Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
DA CATANIA A MILANO, APPELLI PER “L’INDIPENDENZA DEI MAGISTRATI”… “LA COSTITUZIONE E’ LA POSTA IN GIOCO”: CENTINAIA DI FIRME
Nello scontro tra il governo e i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Catania, ora sono gli avvocati a intervenire pubblicamente. Non contro la giudice, ma in suo favore.
Una triplice presa di posizione particolarmente significativa, perché sono le controparti processuali a rivendicare l’indipendenza del giudice e a denunciare il clima di «intimidazione» prodotto dagli attacchi personali ai danni dei magistrati per provvedimenti sgraditi al governo.
L’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) ha diffuso un appello intitolato «La Costituzione è la posta in gioco», che in poche ore ha raggiunto già oltre 500 adesioni, tra associazioni, giuristi e intellettuali
Denuncia i «feroci attacchi con dichiarazioni da parte di esponenti del governo in carica di sconcertante gravità, nel caso riguardante la giudice Apostolico addirittura accompagnate dalla riesumazione di video di anni fa che (non è chiaro per qual motivo) avrebbero dovuto comportare la sua astensione dal prendere una decisione giudiziaria e, dunque, le sue dimissioni; a ciò si sono aggiunte dichiarazioni tali da sminuire gravemente la funzione (sociale e costituzionale) dell’avvocatura, con l’evidente scopo di intimorire professionisti singoli e associazioni». A monte, secondo i giuristi, un’operazione che ha «l’obiettivo di intimorire la magistratura tutta e gli operatori giuridici dallo svolgere il loro ruolo nel rispetto della legge».
A Catania sono 28 gli avvocati che hanno avviato una raccolta firme su un documento che «in relazione agli attacchi del governo a più giudici del tribunale di Catania e di altri fori accusati di scagliarsi contro i provvedimenti di “un esecutivo democraticamente eletto”, esprime forte preoccupazione in quanto tali attacchi lungi dall’esprimersi sul merito dei provvedimenti giurisdizionali si sostanziano in attacchi personali ai giudici e alle loro famiglie. Noi come avvocati non difendiamo la magistratura in quanto tale, difendiamo la sua funzione nella giurisdizione in quanto anche noi parte di essa. Gli attacchi prescindono dai singoli comportamenti dei magistrati enfatizzando ogni frase e ogni condotta dei singoli».
Gli avvocati paragonano quanto avvenuto nei confronti della giudice Iolanda Apostolico, «rea» di non aver convalidato quattro decreti di detenzione amministrativa di migranti tunisini, al caso del giudice milanese Raimondo Mesiano, che per aver condannato la berlusconiana Fininvest a un maxirisarcimento per il Lodo Mondadori, fu oggetto di una campagna culminata con un “reportage” di Mediaset che lo filmava al parco con i “calzini azzurri”.
«Nessuno scordi gli attacchi a un giudice, reo di portare i calzini azzurrini – scrivono gli avvocati catanesi -. Appaiono come atti intimidatori che vogliono condizionare la magistratura nelle sue decisioni. Oggi in tema di migranti, domani per decisioni, in qualsivoglia tema di diritti civili o sociali, non gradite a questa maggioranza. In queste ultime ore addirittura un altro ministro, Nello Musumeci, si lascia andare a illazioni su un non meglio specificato magistrato che “farebbe politica”, quasi un’intimidazione preventiva generalista. Di fatto una minaccia omertosa e inqualificabile. A questo – prosegue il documento – si aggiunge la mancata assunzione di responsabilità da parte della polizia e dei carabinieri sulle forme di operatività dei loro appartenenti durante manifestazioni legalmente autorizzate, sulle modalità di detenzioni di video e segnalazioni, che sembra siano stato utilizzate e divulgate per fini non investigativi. Ricordiamo infine che nella Repubblica Italiana è il Parlamento, e non il governo, che viene democraticamente eletto, e in ogni caso la legittimazione popolare non consente la denigrazione o peggio ancora la delegittimazione della giurisdizione».
