Destra di Popolo.net

BRACCIA RESTITUITE ALL’AGRICOLTURA: «MEGLIO VENDEMMIARE ALL’ESTERO»

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

“IN FRANCIA C’E’ IL SALARIO MINIMO, A PARITA’ DI ORE GUADAGNO PIU’ DEL DOPPIO E NON MI SFRUTTANO”

Rocco ha quasi 23 anni, viene da Conversano, in provincia di Bari, e studia Antropologia a Torino. È da qui che, lo scorso anno, è partito per fare la vendemmia in Francia. È bastata poco più di una settimana di lavoro nei vigneti della Borgogna per poi chiedere (e ottenere) la disoccupazione, una volta rientrato in Puglia. E, anche in questo inizio di autunno, sono centinaia i ragazzi che tornano in Italia e iniziano l’iter per ottenere la disoccupazione da rimpatrio.
Molti di loro hanno meno di trent’anni e sono studenti e studentesse fuorisede. attratti anche dalla possibilità di ottenere qualche migliaia di euro al rientro, decidono di dedicarsi al lavoro nei campi. Mestiere che il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida vorrebbe incentivare con il servizio civile agricolo con un rimborso di 507 euro al mese da parte dello Stato.
Ma, al momento (e forse anche in futuro), i giovani tra i 18 e i 28 anni (lo stesso range di età che coinvolge la fase sperimentale del progetto del servizio civile agricolo), preferiscono vendemmiare fuori dall’Italia.
GRUPPI SOCIAL E PASSAPAROLA
Esistono diversi modi per trovare queste occasioni di lavoro. Al primo posto ci sono i gruppi Facebook; uno fra tutti: «Les saisonniers agricoles». E poi, in generale, a prevalere nello scambio di informazioni è il passaparola.
LA PAGA
«Sette ore di lavoro in totale, con molte pause», dice Rocco. Che spiega: «Facevamo massimo due ore e mezza di fila di lavoro. A qualcuno di noi hanno chiesto di lavorare un po’ di più, ma quelle ore sono state pagate come straordinario. In Francia – precisa – c’è il minimo salariale, cioè più di 11 euro lordi all’ora. A noi pagavano 12,50 euro lordi, quindi circa 10,20 euro netti».
PERCHÉ LA FRANCIA
Perché i ragazzi scelgono la Francia e non l’Italia? «Innanzitutto perché in Francia c’è un salario minimo – spiega -. Io, in Italia, per fare il cosiddetto “acinino” prendevo 35 euro al giorno, sempre per lavorare 7 ore, senza fermarmi mai. Nelle campagne pugliesi ci portavano solo un caffè, ma lo bevevamo mentre lavoravamo. In Francia, per la stessa giornata di lavoro, con due pause in mezzo, ho guadagnato più del doppio».
L’INDENNITÀ DA RIMPATRIO
«Ma il motivo principale della scelta di andare a vendemmiare all’estero – spiega Rocco – è la disoccupazione da rimpatrio: noi, per dieci giorni di lavoro, abbiamo preso circa 580 euro al mese per sei mesi. In totale, quindi, abbiamo ricevuto tra i 2500 e i 3500 euro». La disoccupazione da rimpatrio si può chiedere soltanto una volta nella vita e ha un lungo iter.
CHI PARTE
Il target di persone che parte per fare questa esperienza è rappresentato soprattutto da studenti fuorisede delle città del Nord. Ad agevolare le operazioni, c’è lo scambio di informazioni tra chi ha già fatto il viaggio e chi deve partire. C’è un file, in particolare, che, inoltrato su WhatsApp, è su tutti i telefoni di chi ha fatto questa esperienza e che contiene tutte le informazioni utili a richiedere la disoccupazione da rimpatrio. Nome del documento: «Fuck the system. Come richiedere la disoccupazione da rimpatrio».
QUALCHE OMBRA ANCHE IN FRANCIA
In ogni caso, Rocco tiene a specificare che ogni esperienza è diversa e che anche in Francia può non essere tutto oro quel che luccica: «Noi siamo stati fortunati da ogni punto di vista. Perché, parlando con altra gente che ha lavorato in altre aziende, non tutti facevano pausa ogni due ore e mezza, non tutti hanno avuto una paga più alta del minimo salariale – dice -. E a non tutti gli straordinari sono stati messi in busta paga. Quindi anche la Francia ha le sue storture, ma chiaramente è un sistema che funziona».
E il nuovo progetto italiano presentato dal ministro Lollobrigida al G7 Agricoltura a Siracusa? «Non è il massimo – conclude -. Perché, da quello che so, il servizio civile copre 25 ore settimanali. Quindi, se la paga è di 507 euro al mese, facendo un calcolo i ragazzi sarebbero pagati 5 euro all’ora. Praticamente la metà di quello che ho preso in Francia».
(da il Corriere della Sera)

