali, ma comunque il numero di vittime cresce e ne hanno responsabilità. Il nostro Headquarters nel quartiere di Rimal, a Gaza City, ha subito danni irreparabili. Sembra quasi che non ci prendano in considerazione. È necessario ricordare che deve essere garantita, per legge internazionale, la sicurezza dei civili e l’accesso al supporto umanitario”. Secondo il presidente palestinese Abu Mazen, “lo sfollamento dalla Striscia di Gaza equivarrebbe ad una seconda ‘Nakba’ per il nostro popolo”, la catastrofe che i palestinesi hanno affrontato nel 1948, quando circa 760mila palestinesi sono fuggiti o sono stati espulsi dalle loro case durante la guerra che ha coinciso con la creazione di Israele.
“Hanno mandato un messaggio nelle scuole dove va anche nostra figlia, dicendo che i bambini devono lasciare la scuola e andare verso il sud della striscia. Ma come facciamo? È una situazione disastrosa e paradossale. Nel nord di Gaza abitano 1 milione e 100 mila persone. Come possono riuscire a scappare? Non c’è luce, non c’è il cibo, non c’è l’acqua, non c’è benzina. Non ci sono le macchine” racconta ad Huffpost Mohammed, anche lui intrappolato.
Il problema maggiore, poi, è evacuare le persone fragili, i malati, i bambini, o le persone che si trovano negli ospedali. “Gaza è una delle aree più densamente popolate nel mondo. Uno spostamento così rapido di una quantità così ingente di persone causerà la separazione di intere famiglie e le persone più vulnerabili saranno lasciate indietro. Come faranno a scappare le donne incinta? O le persone con i bambini?” si chiede Wisam Shweiki – Responsabile dei Programmi per ActionAid Palestine. È la stessa Oms a lanciare l’allarme sui pazienti gravi. “Lo spostamento di persone gravemente malate da Gaza equivale a una condanna a morte” afferma l’Organizzazione. Le autorità sanitarie locali di Gaza fanno sapere che é impossibile evacuare i pazienti ospedalieri: ”Ci sono persone gravemente malate le cui ferite significano che la loro unica possibilità di sopravvivenza è l’uso di dispositivi di supporto vitale, come i ventilatori meccanici”.
Senza dimenticare che neanche il sud della striscia di Gaza è sicuro. Una massa così grande di persone sarà un fardello pesante per le infrastrutture del sud, che non sono in grado di sopportare tale pressione. “Se un milione e 100 mila persone si trasferiscono tutte insieme nel sud sarà il caos totale” commenta con Huffpost Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Anche là mancano acqua, energia elettrica e risorse di cibo. Dove staranno le persone? Che cosa mangeranno? Come sopravviveranno? I confini sono chiusi e non ci è ancora stato permesso di portare aiuto o medicinali per le emergenze. La situazione è disumana e disperata” continua ActionAid.
C’erano poche cose che ancora si potevano fare a Gaza prima di questa guerra. Usare il proprio telefono, comunicare, mangiare, bere. Quando si riusciva, prima, si sopravviveva. Ora non è più possibile neanche fare quello. Due giorni fa l’unica centrale elettrica di Gaza ha smesso di funzionare dopo aver esaurito il carburante a disposizione, lasciando milioni di persone senza corrente. È impossibile caricare i dispositivi elettronici, la rete internet non funziona e comunicare con i propri cari è quindi diventato molto difficile. “Ci manca l’acqua, ci mancano le medicine, ci manca tutto, non abbiamo il cibo da dare ai nostri bambini” ci dice Mohammed. “Non posso neanche uscire per strada a cercare il poco cibo disponibile, perché ho paura che mi succeda qualcosa” continua. “Tutte le poche infrastrutture che ci garantivano prima una vita quanto meno decente, ora non esistono più” aggiunge Karam. Almeno sei pozzi d’acqua, tre stazioni di pompaggio, un serbatoio d’acqua e un impianto di desalinizzazione che serve più di un milione di persone sono stati danneggiati dagli attacchi aerei. In alcuni video pubblicati sui social network dalla reporter Plestia Alaqad si vedono file lunghissime di persone in coda davanti ai pochi negozi che ancora hanno dell’acqua.
