Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA NAVE DELLA MARINA ORMAI E’ UN TAXI, SI RIPARTE PER L’ITALIA CON I 4 SBAGLIATI, TANTO PAGANO GLI ITALIANI… PIANTEDOSI MITICO: AVEVA APPENA RIVENDICATO LA “GRANDE OPERAZIONE… NE RESTANO 12, IN ATTESA CHE I GIUDICI LI RIMANDINO IN ITALIA SULLA BASE DELLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA
Mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in Parlamento difende il “modello Albania”, dal centro di Shengjin in quattro devono essere riportati rapidamente in Italia.
Dei sedici migranti intercettati di fronte a Lampedusa, due risultano essere due sedicenni bengalesi, due sono adulti in condizione di estrema vulnerabilità.
Contattato, il Viminale conferma solo il trasferimento in corso dei due ragazzini, ma fonti di Shengjin confermano la presenza di altre due persone che dovrebbero esser celermente portate in Italia.
Dal centro di prima accoglienza albanese dove hanno passato l’intera giornata, i primi due ragazzini sono stati fino al molo, dove – accompagnati dai finanzieri – sono stati fatti salire su una motovedetta che li sta accompagnando fino alla Libra.
I due ragazzini sarebbero stati individuati grazie a Unhcr, i cui team stanno monitorando le procedure in corso nei centri. Durante i colloqui, avrebbero spiegato di avere a stento sedici anni e di aver affrontato il viaggio da soli.
“Questa è la conferma dell’assurdità di misure che questo governo ha pensato di utilizzare, nonostante l’identificazione dei naufraghi in mare sia illegittima e violi le norme internazionali e costituzionali”, scrive su X il leader di Sinistra Italiana e deputato di Avs, Nicola Fratoianni. “il meccanismo messo in piedi – rincara la dose Angelo Bonelli dei Verdi, alla Camera sempre con Avs – non è solo una macchina spreca-soldi ma presenta già evidenti falle. Se solo con 16 migranti non sono riusciti ad individuare i due ragazzi figuriamoci come potrà accadere quando saranno centinaia i migranti”.
Per il segretario di +Europa Riccardo Magi “La presenza di due minori tra i migranti portati nei centri di detenzione in Albania è una notizia sconcertante e indica l’insostenibilità delle procedure che, alla prima prova con un numero ridottissimo di persone, dimostrano di non poter reggere”.
“Non bastava la selezione arbitraria fatta in alto mare per sfuggire all’obbligo di accoglierli in Italia. Hanno imbarcato anche due minorenni. Ennesima violazione dei diritti dei più fragili”, attacca su X SeaWatch, bersagliata prima sui social, poi in Senato dalla premier Meloni.
(da La Repubblica)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LE BUGIE SULLA LORO EFFICACIA E SULLA LORO GESTIONE
Sono ufficialmente aperti i “campi per migranti” in Albania, quelli pagati dal governo italiano per impedire alle persone di arrivare dove volevano arrivare quando sono partite.
Secondo le opposizioni si tratta di quasi un miliardo di euro dei contribuenti italiani per non si sa bene cosa, a parte l’infelicità di chi era fuggito dal proprio Paese per raggiungere l’Europa e si trova chiuso in un “centro per migranti” in Albania, un centro pagato dall’Italia.
Alle critiche della ONG Sea Watch, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva risposto con un tweet su X, l’ex Twitter comprato da Elon Musk, da qualche tempo amico di Giorgia Meloni e Donald Trump, ma questi sono dettagli.
In questi “centri per migranti”, distanti dall’Italia, le persone dovrebbero fare richiesta di asilo in Italia e avere una risposta in 28 giorni, usando le stesse norme più volte già bocciate dai giudici italiani. Se la richiesta d’asilo in Italia verrà respinta, non si sa poi cosa accadrà loro.
E ora vediamo le 7 bugie di Giorgia Meloni sui “centri per migranti” appena aperti in Albania, e pagati dall’Italia:
1.”I campi in Albania sono un mandato chiaro ricevuto dai cittadini”.
