Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
EPPURE MILEI AVEVA HA PROMESSO DI AZZERARE IL DEFICIT PUBBLICO, FERMARE L’INFLAZIONE CHE ANCORA VIAGGIA INTORNO AL 240% ANNUO, FAR CRESCERE L’ECONOMIA DEL 5% NEL 2025
Ha promesso di azzerare il deficit pubblico, fermare l’inflazione che ancora viaggia intorno
al 240% annuo, far crescere l’economia del 5% nel 2025, ben oltre le stime della Banca centrale. Javier Milei, presidente iper-capitalista dell’Argentina, preannuncia un ritorno all’epoca d’oro delle «vacche grasse», quando la nazione sudamericana era, nelle sue parole, «il sesto Paese più ricco del mondo». Promesse.
Per il momento l’Argentina sembra in caduta libera. Secondo i dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica, riferiti al primo semestre del 2024, la povertà attanaglia il 52,9% della popolazione, con un aumento di 11 punti da quando Milei è salito al potere a dicembre.
Equivale a 25 milioni di argentini. E ben il 18,1% (8,9 milioni) non supera la soglia di indigenza. Sono le peggiori cifre degli ultimi vent’anni. E la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente a causa dei licenziamenti di massa. Il governo di Milei afferma che è la «disastrosa eredità» dei 12 anni di governi peronisti
«È vero che le eredità pesano – commenta il quotidiano argentino El Clarin -. Ma contano anche la scarsa qualità dell’occupazione, la liquefazione della spesa sociale, la paralisi dei lavori pubblici e l’aumento della disoccupazione».
Nonostante le massicce dimostrazioni di piazza, il turbo-capitalista va avanti con la sua politica di lacrime, sangue e (per ora) molta povertà.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
L’ULTIMA INFORNATA DI 21 PORPORE, CHE SARANNO NOMINATE NEL CONCISTORO A SORPRESA DELL’8 DICEMBRE, CONFERMA LA SVOLTA “UNIVERSALISTA” DELLA CHIESA: CI SONO SEMPRE PIÙ ASIATICI, LATINOAMERICANI E AFRICANI. IL PESO RELATIVO DEGLI ITALIANI CONTINUA A CALARE: ERANO 28 SU 115 NEL 2013, ORA SARANNO 18 SU 141
Ventun nuovi cardinali, dall’Iran al Giappone. Il Papa ha annunciato ieri per l’8 dicembre il decimo concistoro del suo pontificato. Ci sono anche quattro italiani, di cui tre elettori — l’arcivescovo di Torino Roberto Repole, il nuovo Vicario di Roma Baldassarre Reina, Fabio Baggio del dicastero per i migranti — e Angelo Acerbi, 99 anni, per oltre 50 nunzio del Vaticano.
Il futuro conclave rifletterà sempre più una Chiesa globale e rivolta alle periferie del pianeta, meno eurocentrica e occidentale. Gli elettori diventeranno 141, oltre la soglia di 120 stabilita da Paolo VI, ma tra la fine dell’anno e il 2025 in 14 compiranno 80 anni e non potranno più votare.
Cinque asiatici, cinque latino americani, sei europei, due africani, un nordamericano (canadese: non ci sono statunitensi), uno dell’Oceania. La stessa provenienza dei 20 nuovi elettori «esprime l’universalità della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutta la Terra», ha spiegato Francesco all’Angelus
Con questo nuovo Concistoro, il decimo del suo pontificato, Bergoglio consolida l’internazionalizzazione del collegio che eleggerà il suo successore, continua a spostare l’asse della Chiesa cattolica verso il global south , e fissa un nuovo record: se subito dopo il Pontefice si dimettesse o morisse, il Conclave, con 141 elettori, sarebbe il più affollato della storia.
Dei ventuno cardinali annunciati ieri a conclusione dell’Angelus in piazza San Pietro, solo uno, il nunzio apostolico a riposo Angelo Acerbi, 99 anni, non entrerebbe in Cappella Sistina. Tutti gli altri hanno meno di ottant’anni e hanno, di conseguenza, il diritto di voto.
Se quello degli italiani rimane il gruppo più consistente di un futuro Conclave, il loro peso relativo è però scemato nel corso degli anni: erano 28 su 115 nel 2013, oggi sarebbero 18 su 141.
Nel corso del pontificato il Papa argentino ha ridisegnato la geopolitica ecclesiale, ridimensionato gli europei, premiato altri continenti (gli asiatici, dall’ 8 dicembre, saranno 26, il 18,4% del totale). Ha nominato vescovi di angoli remoti del globo, lasciato senza porpora sedi da sempre cardinalizie come Parigi o Venezia.
