Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
E QUANTO AL PONTE SULLO STRETTO E AL CANONE RAI LA VERITA’ E’ MOLTO DIVERSA DALLE CHIACCHIERE
In campagna elettorale giura di abolire la riforma Fornero e di introdurre una flat tax al 15%.
Da vicepremier e ministro, più di un anno dopo, Matteo Salvini si presenta in conferenza stampa per cercare di limitare i danni: di pensioni e tasse piatte non parla più, in compenso continua ad insistere su Ponte e canone Rai, portando a casa, però, solo dei contentini capaci di generare, al massimo, qualche titolo a effetto.
Per il “collegamento stabile tra Sicilia e Calabria” celebra raggiante l’individuazione, nella legge di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri, dell’intera copertura da 12 miliardi di euro per la sua costruzione. Ma chi in queste ore sta maneggiando il testo della manovra spiega ad HuffPost come in realtà, se di risorse si tratta, queste sono per il momento ancora dei numeretti scritti su un foglio di carta e “l’anno prossimo si vedrà”.
L’unica cosa su cui il leghista potrà effettivamente contare sono alcune centinaia di milioni per far effettivamente “allestire i cantieri”.
Sul canone – il Carroccio ne ha promesso l’abolizione entro la fine della legislatura – arriva un taglio da 90 a 70 euro “in bolletta” come specificano tutti, dal ministro Giancarlo Giorgetti, allo stesso Salvini, passando per svariati esponenti di maggioranza.
Ma anche grazie al pressing di HuffPost, in serata la precisazione: quei venti euro risparmiati ogni anno dal contribuente – poco più di un caffè al mese – rientrano dalla finestra andandoli a ridare alla Rai tramite i fondi dedicati agli investimenti del Servizio Pubblico. 420 milioni di euro presi dalla “fiscalità generale”.
Cioè sempre soldi delle nostre tasse.
Ci sono pochi temi più di bandiera, per la Lega, delle pensioni. Peccato che, anche per quest’anno, l’agognata grande riforma promessa dal Carroccio – a partire dalla solita abolizione della riforma Fornero – sia ancora una volta rinviata. La colpa è delle risorse che mancano.
Quelle che ci sono – specificano all’unisono Giorgetti e la premier Giorgia Meloni – vanno necessariamente destinate ad alleggerire il carico fiscale per le famiglie meno abbienti. Mentre, sulle pensioni, nessuno si azzarda a parlare di nuove regole come Quota 100, Quota 101 e così via. Perfino Quota 103 lascia spazio a Quota 104 (formula che dovrebbe permettere ai leghisti più duri e puri di poter rivendicare di aver effettivamente introdotto qualcosa di nuovo).
Ma Giorgetti, vicesegretario leghista, è il primo a specificare come “non ci sarà più né ape sociale né Quota 103 nella forme previste l’anno scorso. Sui pensionamenti anticipati ci saranno delle forme rafforzate e restrittive rispetto al passato”. Del resto lo stesso ministero dell’Economia, guidato dal vice leghista, aveva messo nero su bianco, nella Nadef approvata a fine settembre, come la riforma Fornero rendesse “sostenibile” l’intero sistema previdenziale italiano.
L’unica cosa che il governo riesce dunque a portare a casa sono dei contentini anche sulle pensioni: dalla semplice conferma della super-rivalutazione delle pensioni minime per gli over 75 (l’espressione “super” è stata aggiunta oggi, per la prima volta, dalla premier Meloni in conferenza stampa), alla rivalutazione delle pensioni in rapporto all’inflazione.
Con tanti saluti anche ad Ape sociale e Ape donna che saranno “sostituite da un unico fondo”.
La nuova Quota 104 conterrà inoltre, si legge in un comunicato ufficiale del governo, “alcune specifiche che tengono conto della necessità di valorizzare chi vuole rimanere a lavoro, quali il cosiddetto Bonus Maroni”.
