Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
ANDRA’ IN SCENA UNA SFIDA CON L’ALA DEI “GABBIANI” DI FABIO RAMPELLI… LUNEDÌ SI CHIUDE IL TESSERAMENTO. E LA “SORELLA D’ITALIA” HA CONVOCATO UNO A UNO DIRIGENTI E PARLAMENTARI PIÙ FEDELI
Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio Giorgia e capo del tesseramento di Fratelli d’Italia, sta lavorando per far vincere un candidato vicino alla premier al congresso romano del partito, l’unico in tutta Italia dove si potrebbe verificare una sfida vera tra l’ala meloniana e quella dei “Gabbiani” di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e padrino politico di Meloni.
Lunedì scadono i termini per il tesseramento del partito a Roma e l’obiettivo della sorella della premier è quello di arrivare a quella data con più tesserati rispetto a quelli portati da Rampelli ed esponenti a lui vicini: le regole del congresso devono essere ancora scritte da una commissione presieduta proprio da Arianna Meloni, ma l’anima di Fratelli d’Italia che avrà più tessere avrà un maggior vantaggio per assicurarsi il partito romano.
Così negli ultimi giorni la sorella della premier non ha solo ricordato ai dirigenti romani di tesserare più persone possibili entro il 16 ottobre, ma si è mossa anche per far sì che questo avvenisse in favore dell’ala meloniana: ha convocato uno a uno dirigenti e parlamentari più importanti vicini a lei e alla sorella Giorgia nella Capitale, e ha chiesto loro quante tessere fossero in grado di portare alla causa di Fratelli d’Italia
Arianna Meloni ha chiesto a ogni dirigente una quota specifica a seconda del peso politico e anche l’esperienza nel partito.
Ai più “anziani” è arrivata a chiedere fino a mille-duemila tessere nei municipi di Roma in cui il partito va meglio (quindi quelli di periferia: dal sesto “delle Torri”, zona ovest della città, al quattordicesimo che si estende a nord della Capitale) e una media di 300-500 per quelli in cui Fratelli d’Italia storicamente va peggio, come il primo municipio del centro storico.
Quelli delle periferie sono anche i municipi dove c’è più competizione con l’ala di Rampelli e per questo Arianna Meloni ha chiesto uno sforzo ulteriore per vincere la partita delle tessere in quelle zone. Obblighi anche per i “novizi” che si sono visti chiedere 200-300 tessere
Dopo un inizio non proprio positivo – 5 mila tessere rinnovate su 12 mila con la scadenza prorogata di due settimane, dal 30 settembre al 16 ottobre – adesso nel partito si sta giocando una sfida all’ultima tessera tra meloniani e rampelliani: un dirigente a conoscenza della questione parla di 15 mila tessere tra rinnovi e nuovi iscritti come obiettivo finale in città. Qualcuno ipotizza che il tour de force delle ultime ore possa portare la quota finale a sfiorare 20 mila nuovi iscritti in città.
Una volta concluso il tesseramento, la commissione composta da 32 dirigenti – tutti meloniani tranne il rampelliano Andrea De Priamo (l’unico romano insieme ad Arianna Meloni) – dovrà scrivere il regolamento del congresso di Roma e poi saranno ufficializzate le candidature.
Per i meloniani dovrebbe correre uno tra Francesco Filini (molto vicino al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari) e Marco Perissa, mentre i “Gabbiani” spingono per Massimo Milani, già capo del partito romano commissariato a febbraio, ma c’è chi dice che potrebbe candidarsi direttamente Rampelli.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
GLI ALLEATI DI SALVINI: MARINE LE PEN E I TEDESCHI ANTISEMITI E ISLAMOFOBI DI AFD… E POI C’E’ ORBAN: OGGI È LUI, IN EUROPA, IL MIGLIOR ALLEATO DI PUTIN
È dalla grande crisi finanziaria del 2008 che uno spettro s’aggira per l’Europa: il populismo. In questo quindicennio ha attraversato almeno 31 Paesi europei e in una decina è arrivato a governare; e oggi il vento sta soffiando forte a destra. Ultimo caso la Slovacchia, dove il filorusso Robert Fico ha conquistato per la terza volta il potere.