Nella nuova infornata c’è per la prima volta l’arcivescovo (belga) di Teheran, Dominique Joseph Mathieu, c’è un vescovo ucraino (il titolare dell’eparchia di Melbourne, Mykola Bychok), c’è l’arcivescovo (francese) di Algeri, Jean-Paul Vesco, che – lo ha fatto notare Athletica vaticana – ha un passato da maratoneta (a New York nel 1989 ha percorso 42,195 km in 2 ore e 52’)
C’è l’organizzatore dei viaggi papali, l’indiano George Jacob Koovakad, e il domenicano Timothy Radcliffe, 79 anni, coltissimo predicatore del Sinodo. Nove dei futuri cardinali stanno partecipando all’assemblea in corso a Roma, l’8 dicembre il 48,9 per cento del Conclave sarà composto da padri sinodali.
A chi gli chiedeva se si sarebbe dimesso, a inizio pontificato, Francesco rispondeva che lo avrebbe preso in considerazione solo se la sua riforma fosse divenuta irreversibile. Ora il Papa non mostra alcuna intenzione di mollare, anzi: a dicembre compirà 88 anni ma è in piene forze. A settembre ha fatto due viaggi, in Asia e Oceania prima in Lussemburgo e Belgio dopo, senza perdere un colpo. Pochi giorni dopo il Concistoro, il 24 dicembre, aprirà la porta santa del Giubileo del 2025.
Con questo Concistoro, però, lascia un’impronta duratura sul futuro: da dicembre i cardinali scelti da Francesco saranno l’80 per cento di un Conclave. Molti di loro sono relativamente giovani. Se già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno superato l’asticella di 120 elettori che aveva fissato Paolo VI, ora Francesco la oltrepassa addirittura di 21 cardinali. Sbaglierebbe chi ritenesse quello bergogliano un gruppo una nime e compatto: ma nessuno potrà aggirare l’eredità di Francesco.
(da Repubblica)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
FDI 29,4%, PD 23,7%. M5S 10,5%, FORZA ITALIA 11,1%. LEGA 8%, AVS 6,5%, AZIONE 3%, ITALIA VIVA 2%, + EUROPA 1,7%
Nel ‘borsino dei partiti’ Fratelli d’Italia mantiene la sua prima posizione, in testa nella
classifica dei consensi. Così come si conferma il trend positivo che da diversi mesi a questa parte vede crescere nelle preferenze il partito guidato da Giorgia Meloni. A rivelarlo è il sondaggio realizzato dall’istituto Dire-Tecnè con interviste effettuate tra il 3 e il 4 ottobre 2024.
Per gli altri partiti, il quadro delle intenzioni di voto presenta qualche variazione interessante, soprattutto per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, in calo dopo il tentativo di risalita intrapreso nei mesi successivi alle elezioni europee.
Nel centrodestra questa settimana la sfida a due tra Lega e Forza Italia, secondo Dire-Tecné, viene vinta dagli azzurri che con l’11,1% si posizionano a ben due punti di distanza dal Carroccio, all’8%. Vediamo nel dettaglio che cos’è emerso.
Nei sondaggi tutti i partiti di sinistra sono in leggero calo
Quella che si appena è chiusa non è stata tra le migliori settimane per il centrosinistra in termini di consensi. Sia Partito democratico, sia il Movimento 5 Stelle, sia Alleanza Verdi-Sinistra risultano aver perso tutti terreno, seppur con delle differenze.
Se infatti, per il partito di Elly Schlein il calo è lieve (-0,1%) e l’indice di gradimento lo dà al 23,7%, va diversamente per i grillini. Il M5s, che dopo il disastro delle europee sembrava aver recuperato qualche pezzo, ora è dato in calo, al 10,5% (-0,2%). Anche Avs riporta un segno meno (-0,1%) che la fa scendere al 6,5%.
Resta da chiedersi se queste modeste variazioni tra i partiti simbolo del campo largo siano o meno il risultato delle diatribe e delle tensioni che nelle ultime settimane hanno accompagnato le forze progressiste, impegnate nelle discussioni sulle liste in vista delle Regionali in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria.
Per quel che riguarda i partiti dell’area più centrista, la situazione appare migliore. Azione guadagna lo 0,1% e sale al 3,0%, stessa cosa per Italia Viva e +Europa, rispettivamente al 2% e all’1,7%.
Come detto, Fratelli d’Italia continua la sua crescita (+0,1%) che lo porta al 29,4%, primo partito in Italia. A crescere nella coalizione di governo è anche Forza Italia (+0,1%) che sale a quota 11,1%.
Con più di due punti di distanza dal Carroccio, gli azzurri di Antonio Tajani portano a casa la partita, almeno per questa settimana, che li vede – com’è consuetudine – scontrarsi con l’alleato leghista.
