Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
LA GUERRA PER BANDE AL DICASTERO E’ UN GROVIGLIO TRA POLTRONE, STIPENDI D’ORO E VELENI … CRESCONO STAFF E COMPENSI MA SI ALLUNGANO LE LISTE D’ATTESA PER I CITTADINI … TRA I TECNICI “ARRUOLATI” DA FDI C’È PURE UN INDAGATO
L’incidente più serio è di giugno, quando Marcello Gemmato, sottosegretario di Fratelli
d’Italia alla Salute, ha fatto saltare un convegno incredibile: “Aifa si presenta”, in programma all’auditorium del ministero il 21 del mese con i vertici dell’Agenzia del farmaco. Con il ministro Orazio Schillaci e il suo potente capo di gabinetto Marco Mattei dati per “confermati” nella brochure preparata da una misteriosa società Fuel Consulting.
Alla pagina dopo lo “sponsor prospectus”: alle aziende farmaceutiche venivano proposte tre formule da 5, 10 e 20 mila euro. I posti dell’auditorium in vendita? L’evento istituzionale di chi autorizza i farmaci sponsorizzato da chi li produce?
Gemmato ha chiesto spiegazioni a tutti, l’appuntamento è stato annullato. Schillaci ha detto di non saperne nulla. Ma davvero al gabinetto non sanno cosa si fa al ministero? Restano senza risposte almeno due interrogazioni parlamentari sul convegno, una di Francesco Boccia, Sandra Zampa e altri del Pd, l’altra di Massimo Garavaglia della Lega. “Non risponde quasi mai la Salute”, sottolinea Zampa, già sottosegretaria ai tempi di Roberto Speranza.
La tensione era già alta al ministero. Gemmato si dà molto da fare e soffre un certo immobilismo dello staff del ministro, dove però non tutti vedono di buon occhio l’attivismo del sottosegretario a favore dei suoi colleghi farmacisti.
Schillaci il tecnico, l’ex rettore di Tor Vergata che piace al presidente Sergio Mattarella, delega molto ai dirigenti. E certo non ha lo stesso filo diretto con Palazzo Chigi del suo sottosegretario, così vicino a Giorgia Meloni da ospitarla in Puglia quando la premier in agosto ha deciso di sparire dai radar. Infatti si vede: nemmeno per il decreto spot elettorale sulle liste d’attesa, prima delle Europee di giugno, Schillaci è riuscito a farsi dare dei soldi dal ministero dell’Economia.
AUMENTANO I DIRIGENTI E I LORO STIPENDI
Ha scelto lui Mattei, ex direttore sanitario di Tor Vergata ed ex sindaco di Albano Laziale. A capo della segreteria politica FdI gli ha messo Rita Di Quinzio, fedelissima delle sorelle Meloni: con un recente regolamento prenderà il doppio degli 80 mila euro che prendeva e che tutti hanno sempre preso in quel ruolo; l’adeguamento non è ancora pubblicato. Ma a Schillaci serviva un appoggio politico e l’ha trovato in Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e probabile prossimo ministro del Sud o di qualcos’altro, poi forse candidato alla presidenza della Campania, certamente uno degli uomini più importanti di FdI nel Mezzogiorno.
Così ha regalato uno spettacolare triplo salto di carriera alla compagna di Cirielli, Maria Rosaria Campitiello, per tutti Mara, ginecologa 39enne, arrivata al ministero due anni fa dopo una breve esperienza alla Asl di Salerno. Da fine giugno guida forse il più importante dei quattro dipartimenti in cui hanno articolato il ministero, aumentando le posizioni da 200 mila euro lordi annui in su: Prevenzione, Ricerca ed Emergenze. Se c’è una pandemia la prima linea è sua.
TECNICI “ARRUOLATI” DA FDI C’È PURE UN INDAGATO
Campitiello sceglie i collaboratori con oculatezza bipartisan: uno è Giuseppe Gambale, medico ed ex deputato della Rete che fu, poi Pd. Ma lavora anche per il partito: a fine maggio Campitiello figurava con il titolo di “prof” (a contratto, s’intende) con Cirielli, sul manifesto di un convegno elettorale a Cava dei Tirreni per Alberico Gambino, già collaboratore del medesimo Cirielli e candidato alle Europee, poi trionfalmente eletto.
C’era pure Antonio Salzano, ex sindaco liberale di Afragola (Napoli) e grande navigatore della sanità campana e nazionale, coordinatore degli uffici Usmaf (Sanità marittima). Titolo: “Il Piano Mattei nel futuro del Parlamento europeo”. “C’ero solo come tecnico, non mi attribuisca affiliazioni politiche”, si raccomanda.