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MIGRANTI, IL FLOP DEI CENTRI IN ALBANIA: NESSUNA DATA CERTA PER L’APERTURA

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

NESSUNO DEI TANTI ATTORI CONVOLTI NEL PROGETTO HA RICEVUTO COMUNICAZIONI SU QUANDO TENERSI PRONTI

I 13 milioni e mezzo di euro destinati al noleggio (per soli tre mesi) della nave privata per i soccorsi nel Mediterraneo e destinati ai centri in Albania, il Viminale ha pensato bene che era il caso di risparmiali. Ad estate ormai passata e a flussi così sensibilmente ridotti, è ormai chiaro anche al governo che quando il progetto sarà in grado di partire le persone che, almeno per il 2024, finiranno nei centri saranno molto ma molto meno dei tremila al mese previsti dal protocollo. Alla procedura per la manifestazione di interesse, spesa stimata fino a 1,5 milioni per soli 90 giorni, pubblicata a giugno quando ancora l’apertura dei centri era prevista come imminente, non è stato dato alcun seguito.
E dunque niente nave privata, una trovata peraltro non prevista dai termini dell’accordo che parla chiaramente di navi militari italiane come mezzo a bordo dei quali trasportare i migranti.
Ancora tutto fermo
Se e quando i centri apriranno. Al Viminale ormai non danno più date. Stanchi di rispondere, ormai da maggio, “questione di poche settimane. Ma settembre è ormai passato e il progetto Albania non parte ancora . Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi spera ancora di presentarsi ai colleghi del G7 convocati per il 2 ottobre a Mirabella Imbaccari per parlare soprattutto di strategie di contrasto al traffico di migranti, con le porte dell’hotspot di Shengjin e del centro di trattenimento per richiedenti asilo di Gjader finalmente aperte. Ma prima il sole e il troppo caldo che hanno costretto gli operai a lavorare con lunghe pause nelle ore centrali della giornata, ora la pioggia che ha reso i terreni di Gjader privi di fogne un pantano. E dunque ancora nessuna certezza su quando il Genio civile darà l’ok e il centri verranno consegnati al Viminale. L’ultima data in circolazione, 23 settembre, è stata smentita e nessuno dei tanti attori coinvolti nel progetto, da Unhcr ai giudici alle forze di polizia, ha ricevuto alcuna comunicazione certa, e comunque è esclusa un partenza prima della seconda metà di ottobre.
La ‘fila’ per andare in Albania
In attesa del semaforo verde, però, per andare in Albania in Italia c’è la coda. Polizia, carabinieri, agenti della penitenziaria, si contendono la missione d’oro che già da giugno sta costando al bilancio dello Stato inutili ma considerevoli cifre. Circa 30.000 euro al giorno, 900.000 euro in un mese.
Sono già migliaia le richieste che sono giunte nei vari Corpi interessati per poter fare almeno un turno in Albania: cento euro di missione al giorno più vitto e alloggio, al momento per vigilare sulle strutture vuote, un domani per guardare a vista i migranti nel centro di trattenimento o, se mai qualcuno dovesse finirci, nel piccolo penitenziario da 24 posti dove sarà assicurato un trattamento che nessun carcere italiano ha: 3 guardie carcerarie ogni detenuto a fronte di un rapporto che nell’inferno delle carceri italiane è invertito, un poliziotto ogni tre detenuti.
Quelle che sono partite, e non senza proteste e riserve, sono quelle che il ministro dell’Interno Piantedosi definisce le “prove generali” dell’attuazione delle procedure accelerate di frontiera che poi dovranno trovare piena attuazione nei centri di Albania che restano un miraggio.
Il primo espulso
Il primo espulso dal centro trattenimenti per richiedenti asilo di Porto Empedocle con le procedure accelerate di frontiera su cui ruota il progetto-monstre dell’Albania è stato un ragazzo tunisino con mutilazioni genitali. Dunque decisamente un vulnerabile, di quelli – per capirci – che la legge vieta di rimandare indietro con procedura sommaria. E invece, quel ragazzo lo hanno rimandato indietro in tre giorni, dopo che la giudice della sezione immigrazione di Palermo ha confermato il fermo che il questore di Agrigento aveva disposto perché a Lampedusa aveva tentato la fuga. “Rimandato indietro ancor prima di comparire davanti al giudice per la trattazione della sua richiesta di asilo – racconta la sua legale Rosa Emanuela Lo Faro – non pensavano che lui, dalla Tunisia, dove appena arrivato è sfuggito ad un agguato delle stesse persone che in passato lo avevano mutilato, sarebbe riuscito a collegarsi in udienza e a farci avere una lettera con la sua storia”.
(da agenzie)