Il partito di Matteo Salvini, impegnato nei festeggiamenti di Pontida, circondato dai volti più di spicco del sovranismo europeo (Viktor Orban fra tutti) , con un -0,2% si ferma all’8,0%.
(da Fanpage)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
IL RAPPER MAGNIFICA IL WHOLE BODY SCAN DELLA CLINICA PRIVATA E I FOLLOWER SI INCAZZANO: “C’E’ CHI NON RIESCE A PRENOTARE ESAMI”
«Sono stato all’ospedale San Raffaele di Milano per fare un check-up che voglio consigliarvi». Ssu Instagram il rapper Sfera Ebbasta davanti ai suoi 4,8 milioni di follower ha lodato un esame medico appena effettuato. Una scansione di tutto il corpo “a partire da 2.500 euro”.
E il rapper 32enne è diventato così sul web l’esempio di chi può rivolgersi al privato nella sanità «nel paese della sanità pubblica al collasso e delle liste d’attesa lunghe due anni anche per il più scemo dei controlli».
Il San Raffaele ha fatto sapere che il post di Sfera «non è pubblicità». Cioè il rapper si è pagato da solo l’esame: «E poi ci sono io che non riesco a prenotare una mammografia da oltre tre mesi (nel Veneto Zaista)», è solo un esempio; come quello di chi ha la mamma che sta perdendo la vista e si è sentito dire «primo posto disponibile ottobre 2026».
Secondo il rapper l’esame a cui si è sottoposto è «una radiografia insieme a una Tac», ma «senza radiazioni». E grazie a questa «qualsiasi patologia o lesione in qualsiasi parte del corpo può essere evidenziata». Ma secondo i medici un esame del genere, semplicemente, non esiste. Il test, spiega Repubblica, si chiama Whole Body Scan e consente di scansionare il corpo ad alta risoluzione in 35 minuti. La macchina con cui si effettua al San Raffaele è attiva da luglio e costa due milioni di euro. «Lo scopo primario di questo esame è la ricerca. All’interno di protocolli di studio i pazienti non pagano nulla», spiega il professor Antonio Esposito, primario di Radiologia della clinica milanese. «Quando la macchina è libera, viene usata per esami clinici a pagamento».
Il prezzo
Esposito spiega che «la risonanza dà una fotografia dettagliatissima dalla testa a metà delle gambe. Consente di identificare lesioni e patologie di dimensioni estremamente ridotte in una fase molto precoce, quindi per fare prevenzione». Il prezzo parte da 2.500 euro perché l’esame non è passato dal sistema sanitario nazionale.
(da Open)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LA SANTA ALLEANZA DEGLI ASPIRANTI RIVOLUZIONARI DA SALOTTO
La Pontida 2024 segna una oggettiva presa di distanza di Matteo Salvini dal governo e dalle sue stesse responsabilità di vice-premier. Il Capitano poteva scegliere tra molte formule per animare il palco: l’esibizione dei successi dei ministri leghisti, la valorizzazione dei governatori e del confronto appena aperto sull’attribuzione alle Regioni del Nord di nuove competenze, i risultati del governo su occupazione e immigrazione. Ha deciso invece di circondarsi degli aspiranti rivoluzionari d’Europa, i partner del nuovo gruppo dei Patrioti, un club di estremisti di successo ma ovunque sconfitti
Le sconfitte degli ospiti d’onore
Sconfitto l’ospite d’onore, Viktor Orban, che sperava di uscire dalle Europee come potenziale partner dei Popolari, per cambiare per sempre i destini del Continente, e invece si è dovuto rassegnare a fare il capofila di un gruppo escluso da ogni contrattazione. Sconfitto il Rassemblement National di Bardella, che in Francia si è dovuto arrendere alle sinistre unite nel Nuovo Fronte Popolare e a un governo che mette insieme quel che rimane del campo macronista, neogollisti e liberal-conservatori. Sconfitto l’olandese Geert Wilders, che a duecento giorni dall’inatteso exploit elettorale ha dovuto farsi da parte e rassegnarsi a un governo guidato dal tecnico Dick Schoof, ex capo dei servizi segreti. Sconfitto Andre Ventura, il capo del portoghese Chega, che pensava di battere banco alle Europee e invece ha perso il 70 per cento del suo elettorato. E anche la sola donna sul palco, Marlene Swazek, vicepresidente del Fpo austriaco, è senz’altro titolare di una vittoria ma vai a vedere se governerà: al momento il suo partito è isolato da ogni possibile partner.