Non meno incisivo il documento della Camera Penale milanese, che rileva da parte del governo «numerosi e convergenti segnali di compressione degli spazi di autonomia e indipendenza dei magistrati che assumono decisioni o iniziative in contrasto con le aspettative della politica». Oltre al caso Apostolico, la nota fa riferimento a quello dell’imprenditore russo Artem Uss, «con un procedimento disciplinare per iniziativa ministeriale nei confronti dei magistrati che avevano avuto il torto di applicare, in luogo della custodia carceraria, una misura cautelare più attenuata».
(da la Stampa)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
SULAIMAN HIJAZI, VICEPRESIDENTE DELLA ONLUS ABSPP, REPLICA ALL’ARTICOLO DEL “FOGLIO” SUI SUOI RAPPORTI CON CONTE: “ABBIAMO RAPPORTI CON TUTTI, PERSONE DI SINISTRA E ULTIMAMENTE ANCHE CON LA DESTRA”
Sulaiman Hijazi è vicepresidente della Onlus Abspp (Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese).
Hijazi è oggi al centro delle cronache dopo un articolo de ‘Il Foglio’ sui “rapporti dei grillini” con la Onlus
Hijazi, che scattò un selfie con Conte a Milano nel 2022, tiene a precisare che la Onlus Abspp “intrattiene rapporti con tutti” e che la deputata M5S Stefania Ascari (citata nell’articolo de ‘Il Foglio’ dal titolo “Intifada grillina”) “è solo uno degli ultimi esponenti politici” con cui l’associazione ha avuto a che fare.
“Abbiamo rapporti con persone di sinistra e ultimamente anche con la destra”, spiega l’attivista palestinese.
A chi gli chiede se tra le forze politiche di destra a cui fa riferimento ci siano anche Fratelli d’Italia e altri partiti dell’arco parlamentare, Hijazi risponde di sì: “Anche se è ‘vietato’ dirlo in giro, si sa che molti parlamentari di FDI sono pro Palestina. Chi dice di stare con i diritti del popolo palestinese viene accusato di essere contro Israele”.
“Se ho avuto incontri con esponenti di FDI? Non posso dirlo”, taglia corto il vicepresidente della Onlus. “So benissimo che ci sono tanti sostenitori della Palestina non solo in FDI ma anche nella Lega e in Forza Italia. Solo che ora non possono manifestare questo consenso. Chi appoggia la questione palestinese viene sempre associato al terrorismo e all’antisemitismo, cose che non ci riguardano minimamente”.
“Siamo per fortuna in un paese democratico: se l’essere palestinese è una colpa, è la miglior colpa che abbiamo avuto in vita nostra”, insiste l’attivista, il quale definisce “menzogne” le accuse secondo cui la Onlus Absapp sarebbe un canale di finanziamento di Hamas.
“Noi vogliamo parlare solo di Palestina – assicura – e far capire le sofferenze del popolo palestinese, aiutando i bisognosi. Tutto qua. Bisogna far capire alla gente e soprattutto ai politici che la questione palestinese non è questione di tifo da stadio, è una questione di diritti”.
(da Adnkronos)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
“CON LE SUE POLITICHE DI ANNESSIONE ED ESPROPRIO HA CAUSATO LA GUERRA”… “A LUI INTERESSA SOLO SALVARSI NEL PROCESSO PER CORRUZIONE CHE INCOMBE”
Non ha nemmeno “la decenza e l’integrità” per dimettersi “dopo probabilmente il giorno peggiore della storia di Israele“. L’accusa a Benjamin Netanyahu arriva direttamente da un nuovo editoriale di Haaretz, quotidiano israeliano progressista, da sempre schierato contro l’attuale primo ministro, che ha attaccato anche all’indomani dell’assalto di Hamas ritenendolo responsabile “del disastro che si è abbattuto su Israele durante la festività della Simchat Torah” a causa delle sue politiche di “annessione ed esproprio“.