Persino il vicepremier Antonio Tajani, costretto – forse per sua fortuna – a lasciare la conferenza stampa dopo soli pochi minuti per l’incontro con la delegazione del re di Giordania, non ha potuto concedersi altro che una celebrazione limitata. “Credo che – ha detto in riferimento agli interventi in maniera previdenziale – l’anticipo del conguaglio di perequazione per il 2023 rappresenti un ottimo segnale per tutti i pensionati che vivono momenti difficili a causa dell’inflazione”. L’aumento delle pensioni minime è scomparso dall’agenda, probabilmente rimandato al canonico “obiettivo di legislatura”.
(da Huffingtonpost)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
LA LEGGE DI BILANCIO E’ UNA SEMPLICE MANUTENZIONE DELL’ESISTENTE TRA LA CONFERMA DI MISURE GIA’ ATTUATE (IL TAGLIO DELLE TASSE SUL LAVORO) E I RINNOVI DI CONTRATTI SCADUTI… E’ POCO IMPATTANTE PER LA NOSTRA ECONOMIA
L’anno scorso, di questi tempi, la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, promettevano agli italiani che la prima vera manovra di bilancio sarebbe stata quella di quest’anno. Promessa abbastanza comprensibile visto che allora il governo si era insediato da poche settimane e quasi tutte le risorse disponibili servivano per contrastare l’aumento di gas e luce dovuto alla guerra in Ucraina. Ebbene, l’anno è passato e ci ritroviamo più o meno nella stessa situazione del 2022: a causa della “delicata situazione economica, influenzata negativamente dalla spinta dell’inflazione, dall’aumento dei costi energetici, dall’incertezza globale causata dal conflitto russo-ucraino e dalla recente crisi in medio-oriente” – Giorgetti dixit -, anche per quest’anno il governo sovranista si limiterà a una legge di bilancio essenzialmente di mantenimento dello status quo, con poche misure, temporanee e poco impattanti sulla crescita economica.
Una manovra nella quale ancora non si intravede ancora quale vuole essere la politica economica di questo governo e per fortuna neanche le numerose e poco credibili promesse di campagna elettorale. Insomma, anche quest’anno la vera legge di bilancio Meloni&Giorgetti la vediamo l’anno prossimo (e sarà già la terza).
Se infatti andiamo a mettere in fila le principali misura di spesa, ci si rende subito conto che si tratta di conferme o rinnovi di misure già esistenti.
Basta partire dai 10 miliardi che serviranno per il taglio alle tasse sul lavoro: si tratta di prorogare l’insieme di misure che sono state prese negli ultimi due anni da Draghi prima e da Meloni poi.
Per capirci, se non ci fosse stata questa conferma, i dipendenti con redditi medio-bassi si sarebbero visti diminuire il proprio stipendio di 80-100 euro al mese.
La premier poi ha ricordato che saranno messi 5 miliardi sul piatto per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego: anche in questo caso stiamo parlando di un atto dovuto, visto che tanti contratti pubblici aspettano il rinnovo da un bel po’ di anni, anni in cui i lavoratori si sono trovati a vedere ridotto il potere d’acquisto a causa del galoppo dell’inflazione. Infine, anche i tre miliardi in più per la spesa sanitaria in realtà nascondono una partita di giro: due di questi tre vanno infatti a integrare il Fondo sanitario nazionale che senza questo intervento sarebbe calato nel 2024 da 135 a 133 miliardi.
Quindi alla fine della fiera i soldi in più per la sanità si riducono a un solo miliardo di euro.
Le uniche risorse che davvero sono in più rispetto allo stato attuale sono quei 4 miliardi destinati ai redditi fino a 50mila euro che concretizzano il primo step della riforma delle tasse.
L’accorpamento delle prime due aliquote Irpef infatti “regala” ai contribuenti 260 euro di tasse in meno all’anno. Un aiutino contro l’inflazione che tuttavia – proprio come il taglio del cuneo fiscale – è finanziato solo per quest’anno: ciò significa che il governo l’anno prossimo si troverà punto e a capo con la necessità di trovare i miliardi necessari a confermare le misure (10 per il cuneo e 4 per il taglio dell’Irpef).
L’unico dato positivo di questa manovra è che effettivamente è prudente e equilibrata se la vediamo dal lato dei conti pubblici.