Voglia di opposizione
Salvini è in una posizione molto differente dai suoi amici del cuore. Magari non ha vinto tanto con la Lega, ma governa, pesa, è il numero due o tre di un esecutivo di destra, il solo esecutivo di destra tra i Paesi fondatori d’Europa, e dal suo punto di vista sta pure ottenendo risultati: un importante membro del suo governo piazzato nella prossima Commissione Europea, i giri di vite securitari determinati dalle sue insistenze, l’Autonomia già incassata e in prospettiva l’elezione diretta del premier. E tuttavia per conquistare la platea di Pontida ha scelto un’altra postura, diametralmente opposta. Il Capitano si mostra ai suoi come un rivoluzionario perseguitato e mai domo, vittima di un processo senza fondamento, titolare di idee criminalizzate e ghettizzate, esattamente come Orban, Bardella, Wilders, Ventura, Swazek. Privilegia la recriminazione del leader messo al bando all’esibizione dei successi. Punta a galvanizzare il pratone con l’immagine della «santa alleanza» che prima o poi si imporrà sui falsari della democrazia. E alla fine viene il dubbio che questa Pontida sia lo show di un capo che preferirebbe davvero stare dall’altra parte, con quelli che non governano niente, quelli che possono permettersi un’opposizione a tutto campo senza responsabilità di treni, centraline elettriche, ponti da progettare e costruire, per poter contestare da destra quel che non gli piace e dire con Orban e con tutti gli altri: «A Bruxelles dobbiamo entrare con forza, deve essere occupata»
Salvini e il governo da far dimenticare
La Pontida 2024 è andata ben oltre lo schema solito della Lega di lotta e di governo. Qui è come se il governo fosse dimenticato o addirittura nemico. È senz’altro un nemico Antonio Tajani, che per due giorni è stato oggetto dei lazzi del pratone: anche il Capitano non gli risparmia frasi urticanti su cittadinanza («La priorità, per la Lega, è revocarla a chi delinque»), tasse («paghino i banchieri, non gli operai»), Autonomia («Indietro non si torna»). Ma pure la premier e i colleghi di maggioranza sono presenze di cui si fa volentieri a meno. Per loro non una citazione con nome e cognome, non un riconoscimento, non un applauso chiamato con qualche frase a effetto. Salvini preferisce, in tutta evidenza, far scordare ai suoi alleati europei e ai suoi militanti che è un importante membro del governo in carica e che, a differenza di quasi tutti gli stranieri chiamati sul palco, partecipa alle decisioni sul presente e sul futuro del suo Paese.
Dimenticare Palazzo Chigi, far finta di non esserci mai entrati, è peraltro il solo modo di alimentare la santa alleanza dei patrioti di Pontida e la sua collocazione decisamente filorussa sulla scena europea. «Bruxelles ha scelto l’entrata in guerra dell’Unione», grida, applauditissimo, Viktor Orban. Come si fa a dirgli che ogni singola virgola delle decisioni dell’Europa sul conflitto è stata validata dal governo italiano e anche da Salvini? Come spiegare a Wilders, a Swazek, a Bardella, tutti sostenitori dell’interruzione delle forniture di armi all’Ucraina, che la Lega continua a votare in ogni sede quelle forniture? E soprattutto, come dirlo a quelli sul pratone, quelli che ancora comprano le felpe di Vladimir Putin?
Meglio rifugiarsi nel racconto del patriota braccato, meglio l’amnesia temporanea sull’incarico nell’esecutivo, estremo rifugio di un capo di partito palesemente stufo del suo ruolo e delle scelte a cui partecipa come vice-premier. Un leader che sceglie la festa più significativa del leghismo per mandare un avvertimento agli alleati: sono sempre lo stesso, non pensate di avermi domato.
(da lastampa.it)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
TRA ORBAN E VANNACCI. TRA RAZZISMO E BANDIERE RUSSE, UN RADUNO DI SCAPPATI DI CASA E DA PSICHIATRIA
Pontida. La Lega lascia la Lega. Orban è il nuovo Miglio, il nero ha sostituito il verde, il “Va
Pensiero” è “Va con Vannacci”. A Pontida, 6 ottobre 2024, la Lega si separa per sempre da un’idea, la Lega secede dalla Lega. Giorgetti viene “sacrificato” come l’agnello, Salvini canta “Generale” con il generale, e c’è nero, tanto nero, troppo nero. Ci sono le bandiere russe dove un tempo c’erano lo spadone, le Alpi e l’ampolla. Viktor Orban, ospite speciale, dal palco, dice che Bruxelles “va occupata, presa, e ci riprenderemo anche Varsavia”. Nasce la Lega Evola, l’esoterica, la Salvinutopia, la Lega santa con il mesciato olandese Gert Wilders al posto di Federico Barbarossa, il tokaj ungherese al posto del Valpolicella. Budapest è la prossima Lepanto e Varese più lontana di Samarcanda.