Non è vero. I Governi non ricevono “mandati”, e in ogni caso i centri in Albania non erano neanche nel programma con cui il centrodestra si è presentato alle elezioni sostenendo la candidatura di Giorgia Meloni premier.
2. “Io difendo i confini”.
Falso. I confini si difendono da un’invasione, e anche se questa parola viene usata per descrivere l’immigrazione in Europa, è del tutto inappropriata. Non esiste nessuna invasione, sono flussi che in altre occasioni abbiamo dimostrato di saper gestire tranquillamente. Ad esempio negli ultimi due anni sono arrivati in europa 4,2 milioni di ucraini e non mi sembra che qualcuno abbia parlato di invasione. Tra l’altro i migranti, dal mare, arrivano disarmati e senza niente, non proprio un sinonimo di “invasione”.
Ripetiamolo: i confini si difendono dalle guerre, dagli attacchi esterni, non dalle richieste di soccorso.
3. “Nei centri per migranti in Albania si applicherà comunque la legge italiana”.
Formalmente è vero, ma non è chiaro a chi sarà affidato il controllo che effettivamente sarà così. Sarà la stessa polizia albanese a dover controllare il lavoro dei propri colleghi? O sarà un mini contingente italiano, o – probabilmente – non controllerà nessuno?
4. “Noi fermiamo i trafficanti di esseri umani”.
Falso. Il Governo rimette i più disperati nelle mani dei trafficanti, tramite i respingimenti e gli accordi economici con Governi non democratici, penso ad esempio agli accordi con la Libia e le connivenze della cosiddetta guardia costiera libica con gli stessi trafficanti di esseri umani.
In pratica: se vuoi combattere i trafficanti non costringi i poveracci a tornare sotto il loro controllo, dal quale avevano provato a fuggire intraprendendo il viaggio per raggiungere l’Italia.
5. “Con noi pene più dure per i trafficanti di esseri umani”.
Non è vero. Verrà condannato con pene fino a 30 anni chi si è ritrovato, per necessità o disperazione, o anche costretto, a guidare un barcone. Ma non verrà toccato il business della tratta delle persone. Anzi: quello verrà alimentato anche tramite gli accordi dell’Italia con Paesi non sicuri, non soltanto la Libia, ma anche la Tunisia con la riconferma del premier Saied, accusato a buona ragione di deriva autoritaria. Non solo: nell’elenco dei Paesi sicuri, secondo il Viminale, rientrerebbero anche il Bangladesh e l’Egitto. Sì, proprio quell’Egitto dell’omicidio di Giulio Regeni da parte dei servizi segreti egiziani del premier al-Sisi.
6. “Con noi meno morti in mare”
Il cosiddetto pull factor, secondo cui i migranti deciderebbero di partire o meno in ragione del governo in carica e delle politiche di salvataggio in mare, accoglienza e integrazione che mette in atto, è (ovviamente) una balla. Per salvare le persone il metodo ci sarebbe: aiutare le Ong nei salvataggi, oppure organizzarli al posto loro. E aprire i corridoi umanitari. Il Governo di Giorgia Meloni, invece, “vorrebbe obbligare gli aerei Ong di ricognizione a obbedire ai libici, perché non vuole testimoni scomodi in mare”, per dirla con le parole di Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia.
7. “Il Governo sull’immigrazione sta facendo bene”.
Non è vero. La cosiddetta “Legge Cutro”, già criticabile nei contenuti, si è rivelata inefficace anche da un punto di vista dei numeri, con gli sbarchi record del 2023. E si è rivelata sbagliata pure nella forma: più volte i Tribunali hanno deciso di disapplicare le nuove norme contro i richiedenti asilo, considerando illegittimi i primi decreti, poi trasformati in legge.
Per concludere: la parola “accoglienza” è stata barattata con le parole “privazione della libertà”, e in alcuni casi con la deportazione nei centri in Albania. Tra l’altro cercando di far passare tutto questo come un grande accordo internazionale.
La verità è che le persone continuano a morire, chi prova a salvarle viene additato come “amico dei trafficanti”, e assolutamente non si fa niente per risolvere le crisi nei Paesi di partenza.