La gran parte dei 24 miliardi sono finanziati in deficit, è vero, stiamo parlando di ben 16 miliardi, però siamo ancora a livelli accettabili e che probabilmente saranno accettati dai rigoristi di Bruxelles.
Per gli altri 8 miliardi ci saranno sforbiciatine di spesa e l’aumento di qualche tassa, come a esempio le accise sui tabacchi.
Insomma, una composizione delle coperture che dovrebbe reggere al giudizio delle agenzie di rating prima e dei mercati finanziari poi. Che poi è il vero obiettivo finale di questo governo, ammesso dal suo stesso ministro dell’Economia.
Qui basta riavvolgere il nastro a quando Giorgetti disse qualche giorno fa: “Tutte le mattine ho il problema di vendere il nostro debito pubblico e devo essere accattivante per convincere gli investitori ad avere fiducia”. E “accattivante” in termini contabili significa solo una cosa: fare una manovra che non faccia schizzare all’insù deficit e debito ovvero che non destabilizzi il bilancio statale. Obiettivo che per ora sembra raggiunto, aspettando il giudizio finale dell’Unione Europea.
(da Huffingtonpost)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
I CONSERVATORI-SOVRANISTI DI PIS SI FERMANO AL 36%… LA POLONIA TORNA A COLLABORARE CON L’EUROPA, DISINTEGRATO L’ASSE DI VISEGRAD
Dopo lo spoglo del 95% dei voti delle elezioni parlamentari polacche si confermano i risultati previsti dagli exit poll diffusi ieri sera e stamattina e i parziali del primo pomeriggio: il PiS di Jaroslaw Kaczynski, senza alleati, sta ottenendo il 36,1% mentre la Ko di Donald Tusk il 30%, Terza Via il 14,4%, la Sinistra l’8,4% e l’ultradestra di Confederazione il 7,2%. E’ quanto risulta dal sito della Commissione elettorale nazionale polacca.
Rispetto all’exit poll di ieri lo scostamento si è ridotto a un massimo di tre punti. Dopo il voto lo zloty, la divisa polacca, si è rafforzato di 0,15% rispetto all’euro e di 1,83% sul dollaro, riferisce la Pap. Varsavia dovrebbe abbandonare la deriva sovranista e anti-Ue che l’ha caratterizzata per otto anni e ritornare ad un rapporto più conciliante con l’Unione europea. A trainare la vittoria di Tusk è stata l’affluenza alle urne, quasi sicuramente record da quando la Polonia vota in democrazia.
In campagna elettorale, Tusk aveva giurato di “riportare la Polonia in Europa” e di invertire quello che aveva descritto come il corso illiberale del Paese, promettendo una Polonia aperta al dialogo con l’Europa unita e il mondo, tollerante, fedele ai diritti degli uomini e donne, sensibile ai problemi climatici e rispettosa dello stato di diritto.
“Le elezioni sono state competitive ma un uso improprio delle risorse pubbliche e la copertura distorta e apertamente schierata da parte dell’emittente pubblica ha fornito un chiaro vantaggio al partito al potere”. È quanto dichiarano gli osservatori internazionali inviati in Polonia per monitorare il voto di ieri. La missione comprendeva 154 osservatori provenienti da 44 paesi, di cui 33 esperti e osservatori a lungo termine inviati dall’Odihr, 94 parlamentari e personale dell’assemblea parlamentare dell’Osce e 27 dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
GUAI A CRITICARE LA POLITICA DEL GOVERNO ISRAELIANO, ARRIVANO I GUARDIANI DELLA RIVOLUZIONE A INFAMARE CHI DISSENTE
«Venerdì rassegnerò le mie dimissioni del Teatro Comunale Abbado di Ferrara». Moni Ovadia non avrebbe voluto farlo visto che da quando «ho l’età della ragione sono schierato con la libertà di espressione, ma alla fine ho preferito non danneggiare i lavoratori: sono e sarò sempre dalla loro parte».
A scatenare la richiesta di dimissioni, arrivata in particolare dal senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni, le ultime posizioni dell’attore sulla politica di Israele, verso cui è da sempre critico. «Tutto questo succede solo perché ho espresso un’opinione. Non ho tessere di partito o altro. Sono finito in questa persecuzione, in questa aggressione, solo per questo».