Nel 2022 Salzano è finito in un’indagine del pm Henry John Woodcock sui certificati fasulli per i marittimi, ipotesi di corruzione tutte da verificare, ma nel frattempo era opportuno spostarlo dall’Usmaf di Napoli. C’era chi voleva mandarlo in Sicilia e invece a luglio 2023 l’hanno portato a Roma a coordinare gli uffici Usmaf, Napoli compreso, ruolo che aveva già ricoperto. Lì resta anche dopo i 70 anni grazie a una particolare interpretazione della norma che consente di fare i medici fino a 72, ma senza incarichi direttivi: vale solo per l’assistenza.
Ha protestato l’Anaao, il sindacato dei medici ospedalieri. Intanto alla Salute sono andati in crisi anche per l’anticorpo monoclonale contro il virus sinciziale; a due anni dall’insediamento, per ora hanno fatto solo spot sulle liste d’attesa; il decreto sulle tariffe dei nuovi Lea lo stiamo ancora aspettando; nemmeno il Piano pandemico sono riusciti a fare, stretti tra il buon senso e i no-vax. Galleggiano tra le corporazioni e gli interessi privati che si nutrono della crisi della sanità pubblica.
Vedremo le assunzioni promesse, se arriveranno.
IL SOTTOSEGRETARIO”DIO PATRIA E PASTIGLIA”
Intanto Gemmato lavora. “Dio patria e pastiglia” è la frase con cui si presenta su Whatsapp. Il conflitto di interessi non c’è, il sottosegretario – ha detto l’Anac – non ha problemi se la farmacia di famiglia a Terlizzi (Bari) la gestiscono i fratelli. Può avere anche la delega alle farmacie, che intanto hanno visto crescere la loro remunerazione: “227 milioni di utile in più”, annunciava trionfalmente Gemmato ai colleghi, ad aprile, al Cosmofarma di Bologna, grande kermesse del settore.
C’è il video su Youtube. Spostano intere classi di farmaci dalla distribuzione diretta (ospedali e Asl) alla convenzionata (farmacie), hanno iniziato con le gliptine (antidiabetici, usati anche per dimagrire) e potrebbe essere uno dei motivi dell’allarmante aumento della spesa farmaceutica. C’è un ricorso della Regione Toscana, la spesa può aumentare ancora. “Per esempio il Sitagliptin: noi si paga con la gara 2,60 a confezione e il prezzo di rimborso alla farmacia è 22,40”, dicono dalla Toscana.
L’obiettivo è potenziare la farmacia dei servizi, progetto ragionevole sempre però che non cada la barriera tra chi prescrive i farmaci e chi li vende, come hanno scritto Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere. Il ddl Semplificazioni che accelera il processo ha scatenato una rivolta degli ambulatori privati, che si sono tirati dietro mezzo Parlamento e gli Ordini di medici e biologi il 25 settembre al Brancaccio di Roma. Si discute tra l’altro di prelievi e analisi, già in mano a trust stranieri. Gemmato e Schillaci si sono contraddetti davanti alle telecamere di Report sulla possibilità di rilasciare referti non firmati da un professionista. “Conflitto d’interessi? Se ce l’ha il sottosegretario farmacista ce l’ha anche il ministro medico”, sostiene qualcuno alla Salute.
(da Fatto quotidiano)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
LA LISTA EUROPEA È DIVERSA DA QUELLA ITALIANA, CHE INCLUDE PAESI COME TUNISIA, L’EGITTO O IL BANGLADESH DAI QUALI ARRIVA LA MAGGIOR PARTE DEI RICHIEDENTI ASILO: IN PRATICA QUASI NESSUNO DEI MIGRANTI POTRÀ ESSERE RINCHIUSO IN ALBANIA. E DOVRÀ ESSERE RIPORTATO IN ITALIA…NON È L’UNICO NODO CHE RISCHIA DI FAR SALTARE TUTTO
Il governo tira dritto sull’operazione Albania, sbandierata per mesi, che rischia però d’inabissarsi a poche miglia dal via.
Il primo viaggio della nave di migranti attraverso lo Ionio e l’Adriatico potrebbe rivelarsi un flop. E il pericolo per l’esecutivo non è solo di ritrovarsi vuoti quei centri che costeranno quasi un miliardo in cinque anni, ma pure di assistere a una denuncia per danno erariale alla Corte dei Conti.