“Benjamin Netanyahu – si legge sul giornale – deve essere rimosso immediatamente dalla carica di primo ministro non dopo la guerra, non dopo che avrà patteggiato nel suo processo per corruzione, non dopo le elezioni. Ora”.
Tuttavia, continua l’editoriale, “dimettersi è controproducente per i suoi interessi personali e ciò che conta sono questi, non lo Stato di Israele. La sua priorità è il suo processo, non la sicurezza di Israele. Ha perso ogni legittimità e non ci si può fidare, soprattutto in un momento di guerra in cui è necessario prendere decisioni enormi”, prosegue il giornale di centro-sinistra, secondo cui è “chiaro” che Netanyahu è il primo premier nella storia delle democrazie “a fare la guerra al proprio Paese, alle sue istituzioni e alle sue fondamenta“.
Il giornale evidenzia che il premier “ha dichiarato guerra alle élite israeliane, al sistema giudiziario, ai pesi e contrappesi e, per estensione, all’esercito”. Ma la sua vera colpa, precisa, dopo la “tragedia” del 7 ottobre è di aver “tradito la sacra fiducia, il fulcro del patto tra Israele e il loro governo: la sicurezza“.
“A tutti gli effetti è incapace e non può adempiere ai doveri del suo ufficio”, insiste il giornale, definendo il suo governo “estremista, messianico, vuoto, inetto” fatta eccezione “forse” per il ministro della Difesa e chiudendo le porte anche a un eventuale esecutivo di unità nazionale guidato da Netanyahu. “Non è Winston Churchill, al quale si paragona, e non è Abraham Lincoln. Nessuno lo ammira e nel momento della tragedia e della crisi solo gli adulatori si fidano di lui”, conclude Haaretz
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
PREMIATO DALLA CAMERA DI COMMERCIO… LA LEGA AVEVA CHIESTO LE SUE DIMISSIONI, UNA PERSONA PERBENE E STIMATA IN TUTTO IL MONDO DA’ FASTIDIO AI SOVRANISTI
Appena tre settimane fa era finito al centro – nuovamente – degli attacchi del centrodestra locale e di pezzi della maggioranza. Meno di un mese dopo, Christian Greco è stato nominato dalla giunta della Camera di commercio comunale Torinese dell’Anno 2023.
Al direttore del Museo Egizio vengono riconosciute competenze, capacità, intuito, passione, spirito innovativo: tutte condizioni che hanno permesso alla struttura da lui gestita da 9 anni – sin dal 2014 – di crescere e attrarre nuovi turisti.
Il riconoscimento arriva quindi in un momento delicato per il direttore, contro il quale Lega e Fratelli d’Italia sono tornati alla carica cinque anni dopo un famoso scontro avuto con la futura premier Giorgia Meloni. L’egittologo era stato aspramente criticato per aver introdotto biglietti d’ingresso al museo scontati per chi parlava arabo. «È discriminatorio contro gli italiani», fu l’accusa di allora, ripetuta quest’anno dal vicesegretario della Lega Andrea Crippa che ha invocato le dimissioni del dirigente. «Faccia un gesto di dignità e si dimetta. Faremo di tutto per cacciarlo e chiediamo al ministro della Cultura Sangiuliano di cacciarlo se non si dimette lui», ha detto in un’intervista, «è un direttore di sinistra che ha gestito il Museo Egizio di Torino in modo ideologico e razzista contro gli italiani e i cittadini di religione cristiana».
Una richiesta che il ministro ha respinto a stretto giro: «Gode di ottima fama e in molti ritengono che abbia lavorato bene. Di questo non posso che essere felice».
Le motivazioni della giuria
Lontano dalle polemiche, la camera di commercio ha riconosciuto all’uomo che gestisce il museo sulla cultura egizia più antico del mondo e il più importante dopo quello de Il Cairo capacità e competenze di altissimo profilo. E così ha motivato la decisione di nominarlo Torinese dell’anno: «Per l’altissimo contributo alla crescita e allo sviluppo del Museo Egizio e, come risultato, al posizionamento turistico e culturale della nostra città, grazie all’indiscutibile competenza ed esperienza in ambito classico, abbinata a capacità manageriali e imprenditoriali indispensabili per il raggiungimento di risultati concreti e misurabili, portati avanti senza tralasciare le missioni proprie delle realtà museali: la cura scrupolosa del patrimonio, l’attività continua di ricerca su scala internazionale e la passione per la divulgazione e la formazione, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie».