All’inizio non voleva dimettersi ma ora lo farà. Un cambio di rotta che Ovadia motiva così: «La maggioranza del Consiglio d’amministrazione e del Consiglio Comunale sono contro di me, quindi hanno tutti gli strumenti per mettermi all’angolo. Siccome sono un uomo libero, anticipo questa cosa ma constato che l’Italia è un regime, non una democrazia neanche da lontano. Spiace, anche perché con la mia gestione il Teatro aveva raggiunto risultati clamorosi, aveva aumentato le produzioni, erano cresciuti i finanziamenti». E ha aggiunto. «Lo faccio per i lavoratori che non devono essere danneggiati. Per citare Simone de Beauvoir, io accetto la grande avventura di essere me stesso. Sono fatto così e dal 1994 denuncio le politiche del governo di Israele. Spero che questo mio piccolissimo gesto serva a mettere in avviso i cittadini italiani: quando attacchi le opinioni inizi a prefigurare la tirannia».
La frase messa all’indice è stata la seguente: «Ho detto che la responsabilità di tutto quello che è accaduto ricade sul governo israeliano. Non ho detto viva Hamas. Ho solo aggiunto che hanno lasciato marcire la situazione. Ho scritto cose molto, molto più forti in questo senso in passato. Fino a ieri ero intenzionato a non dimettermi ma a farmi cacciare, piuttosto. Dopodiché sarei andato in tribunale. Ma, ripeto, non voglio danneggiare il teatro. Non solo, questa situazione si sarebbe ripresentata continuamente, perché questo è il nuovo fascismo: stigmatizzare l’opinione delle persone criminalizzandole».
L’attore ha ricevuto la solidarietà di tanti cittadini comuni e non solo: «Le dimissioni di Moni Ovadia dal Teatro Comunale di Ferrara, ove ha il ruolo di direttore generale, sono una sconfitta della democrazia e della libertà di pensiero», ha dichiarato il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi. «L’attività culturale, anche per chi rappresenta una istituzione importante, non può essere subordinata a una posizione politica».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
IL FILOSOFO MAREK HALTER: “CHI VUOLE TESTIMONIARE SOSTEGNO A COLORO CHE VIVONO UNA SITUAZIONE UMANITARIA TERRIBILE A GAZA DEVE POTERLO FARE. NEL RISPETTO DELLE REGOLE” …”NON COMMETTIAMO L’ERRORE DI CONFONDERE IL POPOLO PALESTINESE CON HAMAS. I PALESTINESI HANNO BISOGNO DI UNO STATO E LI ABBIAMO ABBANDONATI NELLE MANI DI HAMAS”
«Non dobbiamo confondere il popolo palestinese con Hamas» avverte il filosofo Marek Halter, 87 anni, che da bambino riuscì a scappare con la famiglia dal ghetto di Varsavia. Halter è critico col governo francese che ha scelto di vietare tutte le manifestazioni pro-Palestina. «Chi vuole testimoniare sostegno a coloro che vivono una situazione umanitaria terribile a Gaza deve poterlo fare. Nel rispetto delle regole».
Il governo di Parigi ha scelto una linea di fermezza assoluta. È anche un segno di debolezza?
«Restiamo una democrazia con dei principi ai quali non dobbiamo abdicare. Ci sono gruppi pro-Palestina in Francia che militano nella legalità e non vedo perché non dovrebbero più poter fare cortei. Devono garantire alle autorità che non faranno propaganda antisemita ma, se questo impegno esiste, il diritto a manifestare si deve applicare».
Anche lei ricorderà cortei pro-palestinesi autorizzati in passato e poi sfociati in propaganda antisemita.
«Per questo esistono i tribunali. Se durante un corteo ci sono slogan che invitano a uccidere ebrei allora gli organizzatori diventano responsabili e devono renderne conto davanti a giudici. Ci sono leggi francesi chiare e severe per questi reati».
Il divieto francese diventerà insostenibile con l’aggravarsi della situazione a Gaza.