La nave della Marina militare da 300 posti potrebbe salpare oggi stesso e comunque stazionare a partire da domattina a una ventina di miglia dalle coste di Lampedusa. Sull’imbarcazione verranno fatti salire tutti i migranti soccorsi nelle prossime ore dalla Guardia costiera in acque internazionali ma in zona Sar italiana.
Lì sopra verrà effettuato un primo screening per escludere donne, minori, persone torturate, malati che saranno fatti scendere a Lampedusa e da qui immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali.[
Gli uomini adulti dei quali, già a bordo, verrà accertata dai mediatori culturali del Viminale la provenienza da uno dei 22 Paesi ritenuti sicuri dalla lista ritoccata proprio quest’anno dalla Farnesina saranno portati fuori dall’Italia. E qui torniamo ai tempi, e alla corsa: la prima partenza della mega nave è stata immaginata per mercoledì.
Una volta arrivati al porto di Schengjin, nel nord dell’Albania vicino al confine con il Montenegro, i migranti residui verranno fatti scendere e sottoposti nell’hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito.
Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell’Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l’interno, dove si trovano tre strutture consegnate solo il 9 ottobre al ministero dell’Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.
È qui che il piano Albania si scontra con la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea che mina le fondamenta dell’intero accordo rendendolo, nella sostanza, inapplicabile.
Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere «alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani» in ogni sua zona e per qualsiasi persona.
Un criterio ben diverso da quello della Farnesina che ora costringe l’Italia a rivedere del tutto la sua lista tagliando fuori, ad esempio, la Tunisia, l’Egitto o il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo.
In pratica giusto i capoverdiani resterebbero reclusi in Albania, prima del loro rapido rimpatrio.
Se i giudici, allertati a decidere già nel prossimo fine settimana, si conformeranno alla sentenza europea — come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono state appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini — praticamente nessuno dei migranti potrà essere rinchiuso in Albania. E dovrà essere riportato in Italia.
È il nodo che rischia di far saltare tutto, sottraendo fondamento giuridico all’intera operazione. Non è l’unico.
Altri ricorsi potrebbero piovere sulla valutazione della vulnerabilità dei migranti che a bordo della nave hub dovrà necessariamente essere veloce.
E, ancora, c’è la spinosa questione della tutela legale con avvocati solo a distanza e collegamenti solo in videoconferenza per le udienze di convalida.
(da La Repubblica)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
“L’ERRORE COMMESSO DAL GOVERNO SULLA CONSULTA NON È NELLA PROPOSTA DI UN CANDIDATO DI PARTE, FRANCESCO SAVERIO MARINI, MA È NEL TENTATIVO DI ELEGGERLO SENZA CERCARE UNA CONDIVISIONE CON LE OPPOSIZIONI”… “LA CORTE NON È LA RAI DOVE UN CONDUTTORE PUÒ DICHIARARE DI RENDERE CONTO ALL’AZIONISTA DI MAGGIORANZA. SE UN GIUDICE COSTITUZIONALE RENDESSE CONTO AL PARTITO CHE CE L’HA MESSO, CIÒ COMPORTEREBBE LA TOTALE DELEGITTIMAZIONE DELLA CONSULTA”
«L’errore commesso dal governo sulla Consulta? Non è certo nella proposta di un
candidato di parte – questo è sempre accaduto – ma è nel tentativo di eleggerlo senza cercare una condivisione con le opposizioni. Condivisione sulla idoneità del giurista, non spartizione delle caselle a disposizione. Perché la Corte non può essere lottizzata. La Corte non è la Rai dove un conduttore può realisticamente dichiarare di rendere conto all’azionista di maggioranza: alla Rai è così, anche se non va bene neppure lì. Se un giudice costituzionale rendesse conto al partito che ce l’ha messo, ciò comporterebbe la totale delegittimazione della Consulta, e quindi una ferita per la democrazia».
Giuliano Amato, presidente emerito della Corte Costituzionale, interviene su ciò che sta accadendo in Parlamento per la elezione del nuovo giudice, dopo il tentativo fallito della presidente del Consiglio di imporre il suo candidato.
Quindi nessuna obiezione alla candidatura di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Giorgia Meloni e autore del disegno di legge sul premierato?
«No, non vedo alcuna incompatibilità. Peraltro la Consulta giudica la costituzionalità delle leggi ordinarie, non degli emendamenti costituzionali, se non in casi eccezionali. Il punto è un altro».
Qual è?