La situazione peggiore negli ospedali. L’Oms fa sapere che “il sistema sanitario a Gaza è sul punto di rottura dopo 34 attacchi da sabato. Il tempo sta scadendo per prevenire una catastrofe umanitaria”. Gli attacchi, continua l’Oms, hanno provocato la morte di 11 operatori sanitari, 16 feriti e danni a 19 strutture sanitarie e 20 ambulanze. “A Gaza gli ospedali sono al collasso – afferma Noury – le incubatrici non funzionano, gli interventi di chirurgia urgente, la terapia intensiva che già prima del conflitto erano qualcosa di estremamente precario, ora sono impossibili”. “Hanno bombardato l’ospedale che c’è qui vicino a noi. Gli ospedali non hanno abbastanza posti per tutti i feriti e poi mancano le medicine” dichiara Mohammed.
E poi le scuole, le università, anche quelle, raccontano Mohammed e Karam sono state bombardate. Alcune di queste, fino ad ora, erano il rifugio da possibili raid aerei. Un video pubblicato dal giornalista Motaz Azaiza mostra donne in lacrime coi bambini piccoli in braccio e altre persone che cercano rifugio nelle scuole. “Ieri sono state bombardate diverse scuole, ci sono centinaia di bambini morti” afferma Karam. Ora l’esercito israeliano fa sapere che controllerà i bombardamenti per rendere più sicura l’evacuazione richiesta ai civili. Il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha affermato che l’Idf “cercherà di evitare di colpire luoghi sensibili come gli ospedali in caso di raid aerei”. “Ma Gaza è già morta” sostiene Karam. Il ministero della Salute palestinese ha riferito che è il bilancio è salito a 1.799 vittime palestinesi e 6.388 feriti nella striscia.
“Prima del problema dell’acqua, c’è quello dell’elettricità – spiega ad Huffpost Lorenzo Rodriguez – Nelle nostre strutture non possiamo più pompare acqua per renderla potabile, perché i generatori sono fuori uso, non abbiamo corrente o carburante. A gaza è impossibile mantenere una adeguata fornitura d’acqua senza carburante. Alcuni dei nostri centri sono ancora attivi, ma non durerà a lungo di questo passo. Siamo molto preoccupati, con un flusso sempre maggiore di persone che sta arrivando nelle strutture non reggeremo. In un’intervista qualche giorno fa dicevamo che si stava profilando una catastrofe umanitaria. Oggi posso dirti che è la catastrofe è arrivata. ب necessario che si attivino i corridoi umanitari immediatamente, o la gente morirà”.
Riusciamo a rimetterci in contatto con Karam. ب arrivato a sud. Ci parla da una casa dalle mure bianche. Fuori dalla finestra si sentono urla e lo scoppio delle bombe. “Sono lanciate dagli aerei” commenta Karam. “Abbiamo bisogno di aiuti umanitari. La gente sta morendo. Anche la gente che evacua al sud poi si trova senza nulla” dice. Al suo grido si aggiunge quello di Mohammed: “Vogliamo un futuro per la nostra figlia, vogliamo uscire di qui, vogliamo solo vedere il sole”.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 14th, 2023 Riccardo Fucile
A ESSERE COLPITI SOPRATTUTTO DISOCCUPATI, STRANIERI, FAMIGLIE NUMEROSE O CON UN GENITORE SINGLE… IL REDDITO DI CITTADINANZA AVEVA FRENATO IL FENOMENO, ORA IL GOVERNO HA DICHIARATO GUERRA AI POVERI
In Italia sei milioni di persone sono in una condizione di povertà
alimentare, considerando solo chi ha più di 16 anni. Si tratta del 12% della popolazione dai 16 anni in su. Il rapporto realizzato da ActionAid sul tema, “Frammenti da ricomporre”, ha fotografato la situazione con dati relativi al 2021, quindi influenzati in parte anche dalla pandemia. In una situazione in cui la povertà assoluta – cioè l’incapacità di permettersi le spese – colpisce il 7,5% delle famiglie e il 9,4% delle persone residenti in Italia, ActionAid ha guardato anche alla povertà alimentare.