«Siamo in una fase infiammabile. Questo divieto aggiunge benzina sul fuoco. Chi vuole testimoniare il sostegno a Israele, esprimere orrore per l’uccisione di bambini ebrei, può farlo. Naturalmente senza gridare morte agli arabi. Lo stesso vale per l’altra parte. Chi vuole sostenere la creazione di uno Stato palestinese, ne ha il diritto. Io personalmente mi sono sempre battuto per il riconoscimento di uno Stato palestinese e non è oggi che cambierò idea».
Alcuni gruppi hanno sfidato il bando, manifestando lo stesso.
«È la dimostrazione che la decisione del governo è inefficace. Non commettiamo l’errore di confondere il popolo palestinese con Hamas».
Teme che le tensioni del conflitto israelo-palestinese arrivino in Francia?
«Per gli ebrei francesi, Hamas è lontana ma le banlieue sono vicine. In Francia abbiamo una grande comunità ebraica, insediata sin dall’epoca romana, e una comunità musulmana che rappresenta quasi il dieci per cento della popolazione. I musulmani francesi non condividono le idee di Hamas ma osano sempre di meno dirlo perché sono terrorizzati da piccoli gruppi molto attivi, che fanno proseliti tra i giovani».
«I palestinesi hanno bisogno di uno Stato. Anche noi, Israele e l’Occidente in generale, li abbiamo abbandonati nelle mani di Hamas. Una ventina di anni fa, quando sono andato trovare uno dei leader di Hamas, Khaled Meshal, per convincerlo a liberare il soldato israeliano Gilad Shalit, mi disse : ‘Convinci i tuoi amici israeliani a parlare con noi sennò passeremo alla jihad islamista’. È quello che è successo, con la complicità dell’Iran».
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
SAREBBE ORA CHE CHI DIFFAMA, PEDINA, ISTIGA ALL’ODIO NE RISPONDA IN TRIBUNALE, BASTA TOLLERANZA CON LA FECCIA SOVRANISTA
“Continuiamo a deplorare con sconcerto, dolore e preoccupazione la campagna di persecuzione mediatica promossa da alcuni organi di stampa e da esponenti politici della maggioranza di governo contro il giudice del tribunale di Catania Iolanda Apostolico, ‘rea’ di aver adottato alcuni provvedimenti di diniego di convalida del trattenimento amministrativo di migranti – provvedimenti seguiti da altri di tenore sostanzialmente analogo da parte di altri uffici giudiziari”.
Lo afferma, in una nota, la giunta esecutiva sezionale dell’Associazione nazionale magistrati del distretto di Catania sul caso del giudice Iolanda Apostolico.
“Il diritto dell’immigrazione – prosegue la nota – è materia assai complessa che attiene ai diritti soggettivi delle persone: tale complessità è data non solo dalle molteplici fonti giuridiche (anche sovranazionali) coinvolte, ma anche dai frequenti mutamenti normativi che interessano tale ambito. Il dibattito sulle decisioni giudiziarie – anche pubblico e anche in questa materia – è lecito e, anzi, ben accetto. Ma non una riga di critica ragionata traspare negli interventi pubblici sopra accennati, bensì – sottolinea la giunta dell’Anm di Catania – solo sconsiderati e indecorosi attacchi alla persona del giudice (finanche invocando – non è dato comprendere a che titolo – la sua ‘espulsione’ dal corpo della magistratura), perpetrati in ambiti estranei alla sfera professionale, sino al punto di pedinare e riprendere la collega nei suoi quotidiani spostamenti privati”.
Secondo la giunta dell’Anm di Catania “tali attacchi, peraltro ripetuti a mo’ di stillicidio, nulla hanno a che vedere con la professionalità del magistrato e con le specifiche decisioni adottate nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ma appaiono unicamente mirati a screditarne la figura; essi hanno inoltre l’effetto di intimidire coloro i quali – colleghi della suddetta giudice – saranno chiamati a pronunciarsi su vicende analoghe”.