Chi è Christian Greco
Christian Greco è direttore del Museo Egizio dal 2014. Nato nel 1975 ad Arzignano, nel Vicentino, si è formato in Olanda ed è un egittologo con una grande esperienza in ambito museale. Durante la sua carriera ha curato progetti espositivi in Olanda, Giappone, Finlandia, Spagna e Scozia. In questi nove anni ha avviato collaborazioni internazionali con musei, università e istituti di ricerca. Ha anche tenuto corsi accademici all’Università di Torino, di Pisa, di Napoli, alla Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università Cattolica di Milano e alla New York University di Abu Dhabi, con lezioni di cultura materiale dell’antico Egitto e di museologia. È stato membro dell’Epigraphic Survey of the Oriental Institute of the University of Chicago a Luxor e dal 2015 è co-direttore della missione archeologica italo-olandese a Saqqara.
(da La Stampa)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
ERA LA TERZA VOLTA CHE FDI TENTAVA DI FAR VOTARE IL TESTO
Il consiglio regionale della Lombardia ha bocciato, martedì pomeriggio, la mozione contro le carriere alias nelle scuole della regione, presentata da Fratelli d’Italia. 35 i voti a favore, 33 i contrari, ma la maggioranza richiesta era di 37 su 73 consiglieri presenti.
Era la terza volta che Fdi tentava di far discutere il testo in aula, dopo averla ritirata a luglio in vista di settembre salvo poi non ripresentarla dopo il rientro dalla pausa estiva.
L’assessora all’istruzione Simona Tironi (Lega), in rappresentanza della giunta regionale, aveva lasciato libertà di voto ai consiglieri, affermando che vi erano punti condivisibili ma anche passaggi “che toccano la sensibilità di ognuno”.
In mattinata, davanti al Pirellone, si era tenuto un sit-in per protestare contro la mozione, che vorrebbe impedire agli istituti scolastici (qualche decina finora in Lombardia) di utilizzare la carriera alias, un protocollo che assegna un nome corrispondente all’identità di genere dello studente per evitare discriminazioni e bullismo. La carriera alias esiste anche in quasi tutti gli atenei lombardi.
“Senza la carriera alias – aveva detto Adorno, studentessa dello Iulm, intervenendo al presidio – rinuncerei agli studi. Eliminarla espone a discriminazioni transfobiche e bullismo, ed è un peso perché gli studenti, oltre a preoccuparsi delle questioni didattiche, devono anche preoccuparsi di ulteriori problemi”.
“La fluidità di genere non ha nulla a che fare con l’ideologia, ma con l’identità, l’affettività, la sessualità, le relazioni. In sostanza con la vita”, aveva detto Paola Pizzighini del Movimento 5 Stelle. Paola Bocci, del Pd, aveva commentato che la mozione non era retta da motivazioni giuridiche. L’opposizione di centrosinistra era compatta nella contrarietà alla mozione, mentre vi erano dubbi sulla ‘tenuta’ della maggioranza di centrodestra che, infatti, al momento del voto si è divisa: Forza Italia ha lasciato libertà di voto ai suoi consiglieri e Giulio Gallera ha dichiarato il voto contrario.
Mondo senza discriminazioni
“Apprezziamo la scelta della giunta di avere lasciato libertà di coscienza”, commenta Federica Valcauda, segretaria dell’Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano: “I diritti civili sono una materia trasversale e chi li ostacola non fa altro che ostacolare la libertà e il progresso delle persone. Continueremo a lottare per rendere questo diritto una legge a livello nazionale”. La bocciatura “è una vittoria per tutti”, afferma Onorio Rosati, consigliere regionale di Alleanza Verdi-Sinistra: “Viviamo un mondo pieno di discriminazioni, e per questo cerchiamo di cambiarlo. Vogliamo che la scuola pubblica rimanga un luogo dove ogni persona possa essere aiutata e sostenuta per essere pienamente sé stessa. Le carriere alias, nelle scuole è una pratica che noi ci auguriamo possa diffondersi per migliorare l’inclusione tra gli studenti”.