Nell’area di destra, i partiti populisti, ei suoi figli naturali, i nazionalisti e sovranisti, sono più di una cinquantina: tutti contro la Ue, la Bce, il Fondo monetario, i migranti, gli accordi sul clima, l’aborto, la globalizzazione e la parità di genere.
Poi ce ne sono una decina di sinistra, o difficilmente etichettabili.
Cos’è il populismo? Il dato comune è quello di contrapporre il popolo, per definizione virtuoso, alle élite sempre e comunque corrotte. Intercetta le paure, il malcontento e le frustrazioni di molte opinioni pubbliche. Pesca soprattutto fra i giovani in difficoltà socioeconomica e con livello d’istruzione medio-basso, perlopiù maschi.
Nel 1998 i populisti erano al governo di due soli Paesi , 20 anni dopo, governavano già undici Stati e 170 milioni di cittadini. Alle Europee 2024 molti di questi partiti saranno determinanti. Ma fino a che punto sono disposti a spingersi? E finora che cos’hanno fatto di tutto ciò che promettevano? Più a destra della destra Il 15 ottobre si vota per le politiche in Polonia e favorito è il partito Diritto e Giustizia (PiS), tornato al potere nel 2015 con Andrzej Duda. Ha il 35% dei voti e le sue principali battaglie sono contro l’aborto ei diritti Lgbt. La sua riforma per imbrigliare la magistratura è stata bocciata dalla Corte di giustizia europea.
La guerra di Putin ha costretto la Polonia ad accogliere i «fratelli» ucraini. Un’apertura che ha provocato le proteste degli agricoltori, danneggiati dall’invasione del grano ucraino venduto sottocosto. E l’ascesa fino al 9% di Konfederacja, un partito più a destra del PiS, spinge Duda ad accontentare i contestatori, dando meno armi a Kiev. In Olanda, dopo 13 anni di centrodestra, le elezioni politiche del 22 novembre muovono la via al negazionismo climatico e alla lotta all’immigrazione del Bbb, il Movimento Civico-Contadino: fondato quattro anni fa, ha già incassato il 10%. Al suo fianco c’è il populista Partito per la Libertà di Geert Wilders, amico di Salvini, oggi al 10,8%.
Nazionalisti e sovranisti In Francia, il Front National di Jean-Marie Le Pen nato negli anni ’70 ha cambiato nome. Nel 2018, la figlia Marine l’ha ribattezzato Rassemblement National. Ha mantenuto la linea xenofoba, ma per avere i voti moderati ha smesso di parlare di un’uscita dall’Ue e dall’euro. La svolta è servita: in pochi anni, Rn è passata dal 10,4 al 18,6%, con punte del 24. Determinanti per lei nella corsa all’Eliseo potrebbero essere i voti di Reconquête, il partito anti-immigrati che nel 2022 ha ottenuto il 7%. In Spagna è in ascesa il sovranismo neofranchista di Vox, nato nel 2013 e molto caro a Giorgia Meloni. Ma al voto di luglio, Vox non ha sfondato: molti gli rimproverano una politica troppo «di compromesso».
Gli xenofobi In Germania, l’AfD, antisemita e islamofobo, ha sfondato nel 2017 col 12,6%, diventando il terzo partito tedesco. Alle politiche del 2021 è scesa al 10%, ma rimane fortissimo nei Länder. Oggi sondaggi il danno al 21%. È il punto di riferimento di numerosi gruppuscoli come Pegida, organizzazione condannata per incendi alle moschee. Entrata al Bundestag, l’AfD ha sfumato qualche posizione: il principale candidato alle europee, Maximilian Krah, sostenitore dell’inutilità dell’Ue, ora riconosce che è necessario un coordinamento politico dell’Europa.