(da Fanpage)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA FONDAZIONE GIMBE: “IL MINISTERO DELLA SALUTE È ORMAI SENZA PORTAFOGLIO”
“Se dovesse essere confermato che per il 2025 sarebbero destinati alla Sanità solo 880 milioni e i restanti 3 miliardi a valere sul 2026, saremmo di fronte a una scandalosa mistificazione che vanifica tutti i proclami che sono stati fatti fino a oggi”. Lo afferma all’ANSA Pierino Di Silverio, segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao Assomed. “Siamo pronti – ha aggiunto – a forti azioni di protesta”.
“Nonostante l’encomiabile impegno del ministro Schillaci per aumentare il finanziamento della sanità pubblica, i dati emersi dalla conferenza stampa sulla Legge di Bilancio 2025 mostrano chiaramente che il Ministero della Salute può ormai essere considerato ‘senza portafoglio'”. Così all’ANSA il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, commentando la manovra approvata dal Cdm. “L’incremento di soli 900 milioni di euro per il 2025 – rileva – è del tutto insufficiente per affrontare le urgenti necessità di un Ssn in codice rosso, oltre che per sostenere le riforme avviate, in particolare quella sulle liste di attesa”
Sindacato medici del Ssn: “Pochi spiccioli, defiscalizzazione subito”
«Se fossero confermare le indiscrezioni uscite sulla manovra che riguardano la defiscalizzazione della specificità non ci appare chiaro come arriverà. E ci sembrano pochi spiccioli. Se fosse divisa in due tranche e dovesse partire dal prossimo contratto sarebbe una presa in giro. Ricordiamo che il contratto 2022-2025 dobbiamo ancora iniziare a discuterlo. Noi invece ci auguriamo che la defiscalizzazione arrivi subito come richiesto e chiediamo che i soldi stanziati per il contratto 2025-2027 – che insistiamo a discutere solo almeno tra due anni – vengano anticipati per poi lasciare solo parte normativa da discutere». Così Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici dirigenti del Ssn Anaao-Assomde, commenta le prima indiscrezione, uscite ieri dal Cdm dedicato alla Legge di bilancio, sulle risorse per la sanità e come saranno spese.
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
“L’ALBANIA E’ UN PAESE OSPITALE, RICEVERE DEI MIGRANTI SOTTO DETENZIONE PER NOI E’ UNA VERGOGNA”… “QUESTO E’ UN ATTO DI NEOCOLONIALISMO CHE SERVE SOLO ALLA PROPAGANDA DI RAMA E DELLA MELONI”… “L’EUROPA PER NOI OGGI E’ MORTA COME MODELLO DI TUTELA DEI DIRITTI E DI SIMBOLO DI DEMOCRAZIA”
Sono arrivati all’alba di stamattina, tra i barchini dei pescatori e i resti dell’estate appena passata, i sedici uomini che da oggi saranno rinchiusi in una delle tre strutture per migrantiche l’Italia ha fatto costruire in Albania. I più fortunati da oggi staranno nel centro per richiedenti asilo, i meno nel Cpr o peggio nel penitenziario.
Il pattugliatore Libra, della Guardia Costiera italiana, si vedeva in lontananza già dalle sette del mattino ed è entrato in banchina verso le otto. Dopo tre giorni di navigazione, costati all’Italia oltre 250mila euro, la Libra arriva in Albania dando inizio ufficialmente all’accordo fortemente voluto da Giorgia Meloni e dal presidente albanese Edi Rama.
Un’attesa di circa due ore in banchina poi le prime quattro persone migranti scendono dalla nave, toccano il territorio albanese per qualche secondo, prima di entrare nel centro di accoglienza del porto si Shengjin, sotto giurisdizione italiana.
A gruppi di quattro scendono lentamente tutti i dieci uomini egiziani e i sei bengalini, una busta in mano e il sogno dell’Europa nel cuore. Lo stesso sogno che secondo alcuni albanesi oggi “finisce qui”.
Così scrivono infatti gli attivisti e le attiviste del collettivo Mesdhe, nello striscione che poco dopo lo sbarco arriva al porto.