Si evoca lo spirito di “Tramp, Tramp”, come a via Gradoli si evocava lo spirito di Aldo Moro, il Trump “salvato dalla mano del Signore”, dice Salvini, mentre la maglia “basta euro” è il cimelio come la canotta bagnata di Mick Jagger. Abbiamo contato dieci “Tajani vaffanculo”, tre “Salvini ha i coglioni”, quattro “femministe, cazzo, dove siete?”, ed è questo il solo legame con le radici antiche, il ritorno della lingua steppa della Lega che sempre “ce l’aveva duro” e che “scorreggiava nello spazio”. 200 giornalisti invitati e cinquanta di questi partono da Bergamo ma con il bus sostitutivo, “causa lavori”. I trasporti sono l’ultima maledizione di Salvini: dove passa lui c’è un chiodo. Si arriva a Pontida con il cambio, ferro-gomma, a Ponte San Pietro, piccola stazione a due binari. Non c’è il pieno e per coprire i buchi del sacro pratone il militante Mauro ordina: “Sventolate, sventolate”. Viene sputacchiato Antonio Tajani dai ragazzi della giovanile leghista, da Alessandro Verri, povero Illuminismo!, capogruppo in consiglio a Milano, e Salvini chiede scusa, ma è solo scena: “Scusa Antonio, sono tre scemi”. Il lenzuolone del Veneto non si srotola, ed è il cattivo presagio, come se a Napoli non si sciogliesse il sangue di San Gennaro. Sono forse tre mila militanti, forse, e se non fosse per il baraccone Vannacci sarebbero ancora meno.
L’inviato delle Iene, Alessandro Sortino, con gli occhi spiritati, ungheresi, anche lui, gli imbocca il microfono e Vannacci gli risponde: “Lei ha fatto una colazione pesante”.
Mostra i gradi, il premio, il rossetto della leghista Sonia, che lo bacia, e litiga con un simbolo della Lega di Varese, Elio Fagioli, un pezzo di album Lega nord, il solo che ha il coraggio di dirgli: “Lei, caro generale, non c’entra un cazzo con la Lega”. Fa il prezioso, perché sa di piacere, i giornali lo inseguono, “la star, la star”, lascia intendere che la tessera della Lega potrebbe prenderla, mentre dal podio straparla di “suolo”, si laurea storico, il Vannacci Galli della Loggia: “A Lepanto abbiamo sconfitto gli ottomani e consacrato la supremazia dell’Europa”; “siamo qui per il nuovo corso della Lega, siamo qui per l’onore”; “la cittadinanza è una eredità, noi non la svenderemo perché gli italiani l’hanno meritata sul Carso sul sacro suolo”. Salvini si è salvato grazie ai suoi voti ma ha arruolato uno strafatto di cavalleria austriaca, il generale che parla in terza persona e che chiede gli applausi “perché io sono rimasto nella Lega, credo nella parola data”. Anche quest’anno c’è l’elfo, un vecchio signor barbaverde, l’amuleto di ogni Pontida, e deve essere davvero un cambio d’epoca se anche lui, quando sente il nome Vannacci, si limita a dire: “Non parlo, Vannacci non l’ho assaggiato. Mi ha capito?”.
Manca Umberto Bossi e manca davvero all’alpino Dino Torti, affettuoso come un nonno, come manca a mezza Radio Padania, oggi Radio Libertà, la frequenza del direttore per sempre, Giulio Cainarca, e di Sammy Varin, lo speaker che per i leghisti vale più della “Zanzara” Cruciani. Per la prima volta, dopo trentatré anni, ministri, ospiti vengono introdotti da Mirko Mengozzi, voce ufficiale, che prende il testimone del Belotti, l’ex segretario della Lega Bergamo, che perdeva le corde vocali, a ogni edizione, e che per servizio, anche nel 2023, presentava Salvini così: “Il capitano, il solo capitano, l’unico, il nostro, Matteo? Chi? Matteo?”, e il popolo in coro “Salvini”. E’ il momento della nuova generazione, i boy scout di Salvini, come Luca Toccalini, “Toc, Toc”, che ha il privilegio di aprire Pontida e che potrebbe prendere la guida della Lega lombarda, se, spiegano i lombardi, “Romeo non rinuncia alla carica di capogruppo al Senato”. Sabato sera la Lega che conta ha mangiato la tinca al forno come Orban al ristorante Al Porto. Sono i nuovi saperi e sapori di Salvini condivisi con la vicepresidente austriaca di Fpo, Marlene Svazeck e i patrioti Petr Macinka, Ondrej Knotek. Chi sono? I leghisti sul sacro pratone ingoiano questa Lega Evola, come il bambino ingoia la medicina inevitabile, applaudono Orban che Giuseppe Mantegazza confessa di non conoscere e lo dice facendo pure spirito padano: “Scusate, sono un po’ orbo”. Ingoiano questo spelacchiamento punkofascio come il ponte sullo Stretto che per Livio Ghidelli è l’insopportabile tanto da scrivere, “meglio un palo nel retto, che il ponte sullo Stretto”. Quanti sono rimasti i Fagioli e i Ghidelli che possono dire a Salvini: “Salvini fa stronzate, si è circondato di fancazzisti, a volte serve dirlo, per aiutarlo”. E’ vero c’è, ancora, Luca Zaia, lui che in Veneto è stato eletto con il 77 per cento e in Piemonte resta Riccardo Molinari, il Mol, che riscalda il pratone parlando di autonomia. C’è anche il Calde, Calderoli, oramai un busto della Repubblica, e non più il leghista che diede dell’orango a una donna, la ministra Kyenge, un altro che non ci sta a farsi togliere l’autonomia, “perché i bergamaschi sono buoni ma non coglioni”. Il nuovo vicesegretario della Lega, Claudio Durigon, con un paio d’occhiali Valentino, da Settimana della Moda, non parla, ma lo stand della Campania è il suo vanto.