Tornati al potere sono scesi a compromessi con gli alleati liberali di Kok: adesso va bene restare nella Ue, l’austerità, e puro l’ingresso della Finlandia nella Nato, a cui fino all’anno scorso si erano opposti. Fratelli d’Italia, radici neofasciste, nazionalisti, euroscettici, anti immigrati. Una volta al governo si è ammorbidito e Giorgia Meloni, scrive l’agenzia Reuters, «nonostante la retorica spesso infuocata, preferisce la cautela allo scontro, promuovendo lo status quo». Soffre però la concorrenza a destra della Lega, suo alleato.
In Svezia, i Democratici Svedesi, partito nazionalpopulista difendono «l’uniformità etnica svedese», sono contrari all’emancipazione femminile, anti Ue e fortemente antimusulmani. L’anno scorso — anche grazie alla forte campagna negazionista sul Covid — sono diventato il secondo partito svedese ed entrati col 20,5% nel governo. Hanno però abbandonato l’idea d’un referendum per uscire dalla Ue. Infine l’Ungheria: il partito Fidesz, liberale negli anni ’80, ha virato a destra fino a diventare nazionalista e anti-Ue.
Dal 2018 il suo leader, Viktor Orbán, ha la maggioranza assoluta. Ha costruito il primo muro anti-immigrati d’Europa, ha ridotto le libertà di magistrati e cittadini, ha imbavagliato i media. Con la guerra, suo malgrado, ha accolto i profughi ucraini. Quando stava all’opposizione, si batteva per l’integrazione europea e accusava i socialisti al governo di fare affari con Putin e il suo gas. Oggi è lui, il miglior alleato di Putin in Europa.
(da Il Corriere della Sera)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
IL REPORTER UCCISO STAVA COPRENDO GLI SCONTRI AL CONFINE INSIEME AD ALTRI COLLEGHI
L’esercito israeliano è tornato a colpire nel pomeriggio di oggi, venerdì 13 ottobre, il territorio libanese. Lo ha confermato un portavoce militare spiegando che l’azione è stata intrapresa «in risposta a un’esplosione alla barriera di sicurezza adiacente la comunità di Hanita», alla frontiera con il Libano, oltre che a un allarme riguardo la possibile infiltrazione di terroristi dal Paese confinante.
Ne è nato uno scambio di artiglieria tra le forze israeliane e quelle di Hezbollah attraverso la barriera di separazione tra i due Paesi.
Sotto i colpi sparati da Israele oltreconfine sarebbero caduti alcuni reporter che si trovavano nella zona per coprire gli scontri. Uno di essi è morto poco dopo, secondo quanto ha confermato la Reuters. Si chiamava Isam Abdullah, ed era un fotografo e videomaker impegnato a riprendere in diretta gli avvenimenti.
«Stiamo cercando con urgenza maggiori informazioni, in collaborazione con le autorità della regione, e supportando la famiglia di Issam e i suoi colleghi», ha fatto sapere in una nota l’agenzia di stampa internazionale. Nell’esplosione sarebbero rimaste ferite altre 6 persone.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
LA VITTIMA E’ UN 46ENNE CON RITARDO COGNITIVO BULLIZZATO DA SEI RAGAZZINI DI FAMIGLIE “BENE” TRA GLI 11 E I 12 ANNI DI LATINA
La procura dei minori di Roma sta svolgendo tutti gli approfondimenti sul caso dei video finiti sui social girati da sei ragazzini di Latina, tutti tra di 11 e i 12, che torturano come passatempo un 46enne disabile.
I gesti sono di ogni genere: una volta lo spogliano, un’altra lo legano alla panchina del parco, altre lo umiliano facendosi baciare i piedi a ciascuno di loro. Nei video il sottofondo delle risate.
Come riporta il Latina Oggi, i ragazzini, alcuni figli di noti professionisti del capoluogo pontino, si sono difesi sostenendo si trattasse di un scherzo, di un giocattolo.