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CAOS TRENI, SALVINI SOTTO ASSEDIO RINUNCIA ALL’EVENTO CON FERROVIE

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

E IL POST DEDICATO AI NONNI DIVENTA UN CASO

Più di centro treni cancellati in una sola mattinata, decine i convogli che hanno accumulato ritardi di oltre quattro ore. Un guasto elettrico che ha colpito le stazioni romane di Termini e Tiburtina ha fatto sì che i disagi si irradiassero, come un domino, sui binari di tutto il Paese. Trenitalia consiglia ai passeggeri di «riprogrammare i viaggi» previsti per oggi, 2 ottobre. Mentre la sciagura ferroviaria si diffondeva, sui social cresceva la richiesta di un intervento di Matteo Salvini. Prima, il silenzio del ministro dei Trasporto. Poi, durante un intervento in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri di Siena, il leghista ha pronunciato qualche parola sul disservizio: «Siamo al lavoro per risolverlo il prima possibile. C’è stato un problema elettronico in una centralina questa notte, a Roma. Evidentemente qualcuno non è riuscito a intervenire in tempo». Fine
La Festa dei nonni
Un pensiero molto più lungo, invece, Salvini ha voluto dedicarlo alla festa dei nonni. Negli stessi minuti in cui migliaia di pendolari e turisti sono rimasti bloccati nelle stazioni, il ministro ha scritto su X: «Ho avuto la fortuna di conoscere tutti e quattro i miei nonni, Agnese e Carlo, Nella e Aldo. Li ricordo con amore, gratitudine e nostalgia perché hanno colorato la mia infanzia come solo loro sapevano fare e oggi sono i miei Angeli Custodi. Se potete, chiamateli e fate sentire il vostro affetto, perché i nonni sono la vita. Buona festa a tutti i nonni», con un l’emoji finale di un cuore. Si è scatenata, immediatamente, la bufera sui social. Una vera shitstorm: «Con il caos a Termini e Tiburtina, migliaia di passeggeri infuriati e tu fai il post sui nonni?». Oppure: «Se potete, prendete un treno e andate a trovare i nonni. Ah no». «Sai quanti nipotini non potranno andare a trovare i nonni perché tutti i treni da e per la Capitale d’Italia sono bloccati?».
L’assenza all’evento di Ferrovie dello Stato
Qualcun altro, in romanesco, è riuscito a restituire l’immagine del caos nelle stazioni: «Ce sta Termini che pare er maracanà. Vedi de annà in ufficio, movite!». C’è chi muove una critica all’utilizzo che il politico fa dei social, ma questo pensiero potrebbe essere esteso a tutta la classe dirigente, presidente del Consiglio inclusa: «Quando trova un attimo di tempo può per cortesia andare a vedere cosa succede ai treni e ai poveri disgraziati che li devono usare? Poi, magari, ci fa sapere cosa intende fare a proposito. Grazie e, con il dovuto rispetto, i suoi nonni li può celebrare in privato». In mattinata, inoltre, Salvini era atteso a un evento di presentazione del brand dei treni regionali di Ferrovie dello Stato. Sia lui che l’amministratore delegato Stefano Donnarumma non si sono presentati.
L’informativa in Senato
Nel pomeriggio, alle 15, Salvini interverrà al question time della Camera. Anche se nelle domande depositate negli scorsi giorni dai deputati non ci può essere – ovviamente – un riferimento a quanto accaduto oggi, è probabile che il ministro sarà interrogato sulla disgrazia odierna. Durante la seduta al Senato, invece, le opposizioni hanno fatto una richiesta formale affinché Salvini, in Aula, svolga un’informativa urgente sui disagi del settore ferroviario. L’hanno sottoscritta Partito democratico, Movimento 5 stelle, Alleanza verdi sinistra e Italia Viva. «Il ministro venga in Parlamento a spiegare agli italiani cosa intende fare per fronte una situazione indegna di un Paese civile. Andate a vedere quello che sta succedendo nelle stazioni e che segue decine di interruzioni che hanno costellato l’estate di milioni di italiani», ha dichiarato il senatore Dem Antonio Misiani. «Se la maggioranza ci vuole convincere di non avere certe nostalgie dimostrando che i treni non arrivano in orario come quando c’era “lui”, ci sta riuscendo al 100%, ma gradiremmo che lo facesse in altro modo», ha aggiunto il renziano Ivan Scalfarotto.
La richiesta di dimissioni
Anche il partner di maggioranza Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, fuori da Montecitorio ha chiesto a Salvini «una riflessione su un piano straordinario di manutenzione». Ma sono stati i leader dell’opposizione a esplicitare la richiesta più pesante al membro del governo Meloni. Il verde Angelo Bonelli è stato diretto: «Alcune settimane fa avevo chiamato i vertici di Trenitalia per segnalare disfunzioni: non mi ha risposto nessuno a partire da Donnarumma. Non sono stato fortunato come Lollobrigida che è riuscito a chiamarli e fermare un treno. Guasti continui -ha aggiunto – che tagliano in due l’Italia e che mettono in difficoltà lavoratori pendolari e studenti. Una costante inaccettabile che evidenzia che questo ministro, che vorrebbe sottrarre 15 miliardi per realizzare il Ponte sullo Stretto, non si preoccupa minimamente dei problemi quotidiani di noi viaggiatori. I vertici di Trenitalia dovrebbero dimettersi in blocco e Salvini seguirli». Lo sparring partner rosso Nicola Fratoianni ha ironizzato: «Quando c’era lui… i treni non partivano nemmeno. C’è un ministro che continua a straparlare di ogni cosa, ma il lavoro per cui gli è stato assegnato il dicastero non lo fa. È davvero ora che Salvini vada a casa».
I deputati grillini della commissione Trasporti, sempre di Montecitorio, hanno pubblicato una nota: «Non si tratta di un mercoledì infausto, ma di un semestre nero per il trasporto ferroviario. I colleghi di centrodestra ci chiedono di essere propositivi: la nostra proposta è che Salvini tolga il disturbo, perché è completamente inadeguato al ruolo che ricopre».
L’affondo del Pd: « Salvini è troppo impegnato a baciare la pantofola ai nazisti austriaci, ai fascisti francesi, ai filorussi ungheresi»
Sui luoghi comuni del fascismo ha dato battaglia anche Toni Ricciardi, vicecapogruppo del Pd alla Camera: «Prima di lui i treni arrivavano in orario, con lui i treni non arrivano proprio. Salvini è, di gran lunga, il peggior ministro dei Trasporti che la Repubblica ricordi. È troppo impegnato a baciare la pantofola ai nazisti austriaci, ai fascisti francesi, ai filorussi ungheresi». Pure la segretaria del suo parito, Elly Schlein, non ha risparmiato l’affondo: «Questo governo fa viaggiare l’Italia con almeno un’ora di ritardo, ogni giorno. Il ministro Salvini si occupa di tutto tranne che dell’emergenza trasporti, mentre sotto la sua guida la durata delle interruzioni di linea aumenta anno dopo anno e a pagare il prezzo più alto sono i passeggeri che devono fronteggiare disagi e disservizi quotidiani, i pendolari che devono raggiungere le aree interne, le lavoratrici e i lavoratori che subiscono crescenti aggressioni e tutto il comparto del trasporto ferroviario merci. Non si occupa di fare funzionare le ferrovie, pensa solo a come venderle». Salvini è al centro di un assedio che, viste le premesse, continuerà ad animare la diatriba politica delle prossime settimane.
(da agenzie)