La mozzarella di bufala, qui, ha superato la polenta, la nduja calabrese si omaggia insieme a corone di peperoncino. I libri di Armando Siri sono in vendita insieme a quelli di Vannacci e Salvini, ma non sono ancora adottati a scuola come piacerebbe al ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, il trombone Valditara, che si esalta con frasi di, basso, livello: “L’egualitarismo grigio che massimizza le diseguaglianze”. E’ un altro folgorato dalla Lega Evola che piace al giovane Simone di Asti, 15 anni: “Un partito di destra, destra”. Stanno mutando nelle facce e nei vestiti, perché il vento, che sempre fiuta Salvini, è il levante che viene da est. Giubbini di pelle nera, chiodi, borchie, e a più di uno di loro parte il grido “Jawoll”. Dietro i banconi, a spillare birra, ci sono i vecchi leghisti, gente dura e composta che offre la Vecchia Romagna aggiunta nel caffè, i panda in via d’estinzione. Non è affatto vero che sono razzisti come non è vero che c’è un’inondazione di migranti, il concetto scaduto della destra, lo spinacio andato a male. Esiste l’altra Lega santa. Sono leghisti Massimiliano Fedriga, che ricorda le vittime israeliane del sette ottobre, lo è Attilio Fontana, salutato al grido “Attilio, il galantuomo”, che parla teneramente come il democristiano Mino Martinazzoli, è leghista Zaia, l’ultimo Catone: “Io mi batto contro l’equa divisione del benessere e non per l’equa divisione del malessere”. L’unica polo verde la indossa Giorgetti, il Cesare Pavese di Cazzago, costretto a spiegare le sue frasi a Bloomberg, “i sacrifici”, le tasse, e promettere che le tasse non le alza, “io so chi può fare sacrifici. Sono figlio di un pescatore e di una operaia tessile”. Tutti loro, Giorgetti, Fontana, Zaia, Fedriga, Molinari, annegano in questo sabba di invitati cechi e polacchi, brasiliani, c’è anche Bolsonaro con la sua cartolina alla Barbato. Salvini la chiama la Lega santa, ed è benedetta da Elon Musk, su X, ma è in verità il suo scapolare, l’ “aiutatemi voi, io rischio a Palermo la galera”. Il leader portoghese di Chega, André Ventura, lo definisce il “perseguitato”, così come Jordan Bardella, mentre il portavoce di Vox, uno che è il separato alla nascita di Salvini, il più esoterico, prepara “una unione che forma dighe di contenimento” e mescola il sacro cuore di Maria, vergine, con la scoperta dell’America, prima di salutare con “Adelante, adelante”. Wilders è l’innamorato, “Matteo ti amo”. Sono i perdenti di successo, la notte dell’Europa, e ripetono, come Salvini, “togliamo la cittadinanza a chi delinque”, ma al governo non ci vanno e Salvini può solo recitare Brecht, infuriarsi contro le banche, i banchieri “che devono pagare”. Mescolano lo spavento più grande dietro le panze, come Orban, il magiaro crasso, con il traduttore alla sua destra, salutato con “Riprenditi la Salis”. Bossi era becero ma Orban parla di sangue, di patto Roma-Budapest, perché la “libertà di italiani e ungheresi è insita nel sangue”, svuota le casse Ue ma minaccia perché “se ci puniscono, trasporteremo i migranti e li deponiamo a Bruxelles”, città che “va presa, occupata”. Nelle chat della Lega l’ordine è “dopo dieci minuti che parla Salvini ci si avvia verso il bus”. Smarriti, sabato sera, i delegati trumpiani vagavano per Ponte San Pietro, l’inviata di Orban si allontanava dal binario, causa leghista alticcio. No, non è la Lega santa, ma solo l’ultimo ballo di Salvini, il tamburo ungherese al posto del Nabucco, l’oh, mia Lega, si bella e perduta.