“Volevamo solo giocare”, hanno detto agli inquirenti che devono capire la portata della diffusione del video condiviso da molte persone, anche su profili social aperti.
I ragazzini avevano anche aperto un profilo Instagram del 46enne che, senza ribellarsi, sarebbe stato sfruttato dal gruppo per farsi comprare panini e vestiario.
I sei sono stati individuati dopo alcuni danneggiamenti in un centro commerciale, da qui la scoperta delle altre che il personale specializzato nell’ascolto dei minori ha fatto emergere nel corso di colloqui mirati. Vista la giovanissima età, non ci saranno conseguenze penali.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
SAREBBE INTERESSANTE CONOSCERE QUANTI DI QUESTI “GIOVANI IMPRENDITORI” SIANO NATI POVERI E SI SIANO “EMANCIPATI” E QUANTI ABBIANO INVECE EREDITATO L’IMPRESA PATERNA
Dal Grand Hotel a 5 stelle Quisisana, nel cuore di Capri, i Giovani imprenditori di Confindustria (dove per giovane si intende al di sotto dei 40 anni) spiegano che eliminare il reddito di cittadinanza è stata una scelta giusta. “Riconosciamo al governo di aver messo il Sud al centro della sua agenda, identificando imprese e lavoro come protagonisti dello sviluppo. Condividiamo la scelta, politicamente difficile, di cambiare il reddito di cittadinanza. Vogliamo però che funzionino le politiche attive e la piattaforma Siisl” afferma il presidente Riccardo Di Stefano, nella sua relazione introduttiva.
“Il punto – dice il presidente – è rendere le persone in grado di emanciparsi, dai sussidi”. E aggiunge: “Ai ministri presenti chiediamo, allora, quale sia la strategia complessiva per il Mezzogiorno”. Alla 38esima “due giorni” parteciperanno il ministro del made in Italy Adolfo Urso, quello della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, il collega dell’Istruzione Giuseppe Valditara. E poi la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, quello della Protezione Civile Nello Musomeci e quello per il Sud e gli Affari europei Raffaele Fitto. A chiudere i lavori sarà l’intervento del ragionier Carlo Bonomi, presidente di Confindustria che di recente ha introdotto un’importante distinzione: i soldi pubblici che vanno alle aziende non sono “sussidi” ma sono “stimoli”. Non è invece programma la regata a vela con cui in passato si era soliti concludere l’evento.
Tra parti sociali “da tempo, purtroppo, il dialogo è diventato faticoso. Lasciando alcune fondamentali domande sul futuro del lavoro senza risposta” rileva il presidente Di Stefano. “È arrivato il momento di rimettere al centro la contrattazione. Anche di secondo livello” come “luogo naturale per legare produttività e salari, ampliare l’offerta di welfare, strutturare un tempo di lavoro che concili vita e professione”. “Soprattutto, per i giovani e le donne. I cui tassi di disoccupazione e inattività non sono più sostenibili”. E “dobbiamo combattere la battaglia per la sicurezza sul lavoro”.
“Le migrazioni non sono solo un’emergenza o un problema di ordine pubblico”, dice il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Riccardo Di Stefano: “Va ripensato, allora, il modello di gestione dei flussi migratori, rafforzandone la regia nazionale ed europea, con risorse e strumenti congrui. Per gestirli e orientarli, invece che subirli”.
“Nel 2050, in Italia saremo 4,5 milioni in meno, come prevede l’Istat. È certo: il sistema produttivo e l’organizzazione del lavoro si dovranno ripensare, di fronte a questi numeri. Vale per la natalità, quanto per le politiche migratorie. Servono schemi di pensiero declinati al futuro, in un mondo in cui competenze e tecnologie non hanno frontiere e non chiedono passaporto”.