Fioralba Duma è con loro, una giovane donna italo-albanese (così si definisce nonostante non abbia la cittadinanza italiana) che parla ai microfoni di Fanpage.it: “Da mesi stiamo protestando, questo accordo è un affronto alla Costituzione albanese, il fatto che questi territori vengano considerati territorio extraterritoriale italiano è un pericolo per la nostra democrazia ma anche una zona grigia dal punto di vista giuridico e legale, è un accordo che viola totalmente i diritti umani”.
Fioralba Duma è arrivata in Italia nel 2001, con i genitori che decisero di emigrare dall’Albania vent’anni fa. “Non ho mai ottenuto la cittadinanza italiana – ci racconta – nonostante abbia vissuto la maggior parte della mia vita nel vostro paese”.
Intanto la polizia albanese si posiziona tutta intorno al porto, dieci agenti per ognimanifestante. “Per quanto riguarda la popolazione locale c’è una totale mancanza di trasparenza e di consultazione pubblica. Questo è un atto di neocolonialismo calato dall’alto, che serve solo a rafforzare il ruolo propagandistico di Rama in tutta Europa, ma anche per fare propaganda politica per Meloni”, continua l’attivista, “in Albania la libertà di espressione e di stampa è in profonda crisi e la situazione è precipitata dopo l’accordo. Una nostra compagna in seguito alle proteste contro il patto tra Rama e Meloni ha assistito al licenziamento della madre, quando la vostra presidente del consiglio è stata qui abbiamo fatto una protesta simbolica e i nostri compagni sono stati detenuti per ore in centrale. Gli albanesi sono terrorizzati a parlare di questo accordo perché la repressione è fortissima”.
La giovane si volta, guarda il pattugliatore alle sue spalle e conclude: “L’Albania è un paese ospitale, è la casa dell’ospite, ricevere dei migranti sotto detenzione per noi è una vergogna. Siamo un popolo di immigrati, abbiamo vissuto l’esperienza delle migrazioni, e le leggi italiane sono state fatte anche per contrastare la nostra di immigrazione. Quest’Europa è morta dal punto vista della democrazia e dei diritti, siamo completamente disillusi”.
In piedi di fronte alla Libra, ancora attraccata al porto di Shengjin, si consuma così il paradosso di quest’accordo: la richiesta a chi non abbiamo voluto nel nostro paese ieri, di detenere in casa propria chi non vogliamo oggi.
(da Fanpage)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL DEM PIERO DE LUCA: “MELONI SA CHE SU QUELLO C’È UN BRACCIO DI FERRO E RISCHIA DI PERDERLO, ANCHE PERCHÉ NON SI FIDA DEI SUOI ALLEATI”, CIOÈ DELLA LEGA
Per tre volte, in Aula, Giorgia Meloni si appella al Pd. Prima in Senato e poi alla Camera, la premier invoca «l’unità» delle forze politiche italiane in sostegno della nomina del suo ministro, Raffaele Fitto, a prossimo vicepresidente esecutivo della Commissione europea.
Perché, per le truppe di Schlein, quel voto su Fitto rappresenta un bivio politico: è meglio sostenere la nomina di un italiano e attirarsi le facili critiche di M5S e Avs o si preferisce prendere le distanze da un candidato della destra europea e lasciare a Meloni la facile accusa di essere anti-italiani?
Meloni vuole caricare di incertezze il voto. «Mi spaventa – dice – che il gruppo Socialista ci dica che non accetta che all’Italia venga riconosciuto un vicepresidente». Intorno alla premier però abbozzano un sorriso imbarazzato: «Beh, non è che siamo davvero preoccupati. Sappiamo che la nomina è abbastanza sicura. D’altronde, se non passa Fitto salta anche la commissaria dei Socialisti».
L’ordine delle audizioni dei candidati commissari, infatti – voluto dal Ppe con l’appoggio decisivo di Conservatori e Patrioti – prevede nel primo slot Fitto e la socialista Teresa Ribera nell’ultimo. Insomma, i destini dei due candidati sono legati: se cade Fitto, cade anche Ribera. La nomina, dunque, è sostanzialmente blindata.
L’insistenza di Meloni in Aula è «una cortina fumogena», commentano infatti nel Pd.