La mozione contro le carriere alias che Fratelli d’Italia ha presentato al Consiglio regionale, dopo numerosi ritiri e posticipi, è stata bocciata oggi 10 ottobre. 35 voti favorevoli, 33 contrari e 4 astenuti. Con questi numeri il testo di Fdi non ha raggiunto la maggioranza ed è stato spazzato via, con voto segreto. Si tratta di un’iniziativa che ha fatto discutere per mesi, sia nella stessa maggioranza di centrodestra che tra le opposizioni, le associazioni per i diritti lgbtqia+ e gli studenti. La mozione era stata sottoscritta da una ventina di consiglieri regionali della Lega e di Fratelli d’Italia insieme a Luca Ferrazzi della Lista Moratti, ma da cui Forza Italia ha prima preso le distanze, per poi lasciare libertà di voto ai consiglieri. Il testo – che nei mesi ha subito delle modifiche – sollecitava la giunta a chiedere all’Ufficio Scolastico Regionale di effettuare una ricognizione su quante scuole medie e licei avessero adottato la carriera alias – che permette agli studenti transgender di farsi modificare sul registro il nome anagrafico con quello di elezione – e a impegnarsi affinché si inviasse una circolare in cui «si rammenti la necessità di rispettare la normativa vigente» perché «non esiste alcun fondamento giuridico che consenta alle scuole di nominare gli alunni in base al genere da loro scelto».
Le opposizioni: «La mozione? Pura ideologia»
Questa mattina, di fronte al Pirellone – la sede del Consiglio regionale della Lombardia -, studenti, associazioni e forze di opposizione si erano nuovamente riunite in protesta contro la mozione. In prima linea contro il testo c’è la consigliera regionale del Pd, Paola Bocci, che fin da subito ha preso di mira le motivazioni giuridiche alla base dell’iniziativa di Fdi, accusate di «non stare in piedi». A suo avviso, infatti, la Regione «dovrebbe facilitare in tutte le scuole progetti in grado di far capire cosa sono le carriere alias». Concorda la consigliera del M5s Lombardia, Paola Pizzighini, che ha tacciato la mozione di «mera ideologia», evidenziando che «la fluidità di genere non ha nulla a che fare con l’ideologia, ma con l’identità, l’affettività, la sessualità, le relazioni. In sostanza: con la vita».
Gli studenti: «La carriera alias non è un capriccio»
La discussione della mozione era stata inserita per la prima volta all’ordine del giorno di martedì 4 luglio, per poi essere ricalendarizzata per il 12 settembre e nuovamente rimandata a oggi 10 ottobre. Alla fine la discussione è sbarcata in Consiglio, e il voto c’è stato. Con esito negativo. Sono stati numerosi gli studenti e le studentesse che questa mattina, così come nelle precedenti date, hanno portato la loro testimonianza e contrarietà alla mozione di Fdi. «Personalmente se non avessi la carriera alias rinuncerei agli studi. Questo non è un capriccio», ha detto Arono Celeprin, 23enne che studia Cinema, televisioni e media alla Iulm di Milano. «È un peso per gli studenti che oltre a preoccuparsi per le questioni didattiche, devono preoccuparsi di ulteriori problemi, anche discriminatori derivanti da questi aspetti», ha aggiunto. Non è stato facile, infatti, – rivela Arono – il suo periodo senza carriera alias: «È stato bruttissimo. Dovevo andare al termine di ogni lezione a spiegare all’insegnante la mia situazione. Con i professori sono stata fortunata ma non sai mai chi potresti trovare davanti».