(da Il Foglio)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LO SCONTRO SOTTERRANEO E LA CACCIA ALLA TALPA… E QUESTA SAREBBE UN PREMIER…
Stanare, sferzare, punire. Sono queste le parole d’ordine di Giorgia Meloni contro gli eletti di Fratelli d’Italia dopo il caso della chat finita sui giornali. «Se non puoi fidarti di messaggini senza importanza come quello sulla Consulta, figurati se posti cose più importanti cosa succede», è il refrain dei fedelissimi.
«Se devi guardarti dai tuoi, meglio alzare bandiera bianca», è la frase con cui spiegano lo sfogo della premier, che nel gruppo Whatsapp dei parlamentari del suo partito ha minacciato l’addio a Palazzo Chigi: «Mollerò per l’infamia di pochi. Perché fare sta vita per far eleggere sta gente anche no». Mentre c’è chi pensa che la storia della talpa sia addirittura l’ennesimo atto del presunto scontro sotterraneo tra la premier e gli eredi di Silvio Berlusconi.
Spioni, infami, gole profonde
In questo quadro piuttosto surreale Pier Silvio e Marina Berlusconi sarebbero i burattinai di un complotto per portare il primo dei due in politica. Con una discesa in campo in programma secondo il Corriere addirittura per la prossima primavera.
Intanto l’altroieri il ministro della Difesa Guido Crosetto ha minacciato addirittura un esposto per trovare «chi ha violato il segreto di corrispondenza». Anche se c’è chi è perplesso, fa sapere oggi La Stampa, perché «la polizia postale non può certo chiederci di consegnare i cellulari. Come parlamentari siamo tutelati da questo punto di vista».
Ma il ministro della Difesa, che ha minacciato il ricorso ai magistrati in chat, dice che i messaggi inviati erano solo un’esca: «l’ultimo era visibile solo ai contatti considerati sicuri e alla presunta talpa». E si pensa di silenziare le chat di servizio e di richiamare i parlamentari tramite lanci d’agenzia.
La caccia alla talpa
Il Corriere della Sera spiega che secondo Crosetto il responsabile della fuga di notizie «non è nessuno del partito, nessun parlamentare». E alcuni meloniani sospettano di un collaboratore troppo zelante. Che spedirebbe i messaggi allo scopo di ricavare interviste e citazioni per il suo deputato (o deputata).
«C’è gente che per una citazione sui giornali si venderebbe la madre», ha scritto proprio Meloni nella chat incriminata. E infatti al quotidiano un meloniano anonimo suggerisce: «Quello di Giorgia non era un attacco a noi. Lei ha paura di qualcuno che fa il doppio gioco e che non è più nel partito». E l’avviso suonerebbe più o meno così: «Smettete di fare i fenomeni. Se vi mollo io dove pensate di andare?». La tana della talpa sarebbe Forza Italia. Il mammifero soricomorfo in questione potrebbe essere qualcuno che ha lasciato il partito ma è ancora nella chat.
Lo scontro sotterraneo
Per questo la storia delle soffiate alla stampa diventa un altro capitolo del presunto scontro sotterraneo tra Meloni e i Berlusconi. A via della Scrofa intanto si lavora per «pulire un po’ le chat, senza umiliare nessuno». E al vertice dei gruppi si studiano le contromisure. Intanto è interessante vedere come finirà la partita per l’elezione del giudice costituzionale che ha aperto la polemica sulla talpa nelle chat. L’opposizione, spiega Repubblica, minaccia l’Aventino. Perché Giorgia avrebbe scelto Francesco Saverio Marini. Ovvero il suo consigliere giuridico che è anche l’autore materiale della riforma sul premierato. «Sarebbe ben strano che fosse chiamato a giudicare la riforma del premierato proprio colui che l’ha scritta», fanno sapere dal Partito Democratico.
Il magic number
Il magic number, cioè il numero di parlamentari necessari per eleggere Marini, è 363. E sarà difficile raggiungerlo con un clima di protesta che sta portando l’intera opposizione unita a disertare l’Aula. Intanto un pm spiega al quotidiano che l’esposto di Crosetto potrebbe finire nella carta straccia: «Francamente non riesco a capire quale potrebbe essere l’ipotesi di reato. Ce ne sarebbe uno solo qualora si sostenesse che un terzo, non facente parte della chat, avesse sottratto, e poi rivelato all’esterno, le conversazioni». Ma l’sms ha raggiunto 184 persone tra deputati e senatori. Beccare il responsabile sarà facile come trovare un ago in un pagliaio.