Per Schlein l’affondo della premier, semplicemente, non ha senso: «Ascolteremo Fitto in audizione e lo valuteremo come tutti gli altri commissari – spiega la segretaria Dem – così si regolerà tutto il gruppo socialista». Peraltro, sottolineano fonti del partito a Bruxelles, «il parere verrà espresso dal coordinatore dei Socialisti in commissione Affari regionali, lo spagnolo Marcos Sempere».
Servono i due terzi al primo tentativo, quando ad esprimersi sono solo i coordinatori dei gruppi, poi potrebbe bastare la maggioranza semplice con voto segreto e lì verrebbero chiamati in causa tutti i deputati, compresi Raffaele Topo e Antonio Decaro per il Pd.
«Prima o dopo, la nomina passerà, è un falso problema – spiega Piero De Luca, capogruppo in commissione Politiche europee alla Camera –. Il nodo è la vicepresidenza esecutiva: Meloni sa che su quello c’è un braccio di ferro e rischia di perderla, anche perché non si fida dei suoi alleati». Cioè della Lega.
La questione riguarda da vicino anche i Socialisti, perché «per noi è difficile digerire quel ruolo per Fitto, ha un valore simbolico, è un peso politico riconosciuto ai Conservatori, mentre non ha nulla a che vedere con il nostro interesse nazionale», spiega un europarlamentare dem. «La verità è che noi su Fitto finora non abbiamo detto nulla, né contro né a favore – continua il deputato – ma speriamo che von der Leyen gli tolga la vicepresidenza. Anche se non crediamo che lo farà, perché vuole tenersi aperto un dialogo con Ecr e con il governo italiano».
Dunque, c’è il rischio che i Socialisti si spacchino. «L’ala governista, tipo gli spagnoli, voterà a favore, mentre altri, come i francesi, saranno tentati di votare contro per punire lo sgarbo di von der Leyen. Noi saremo in mezzo».
Non una posizione comoda. «E, se le cose si metteranno in questo modo, nella nostra delegazione qualche fibrillazione sarà inevitabile». Meloni è cosciente che per il Pd la vicepresidenza a Fitto complicherà i rapporti all’interno del centrosinistra, così come quelli nella famiglia dei Socialisti europei. E proprio per questo la premier insiste, vuole da Schlein «chiarezza», certezze, unità, «nel nome dell’interesse nazionale».
(da la Stampa)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
LE TESTIMONIANZE DEI LAVORATORI ALBANESI SCOPERCHIA IL BLUFF DEL GOVERNO: “MELONI NON MI PIACE PER NIENTE, NON E’ UNA BRAVA PERSONA”
“Questa è la prima volta che veniamo qui”, raccontano due giovani di una cooperativa che si occupa della formazione del personale che lavora nella struttura italiana per migranti di Gjader, Albania. “Siamo venuti qui per formare il personale albanese che lavora nel centro per migranti sulle procedure antincendio”, continuano.
A poche ore dell’arrivo dei 16 profughi soccorsi a largo di Lampedusa due giorni fa, poi trasbordati sulla nave della Marina Militare Libra e adesso in viaggio verso Shengjin, alcuni lavoratori albanesi dichiarano ai microfoni di Fanpage.it che “solo oggi ci hanno fatto fare il training per la sicurezza nella struttura di Gjader”.
“Noi veniamo qui solo per fare training al personale tecnico”, ci spiegano, “oggi abbiamo fatto il primo training antincendio, per venire qui da Tirana impieghiamo circa due ore”.
Mentre l’Italia attende con non poche perplessità l’inizio – sulla pelle dei 16 profughi che arriveranno oggi – di questa controversa procedura tra mille dubbi e incertezze, in Albania il tempo sembra fermo.
Dall’esterno il centro di Gjader appare ancora un progetto raffazzonato: sono meno della metà ad oggi i moduli agibili, meno della metà degli 880 posti previsti nel centro di accoglienza per richiedenti asilo e dei 144 del Cpr, mentre solo 12 sono i posti pronti sui 20 previsti per il penitenziario.