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
“IL PARTITO HA INIZIATO A FARE DEL BULLISMO E DEL LINGUAGGIO POPULISTA LA SUA CIFRA QUOTIDIANA. DA QUANDO HO LASCIATO ITALIA VIVA I MIEI SOCIAL SONO INVASI DI INSULTI DEI TUOI SOSTENITORI E NEI TUOI DISCORSI NON TI HO SENTITO SPENDERE UNA SOLA PAROLA DI PRESA DI DISTANZA”
Caro Matteo, arrivati a questo punto, dopo il tuo ultimo intervento pubblico, anche io penso che sia arrivato il momento di dire le cose con grande franchezza.
Da quando ho fatto la scelta di lasciare Italia Viva i miei social sono costantemente invasi di insulti volgari, violenti e sessisti dei tuoi sostenitori e finora nei tuoi discorsi non ti ho sentito spendere una sola parola di presa di distanza da questo odio social. In questo clima hai preferito invece parlare dei tuoi ex colleghi come persone “nate comparse”.
L’idea che siano tutti comparse tranne te è il problema grande che ha la comunità di Italia Viva con la libertà di pensiero. Se c’è qualcosa che proprio tutti hanno capito in questo mese è il problema di IV col dissenso: chi dissente e se ne va viene insultato e regolarmente attaccato a mezzo social, chi dissente e prova a rimanere lo espelli con una conferenza stampa. Ma anche restando nel tuo modo di vedere il mondo, osservo che c’è un po’ troppo nervosismo per delle semplici comparse che se ne vanno.
Dici che siamo andati via per paura di un congresso democratico. Un congresso senza lo spazio per dissentire e sopravvivere come minoranza non ha nulla di democratico. È per le mie idee che mi sono dimessa da ministra e sono tornata a casa. Io ho avuto questo coraggio e non accetto lezioni sulla paura da te. Ho detto e ridetto i motivi per cui ho lasciato IV. Le nostre strade si sono separate quando IV ha smesso di essere un partito riformista e antipopulista e ha iniziato a fare del bullismo e del linguaggio populista la sua cifra quotidiana. Le strade si sono separate sulle idee e sul metodo. Sulle idee, di’ cosa vuoi fare. Ma il metodo lo si vede chiaramente sui miei social.
(dal profilo Twitter di Elena Bonetti)
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
SCOPPIA LA POLEMICA, MA L’ARGOMENTO E’ GIA’ STATO AFFRONTATO DALLA CASSAZIONE: “NON C’E’ OBBLIGO, DIPENDE DALLA COMUNITA’ SCOLASTICA CHE DECIDE IN MODO AUTONOMO”
Torna l’annosa questione del crocefisso nelle aule. Questa volta a suscitare le polemiche è stato un provvedimento della dirigente scolastica della scuola media Focherini di Carpi (Modena), Federica Ansaloni. La preside dell’istituto comprensivo Carpi Nord, in occasione dell’estate e dei lavori di ristrutturazione e pittura dei locali, ha deciso di rimuovere i crocefissi presenti nelle aule: «Il crocifisso è un simbolo religioso. Qui siamo in una scuola, non in una chiesa», ha affermato.
E su eventuali rimostranze, la dirigente ha dichiarato di essere aperta al dialogo: «Siamo una comunità scolastica. Se i docenti o i genitori dovessero manifestare la necessità di affrontare il tema, lo faremo in Collegio Docenti, ma ad oggi la questione non è ancora stata sollevata dai professori e dalle famiglie». Il problema è invece stato sollevato da alcuni docenti dell’istituto che hanno scritto una lettera ad Ansaloni. I firmatari si dicono sorpresi del provvedimento anche perché non è omogeneo tra i diversi plessi dell’istituto comprensivo: «Risulta che nei plessi delle elementari e materne, il personale docente e Ata, in alcuni casi, non ha dato seguito alla direttiva e in tali sedi tuttora i crocifissi sono in aula; mentre nella secondaria di primo grado e in altri plessi, se pur con perplessità, i crocifissi sono stati rimossi». Il punto però è un altro, i docenti infatti si chiedono se «questa sia veramente la strada giusta che rispetta pienamente la sensibilità e la libertà di coscienza di tutti; in tanti, un senso comune di ’perdita’, che non è solo religiosa, ma della nostra più profonda identità che quel simbolo rappresenta indiscutibilmente». Per questo chiedono alla preside «la motivazione che ha portato a questo provvedimento, che riteniamo grave, sia per il suo valore simbolico e sostanziale, sia da un punto vista della procedura, che non trova riscontro in nessuna attuale normativa scolastica».