Cos’è la povertà alimentare
La povertà alimentare, per l’associazione, si definisce come “l’incapacità di acquisire o consumare un’adeguata qualità di cibo, quantitativamente sufficiente e in modo socialmente accettabile (o l’incertezza di essere in grado di farlo)”. Insomma, riguarda chi non riesce ad avere abbastanza da mangiare, in una qualità adeguata e in un modo ritenuto “socialmente accettabile”, e anche chi non è sicuro di riuscirci.
L’idea di povertà alimentare è leggermente diversa da quella di “deprivazione alimentare materiale”, ma è comunque collegata. Quest’ultima, per l’Eurostat, è la situazione di chi non può permettersi un pasto completo – con pollo, carne pesce o equivalente vegetariano – almeno una volta ogni due giorni. Sempre nel 2021, secondo Eurostat, il 7,9% delle famiglie italiane erano in una situazione simile: 4,6 milioni di persone. C’è anche la deprivazione alimentare “sociale”, quella di chi non può riunirsi con amici o parenti per mangiare o bere qualcosa almeno una volta al mese. Nel 2021 colpiva 3,3 milioni di persone.
Entrambi i dati erano comunque in miglioramento rispetto agli anni precedenti: un passo avanti che secondo ActionAid si spiegava con l’introduzione del reddito di cittadinanza nel 2019: “Nei periodi di recessione, le misure di protezione sociale come quelle di sostegno al reddito sono fondamentali per evitare che la povertà alimentare cresca”, ha commentato Roberto Sensi, responsabile del programma Povertà alimentare di ActionAid Italia.
Chi subisce la povertà alimentare in Italia
La povertà alimentare, dunque, colpisce sei milioni di persone in Italia. Come è prevedibile, colpisce alcune categorie più di altre. Ad esempio, a fronte di una media nazionale del 12%, si trova in povertà alimentare il 28,3% dei disoccupati, il 22,3% delle persone inabili al lavoro, il 17,4% di chi ha la licenza media o un titolo d’istruzione più basso.
Sono particolarmente poveri dal punto di vista alimentare i giovani (il 12,3% di chi ha tra 19 e 35 anni), ma anche gli adulti dai 50 al 64 anni (12,7%). Sono colpiti gli stranieri (23,1%) e chi vive in una casa in affitto (22,6%). È più frequente, inoltre, che sia in povertà alimentare chi vive in un’area metropolitana (il 13,3%).
Tra le famiglie, sono più colpite le famiglie in cui c’è un genitore solo e quelle che hanno cinque o più persone al loro interno, entrambe le categorie vedono un 16% circa di povertà alimentare. A livello geografico, al Nord Est c’è la percentuale più bassa (5,8%) mentre al Sud si va oltre il 20%.
Perché gli aiuti alimentari non bastano
Gli aiuti alimentari, peraltro, non sono sufficienti in Italia per affrontare la situazione. Secondo i dati del ministero delle Politiche sociali e del Lavoro, nel 2022 hanno ricevuto generi di prima necessità dal Fead (Fondo di aiuti europei agli indigenti) 2,8 milioni di persone. Erano solo 2,1 milioni nel 2019, quindi c’è stato un aumento, soprattutto in Sicilia (+172mila persone), Lombardia (+155mila) e Campania (+98 mila). Napoli e Milano sono state le due città metropolitane più interessate dagli aiuti. L’aumento dei beneficiari, però, è legato più a un peggioramento delle condizioni di vita che a un maggiore intervento delle istituzioni.
Uno dei motivi per cui le misure adottate non bastano, secondo ActionAid, è che si sbaglia l’approccio al tema della povertà alimentare: ad esempio, tra le persone considerate in stato di deprivazione alimentare materiale, ben sei su dieci non sono considerate a rischio di povertà, guardando il loro reddito. “Dobbiamo adottare un approccio multidimensionale che ruoti attorno al diritto cibo e non all’aiuto, che coinvolga la comunità e non solo i singoli individui adottando, inoltre, sistemi di rilevazione della povertà alimentare più efficaci e a livello territoriale”, ha detto Sensi.
(da Fanpage)
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