“La Giunta esecutiva sezionale dell’Associazione nazionale magistrati del distretto di Catania – conclude la nota – invita pertanto tutti coloro che stanno promuovendo questa indegna campagna denigratoria a desistere immediatamente da tali inaccettabili e illegittimi comportamenti, e ribadisce che continuerà a tenere alta la guardia di fronte all’eventuale perpetuarsi di tale linciaggio mediatico, valutando anche con i diretti interessati ogni opportuna iniziativa ulteriore da intraprendere a tutela della dignità dei colleghi”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
A PREOCCUPARE È ANCHE L’INCREMENTO DI RAGAZZI SOTTO I 14 ANNI CHE ENTRANO IN COMUNITÀ PER DISINTOSSICARSI E IL CONSUMO DA PARTE DELLE RAGAZZE, CHE IN CERTE FASCE DI ETÀ È SUPERIORE A QUELLO DEI MASCHI…LE SOSTANZE PREFERITE SONO LA MARIJUANA, L’HASHISH E L’ALCOL, MA È IN AUMENTO L’USO DI MDMA E SOPRATTUTTO PSICOFARMACI
L’ultima relazione al Parlamento sulle dipendenze fotografa ancora una volta l’aumento del consumo di droghe tra i 15 e i 19 anni. La percentuale di liceali è passata, in modo preoccupante, dal 18,7% al 27,9% nel giro di un solo anno. «Sono numeri che fanno paura», confessa Massimo Barra, fondatore della comunità di Villa Maraini, «c’è un humus che facilita il consumo di droghe legali e illegali». Su tutte c’è la cannabis: 580mila adolescenti (24%) rollano marijuana o hashish, […] Poi ci sono le Nps, nuove sostanze psicoattive (10%): cannabinoidi sintetici (K2, Yucatan Fire, Spice), oppioidi sintetici (codeina, morfina, fentanyl), ketamina, catinoni (anfetamine, ecstasy).
Non girano mai da sole, ma associate ad altre droghe o all’alcol, in fondo alla classifica resistono cocaina ed eroina. «È moda, è ribellione, è ricerca del piacere, è allontanamento del dolore, è normalizzazione, è la luna di miele di chi non ha ancora pagato il prezzo dell’abuso», dice Barra.
Sono sempre di più i ragazzi nei servizi e nelle comunità terapeutiche, sempre di più ai pronto soccorso o ricoverati per problemi legati alla droga, di più anche ai camper delle unità di strada per la riduzione del danno di cui ora pure l’Alto commissariato delle Nazioni unite «raccomanda l’espansione».
Antonina Contino, psicologa e psicoterapeuta, è la responsabile di “Androna Giovani”: «L’età dei ragazzi che prendiamo in carico si è abbassata: ora arrivano a 13-14 anni. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, che è sempre stato critico, lo è diventato ancor di più: il modello unico familiare — per certi aspetti fortunatamente — è entrato in crisi, trovare una propria identità è complesso, c’è la paura di disattendere le aspettative dei genitori che sui figli fanno investimenti troppo grandi, c’è il timore di non avere abbastanza popolarità e like. Ma da noi arrivano anche ragazzi vittime di abusi, finiti nei circuiti giudiziari, con disturbi diagnosticati ma mai seguiti».
Ed è qui che le sostanze trovano la porta da cui entrare. «Il consumo è un sintomo e ogni sostanza ha una funzione. Il nostro lavoro sta nel capire quale, fare leva sulle potenzialità, intervenire con terapie personalizzate, riprendere in mano percorsi di studio e lavoro, riattivare i loro sogni».
Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol del-l’Iss, parla di «generazione chimica: i ragazzi usano una sostanza in base a quel che può dare loro». E tra quelle legali al primo posto c’è l’alcol. «Tra gli 11 e i 25 anni sono 1 milione e 300 mila i consumatori a rischio che bevono uno o più bicchieri al giorno. I binge drinkers che bevono per ubriacarsi sono 786mila. Ogni anno il 10% dei 35.300 accessi al pronto soccorso per ubriacatura sono ragazzini», racconta.
«Il fenomeno nuovo è quello osservato fra le studentesse di 15 e 16 anni che consumano cannabinoidi tanto o più dei loro amici e hanno superato i maschi anche negli eccessi alcolici», afferma Sabrina Molinaro, coordinatrice Espad, la più grande rete europea di ricercatori indipendenti nel campo delle dipendenze.