E ricordano, oltre a una direttiva del Miur del 2002, la sentenza 24414 delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione che si è espressa così al riguardo il 9 settembre 2021: «L’aula può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata decida in autonomia di esporlo eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi». Non è quindi discriminatoria la sua esposizione, ma va concordata con tutto l’istituto. La Corte sanziona invece l’affissione obbligatoria, definendola incostituzionale. I firmatari della lettera concludono sperando in un ripensamento della dirigente.
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
E’ AMPIAMENTE FAVORITO ALLE PROSSIME ELEZIONI
I partecipanti al congresso del Partito laburista in corso a Liverpool, parlamentari e semplici iscritti, guardano con fiducia alle prossime elezioni, previste entro gennaio 2025. I sondaggi danno infatti il “Labour” ampiamente in testa.
Il Partito conservatore al potere non sembra invece aver invertito la tendenza negativa nel congresso che si è svolto la settimana scorsa a Manchester. Il tentativo del primo ministro Rishi Sunak d’incarnare il cambiamento non ha convinto, e permangono forti divisioni interne sui temi economici e sociali.
Nel suo discorso Starmer, 61 anni, considerato da molti il prossimo premier, ha affermato che “ciò che è rotto può essere aggiustato”.
Starmer ha impresso una svolta centrista al partito, allontanandosi dalle posizioni radicali del suo predecessore Jeremy Corbyn, che nel 2019 aveva condotto il Labour a una pesante sconfitta elettorale.
Rafforzamento del servizio sanitario nazionale
“Il Labour è cambiato”, ha affermato Starmer, promettendo un decennio di rinnovamento. “Non è più il partito della protesta, ma il partito che fa gli interessi del paese”.
Riguardo ai problemi economici del paese, soprattutto l’inflazione e la bassa crescita, Starmer si è impegnato a costruire un Regno Unito “forte, stabile e sicuro”.
Il programma elettorale prevederà misure per rafforzare i diritti dei lavoratori e il servizio sanitario nazionale, messo in crisi da anni di tagli. È prevista anche un’accelerazione della transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili.
I laburisti si sono anche impegnati a cancellare il progetto del governo conservatore di deportare gli immigrati irregolari in Ruanda.
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Ottobre 10th, 2023 Riccardo Fucile
HANNO MOSTRATO AL MONDO ARABO LA DEBOLEZZA DELLO STATO EBRAICO, E DI CONSEGUENZA QUELLA DEL PREDOMINIO AMERICANO E DELL’OCCIDENTE
Dieci a uno. È il rapporto dei caduti, civili e militari, nella serie infinita di “operazioni” di Israele contro Hamas a Gaza. Poche decine di israeliani contro centinaia, a volte migliaia di palestinesi. L’obiettivo di Israele è questa volta l’annientamento di Hamas.
Nessun leader dello Stato ebraico, anche il più moderato, potrebbe permettersi di meno. Il gruppo jihadista ha inflitto la più terribile delle ferite in 75 anni di Storia israeliana. In un giorno ha trucidato almeno 900 persone, 260 in un Bataclan all’aperto, nel rave party di Rehim.
Nella Seconda Intifada, la più sanguinosa, con i kamikaze che si facevano esplodere nelle vie e nei ristoranti di Gerusalemme, le vittime israeliane furono 1060, ma in quattro anni e mezzo, dal 2000 al 2005.