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OLTRE 100 TRENI CANCELLATI E RITARDI FINO A 4 ORE PER L’ENNESIMO GUASTO A ROMA, LE OPPOSIZIONI CHIEDONO LE DIMISSIONI DI SALVINI

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

GUASTI E RITARDI ANCHE SULLE LINEE PISA-ROMA E BOLOGNA-ANCONA

Ritardi fino a 240 minuti, cancellazioni, caos e proteste. A causa di un “guasto tecnico” alla linea — così lo definisce Trenitalia — dalle 6.30 la circolazione tra le due stazioni principali di Roma, Termini e Tiburtina, si è bloccata. Il traffico è ripreso intorno alle 8.45 ma la circolazione, scrive Trenitalia, resta “fortemente rallentata”. Ad aggiungersi ai disagi per i viaggiatori sono arrivati altri due guasti sulle linee adriatica e tirrenica, entrambi risolti in circa un’ora: sulla Bologna-Ancona la circolazione è rallentata in direzione Ancona per un guasto alla linea a Villa Selva e i treni Alta Velocità, Intercity e Regionali hanno fatto registrare ritardi fino a 50 minuti. Dalle 13.15, invece, la circolazione sulla linea Pisa-Roma è stata rallentata per un guasto alla linea a Gavorrano e si registrano ritardi fino a 20 minuti.
Disagi che arrivano dopo un’estate caratterizzata anche da ritardi nelle settimane più calde di agosto a causa di un programma di manutenzioni sulla rete. E si scatenano le opposizioni. Nel mirino di Pd e Avs finisce Matteo Salvini, leader leghista e ministro dei Trasporti del governo Meloni. Intanto da Rfi arrivano le scuse “doverose” per bocca dell’ad Gianpiero Strisciuglio.
“Questo governo fa viaggiare l’Italia con almeno un’ora di ritardo, ogni giorno. Il ministro Salvini si occupa di tutto tranne che dell’emergenza trasporti e a pagare il prezzo più alto sono i passeggeri. Non si occupa di fare funzionare le Ferrovie, pensa solo a come venderle. Il guasto di oggi all’alba nel nodo di Roma, che ha causato oltre tre ore di stop con ripercussioni in tutta Italia dal Brennero a Palermo, è solo l’ennesima pagina dell’odissea quotidiana che vive ogni giorno chi si muove in treno”, attacca la segretaria pd Elly Schlein. Per Andrea Casu, deputato romano dem e vicepresidente della commissione Trasporti alla Camera: “I ritardi non sono quantificabili, così come i danni che anche oggi subiranno tutti i passeggeri, l’unica cosa certa è che abbiamo il peggior ministro dei Trasporti d’Europa. È emergenza nazionale”.
Si accodano, poi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli per Avs. “C’è un ministro che continua a straparlare di ogni cosa, ma il lavoro per cui gli è stato assegnato il dicastero non lo fa. Sono mesi che gli italiani vengono vessati da ritardi e guasti insostenibili”, attacca il primo. Il parlamentare verde lo segue poco dopo: “Un giorno sì ed uno no – ricorda Bonelli – sulla rete Ferroviaria italiana ci sono blocchi e guasti che causano ritardi e cancellazioni. Alcune settimane fa avevo chiamato i vertici di Trenitalia per segnalare disfunzioni: non mi ha risposto nessuno a partire da Donnarumma. Non sono stato fortunato come Lollobrigida che è riuscito a chiamarli e fermare un treno. I vertici di Trenitalia dovrebbero dimettersi in blocco e Salvini seguirli”.
“Qui non si tratta di un mercoledì infausto, ma di un semestre nero per il trasporto ferroviario su cui il governo Meloni e in modo particolar il ministro Salvini hanno responsabilità abnormi. I colleghi di centrodestra ci chiedono di essere propositivi: la nostra proposta è che il ministro Salvini tolga il disturbo, perché è completamente inadeguato al ruolo che ricopre”, scrivono i deputati M5s in commissione Trasporti Antonino Iaria, Luciano Cantone, Roberto Traversi e Giorgio Fede.
“Siamo al lavoro per risolvere prima possibile” il guasto, la replica del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ha parlato in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri, a Pisa.
L’ad di Rfi: “Doveroso scusarsi, cause in corso di accertamento”
“E’ doveroso scusarsi per i disagi importanti della giornata. Questa mattina è avvenuto un guasto raro, che ha colpito la cabina elettrica che alimenta il nodo di Roma. I nostri operai sono intervenuti prontamente e hanno ripristinato la situazione. L’orario di accadimento, importante, purtroppo ha portato al sommarsi di ritardi con ripercussioni sulla rete e l’utenza”, ha detto l’amministratore delegato di Rfi Gianpiero Strisciuglio. “Le cause del guasto – ha aggiunto – sono in corso di accertamento. Sono subito state avviate azioni specifiche azioni sul nodo di Roma per evitare che quanto successo stamattina possa accadere di nuovo. Siamo una grande azienda, non accettiamo che questo accada, andremo a fondo”.
Tornando ai disagi, sono stati direttamente coinvolti i treni Alta Velocità e Intercity. Essendo Termini e Tiburtina dei nodi centrali sono interessate anche le altre stazioni e la rete dell’alta velocita, con cancellazioni e ritardi per tutti i treni che passano per la Capitale. Ai banchi delle informazioni centinaia di persone in fila. A Termini all’inizio della mattinata sono andati in tilt anche i monitor informativi, poi riattivati, con annunci che arrivavano solo attraverso l’altoparlante e via sms. Contattate da Repubblica, le forze dell’ordine hanno escluso che si possa essere trattato di un attacco hacker.
Sono al momento oltre 100 i convogli di Trenitalia parzialmente cancellati o cancellati. Trentuno i treni Alta Velocità e gli Intercity parzialmente cancellati mentre altri 31 sono stati cancellati. Altri sessanta convogli soppressi tra i regionali del Lazio. Quaranta i treni Alta Velocità o Intercity in ritardo.
Tra i treni cancellati: Napoli Centrale – Milano Centrale delle 6.55, Termini – Napoli Centrale delle 7, Termini – Milano Centrale delle 7.10 e delle 7.20, Milano Centrale – Napoli Centrale delle 8.30, Milano Centrale – Termini delle 8.58, Milano Centrale – Salerno delle 10.10, Termini – Torino Porta Nuova delle 6.57, Torino Porta Nuova – Termini delle 15.15.
Italo, ritardi oltre le due ore e treni cancellati
Per quanto riguarda Italo i ritardi possono arrivare fino a 180 minuti. Dieci i treni cancellati, quattro quelli parzialmente cancellati.
Negli ultimi mesi sono stati diversi i guasti e i rallentamenti nel nodo ferroviario della Capitale. L’ultimo episodio pochi giorni fa, il 29 settembre, quando un disservizio sulla linea ha portato a un rallentamento sulla Roma-Napoli. Altri ritardi per un guasto tra Prenestina e Termini l’11 settembre, con i treni Alta Velocità, Intercity e Regionali hanno registrato maggiori tempi di percorrenza fino a 60 minuti. L’8 agosto due incendi ad Anagni e Caserta hanno paralizzato la circolazione ferroviaria sulla linea dell’Alta Velocità Roma-Napoli per oltre sei ore. Il 30 giugno un guasto elettrico a Termini ha portato ritardi fino a 60 minuti.
Caos da Ciampino a Orte: treni pendolari fermi e traffico in tilt
A Ciampino, che collega i Castelli Romani alla Capitale e dove passa anche la linea per Cassino, è caos. I pendolari sostano in attesa di qualche notizia, gli studenti si riversano alla fermata del bus che porta alla stazione metro di Anagnina, ma il traffico in strada è in tilt. “Da quest’estate non abbiamo più pace”, dice sconsolata una signora. “Iniziamo bene il Giubileo”, aggiunge l’amica. Qualcuno torna a casa perché è in regime di smart working. ‘L’unica soluzione”, aggiunge un signore mentre s’incammina verso casa.
A soffrire particolarmente, tra le linee regionali e metropolitane, è la tratta FL1 Orte-Fara Sabina-Fiumicino Aeroporto, che ha nella stazione di Roma Tiburtina (dove, stando alle informazioni fornite finora da Ferrovie dello Stato, si troverebbe l’origine del problema) il suo scalo principale. Lungo la direttrice le corse sono al momento tutte cancellate, con i servizi sostitutivi di bus-navetta attivati soltanto in alcuni scali. Non solo. Quei convogli partiti prima delle 6.20 – orario in cui sarebbero iniziati i problemi tecnici – sono ancora fermi lungo i binari, con i pendolari impossibilitati a scendere e bloccati nelle carrozze.
Così raccontano gli utenti di una corsa diretta a Roma e rimasta bloccata tra le stazioni reatine di Gavignano sabino e Poggio Mirteto. Altri treni sono fermi lungo le stazioni, da Monterotondo a Settebagni, da Nuovo Salario a Roma Nomentana, con centinaia di pendolari impossibilitati a raggiungere il luogo di lavoro. La linea metropolitana FL1, con i suoi oltre 60mila utenti attivi al giorno, è la più popolata del Lazio, e una delle più frequentate di tutta Italia.
(da agenzie)

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GIORGIA MELONI AVEVA MESSO NEL MIRINO GLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE MA ALLA FINE SI DOVRÀ ACCONTENTARE DI “UN CONTRIBUTO VOLONTARIO” DA PARTE DEGLI ISTITUTI DI CREDITO

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

LE BANCHE APRIRANNO IL PORTAFOGLIO “PER LA PATRIA” MA SOLO UN PO’ …E I BERLUSCONI SE LA RIDONO

Alla fine il governo e la banche hanno trovato un compromesso, sotto la guida del presidente dell’Abi, quel vecchio volpone di Antonio Patuelli: gli istituti offriranno un “contributo di solidarietà” in vista della manovra.
Da una parte Meloni ha un disperato bisogno di soldi per una manovra a cui mancano ancora 10 miliardi di coperture, ma ha accantonato l’opzione di una tassa sugli extraprofitti, per non dover andare alla guerra con Antonio Tajani, attento difensore degli interessi degli “azionisti di maggioranza” di Forza Italia, ovvero i Berlusconi (vedi Mediolanum).
Dall’altra le banche hanno capito che andare allo scontro frontale con l’esecutivo non sarebbe stata la scelta più saggia. Ecco quindi la mediazione di Patuelli: un aiuto su base volontaria, con un impatto minimo sul patrimonio e il bilancio delle banche, di cui però si faranno carico in gran parte i gruppi bancari maggiori. Gli istituti più piccoli, infatti, hanno fatto capire di non essere disposti a sacrificare i loro profitti “ridotti” in nome di una pax con la Ducetta.
(da agenzie)

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EX GKN, L’AZIONARIATO POPOLARE DEGLI OPERAI SFONDA IL MILIONE DI EURO

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

“CHI CI HA BOICOTTATO NON DOVRA’ PIU’ RENDERE CONTO SOLO A NOI”

Ha sfondato quota un milione di euro l’azionariato popolare lanciato dal collettivo di fabbrica dell’ex Gkn di Campi Bisenzio, a Firenze. La campagna si è conclusa ieri, lunedì 30 settembre, e i promotori stanno ancora finendo di conteggiare le ultime richieste arrivate, ma al momento – fa sapere il collettivo di fabbrica – sono a «1.250.000 euro di azioni prenotate».
Per il momento non c’è stato alcun acquisto vero e proprio delle azioni emesse dalla Gff, la cooperativa fondata dagli operai fiorentini. Piuttosto, si tratta di «prenotazioni di azioni, che non verranno comprate fino a quando il piano industriale di riconversione ecologica non sarà realtà e che quindi decadrebbero nel caso in cui questo non dovesse partire».
La delocalizzazione e i licenziamenti (illegittimi)
Per capire cosa abbia spinto il collettivo di fabbrica dell’ex Gkn ad avviare una campagna di azionariato popolare occorre riavvolgere il nastro. Tutto inizia il 9 luglio 2021, quando tutti i 422 dipendenti dello stabilimento di Campi Bisenzio, che produce componenti di trasmissione per l’industria automobilistica, vengono licenziati via mail senza alcun tipo di preavviso. L’obiettivo di Gkn è chiaro fin da subito: chiudere la fabbrica fiorentina e delocalizzare la produzione in Polonia. Pochi mesi più tardi, il Tribunale del lavoro di Firenze stabilisce che i licenziamenti sono illegittimi. E i lavoratori, quello stesso anno, depositano una proposta di legge alla Camera per chiedere di mettere un freno alle delocalizzazioni industriali. A dicembre del 2021, la fabbrica di Gkn viene acquistata da Qf, azienda controllata da Francesco Borgomeo, imprenditore specializzato in riconversioni industriali. La nuova proprietà promette un piano di reindustrializzazione che prevede la riapertura della fabbrica entro il 2023 e il prolungamento della cassa integrazione fino al momento della ripresa della produzione. C’è solo un problema: l’anno successivo Qf viene messa in liquidazione, dando vita a nuove proteste da parte degli operai. La nuova proprietà chiede un’altra volta il licenziamento collettivo dei dipendenti rimasti, ma ancora una volta la procedura viene definita illegittima.
Le proteste in tutta Italia
La battaglia del collettivo di fabbrica dell’ex Gkn di Firenze ha dato vita a un movimento amplissimo, che ha portato a decine di manifestazioni e cortei in diverse città d’Italia, tutte accomunate da una parola d’ordine: «Insorgiamo». Gli operai fiorentini hanno stretto un’alleanza anche con i giovani attivisti per il clima di Fridays for Future Italia, assieme ai quali hanno iniziato a immaginare un nuovo futuro per lo stabilimento di Campi Bisenzio. È così che nasce il progetto di creare una «fabbrica socialmente integrata», in grado di ridare vita al tessuto industriale della città impegnandosi in prima persona per produrre alcune di quelle tecnologie chiave per la transizione ecologica, a partire da pannelli fotovoltaici e batterie elettriche. Sulle pagine social del collettivo di fabbrica ex Gkn abbondano i volti di personaggi pubblici che si schierano al fianco degli operai. Ci sono Alessandro Barbero, Luciano Canfora, Zerocalcare, Piero Pelù, Caparezza, Giovanni Storti, Valerio Mastandrea e tanti altri.
L’azionariato popolare
Dopo nove mesi senza stipendio e senza ammortizzatori sociali (scaduti a fine 2023), il collettivo di fabbrica decide di lanciare – tramite la sua cooperativa Gff – una campagna di azionariato popolare ed emette azioni per un milione di euro. La campagna si è chiusa proprio nei giorni scorsi e ha superato l’obiettivo iniziale, raccogliendo l’adesione di 736 persone fisiche e 143 persone giuridiche, tra associazioni, circoli Arci e altre realtà del territorio. «Chi ha boicottato fino a qua la reindustrializzazione dal basso e la nostra azione, non dovrà rendere conto soltanto a noi, ma a un intero territorio», commentano ora dal collettivo di fabbrica. Secondo gli operai fiorentini, la chiusura dell’ex Gkn «ha anticipato la spaventosa crisi di Stellantis e del settore automotive», ma la risposta dei lavoratori ha dato vita a «uno degli esperimenti sociali più autorevoli e forse più interessanti a livello europeo, un caso che è già di studio in molte università».
(da agenzie)

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LA “BBC” SMASCHERA UN GRUPPO NEO-NAZI INGLESE CHE USAVA UN CENTRO SPORTIVO (“ACTIVE CLUB”) COME COPERTURA

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

I MEMBRI DEL GRUPPO INNEGGIANO A HITLER, INDOSSANDO MAGLIETTE CON TANTO DI SVASTICA E HANNO AVUTO UN RUOLO ANCHE NEI DISORDINI ORGANIZZATI FRA LA FINE DI LUGLIO E L’INIZIO DI AGOSTO, ALL’INSEGNA DELL’ISLAMOFOBIA E DELL’ODIO CONTRO I MIGRANTI