I “giovani” invitano poi a ripensare la posizione italiana sul nucleare. “Dai referendum del 1987 e del 2011 è cambiato quasi tutto. Sono evolute le tecnologie, la sicurezza e l’efficienza degli impianti. E se tutto cambia, non possiamo restare fermi”, avvertono i Giovani Imprenditori di Confindustria: “Le nuove tecnologie spingono verso reattori di piccola taglia e micro-reattori. Piccoli, modulari, direttamente utilizzabili nelle aree industriali che diventerebbero, così, energeticamente indipendenti”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
I DATI ISTAT NEL 2021… MA IL GOVERNO PENSA A CONDONARE
Nel 2021 l’economia sommersa e illegale è cresciuta del 10% in Italia, arrivando a un valore aggiunto di 192 miliardi di euro, circa il 10,5% del Pil nazionale.
È un dato che ha anche degli aspetti positivi: come sottolineato dall’Istat nel suo nuovo rapporto sul tema, infatti, la percentuale rispetto al Pil è rimasta quasi invariata rispetto al 2020 ed è più bassa di quanto non fosse negli anni prima della pandemia (nel 2019 era all’11,3%). Insomma, è aumentata l’attività economia irregolare, ma in buona parte è perché nel 2021 perché l’economia è ripartita dopo il Covid. In un anno il Pil è cresciuto del 9,7%, e l’economia non osservata del 10%.
L’economia sommersa, che è quella fatta di attività legali ma non dichiarate al Fisco, ha contribuito pe 174 miliardi di euro a questo dato, mentre gli altri 18 miliardi circa sono dell’economia illegale. Insieme, questi due gruppi formano la cosiddetta economia “non osservata”, che non risulta dalle rilevazioni ufficiali.
Quando si parla di economia sommersa, ad esempio, ci si riferisce alle fatture più basse del dovuto o proprio non fatte (che sono valse circa 91,4 miliardi di euro), oppure al lavoro irregolare (che ha prodotto 68,1 miliardi di euro). Ma ci sono anche gli affitti in nero, che nel 2021 sono calati rispetto al 2020, e persino le mance risultano (anche se ovviamente per una parte molto ridotta) nell’economia sommersa. I settori in cui è più diffusa l’economia sommersa sono il commercio, trasporto, alloggio e ristorazione e le costruzioni.
L’economia illegale, invece, è tutta un’altra questione e riguarda ambiti come la vendita di prodotti o servizi illegali, oppure ad opera di persone che non sono autorizzate a venderli. C’è lo spaccio di sostanze stupefacenti, la prostituzione, e anche il contrabbando di prodotti come le sigarette. Queste attività sono cresciute del 5% in un anno, portando a 900 milioni di euro in più.
In generale, ci sono i segnali quello che Istat definisce un “cambiamento strutturale” nell’economia sommersa italiana. Dal 2014, la sua incidenza sul Pil è sempre calata. negli ultimi due anni il lavoro irregolare ha iniziato a ridursi con più rapidità, mentre invece la la sotto-dichiarazione (fatture, scontrini…) si è stabilizzata. Sembra, infatti, che questa abbia assunto un peso maggiore: nel 2020 era pari al 45,6% del totale dell’economia sommersa, nel 2021 al 47,6%. Il sommerso è aumentato soprattutto tra i professionisti e i servizi alle persone
Questo è confermato anche dal dato sui lavoratori in nero. Nel 2021 erano 2 milioni e 990mila, praticamente tre milioni di persone, per la maggior parte dipendenti. Erano 73mila in più rispetto al 2020. Anche in questo caso, c’è stato un aumento dovuto soprattutto alla ripartenza dell’economia: infatti, il lavoro non regolare ha segnato una “crescita contenuta”, secondo Istat, pari al 2,5%.
Questo “non ha consentito di recuperare la considerevole caduta registrata in corrispondenza della crisi pandemica (-18,4%)”. Il lavoro in nero era crollato con il Covid-19, e nell’anno successivo non si è ripreso. Questo, secondo l’Istituto di statistica, potrebbe segnalare che si va verso un “ridimensionamento del fenomeno”.