Questo dà il senso della brutalità dell’attacco di Hamas, prelude a quali saranno le conseguenze, è alla base delle motivazioni. La leadership del movimento sa che pagherà un prezzo altissimo. Molti di loro non sopravviveranno. Migliaia di miliziani sono condannati, finiranno uccisi o prigionieri. I corpi d’élite saranno sterminati.
L’attacco del 7 ottobre è quindi un suicidio programmato. Bisogna capire perché. Le ragioni sono almeno su tre piani, o tre cerchi.
Al primo c’è il destino della Striscia. L’assedio che dura dal 2007 ha finito per delegittimare il governo di Hamas, pure arrivato al potere dopo aver vinto le prime elezioni nei Territori palestinesi. La guerriglia, gli attentati, le manifestazioni, la diplomazia, l’appoggio finanziario del Qatar, quello logistico e militare dell’Iran non sono bastati a rompere il blocco. Un fallimento.
Ora, anche se soltanto per pochi giorni, i combattenti hanno demolito i muri della prigione, l’odiatissimo valico di Erez: il calvario delle umiliazioni per i gazani che volevano anche soltanto cercare cure in Israele od oltre. È un sollievo psicologico immenso che in qualche modo ridà senso al potere quindicennale di Hamas. Il gruppo sarà distrutto, o quasi, ma dopo aver offerto uno spiraglio, pur illusorio.
Il secondo cerchio include tutti i Territori e tutta Israele. L’obiettivo è seppellire gli accordi di Oslo e riportare la lotta palestinese a un livello di Stati arabi, come lo era stata fino alla guerra del Kippur, nel 1973, e fino al primo accordo pace di Sadat con lo Stato ebraico del 1978. Oslo presupponeva che non si potesse sconfiggere Israele e lo Stato palestinese potesse nascere solo con la diplomazia e la convivenza. Non è successo
Hamas può dire alla dirigenza di Ramallah, alla vecchia Olp più morta che moribonda: abbiamo fatto più noi in un giorno che voi in trent’anni. Il piano presuppone che si apra un secondo fronte in Cisgiordania. O ancora meglio che Hezbollah ne apra un terzo al confine con il Libano. Non ne ha intenzione, in accordo con l’Iran, pure il grande ispiratore di questa nuova guerra mediorientale. Per Hassan Nasrallah, e per l’ayatollah Khamenei, è più importante mantenere il diritto di veto del Partito di Dio su tutte le decisioni nel Paese dei Cedri. […] Lasceranno che gruppuscoli palestinesi facciano qualche incursione, come ieri, ma niente di più.
Senza altri fronti, Hamas è condannato. E allora perché suicidarsi? L’ideologia del gruppo, con le sue radici nella Fratellanza musulmana in Egitto, nei propagandisti della jihad e del califfato, Hassan Al-Banna e Sayyid Al-Kutub, spiega molto.
Diecimila, forse ventimila combattenti, per non dire dei civili, sono “martiri” sacrificabili se si impone di nuovo il dato di fatto che Israele può essere ferita al cuore, che fare la pace con lei, come forse vorrebbero fare i sauditi, è tradimento della causa palestinese, e di quella araba, e finanche islamica.
E siamo al terzo cerchio, gli equilibri regionali. Hamas, forza sunnita, della stessa matrice per esempio dell’Al-Nusra che ha combattuto con ferocia in Siria con il Bashar al-Assad sciita alleato dell’Iran, ha scelto come mentori gli ayatollah per costrizione e per convinzione. Un millennio fa è capitato che jihadisti sunniti e sciiti si trovassero uniti contro i Crociati. La propaganda di Al-Qaeda o dei Pasdaran concorda nel considerare lo Stato ebraico una sorta di cuneo occidentale piantato nel cuore del Medio Oriente islamico.
Il suicidio di Hamas non metterà in discussione l’esistenza di Israele ma trascinarla in un gorgo di orrori e vendette infligge un colpo tremenda all’egemonia americana nella regione, già traballante dopo il ritiro umiliante dall’Afghanistan, l’esportazione della democrazia finita in bagno di sangue in Iraq, Siria, Libia, Yemen
(da La Stampa)
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