All’esterno di quella che appare come una Guantanamo albanese battente bandiera italiana, nessuno, o quasi, vuole parlare. “Noi lavoratori albanesi siamo spaventati”, dice un giovane, “abbiamo paura di sbagliare e di perdere il posto. Non abbiamo idea di quello che faranno qua dentro, per questo preferiamo stare zitti”.
Tra loro qualcuno parla italiano, come d’altronde gran parte della popolazione albanese che, almeno una volta nella vita, ha avuto un’esperienza di emigrazione in Italia. “Ho vissuto dieci anni in Italia”, racconta un uomo fuori dal centro, “ho lavorato lì, poi per problemi di famiglia sono tornato in Albania, adesso lavoro qui. È la prima volta che mi mandano al centro, non so niente di questo posto, non conosco questa zona, non ho mai visto il centro al suo interno”.
E nel silenzio generale, qualche coraggioso spiega il suo malcontento: “Io vivo qui da cinquant’anni, in una casa proprio dietro il nuovo centro per migranti”, racconta un anziano signore appoggiato sull’uscio della sua casa, “quando hanno dismesso la caserma militare ho iniziato a coltivare quel terreno, poi hanno deciso di fare il centro per migranti ma nessuno mi ha detto niente. Sono arrabbiato. Amo questo posto, ho girato il mondo dall’Italia alla Germania, all’Olanda ma poi sono voluto tornare qui. Adesso non lo riconosco. Meloni non mi piace per niente, non è una brava persona”, conclude.
Tra la rabbia, l’omertà, lo sfruttamento e la paura di perdere un’opportunità di lavoro di cui questa terra non sembra abbondare, l’Albania si prepara allo sbarco di 16 profughi provenienti da Egitto e Bangladesh, che sanno cosa hanno lasciato ma non cosa li attende: non l’Italia, non l’Europa, ma un posto da cui di solito la gente scappa. Sarà sulla loro pelle che da oggi si giocherà la scommessa, tutta politica, di Meloni ed Edi Rama.
(da Fanpage)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
NEL 2023 GLI INCASSI SONO CROLLATI DEL 30%, LE TRASFERTE SONO STATE AZZERATE, E I COSTI DEL PERSONALE SONO LIEVITATI, CON UN INFORNATA DI COLLABORATORI E CONSULENTI DI PROVATA FEDE MAL-DESTRA
Il grande flop. Tra le tante doti riconosciute ad Alessandro Giuli ce n’è una che, numeri alla mano, sembra difettare. Del successore di Gennaro Sangiuliano tutto si può dire tranne che sia un (bravo) manager della cultura. Anzi, «non è proprio mestiere suo», bisbiglia una dipendente del Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, che il neoministro ha presieduto per quasi due anni, prima d’esser chiamato a più alto e prestigioso incarico.
Un’esperienza premonitrice: in grado di svelare, con una certa probabilità, come verrà gestito il Collegio Romano. Dove fra l’altro è stato appena arruolato Francesco Spano, l’ex segretario generale promosso capo di gabinetto.
«Il gatto e la volpe», si scherza fuori dal gioiello firmato Zaha Hadid. All’ombra del quale nessuno li rimpiange. Giuli, digiuno di procedure e d’arte contemporanea, si è completamente affidato all’altro, che lì già stava ed è subito diventato il suo Cicerone nella complessa macchina amministrativa del museo. Un film con sequel incluso.
Potevano fare grandi cose insieme e invece insieme se ne sono andati, lasciando solo brutti ricordi.
Il perché scolpito nella relazione dei revisori dei conti sul bilancio consuntivo 2023. Il primo dell’era targata FdI. Rispetto all’anno prima, l’ultimo di Giovanna Melandri, gli incassi da biglietteria sono crollati del 30%: da 2,586 milioni a 1,972. Idem i ricavi e i proventi diversi, scesi da 3,950 milioni a 2,487. Performance che ha tirato giù le sponsorizzazioni: -44%.
Dato, questo, assai indicativo: «Le sponsorizzazioni si decidono sulla programmazione dell’anno successivo, esattamente ciò che Giuli non ha fatto», spiega un apprezzato curatore. Con un’aggravante: «Sono venuti meno i rapporti fra il Maxxi e gli altri musei, nazionali e internazionali».