(da Fanpage)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
LEI RIFIUTÒ DI PARTECIPARE AL PROGETTO E LA RAI NON L’HA INVITATA ALLA PRESENTAZIONE
Per una è una «cialtronata», per l’altra «un’operazione di grande pregio». Dietro allo speciale Enzo Tortora. Ho voglia di immaginarmi altrove, in onda stasera su Rai3, c’è la diatriba familiare tra l’ex compagna di Tortora, Francesca Scopelliti, e la sua famiglia d’origine. Una frattura che la Rai è riuscita a riacutizzare, trasformando in polemica quello che doveva essere un sentito omaggio alla memoria.
Questi i fatti: a 40 anni dall’ingiusto arresto del presentatore di Portobello, Rai3 racconta l’uomo Enzo Tortora, ma della famiglia non c’è traccia nel documentario. Si vede solo Scopelliti che, ai giornalisti, ha ricordato di essere l’«erede materiale e morale di Tortora»: prima di morire, Enzo le avrebbe affidato la sua «battaglia per la giustizia giusta, con l’impegno di rinnovare la memoria della sua vita di uomo onesto e perbene e di denunciare le disfunzioni che avevano reso possibile il processo napoletano: una eredità onerosa che, con mille difficoltà, ho curato e preservato».
La polemica però esplode quando si apprende che la Rai non ha invitato la figlia Gaia Tortora alla presentazione stampa: nel grande giorno in cui si celebrava la memoria di suo padre, c’erano tutti tranne lei. Anzi, c’erano «tutti gli esponenti di centrodestra», come sottolinea Gaia, rimarcando online il proprio dispiacere per l’esclusione. «Ho rifiutato il progetto ma un invito all’evento era doveroso». Risultato: il direttore di Rai Documentari Fabrizio Zappi bolla come «pretestuosa» l’osservazione. «Pretestuosa?», ribatte Tortora, «Zappi ha usato un aggettivo orrendo. Anche se avesse ragione, non si dice una frase del genere a una figlia, con una situazione così drammatica alle spalle, e senza sapere peraltro nulla delle nostre vite».
Tra l’altro il giorno seguente Zappi l’avrebbe cercata via messaggio: «Con molta calma, a cose ormai fatte, mi ha scritto esprimendo il proprio dispiacere e proponendomi di chiarire a voce», conferma Tortora. «Ci siamo telefonati e lui ha cincischiato sostenendo di essersi sbagliato nel fidarsi di chi diceva che non volessi partecipare. Ma un direttore non è l’ultimo arrivato in Rai! Poteva insistere».
Nella mischia entra poi Scopelliti che le rimprovera di essersi tirata fuori dal progetto: «La Rai produce, direi finalmente, un documentario bellissimo, un lavoro che avrebbe voluto anche la partecipazione di Gaia Tortora (non è credibile la sua esclusione da parte della Rai!) se lei non avesse preferito rinunciare a una operazione-verità di grande pregio». Nel merito, però, Gaia fa muro:
«Non intendo replicare a questa signora, che non nomino nemmeno, e fare il suo gioco. Per me lei è un capitolo chiuso, e molto doloroso, della mia vita. Mi chiedo solo perché parli a nome della Rai o della produzione: a che titolo?».
Se non ha preso parte al progetto è stato peraltro anche per via di Scopelliti: «Da sempre, dove c’è una “certa” persona, non ci siamo io e la mia famiglia. Tra l’altro avevo appena perso mia sorella: non me la sentivo proprio…».
Ma a lasciarla perplessa era soprattutto il taglio dello speciale: «Dopo averlo visto, direi che ho fatto bene a starne fuori: sono una serie di testimonianze messe insieme, il documentario è ben altra cosa. Inoltre raccontare dove mio padre ha lacrimato, tra le braccia di chi, come è perché è morto… onestamente non credo avrebbe gradito».