Ecco cosa emerge davvero dall’ultimo rapporto: «Una grande fragilità femminile ». E, aggiunge Molinaro, «il boom degli psicofarmaci senza prescrizione ». Hanno fatto il botto nel 2022: il 10,8% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni ne ha fatto uso, nel 2021 era il 6,6%. Una parte sono assegnati dal medico, gli altri se li procurano in casa, li acquistano senza ricetta o con prescrizioni false, li pescano sul web.
«Le benzodiazepine calmano, rilassano. Ma se si aumenta il dosaggio l’effetto è lo stordimento e se si associano all’alcol danno uno sballo vero e proprio. In gran quantità però provocano sedazioni pericolose alla guida o al lavoro, sopore, coma », avvisa Valerio Barretta, psichiatria e psicoterapeuta di Napoli, presidente dell’Osservatorio nazionale per la salute emotiva e comportamentale. Accanto agli ansiolitici ci sono gli oppiodi, nascono come farmaci contro il dolore, «ma negli Usa già da qualche decennio è Opioid crisis ».
«C’è un’assunzione automedicativa — il farmaco risolve uno stato d’animo negativo e la prossima volta che starò così il mio cervello penserà di uscirne utilizzando la stessa sostanza — oppure la ricerca di novità che spinge a provare sensazioni estreme. Quando si prescrivono, bisognerebbe conoscere bene chi si ha davanti, preventivare se c’è un rischio di eccesso e invece, spesso, non si fa. Ma l’abuso crea una dipendenza enorme, simile a quella da eroina. E la moda inizia ad arrivare anche da noi».
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
CORTINA AVRÀ POCHINO AI GIOCHI, IL CURLING E LO SCI FEMMINILE. NON SI FARÀ UN VILLAGGIO OLIMPICO DA 1400 POSTI… UN’OLIMPIADE ANNUNCIATA IN POMPA MAGNA DA DIRIGENTI E POLITICI (LEGGI SALVINI), RISCHIA DI RIVELARSI UN’OLIMPIADE IN MINIATURA
Questa mattina il presidente del Coni e membro del Cio e della Fondazione Milano-Cortina, Giovanni Malagò, ha ammesso al figuraccia. «Non si farà la pista di bob a Cortina. Si deve individuare una sede fuori l’Italia».
In altre parole le Olimpiadi organizzate in Italia avranno più di una disciplina che di si disputerà in un altro Paese. Svizzera o forse Austria, qualcuno avanza l’ipotesi St. Moritz. A Parlarne è anche Repubblica:
“La resa (e la figuraccia). Le gare di bob, slittino, skeleton e parabob dei Giochi olimpici e Paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026 non si svolgeranno a Cortina come inizialmente previsto dal masterplan della candidatura nel 2019. Lo ha annunciato questa mattina Giovanni Malagò in occasione del suo intervento dal palco della 141esima Sessione del Comitato Olimpico Internazionale che si sta svolgendo a Mumbai in India”.
Il governo, ha spiegato Malagò, ha comunicato nei giorni scorsi l’impossibilità della pista di bob a Cortina: “Il governo avrebbe dovuto mettere altri 50-60 milioni, rifare il bando e trovare una ditta disposta a costruire. Alla fine sarebbero stati oltre 140 milioni per una pista dal futuro assai incerto. Gli ambientalisti si erano messi di traverso, ora Cortina avrà pochino ai Giochi, il curling e lo sci femminile. Non si farà un Villaggio olimpico da 1400 posti, ma uno più ridotto. Ci saranno risparmi, vero, ma anche mancati guadagni“.
Insomma un’Olimpiade annunciata in pompa magna da dirigenti e politici (leggi Salvini), rischia di rivelarsi un’Olimpiade in miniatura.
“Ora la Fondazione, presidente Malagò, deciderà dove andare, cioè a St. Moritz, pista naturale, pochi chilometri da Livigno e Cio soddisfatto“.