Basta, ancora una volta, fare un confronto con la gestione precedente: nel 2018 Classic reloaded, una selezione di opere della Collezione Maxxi, è andata in tour nel Mediterraneo, dal Bardo di Tunisi a Rabat fino a Beirut, riscuotendo uno straordinario successo di pubblico. Nell’aprile 2022, un’altra rassegna di capolavori è sbarcata a Berlino, nella galleria di Deutsche bank.
Il duo Giuli-Spano in 22 mesi non ha fatto neppure una trasferta, limitandosi ad acquistare mostre già confezionate all’estero, salvo una: Passeggiate romane realizzate sulle scenografie di Dante Ferretti, stroncata dalla critica. Mentre nella sede distaccata dell’Aquila è ancora in corso Le architetture e le città del Corno d’Africa sul processo di decolonizzazione in Etiopia, Eritrea e Somalia, terre d’espansione fascista.
A fronte di un tale disastro, nei conti e nella qualità della proposta, i costi del personale sono nel frattempo lievitati: da 1,699 milioni a 2,197, anche per effetto di otto nuove assunzioni e dell’imbarcata di consulenti e collaboratori, non sempre esperti, ma di provata fede. Una per tutti, la cantante Alma Manera, compagna del direttore (FdI) di Rainews Paolo Petrecca. Come direttore artistico, al posto del mitico Hou Hanru, è stato reclutato l’amico curatore Francesco Stocchi, già responsabile delle pagine culturali del Foglio.
D’altronde, quando nel novembre di due anni fa arrivò al Maxxi, Giuli mise subito in chiaro: «Non resterò a lungo». Si sentiva di passaggio. La sua aspirazione era subentrare a Sangiuliano, che la destra voleva candidare governatore in Campania, o tornare in Viale Mazzini, magari come direttore di RaiCultura. Il Boccia-gate ha accelerato il treno dei desideri.
Gli annunci roboanti mai tradotti in realtà: la nascita di un Maxxi bis a Messina e l’acquisizione di Casa Balla, date per imminenti e poi sparite. Le clamorose scivolate: l’inaugurazione dell’arena estiva affidata al duetto Morgan-Sgarbi, finita a parolacce e insulti sessisti. Ricco antipasto di quel che può accadere al ministero della Cultura tricolore.
(da La Repubblica)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
“LA STAMPA”: “LE TASSE CI SONO, MA TRAVESTITE. PER I CONTRIBUENTI, SARANNO TRIBUTI IN PIÙ LE DETRAZIONI RIVISTE. MOLTI TAGLI POTREBBERO ESSERE ROVESCIATI SUI CITTADINI COME BALZELLI”… CHE DIREBBE UNA GIORGIA MELONI ANCORA ALL’OPPOSIZIONE SE MISURE COME QUESTE DI IERI SERA LE AVESSE VARATE UN GOVERNO COMPOSTO DI ALTRI PARTITI?
Nessuna nuova tassa» si continua a ripetere, come sempre per ogni manovra d’autunno. E invece le tasse ci sono, travestite in diverse maniere. Al sodo, per i contribuenti, saranno tributi in più le detrazioni riviste. Molti tagli di spesa potrebbero essere rovesciati sui cittadini come balzelli. Bisognerà far bene i conti, senza imbrogli.
Di alcuni sgravi vantati, come l’unificazione delle due aliquote più basse dell’Irpef, la gran parte dei cittadini nemmeno si renderà conto.
Il rinnovo del bonus sulle ristrutturazioni, al 50% è un vero segno di debolezza, dopo che si erano inviate tante (giustificate) invettive al Superbonus del 5 Stelle.
Proviamo a immaginare che direbbe una Giorgia Meloni ancora all’opposizione se misure come queste di ieri sera le avesse varate un governo composto di altri partiti (e magari guidato da Mario Draghi).
Per non litigare troppo, si sono concordati «tagli lineari» alla spesa: dopo settimane in cui si predica che occorre limare il superfluo, sfrondare, razionalizzare, si conclude che un pochino per uno non fa male a nessuno.
Sono comunque, i tagli lineari, una rinuncia a fare scelte, quelle scelte che dovrebbero essere il vero oggetto del governare.
Per questa via la qualità della spesa pubblica quasi sempre peggiora. Si ha quella che gli economisti premiati ieri l’altro con il Nobel studiano da un quarto di secolo, una «redistribuzione inefficiente». Si sposta il denaro dove serve per tutelare gli equilibri politici correnti.
Dov’è che si gettano le basi per un migliore futuro? Il concordato fiscale – non a caso, una vecchissima idea a cui era rimasto affezionato Giulio Tremonti – ci riprecipiterebbe, se funzionasse, in patteggiamenti collettivi o individuali, che peggiorano la frammentazione del nostro sistema economico. Molto probabilmente non funzionerà.
Insomma, sono idee vecchie, adeguate a un Paese che resiste alle novità e si rifiuta di guardare lontano,
E il «contributo» chiesto alle banche? In un Paese civile, le tasse si impongono in base a parametri razionali e sono in linea di principio uguali per tutti. Finora si è avuta l’impressione che si procedesse in altro modo, un po’ minacciando i banchieri, un po’ patteggiando con loro.
L’unico sforzo di fantasia il governo lo esercita nel tentativo di non far percepire come tali gli inasprimenti fiscali. È certo opportuno razionalizzare e semplificare l’intricato sistema di detrazioni di imposta . La tassazione sarebbe anche resa più equa da un aggiornamento delle rendite catastali: nel caso, la destra si ricordi dei pandemoni che ha scatenato contro chiunque ci provasse.
(da La Stampa)
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Ottobre 16th, 2024 Riccardo Fucile
“BISOGNA PRIMA CHE L’UE AFFRONTI IL PROBLEMA SU COME REGOLAMENTARE IL RIMPATRIO FORZATO IN UN PAESE TERZO”
Il modello Albania non è un modello per l’Europa. Semplicemente perché non è legale. Almeno non lo è per le norme europee.
Nel giorno del trasferimento di soli 16 migranti dall’Italia in territorio albanese, l’Ue fa sapere in maniera formale che questa modalità non è compatibile con le regole comunitarie. E gli auspici proposti l’altro ieri dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sono stati male interpretati.
«Attualmente — ha sottolineato una portavoce dell’esecutivo europeo — non è legalmente possibile per la Ue avere questa opzione. Per rendere possibile un simile modello la legge Ue deve regolamentare il rimpatrio forzato in un Paese terzo, che non sia il Paese di origine ed è qualcosa che stiamo ancora esaminando».
Gli uffici di Palazzo Berlaymont si limitano ad osservare che «coloro che non hanno il diritto legale di restare devono essere rimpatriati». Del resto da Bruxelles un via libera all’idea di estendere l’accordo tra Roma e Tirana non c’è mai stato.
L’altro ieri, nella missiva inviata da von der Leyen ai leader europei, la presidente ha insistito sulla opportunità di «esplorare possibili strade da percorrere riguardo all’idea di sviluppare centri di rimpatrio al di fuori dell’Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sui rimpatri”
Non a caso sul capitolo migranti, il Consiglio europeo che si riunirà domani è profondamente spaccato. Sulla bozza di conclusioni non si registra alcuna intesa. Gli “sherpa” (i consiglieri dei governi) hanno inserito quella parte tra parentesi quadre: il modo diplomatico per dire che si tratta di una formula controversa. Ed è anche molto vaga.
Alcuni Paesi, tra cui l’Italia, vorrebbero indicazioni più dettagliate, molti altri una formulazione fumosa e alcuni escludere in toto il capitolo dalla dichiarazione finale. Un gruppo limitato poi invita ad anticipare l’applicazione del nuovo Patto sull’Asilo e migranti su cui è già stato eretto un muro. Tra cui quello dell’ungherese Orban.
A questo proposito, poi, i socialisti europei sono stati netti: «Siamo contrari — ha detto la capogruppo di S&D, Iratxe Garcia Perez — alla creazione di hub di rimpatrio e a qualsiasi forma di esternalizzazione della politica di asilo»
(da agenzie)
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