(da Corriere della Sera)
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Ottobre 7th, 2024 Riccardo Fucile
IL FORZISTA RISPONDE PER LE RIME A SALVINI: “IO IL SERVIZIO MILITARE L’HO FATTO NON DA RACCOMANDATO A CASA”
Antonio Tajani questa volta c’è rimasto male. Lo scontro sulle idee ci sta, e va da sé che
può essere pure duro, impietoso, senza sconti. Ma, come si usa dire, si è passato il segno. Fargli gli striscioni chiamandolo «scafista», sommergerlo di cori che fanno impallidire il vaffa di grillina memoria, coprirlo di insulti.
C’è rimasto male e glielo ha pure scritto a Matteo Salvini: ma ti rendi conto di quale livello avete raggiunto? Di quale immagine diamo della maggioranza e del governo? E ieri si è preso cura di fare tutt’altro che dare segni di cedimento. Avanti con lo ius Italiae, la proposta di legge firmata Forza Italia che offre la cittadinanza a quegli immigrati che abbiano completato dieci anni di studi.
Con la Lega è sfida aperta. Salvini si barrica dietro il «non è una priorità» e a Pontida la cenere in capo per le offese sembra più di maniera che di sostanza. E lo ius Italiae non è nemmeno l’unico punto della contesa. Si va dalla scuola, dove sempre Vannacci pensa a percorsi separati per i diversamente abili.
Certo, Salvini si affretta a dire che è stato male interpretato, ma Tajani inorridisce. L’autonomia differenziata l’hanno votata tutti, e Forza Italia non la rinnega. Ma mentre i governatori leghisti hanno una gran fretta di cominciare, Tajani sostiene che prima bisogna finanziare i Lep, quei Livelli essenziali di prestazione che servono a garantire che non ci siano cittadini di serie A nelle regioni più ricche e italiani di serie B nelle altre.
Non basta. Se Salvini a Pontida dice: «La manovra finanziaria la paghino i banchieri», Tajani sostiene invece che tassare così gli extraprofitti è roba da Unione sovietica. E non sono solo le questioni di casa nostra a dividere, una parte robusta dello scontro, se non addirittura la più robusta, riguarda la politica estera, che Tajani guida e che Salvini contesta.
«Io che faccio un dispetto all’Italia? Ma io sono un patriota, sono figlio di un militare e il servizio militare l’ho fatto, inquadrato in un reparto Nato, non da raccomandato a casa». Solo qualche maligno potrebbe andare a cercare in questa rivendicazione di Tajani una stilettata all’amico e alleato Salvini, che la divisa della fanteria l’ha indossata nella caserma Montello della natìa Milano.
Ma è certo che i due vicepremier se le sono dette e se le sono date di santa ragione, ormai con un ritmo quasi quotidiano, ben prima dell’ultima scivolata, con Salvini costretto a chiedere «scusa per quei quattro scemi» di Pontida, e chissà quanto gli è costato.
Sulla Francia, la zampata era partita da Salvini: «Chi preferisce Emmanuel Macron a Marine Le Pen, chi preferisce quell’uomo pericoloso e instabile, che dovrebbe farsi curare, o per lo meno mettersi l’elmetto e non rompere le palle, fa un dispetto all’Italia».
Contro zampata di Tajani: «Lo capisco, fa campagna elettorale, ma io faccio il ministro degli Esteri, e non uso parole volgari verso un capo di Stato, io che canto l’Inno e mai ho sognato la secessione».
Ma poi c’è pure l’Austria, con il successo dell’ultradestra di Fpö. Matteo esulta: «Bellissimo risultato per i nostri alleati». Antonio si preoccupa: «Bisogna respingere i rigurgiti neonazisti». Salvini insorge: «Qualcuno ha dormito male o ha mangiato pesante».
Piccola vendetta verso chi gli rimproverava i troppi mojito dei tempi del Papeete. Tajani dribbla: «Sono a dieta, digerisco sempre bene».
Tocca alla Russia, all’indomani del voto a valanga per Putin: «Quando un popolo si esprime ha sempre ragione». E questo è Salvini. «La politica estera la faccio io, sono state elezioni caratterizzate da pressioni forti e anche violente». E questo è Tajani.
L’elenco sarebbe sterminato, soprattutto sull’invasione dell’Ucraina, fino a un comunicato congiunto della maggioranza che nella versione rilanciata dalla Lega sfuma sugli aiuti a Kiev. Basta così, per ora. Intanto, dalle parti di Forza Italia, si fanno girare foto che mostrano il pratone di Pontida mezzo vuoto.
(da agenzie)
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