Non si farà nemmeno la pista per il pattinaggio di velocità. Il costo per farla ex novo era troppo altro, così le gare si faranno alla Fiera di Rho:
“Impossibile costruire anche il Palasharp di Milano: gare di hockey 2 (femminile) anche queste alla Fiera di Rho. Si sta costruendo ora l’impianto di Santa Giulia a Milano per hockey 1 (maschile). Si è salvato il laboratorio antidoping: anche questi qui questione di soldi e rischio ennesima figuraccia. Insomma, da quando ci hanno assegnato i Giochi, 24 giugno 2019, è stato un percorso a ostacoli. I tempi impongono di stringere la cinghia“.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 16th, 2023 Riccardo Fucile
ENTRO IL 17 NOVEMBRE LE PRINCIPALI AGENZIE DI RATING PUBBLICHERANNO I PROPRI GIUDIZI: IL RISCHIO DI ESSERE DEFINITI “JUNK”, OVVERO SPAZZATURA
Entro il 17 novembre le quattro principali agenzie di rating pubblicheranno le loro valutazioni sulla stabilità finanziaria dell’Italia. Il giudizio degli istituti si baserà soprattutto sulla Nota di aggiornamento al Def e sulla manovra finanziaria, che proprio questa mattina è stata approvata dal Consiglio dei ministri. A influenzare le scelte degli investitori saranno anchele modalità di implementazione del Pnrr e lo spread, che attualmente può essere un problema per il governo Meloni: dopo il picco toccato in seguito alle elezioni dell’anno scorso (più di 250 punti base), la differenza di rendimento tra i nostri titoli a lunga scadenza e quelli tedeschi si era stabilizzato intorno ai 180, per poi risalire nell’ultimo mese e arrivare ai 200 di media.
I giudizi delle agenzie di rating fanno da bussola agli investitori nel mercato dei bond: orientano chi vuole comprare i titoli in base al grado di rischio. Infatti, se gli istituti ritengono che un Paese non sia in grado di restituire i soldi (con i relativi interessi) ai creditori, gli investitori potrebbero decidere di non assumere il rischio e optare per altri bond. Quindi, nel caso in cui le agenzie di rating declassassero i Btp italiani ci potrebbe essere una fuga degli investitori, che venderebbero i propri titoli causando un ulteriore aumento dello spread.
La prima ad aggiornare i propri giudizi sarà Standard & Poor’s, che attualmente classifica i nostri Btp con un Bbb con outlook stabile: per S&P significa che l’Italia è nella fascia cosiddetta investment grade, quindi un investimento relativamente sicuro, e che la qualità dei nostri bond non prospetta né declassamenti, né promozioni. Se l’agenzia decidesse di aggiornare l’outlook da stabile a negativo, nei mesi successivi potrebbe peggiorare il proprio giudizio nei confronti dell’economia italiana, di fatto portando i nostri titoli a livello di quelli speculativi, cioè quelli a maggiore rischio.
A seguire saranno poi Dbst (27 ottobre) e Fitch (10 novembre), che attualmente valutano la finanza italiana con un Bbb con outlook stabile come S&P, e per ultima Moody’s (17 novembre), la quale dà un voto di Baa3 negativo ai nostri titoli, esattamente un gradino sopra quelli che vengono definiti “junk”, cioè spazzatura. Infatti, se l’Italia passasse a Ba1 entrerebbe nella fascia degli “non investment grade”, cioè gli investimenti sconsigliati.
L’aggiornamento delle valutazioni da parte delle agenzie di rating – come hanno già fatto sapere – terrà conto degli impegni che l’Italia prenderà per ridurre il proprio debito e stimolare la crescita economica. Le stime che il governo Meloni ha inserito nella Nadef parlano di un aumento del Pil dello 0,8% nel 2023, dell’1,2% nel 2024 e dell’1,4% nel 2025, ma le previsioni pubblicate da Bankitalia sono più contenute: +0,7% quest’anno, +0,8% il prossimo e +1,0% nel 2025.
Durante la conferenza stampa per presentare la legge di Bilancio per il prossimo anno, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha voluto tranquillizzare gli investitori: “Il nostro sistema bancario, già con gli stress test dell’Eba fatti questa estate, è tra i più solidi a livello europeo. E dopo gli interventi del governo italiano, tanto criticati, diventerà il più solido”. Ora starà alle agenzie di rating a valutare se la nostra economia garantirà una sicurezza finanziaria nei prossimi anni.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »