Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA, LEGA E FRATELLI D’ITALIA SI UNISCONO PER INCASSARE LA CUCCAGNA DEL POTERE MENTRE A SINISTRA QUALCUNO NON HA CAPITO CHE SENZA COALIZIONE COESA SI VA A SBATTERE
Il successo di Marco Bucci ha un nome e un cognome: Claudio Scajola. Il sindaco di Genova, neo-governatore, deve la vittoria soprattutto alla capacità manovriera di quel vecchio arnese democristiano dell’ex ministro dell’Interno, ben noto per ritrovarsi proprietario di una casa “a sua insaputa”, che ha dragato voti nelle province di Imperia e Savona.
La sua pervasività ha più che compensato l’affermazione del centrosinistra nella città di Genova. La forza elettorale di Scajola è confermata dal fatto che suo nipote, Marco, risulta tra i più votati in Liguria.
Senza dubbio, la sconfitta, inattesa, di Bucci a casa sua, a Genova, città di cui è stato sindaco per 7 anni, non fa ben sperare il centrodestra in vista delle elezioni comunali di aprile 2025.
Bucci, premiato perché considerato non un politico di professione ma un candidato civico, vorrebbe candidare come successore il suo vice, Pietro Piciocchi, sull’onda della continuità con la sua amministrazione. Ma il Pd parte favorito: proprio a Genova, i dem si sono affermati come primo partito.
Gli ottomila voti di scarto che hanno fatto perdere Andrea Orlando si potevano raccattare da qualche parte?
Certo, o dall’elettorato del Movimento Cinque Stelle, che ha disertato le urne facendo inchiodare Conte al 4,6%, o da quello Italia Viva, che è stata tenuta fuori dall’alleanza da Conte.
Questo ha innescato una serie di sciagurate decisioni e ha portato da un lato alla sconfitta del centrosinistra, dall’altro al tracollo dei Cinque Stelle nella regione del fondatore, il latitante (dalle urne) Beppe Grillo.
Un gioco al massacro, quello nel campo largo, che prende i tratti della farsa, visto che Italia Viva, esclusa con ignominia dall’alleanza elettorale in Liguria, sarà presente con i suoi simboli a supporto del campo largo sia in Umbria che in Emilia Romagna: la definitiva dimostrazione dell’altissimo livello di masochismo a cui va ciclicamente incontro la cosiddetta sinistra italiana.
Sempre a proposito di voti, c’è da registrare la solita paraculaggine con cui Giorgia Meloni ha provato a giustificare la perdita, per Fratelli d’Italia, di quasi 100mila preferenze rispetto alle Europee del 9 giugno.
La Ducetta ha puntato il dito contro le liste civiche a supporto di Bucci, che avrebbero drenato consensi a danno dei partiti. Una minchiata, visto che Lega e Forza Italia hanno confermato quasi i loro voti, e solo Fratelli d’Italia li ha persi.
L’analisi dei risultati non può prescindere dal dato sull’astensione: l’affluenza è calata di un altro 7,5%, arrivando al 46% (nel 2019 aveva votato il 53%). È il trionfo del maggior partito d’Italia, Il “partito dell’indifferenza’’, quell’ampia fetta di popolazione che non si sente rappresentata, non sa per chi votare e, priva della spinta delle ideologie, finisce per disinteressarsi al governo della cosa pubblica. Con il risultato che a Bucci è bastato un quarto degli aventi diritto per essere eletto governatore.
Elly Schlein intasca l’ottimo risultato del Pd, che in Liguria ha ottenuto la cifra record del 28,47% mentre Conte ciurla nel manico quando sostiene che, se Renzi fosse entrato ufficialmente nell’alleanza, sarebbe andata peggio per il centrosinistra: con un margine così risicato (8mila voti), anche poche migliaia di renziani sarebbero state utili per la vittoria finale.
Naturalmente ancor più utili sarebbero stati i voti del Movimento 5 Stelle, a partire da quello di Beppe Grillo, che come alle Europee non è andato a votare, se lo stesso Conte non avesse aperto una guerra all’ultimo sangue con l’Elevato (di torno) a poche settimane dalle elezioni.
Una disputa che non poteva non mandare al manicomio un genovese attaccato ai soldi come l’ex comico quando con tono supponente Conte ha annunciato di aver deciso la fine del contratto da 300 mila euro l’anno per ‘’la comunicazione’’ (de che?) al padre Fondatore.
Ora l’ex Avvocato del popolo deve, se vuole, definitivamente trasformare il Movimento protestatario del “vaffa” a destra e a manca in partito, deve dimostrare di avere la forza di imporre nuove regole alla costituente del 23-24 novembre. D’altronde, i vecchi grillini tutti dito medio e “uno vale uno” hanno lasciato il M5s e portato il loro voto altrove, oppure si astengono.
In buona sostanza, Conte, la sconfitta in Liguria, può tatuarsela sulla coscienza e il centrosinistra può flagellarsi riconoscendo alle destre la supremazia del “Fattore Berlusconi”. Ovvero: pur nella totale diversità di idee in politica estera, economia, giustizia, riforme istituzionali, pur essendo costantemente uno contro l’altro, nel momento decisivo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si uniscono per vincere.
È il vecchio mantra di Silvio, che voleva una politica “a lieto fine”: si discute, ci si manda a quel Paese, ma alle elezioni si va uniti per incassare la cuccagna del potere. Ed è ancora questa la forza della destra rispetto alla guerra permanente e parcellizzata della sinistra, caratterizzata da veti, scissioni, congressi e rancori personali.
Dal risultato elettorale ligure, Giorgia Meloni ha tratto la consapevolezza di dover capitalizzare al meglio ogni tornata elettorale, puntando su candidati non politici né di apparato.
Una decisione che la agevola su due fronti: da un lato, può ovviare alla scarsa materia prima della classe dirigente di Fratelli d’Italia cercando i candidati in esponenti della società. Dall’altro, sfila a Lega e Forza Italia la possibilità di piazzare i loro uomini nei posti chiave.
Elly Schlein gongola per l’ottimo risultato del Pd, ma deve tenere d’occhio i problemi del partito che sembrano sfuggirle di mano.
Al Nazareno ha creato una segreteria a sua immagine e somiglianza, spedendo in Europa Bonaccini e relegando la corrente riformista degli ex democristiani della Margherita nel kindergarten di Dario Nardella, che vuole assorbire le due correnti riformiste di sinistra: Base Riformista di Lorenzo Guerini e Area Dem di Franceschini .
Ma nel campo largo la lezione più evidente del voto ligure è che il Pd, che Elly vuole far tornare un partito di sinistra, senza un solido alleato di centro non va da nessuna parte.
Ed è un problema enorme e sempre più dibattuto: il famigerato contenitore liberal, che doveva sorgere attraverso Renzi e Calenda, è morto prima di nascere, con i due ego-leader rimbalzati dagli elettori (ora Matteonzo sogna persino di rifondare la Margherita), mentre l’appello di Goffredo Bettini per la nascita di una stampella centrista con Francesco Rutelli leader è rimasto inascoltato.
Che qualcosa vada aggiustato è evidente: e dopo le elezioni regionali in Umbria e in Emilia-Romagna qualcosa accadrà.
(da Dagoreport)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
“C’E’ UNA CORRELAZIONE TRA INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA E CANCRO”: A ORGANIZZARE LA CONFERENZA È STATO IGNAZIO ZULLO, CAPOGRUPPO MELONIANO IN COMMISSIONE SANITA’ A PALAZZO MADAMA
La pillola del giorno dopo sarebbe «un cripto-aborto». «Nuovi studi» confermerebbero «l’esistenza del legame tra aborto e cancro al seno». «L’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’aborto è antiscientifica». Sono alcuni dei passaggi più controversi – e non suffragati dalla scienza – ascoltati in Senato durante una conferenza stampa dei pro-life dell’Osservatorio permanente sull’aborto (OPA).
Il gruppo integralista era ospite di Fratelli d’Italia per presentare il “Rapporto annuale sui costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne”. L’Opa è un comitato patrocinato dagli ultracattolici di Pro Vita e Famiglia.
La conferenza stampa è stata officiata da Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Sanità a Palazzo Madama: «Come potere legislativo – esordisce il senatore – sta a noi prendere questi risultati e valorizzarli nell’attività parlamentare». Presente in prima fila anche la senatrice meloniana Lavinia Mennuni, da sempre vicina ai pro-vita. […]».
Fra i dati sottostimati, secondo i pro-vita, ci sarebbe il numero reale degli aborti: «Il numero è solo apparentemente in declino – scrive l’Opa nel comunicato – perché non tiene conto dell’incremento dei cripto-aborti causati dalle pillole postcoitali». Il riferimento è alla contraccezione d’emergenza, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non considera al pari di un’interruzione di gravidanza volontaria.
«Ma sulla pillola, il discorso dell’Oms è antiscientifico», si spinge a dire Giuseppe Noia, Direttore Hospice Perinatale – Centro per le cure palliative prenatali “Madre Teresa di Calcutta” del Policlinico Gemelli. «L’embrione vale sempre, fin dall’inizio, come persona, la cui origine si colloca la singamia, ovvero coincide con l’unione fra i due gameti, femminile e maschile”, argomenta Filippo Maria Boscia, presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani.
Il rapporto dei pro-vita insiste anche su un presunto legame fra “aborto indotto e cancro al seno”, sostenuta da un numero molto limitato di ricerche scientifiche. Al contrario, secondo l’American Cancer Society, «gli studi di alta qualità non hanno trovato alcuna correlazione far aborto e rischio di tumore alla mammella».
(da La Stampa)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL NOVELLO GIAFAR AL-SIQILLI REPLICÒ: “NON SONO ADATTO AL MERCATO ELETTORALE DOVE LA PUR FORMIDABILE MELONI È COSTRETTA AD ARGOMENTARE DA PEZZENTE PER SALVAGUARDARE IL PROPRIO ORTICELLO”…PER DIVENTARE UN’INSALATINA NELL’ORTICELLO DELLA MELONI, A BUTTAFUOCO BASTÒ POCO, UN’INTERVISTA A “REPUBBLICA” (28/6/2023): “MELONI È L’EREDE DI BERLUSCONI E PORTERÀ LA DESTRA FUORI DAI RECINTI”… QUATTRO MESI DOPO (26/10/2023), ARRIVÒ PUNTUALE LA NOMINA A PRESIDENTE DELLA BIENNALE
L’estate riserva sempre dibattiti e polemiche politiche più eccentriche del solito (per la verità abbondano anche d’inverno), ma questa ha quantomeno il merito di far capire, in parte, cosa bolle nel pentolone della destra che incrocia la Lega di Salvini versione nazional-sudista e i Fratelli d’Italia.
Tutto nasce dalla proposta niente affatto provocatoria dell’onorevole Angelo Attaguile, coordinatore di «Noi con Salvini» in Sicilia, ex democristiano di lungo corso, una volta legato all’ex governatore dell’isola Raffaele Lombardo: candidare il giornalista scrittore Pietrangelo Buttafuoco alla presidenza siciliana nella previsione di un crollo imminente di Rosario Crocetta.
Attiguile dice che si tratta di una proposta personale ma che non dispiace a Matteo, che considera Pietrangelo uno dei teorici di punta del Carroccio. Quando l’altro giorno è stato fatto il nome di Buttafuoco alla prima convention dei salviniani siciliani, la platea è esplosa in una standing ovation per l’autore di «Buttanissima Sicilia» (critica al vetriolo dei mali dell’isola).
Ma c’è un piccolo particolare (oltre al fatto che gli vengono le bolle a sentire parlare di una su candidatura) è che Buttafuoco si è convertito alla religione di Maometto (lui però disdegna il termine conversione e nel suo ultimo sofisticato libro «Il feroce saracino, la guerra dell’Islam, il califfo alle porte di Roma» preferisce parlare di «Tradizione» che affonda nelle radici arabe siciliane).
Un islamico a Palazzo d’Orleans di Palermo? Per i leghisti in salsa sicula non ci sarebbe nulla di male. Per Giorgia Meloni, che dovrebbe fare asse lepenista con Salvini, invece sì.
«A parte il fatto che non credo che il mio amico Pietrangelo sia interessato e premesso che lo stimo molto come intellettuale, ma ci rendiamo conto del messaggio culturale, prima ancora che politico, che daremmo al mondo? È come se a Istanbul venisse candidato ed eletto un cristiano. Io sono per la libertà di culto, non ho nulla contro i musulmani e l’Islam… ma santo Dio!».
Quale messaggio passerebbe se venisse candidato Buttafuoco che si è dato il nome di Giafar al-Siqilli, cioè Giafar il siciliano?
«Il messaggio – spiega Meloni – di un cedimento culturale ai quei fanatici che vorrebbero sottomettere noi infedeli. Nel libro «Sottomissione», lo scrittore francese Michel Houellebecq racconta della vittoria alle elezioni presidenziali di un candidato musulmano contro un candidato del Front National. La Francia in mano agli estremisti jihadisti, la resa, l’incapacità di difendere la propria cultura occidentale e nazionale. Qui invece siamo al paradosso che il fronte lepenista candiderebbe in Sicilia un convertito all’Islam».
Meloni evoca le nostre origini ebraico-cristiane, sembra richiamare tesi care di Oriana Fallaci: è la sponda cattolica più dura della destra. «Mi fa specie che un partito come la Lega cada in questa contraddizione con tutte le implicazioni che ci sono nella comune battaglia contro l’immigrazione e il proliferare di minareti in Italia».
Forse Meloni mette le mani avanti rispetto a future scelte politiche in Sicilia della Lega. «Nessuna rottura e nessun risentimento. Discutere tra alleati è sempre salutare e poi sulla Sicilia non mi sento messa fuori campo perchè la partita ancora non si è aperta».
La leader di Fdi ripete che non ha nulla contro Buttafuoco-Giafar e la sua riscoperta del passato arabo in Sicilia . «Non entro nelle sue scelte religiose e filosofiche, ma oggi siamo dentro un’altra storia, in un contesto diverso. Non possiamo farci trovare impreparati».
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
PECCATO CHE IL SIMBOLO DEL CARROCCIO SI TROVI ANCHE IN NORD AFRICA E IN MEDIORIENTE… GIAN ANTONIO STELLA: “CI SONO ‘SOLI DELLE ALPI’ PURE AL TEMPIO D’ORO DI AMRITSAR, AL MUSEO DI RIAD, NEL PALAZZO DI ASSURBANIPAL A NINIVE”
«Quando un popolo come quello padano cammina, piega la storia», diceva un vecchio manifesto leghista. Ligio alla comanda, come ha ricordato Sigfredo Ranucci a Report, il ministro della cultura meloniano Alessandro Giuli, allora consulente della Lega per il programma elettorale 2018 («Avvisai Giorgia che avrei collaborato a quel progetto. Lei ridendo disse: “Benissimo, però ricordati anche di noi…”») piegò la storia del Sole delle Alpi.
Aveva un problema: Bossi aveva promosso quel «sole» ai tempi della secesiùn, quando voleva segare l’«Itaglia» ai confini del mitico Nord e Borghezio tuonava: «Sulle nostre bandiere ritorna dalla notte dei tempi un simbolo antico ed augurale, la ruota solare graffiata da millenni sulle rocce delle Alpi». E nel ‘99 avevano addirittura registrato il «copyright»: «Sole delle Alpi costituito da sei raggi disposti all’interno d’un cerchio…».
Un ridicolo autogol sbertucciato dalle foto di innumerevoli «soli» sparsi da secoli un po’ ovunque. Come adeguarlo ora, col Salvini sovranista che chiedeva voti pure alla ex «Roma ladrona» o alla Calabria?
Et voilà, Giuli. Il quale, sancito che «il Genio, come dice il nome stesso, è la forza archetipica generatrice delle forme, il fuoco che feconda la terra, il seme che propaga le generazioni», intonò il nuovo inno al «simbolo che richiama alla memoria la nobiltà delle genti boreali.
Lo si ritrova nell’Europa centrale, sugli scudi dei guerrieri italici villanoviani, sulle maschere dei Sardi, sui cippi funerarii degli Umbri, sulle statue-stele degli antichi Dauni sul Gargano, sui pavimenti romani di Piazza Armerina in Sicilia. È il sigillo che “lega” l’Italia dei popoli sovrani e che, per decreto divino, la salverà dalla sconfitta e dall’estinzione».
Testuale: «l’Italia dei popoli sovrani». Alpini. Scrive Vermondo Brugnatelli, docente di cultura berbera alla Bicocca, che nei suoi studi si è «imbattuto di frequente in raffigurazioni di questo simbolo in molte e diverse manifestazioni artistiche del mondo nordafricano». E cita una stele con la dea pre-islamica Tanit a Tunisi, un antico portone a Tétouan vicino a Tangeri, steli funerarie marocchine, le decorazioni d’una moschea a Djerba… Foto così esaustive che «quel simbolo si potrebbe considerare il Sole dell’Atlante».
A quel punto potrebbero però saltar su in India, in Arabia o in Iraq: ci sono «Soli delle Alpi» pure al Tempio d’Oro di Amritsar, al museo di Riad, nel palazzo di Assurbanipal a Ninive… Pure loro sovranisti. Diversi però.
Gian Antonio Stella
per il “Corriere della Sera”
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL GOVERNO STARMER COSTRETTO AD UN AUMENTO DELLE TASSE PER QUASI 50 MILIARDI EURO… LA MINISTRA DEL TESORO, RACHEL REEVES, PARLANDO ALLA CAMERA DEI COMUNI HA PUNTATO IL DITO CONTRO IL “BUCO NERO” DA 26 MILIARDI LASCIATO DAL PRECEDENTE ESECUTIVO CONSERVATORE: “STO RIPRISTINANDO LA STABILITÀ DELLE NOSTRE FINANZE PUBBLICHE…”
La manovra finanziaria d’autunno nel Regno Unito prevede un aumento complessivo delle tasse per 40 miliardi di sterline (quasi 50 miliardi euro). Lo ha annunciato la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves alla Camera dei Comuni. La ministra del Tesoro nel governo laburista di Keir Starmer ha puntato il dito contro il “buco nero nelle nostre finanze pubbliche” da 22 miliardi di sterline (26 miliardi di euro) “lasciato” dal precedente esecutivo conservatore.
“Sto ripristinando la stabilità delle nostre finanze pubbliche e ricostruendo i nostri servizi pubblici”, ha detto Reeves presentando una manovra che come affermano i media del Regno Unito contiene uno dei maggiori aumenti fiscali di sempre al di fuori di un periodo di recessione
La prima donna a occupare una posizione di così grande responsabilità in un governo britannico, come lei stessa ha ricordato, si è concentrata su una serie di interventi a partire dall’annunciato quanto controverso aumento dell’imposta sui contributi previdenziali della cosiddetta National Insurance, per la parte a carico delle aziende, destinata a passare dal 13.8% al 15% a partire dall’aprile 2025: una misura capace di far entrare nelle casse dello Stato ben 25 miliardi di sterline, quasi i due terzi degli aumenti fiscali nella manovra.
Un duro colpo arriva anche per chi guadagna tramite i capital gains: l’aliquota più bassa salirà dal 10% al 18% e quella più alta dal 20% al 24%. Mentre le modifiche all’imposta di successione portano più di 2 miliardi di pound, e aumenta anche la tassazione sull’acquisto di proprietà immobiliari.
Viene inoltre abolito del tutto lo status fiscale privilegiato dei cosiddetti non-dom (i residenti nel Regno che dichiarano di avere un domicilio permanente all’estero) dopo le restrizioni introdotte dal precedente governo conservatore.
E le scuole private non godranno più dell’esenzione dell’Iva a partire dall’anno prossimo. Nell’ambito degli investimenti pubblici, invece, cresce il budget per l’istruzione per 2,3 miliardi di sterline, e quello per la sanità con un incremento da 22,6 miliardi. Si aggiungono poi 2,9 miliardi di sterline al bilancio della Difesa.
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
“VOGLIAMO PORTARNE QUA CIRCA 10MILA. LA FORMAZIONE IN INDIA È BUONA E VALUTEREMO LA CONOSCENZA DELLA LINGUA. DA NOI MANCANO 30MILA INFERMIERI E SIAMO TRA GLI STATI CHE LI PAGANO PEGGIO. VANNO RIVALUTATI GLI STIPENDI”… DILLO ALLA MELONI CHE HA TAGLIATO I FONDI ALLA SANITA’
Diecimila infermieri dall’India per rinforzare gli ospedali, l’impegno per indirizzare i giovani verso le specialità mediche in crisi.
Per il ministro della Salute Orazio Schillaci la sanità italiana investirà sui professionisti dal 2025, ma intanto bisogna lavorare sulla prevenzione e contro le liste di attesa
Ministro, giorni fa ha parlato di un incremento del fondo sanitario di 4 miliardi. Alla fine sono solo 2,4, non è deluso dalla manovra?
«Bisogna fare i conti con quello che c’è, seriamente. Per il 2026 avremo maggiori stanziamenti, cioè 5,1 miliardi in più».
Prima della manovra ha annunciato un piano assunzioni per il 2025.
«Avevo parlato di piano pluriennale. Del resto, le Regioni ci devono ancora mandare il loro di piano triennale di assunzioni previsto dal decreto sulle liste di attesa. Ci devono ancora dire di quante risorse hanno bisogno».
La manovra pensata per i professionisti evidentemente non è stata efficace, visto che medici e infermieri scioperano. Come mai?
Dobbiamo prendere nuovi medici e infermieri e anche pagare meglio. Lo faremo in un piano pluriennale. Comunque, alcune novità ci sono già. Gli infermieri avranno una nuova indennità di specificità»
La crisi degli organici riguarda anche gli infermieri. Vanno avanti i progetti per reperirli all’estero?
«Al recente G7 della Salute ho parlato con la viceministra indiana. Nel suo Paese ci sono ben 3,3 milioni di infermieri, tantissimi. Vogliamo portarne qua, intanto, circa 10 mila. L’idea è di farli reclutare direttamente dalle Regioni e qualcuno si sta già muovendo per metterli in corsia, ad esempio la Campania. Noi facciamo da un tramite, magari per verificare con le autorità consolari l’effettiva conoscenza della nostra lingua di chi vuole lavorare in Italia. Sulla formazione professionale non ci sono problemi, in India è buona. Da noi mancano 30 mila infermieri e siamo tra gli Stati che li pagano peggio.
Anche le Regioni si lamentano per la manovra e chiedono soldi per le liste di attesa. Avete fatto un decreto praticamente senza risorse.
«La Regioni non hanno ancora esaurito il miliardo stanziato negli anni scorsi per abbattere i tempi di attesa. Ci sono 200 milioni non utilizzati. Siamo disposti a dare nuove risorse, ma intanto usino quelle. E comunque, abbiamo previsto premi per chi raggiunge buoni risultati”
(da La Repubblica)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
IN SPAGNA IL PIL INDICA + 2,9%, ALTRO CHE GERMANIA 0%, ITALIA 0.7%, FRANCIA 1,1% E STATI UNITI 2,8%… ECCO LE MISURE CHE HANNO FACILITATO LA CRESCITA
Un anno record. Se tutto va come dovrebbe andare, per l’anno in corso il Pil spagnolo archivierà un balzo del 2,9%, molto meglio non solo delle più grandi economie dell’Europa, Germania (0,0%), Italia (+0,7%) e Francia (+1,1%), ma anche degli Stati Uniti, i campioni della crescita, che si fermeranno al +2,8%.
La rivincita dei Pigs. Una sorta di rivincita di un Paese, classificato insieme con Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, come i Pigs della prima ora, Paesi definiti volgarmente “maiali” allineando le loro lettere iniziali per via della gestione non parsimoniosa della finanza pubblica in contrapposizione ai frugali Paesi del Nord Europa, capaci di gestire bene i conti e crescere.
La corsa anche di Grecia e Portogallo. Il 2024, invece, sarà una bella rivincita per i Pigs, perché anche Portogallo e Grecia chiuderanno l’anno rispettivamente con un rialzo dell’1,9% e del 2,3%, quando invece gli austeri olandesi, sempre pronti a bacchettare i colleghi dell’euro, non andranno oltre un +0,6%, mentre l’Austria e la Finlandia lasceranno sul terreno lo 0,6 e lo 0,2%.
Cosa spinge la Spagna? Il Fondo monetario non ha dubbi, a spingere la Spagna sono state le robuste performance delle 1) esportazioni di servizi e 2) i consumi pubblici come ha annotato nell’Article IV, l’ultimo report sul Paese che ne analizza l’economia e ne traccia le previsioni.
Il boom del turismo… In particolare, la prima voce ha beneficiato di un’affluenza straordinaria di turisti che hanno toccato il picco di sempre con 85 milioni di visitatori, un record che potrebbe addirittura essere battuto quest’anno.
… e degli altri servizi. Tuttavia, la voce che dovrebbe crescere maggiormente nel 2024 sono le esportazioni di servizi diversi dal turismo, come i servizi bancari, di ingegneria e di consulenza informatica, ma anche l’offerta formativa universitaria.
Quest’ultima tendenza rende più solida la crescita del Paese, perché in genere gli economisti non ritengono durature le riprese basate solo su turismo e spesa pubblica, soprattutto in uno Stato come la Spagna che ha comunque un rapporto debito/Pil (107% nel 2023) al di fuori dei parametri Ue.
Le tendenze del 2024. Nell’anno in corso, oltre alla spesa pubblica, arriveranno in soccorso i consumi privati, grazie al ritorno del risparmio delle famiglie e al costante aumento salariale.
Gli ultimi dati relativi al terzo trimestre 2024 confermano questa tendenza con la crescita dei consumi delle famiglie dell’1,1%, la tenuta della spesa pubblica, salita del 2,2% nel periodo con un aumento dell’1,6% rispetto al trimestre anteriore, e l’incremento delle esportazioni che registrano un +0.9%.
Un Paese che piace all’estero. La Spagna, tra l’altro, è anche capace di attirare risorse dall’estero. Secondo fDi Markets, un database di proprietà del Financial Times che tiene traccia degli annunci di progetti greenfield, la Spagna è stata la sesta destinazione mondiale per i progetti di investimento diretto estero dal 2019.
Nel settore delle energie rinnovabili, uno dei punti di forza del Paese, l’anno scorso si è assicurata 77 nuovi progetti, classificandosi al primo posto a livello globale insieme agli Stati Uniti.
Il supporto degli immigrati. Un altro punto di forza degli ultimi tre anni è stata l’immigrazione che ha contribuito ad aumentare la popolazione complessiva da 47,4 milioni a quasi 49 milioni, portando nuova manodopera e facendo registrare nel terzo trimestre di quest’anno un record di 21,8 milioni di occupati.
Il tallone di Achille. Nonostante questo apporto, il tasso di disoccupazione spagnolo è ancora il più alto dell’area euro e molti occupati sono per lo più lavoratori poco qualificati e con basse remunerazioni, impiegati soprattutto nell’edilizia, nell’agricoltura e nel turismo.
Il nodo produttività. Per il Paese resta, infatti, il problema della produttività che dovrebbe essere colmato con maggiori investimenti e con una crescita qualitativa in grado di migliorare il Pil pro capire che in Spagna è rimasto al palo rispetto agli grandi Paesi dell’euro. “Nonostante la recente ripresa, gli investimenti – scrive il Fondo monetario nell’Article IV – sono ancora al di sotto dei livelli di fine 2019 e questa debolezza ha contribuito alla bassa crescita della produttività”.
Una legge di bilancio che non c’è. Forte della sua crescita, la Spagna gode della fiducia dei mercati, nonostante poggi su una incertezza politica simile a quella della Francia. Anche il governo del primo ministro socialista Pedro Sanchez entrato in carica lo scorso anno si basa su una coalizione di minoranza, un assetto che non ha ancora permesso di approvare la legge di bilancio per il prossimo anno.
Le misure precedenti. I vecchi provvedimenti, tuttavia, sono piaciuti al Fondo monetario. A differenza di quanto avvenuto in Italia, i prelievi temporanei sui profitti delle banche e delle società energetiche, ma anche la tassa di solidarietà sui grandi patrimoni hanno contribuito concretamente al Pil per lo 0,2%.
Inoltre il buon andamento delle entrate ha più che compensato la spesa per il sostegno ai prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari per le famiglie e le imprese, che ammonta a circa l’1% del Pil nel 2023.
Il prolungamento per il 2024. Alcune di queste misure, in particolare la riduzione delle aliquote IVA sugli alimenti essenziali e sull’elettricità e i sussidi ai trasporti pubblici, sono state prorogate per parte del 2024, con un costo stimato dello 0,2% del PIL.
La benedizione del mercato. La bontà della gestione si è riflessa sui titoli di Stato. Lo spread tra i Bonos decennali spagnoli e il Bund tedesco è sceso dai 100 punti dello scorso dicembre agli attuali 71 punti, allineandosi agli Oat francesi che nello stesso periodo sono peggiorati passando da 50 a 74 punti.
A novembre, toccherà alle agenzie di rating valutare il percorso della Spagna: Fitch (A- con outlook stabile) l’8 novembre, Moody’s (baa1 con outlook positivo) il 15 novembre.
(da La Repubblica)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
I GIUDICI HANNO RINVIATO IL PROVVEDIMENTO ALLA CORTE DI GISTIZIA EUROPEA PERCHE’ RISPONDA A DUE QUESITI… MA SE LA MELONI E NORDIO (CHE CONOSCONO IL FRANCESE) SONO COSI’ SICURI DI AVERE RAGIONE PERCHE’ SI INCAZZANO?
Giorgia Meloni lo aveva detto. Subito dopo l’approvazione del Decreto Paesi Sicuri da parte del Consiglio dei ministri la premier si era detta certa che qualche magistrato avrebbe sollevato delle obiezioni.
E infatti ieri i giudici del tribunale di Bologna hanno deciso di rinviare il provvedimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Proprio per chiedere se i criteri con cui sono stati decisi i paesi non siano in contrasto con la sentenza della CgUe del 4 ottobre scorso. E quindi se non sia necessario disapplicarlo.
Ma per qualche tempo il Cpr in Albania non è in pericolo, visto che per la risposta potrebbe volerci anche qualche mese. Ma i giudici potranno in ogni caso continuare a negare i rimpatri. Con tutti i rischi connessi, compresa l’indagine per danno erariale.
Cosa ha deciso il tribunale di Bologna
Il tribunale in composizione collegiale con il suo presidente relatore Marco Gattuso e le toghe a latere Maria Cristina Borgo e Rada Vincenza Scifo hanno deciso per un rinvio pregiudiziale alla Cgue. Con questa formula si definisce la procedura azionabile davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee da parte di una giurisdizione nazionale, la quale nutra dubbi sull’interpretazione o validità del diritto comunitario in un caso specifico.
Tutto parte da un ricorso del 18 ottobre scorso a nome di un cittadino del Bangladesh. La sua richiesta di protezione internazionale è stata dichiarata manifestamente infondata dalla Commissione Territoriale di Forlì-Cesena proprio a causa del decreto del governo. Il primo quesito è quello che ha fatto arrabbiare Meloni, visto che tira in ballo la Germania di Hitler e il regime fascista italiano.
La Germania di Hitler è un paese sicuro?
Il sistema di protezione internazionale è per sua natura rivolto alle minoranze, scrivono i giudici nel rinvio pregiudiziale. «Si potrebbe dire paradossalmente che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca», sostengono le toghe. «Fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile», aggiungono. E concludono: «Se si dovesse ritenere sicuro un paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di paese sicuro si potrebbe applicare a tutti i paesi del mondo. E sarebbe dunque una nozione priva di consistenza giuridica».
Il potere del giudice di disapplicare i decreti del governo
Il secondo quesito che da Bologna arriva in Europa è il potere-dovere del giudice di disapplicare i decreti del governo quando questi sono in contrasto con la normativa europea. Che secondo l’esecutivo con il provvedimento sarebbe stata sottratta al sindacato giurisdizionale.
Ma il giudice chiede alla Cgue il “permesso” di disapplicarla «anche nel caso in cui detta designazione venga operata con disposizioni di rango primario, quale la legge ordinaria». Ovvero il decreto di Piantedosi e Meloni.
Il governo ha dato mandato all’Avvocatura di Stato di preparare le controdeduzioni da presentare a Lussemburgo. Mentre la premier è molto arrabbiata. Con «le toghe rosse che remano contro il governo e il paese». Mentre le 25 pagine dell’ordinanza sono «la prova che i giudici cercano strumentalmente lo scontro con il governo».
Lo scontro con la magistratura
La maggioranza di centrodestra attizza la fiamma dello scontro con la magistratura: «Ci attaccano sui migranti per far arenare la riforma della giustizia», è la teoria del complotto messa in giro dalla stessa Meloni. Che oggi, scrive La Stampa, è pronta alla vera battaglia. Che si combatterà nelle aule dei tribunali. Ma anche con l’opinione pubblica. La magistratura politicizzata, le toghe rosse, i nemici giudici del paese. Il ritornello è sempre lo stesso ed è pronto anche stavolta. Ma chissà se funzionerà.
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2024 Riccardo Fucile
“IN LIGURIA IL CENTROSINISTRA HA STRACCIATO LA VITTORIA”
Matteo Renzi è in Arabia Saudita da Bin Salman. Ma ha ben presente cosa dire dopo la sconfitta del Campo Largo in Liguria. «Stracciando la nostra lista già firmata da Orlando, il centrosinistra ha stracciato la vittoria. Che follia», sostiene in un’intervista a La Stampa.
Ma nel colloquio con Francesca Schianchi il leader di Italia Viva propone al centrosinistra un contratto in dieci punti per vincere le elezioni e tornare al governo. Perché, spiega, «continuando coi veti, Giorgia Meloni governerà dieci anni. Il veto non è una categoria della politica ma un atteggiamento tardoadolescenziale di chi non ha mai fatto gavetta politica».
Il governo dei marxisti proletari
Il bersaglio è il Movimento 5 Stelle. E Giuseppe Conte, che ne ha dimezzato i voti: «Ancora pontifica? Dovrebbe avere almeno il pudore di riflettere prima di dire queste frasi. Il problema in Liguria è che non c’era un centro. E anche chi mi odia, riconosce a me e Italia Viva quell’identità di centro che è mancata, e che è un valore aggiunto per la coalizione». E sull’ostilità che arriva anche da Verdi e Sinistra replica: «Ci sono solo due alternative: cercare un faticoso compromesso, così come in passato hanno fatto l’Ulivo e poi l’Unione. Oppure continuare a fare le pulci ai potenziali compagni di strada e tenersi la Meloni al governo».
Mentre gli elettori di sinistra «senza di me in coalizione non avranno il governo dei marxisti proletari, ma di Fratelli d’Italia. O fai accordi con noi, o ti sorbisci la coalizione di Vannacci e Salvini».ù
La lealtà
Renzi dice di essere stato leale con il leader M5s: «Guardi che a Conte, prima di farlo cadere, glielo dissi: “O cambi o ti mando a casa”. Sono sempre stato leale, io: le cose le dico in faccia». Poi i calcoli: «C’è un pezzo di elettorato, il 2, il 3, il 4 per cento, che riconosce in me una posizione politica. Nel bene o nel male, io rappresento quel di più che sarà poco ma è decisivo. E non funziona se mi annacquo. Io funziono se non mi sbiadisco». E propone: «Proviamo a fare un accordo su dieci punti di programma. Un contratto alla tedesca, o quello che Prodi chiamava Fabbrica del programma. Si individuano dieci punti e ci impegniamo tutti a realizzarli se andremo al governo».
L’accordo e il codice etico
Renzi sarebbe anche disponibile a firmare un codice etico di coalizione: «La mia trasparenza è totale. Ma a loro non interessa: usano le conferenze come alibi per attaccarmi. Sa che comincio a sospettare che ci sia qualcuno che voglia tenere la Meloni dov’è?». E su un incontro chiarificatore con Conte: «Io dico sui giornali le stesse cose che dico in faccia. Quando lo incontro, Conte è sempre garbato nei toni salvo poi aggredirmi sui giornali. Non ho problemi a parlare con lui come con chiunque altro: purché si parli di politica. Sto per compiere 50 anni: non ho tempo per i piccoli risentimenti». Infine, l’appello a Schlein: «Faccia quel che crede, ma sappia che senza di noi l’anno prossimo in Toscana e Campania la vittoria non la vedono nemmeno col binocolo».
(da agenzie)
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