Un gruppo di ultradestra con forti connotati neonazisti e legami con un violento collettivo suprematista americano sta facendo molti proseliti in Gran Bretagna con lo scopo di “ravvivare” la “cultura guerriera” inglese. E’ quanto emerge da una inchiesta giornalistica della Bbc, secondo cui l’organizzazione si nasconde dietro la definizione di centro sportivo, Active Club, capace di creare dal 2020 oltre cento sedi in Europa, Usa e Canada.
L’emittente pubblica del Regno Unito ha scoperto che i suoi membri inneggiano ad Adolf Hitler con tanto di svastica sulle magliette, diffondono scritte razziste nei luoghi pubblici e hanno avuto un ruolo anche nei disordini organizzati dai gruppi dell’estrema destra nelle città inglesi fra la fine di luglio e l’inizio di agosto all’insegna dell’islamofobia e dell’odio contro i migranti.
L’Active Club è strettamente collegato al Rise Above Movement (Ram), che era stato tra gli organizzatori del raduno violento dell’ultradestra suprematista Usa avvenuto a Charlottesville, Virginia, nel 2017. Dall’inchiesta della Bbc è emerso che i gruppi nel Regno contano oltre 6 mila seguaci sulla piattaforma Telegram. Secondo l’esperto di estremismo Alexander Ritzmann si sta utilizzando “l’immagine di un club sportivo” per costruire una “milizia” intenta a portare avanti la “violenza organizzata”.
(da agenzie)

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L’ESTATE È FINITA, LA SICCITÀ IN SICILIA NO: NELL’ISOLA NON PIOVE E LA RETE COLABRODO PORTA ACQUA MARRONE NELLE CASE DI ENNA E CALTANISSETTA DOVE IL RAZIONAMENTO VIGE DA MESI

Ottobre 2nd, 2024 Riccardo Fucile

AD AGRIGENTO LA MEDIA DEI TURNI DI APPROVVIGIONAMENTO È DI DUE SETTIMANE CON PUNTE DI 40 GIORNI E DAL 7 OTTOBRE ANCHE A PALERMO SI AVRÀ L’ACQUA UNA VOLTA SETTIMANA

Tra le immagini emblematiche della grande sete siciliana c’è una nonna costretta a lavare i grembiulini di scuola della nipotina nell’antico abbeveratoio di Enna, il capoluogo più alto d’Italia in cui l’acqua, da mesi, arriva ogni 7 giorni. Una situazione tutt’altro che isolata in una terra che, tra sprechi ed emergenze climatiche, combatte da anni contro la mancanza di acqua.
Il primo allarme sullo stato degli invasi è del gennaio scorso. Ora, l’assenza di piogge ha peggiorato le cose e lo spettro del razionamento è realtà ovunque. La corsa ai ripari di Regione e Comuni non sembra però aver risolto le cose.
Nell’isola, fatte salve alcune zone nella Sicilia orientale, i rubinetti sono a secco. Con emergenze ad Agrigento, Enna e Caltanissetta. Nella città dei Templi, Capitale della Cultura 2025, la media dei turni di approvvigionamento è di due settimane con punte di 40 giorni. La poca acqua che arriva non basta e si ricorre alle autobotti
E i rimedi? Uno tra tutti recuperare e mettere a sistema i pozzi (compresi i privati).
Meno percorribile, almeno economicamente, la via dei dissalatori. «Se 1.000 litri di acqua del pozzo costano 10 centesimi, l’equivalente dal dissalatore arriverebbe a 3 euro», spiega l’ingegnere Giuseppe Riccobene, tra i responsabili cittadini di Legambiente che vede nella guerra agli sprechi (il 60% dell’acqua va perso) una delle vie da seguire.
«Per la manutenzione della rete si poteva usufruire di 50 milioni di fondi europei che non abbiamo utilizzato per errori nella predisposizione delle gare», denuncia.
In alcune zone di Caltanissetta, come a Poggiofiorito, i rubinetti sono a secco da 3 mesi, in altre si è passati da turni di 12 giorni agli attuali di 6, ma, quando arriva, l’acqua è marrone. Stessa situazione a Enna dove a scendere in piazza sono state soprattutto le donne, costrette ad alzarsi di notte per lavare i panni.
Guida la protesta Monia Parlato. «La nostra è tra le acque più care d’Italia, le bollette sono lievitate e i disservizi sono sempre più gravi», spiega. La pagina facebook del suo comitato è ricca di video di denuncia degli sprechi di una rete colabrodo. «La rete principale è gestita da Siciliacque, società mista di Regione e Italgas che avrebbe dovuto investire nell’efficientamento. Cosa che non ha fatto», dice Giuseppe Amato, responsabile siciliano acque di Legambiente.
Dulcis in fundo: Palermo. Dal 7 ottobre stop all’approvvigionamento per un giorno alla settimana in vari distretti, ha comunicato la municipalizzata che gestisce il servizio.
(da agenzie)

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