(da La Stampa)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
ATTIVABILE ATTRAVERSO UN’APP, È POSSIBILE VEDERE LA PROPRIA CHIESA DI RIFERIMENTO E L’ACCENSIONE DEL LUMINO DIRETTAMENTE SUL CELLULARE
Un candeliere digitale che consente ai fedeli di accendere una candela a distanza: è stato presentato nella cripta della basilica della Madonna del Buonconsiglio di Capodimonte, a Napoli. Si tratta della prima installazione per la Campania e di una delle pochissime, finora, in Italia.
Un’iniziativa voluta dalla Fondazione Dominus Jesus con il supporto della Confesercenti e la collaborazione della diocesi di Napoli. Il candeliere digitale, prodotto dalla Luzea, è attivabile attraverso una app, scaricabile sia da Google play che da Apple store: tramite una donazione è possibile scegliere la propria chiesa di riferimento e accendere a distanza una luce “effetto fiamma” delle candele.
Il fedele, da lontano, può vedere in streaming, attraverso una webcam posta sul candeliere, sia la chiesa che l’accensione donata. Luzea ne ha finora installati 11 in tutta Europa (da Madrid a Malaga passando per Livorno, Nettuno e Como) e sta per sistemarne altri dieci. L’obiettivo è di andare incontro ai fedeli che non possono fisicamente raggiungere la propria chiesa, ad esempio perchè infermi, e “dare linfa al turismo religioso”. I fedeli di ogni parte, ha detto Vincenzo Schiavo, di Confesercenti, “avranno modo di conoscere questa chiesa e conseguentemente le meraviglie del nostro territorio. Dobbiamo mettere le nostre chiese in vetrina e mostrarle al mondo”.
Felice dell’iniziativa don Nicola Longobardi, parroco della basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio di Capodimonte, secondo cui ben venga “la tecnologia legata al culto. Tutto viene da Dio. Oggi questa realtà digitale ci aiuta a tenere viva la fede e a fare in modo che coloro che intendono sentirsi ancora più vicini al trascendente possano farlo, accedendo una candela da lontano”.
(da Ansa)
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Ottobre 13th, 2023 Riccardo Fucile
NEL PARTITO TIRA UNA BRUTTA ARIA
Tira una brutta aria in Italia Viva in vista del prossimo congresso. Anzi, a ben vedere sulla natura di Italia Viva pesano i giudizi di Ettore Rosato, ex coordinatore nazionale del partito di Renzi, e Elena Bonetti, ex ministra per le Pari opportunità e la famiglia nei governi Conte II e Draghi. Entrambi da giorni si lamentano perché hanno scoperto che Matteo Renzi è uno che pensa solo a se stesso e ha un o stuolo di profili sui social che vivono solo per delegittimare i nemici.Ma Italia Viva è anche alle porte del suo primo congresso nazionale. Candidati? L’attuale presidente Matteo Renzi è al momento l’unico in corsa per la guida del partito. La lista dei candidati a livello locale è stata pubblicata mercoledì scorso dopo che la Commissione nazionale per il congresso di Italia Viva ha verificato la validità delle candidature per la presidenza dei coordinamenti territoriali del partito, che rappresentano le sezioni locali di Italia Viva e coordinano l’attività sul territorio degli iscritti, dei simpatizzanti e dei comitati.
I comitati sono un altro organo di Italia Viva e sono creati dagli iscritti sulla base di singoli temi. In base alle verifiche di Pagella Politica, i coordinamenti regionali, provinciali e comunali chiamati al voto domenica prossima per eleggere il loro presidente sono 143, per un totale di 182 candidati. In 109 coordinamenti territoriali – circa il 77 per cento – c’è solo un candidato alla carica di presidente. In altri 29 coordinamenti ci sono due candidati, mentre in cinque coordinamenti ce ne sono tre. Insomma, un partito che è il barboncino del suo proprietario. Stupisce? Ma va.
(da La Notizia)
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