«Abbiamo assistito in questi giorni a quello che io reputo un tradimento delle procedure parlamentari. I capigruppo della maggioranza avrebbero dovuto riunirsi con i capigruppo delle opposizioni per illustrare la figura e le competenze giuridiche di Marini nel tentativo di raggiungere i tre quinti dei voti. Se la Costituzione prevede un quorum così alto, addirittura più alto di quello previsto per la elezione del capo dello Stato, ci sarà una ragione. E questa va cercata nella necessità di una condivisione, di una decisione partecipata».
E invece?
«L’unico atto che risulta in Parlamento è la convocazione senza eccezioni né deroghe di tutti i parlamentari della maggioranza. Attenzione: questo che reputo un tradimento delle procedure previste è solo lo sbocco naturale di un processo di inaridimento del ruolo del Parlamento, oggi chiamato a ratificare ciò che gli propongono i governi. Ma di questo svuotamento sono corresponsabili tutti i partiti che hanno governato negli ultimi quindici anni».
Perché è importante la convergenza più ampia possibile sui candidati della Consulta?
«Il giudice della Corte è la viva vox Constitutionis , per dirla con Piero Calamandrei, non la viva vox del partito che l’ha candidato. Questa è una regola fondamentale, tanto più necessaria oggi che una convergenza di circostanze diverse può portare alla crisi di legittimità della Corte».
Quali sono queste circostanze?
«Da un lato abbiamo assistito al proliferare di questioni bioetiche come il suicidio assistito o il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali, dall’altro lato la politica ha mostrato la sua totale incapacità a dominarle, anzi a volte ne sembra dominata, radicalmente sbilanciata da un lato o dall’altro. Il rischio è che le decisioni della Corte, adottate su un crinale molto difficile, non vengano accettate dalla classe politica, portata a dire: ma questi che vogliono? Tocca a noi decidere».
Nei fatti, in parte è già successo: il Parlamento non ha ancora deliberato sul suicidio assistito e sulle famiglie arcobaleno nonostante le sentenze della Corte.
«Questo non va bene. Ma potrebbe anche succedere che le maggioranze politiche dichiarino guerra alle corti proprio perché tutelano i diritti di quegli irregolari che non sono amati dalle destre populiste: migranti, omosessuali, carcerati. L’abbiamo visto nella Polonia di Tusk e nell’Ungheria di Orbán, che infatti hanno posto le Corti Costituzionali sotto il controllo dell’esecutivo.
Intendiamoci: noi siamo lontani da questo! Non sta arrivando Orbán. E tuttavia anche da noi assistiamo al riemergere di culture che non tollerano affatto la presenza della Corte: non tollerano che al di sopra della maggioranza vi sia qualcuno che dica “no, questo non lo potete fare”». «Perché invece i nostri padri costituenti la ritennero necessaria? Gli orrori del nazismo e del fascismo degli anni Trenta sono avvenuti sulla base di legislazioni adottate con tutti i crismi dalle maggioranze parlamentari. Che quindi al di sopra della maggioranza ci sia un organo di garanzia è apparso non più rinunciabile».
C’è il rischio oggi che la voce della Consulta non venga più accettata?
«È un rischio immanente, soprattutto in un paese come il nostro in cui la cultura della divisione dei poteri è entrata con più fatica. È compito della maggioranza esserne consapevole. Ma è anche compito della stessa Corte fare in modo di sottrarsi all’accusa di essere schierata politicamente.».
La presidente Meloni non ha avuto remore nel rivendicare la nomina dei nuovi giudici costituzionali come una cosa di esclusiva pertinenza della destra. Nella sua prima conferenza stampa di quest’anno, pronunciando parole molto dure su una sua intervista uscita su Rep ubblica proprio sulla Consulta, di fatto l’ha messa nelle condizioni di dimettersi dalla presidenza della Commissione governativa sulla Intelligenza Artificiale. Disse che Amato voleva giudici solo di sinistra, mentre ora toccava alla destra.
«Considero quelle parole della presidente Meloni un infortunio. È certo utile che anche in quella parte politica penetri progressivamente la consapevolezza che la Corte non è la Rai – mi secca dire così, perché neppure per la Rai va bene: ma la Corte non può essere lottizzata. E dunque va bene la nomina di un giurista che sia espressione di quella parte politica, ma non perché l’eletto consideri il partito che l’ha candidato il suo azionista di riferimento».
Che cosa ci racconta questa vicenda sulla cultura costituzionale della classe di governo?
«Paolo Grossi, un grande presidente della Corte di matrice conservatrice, sosteneva che nel nostro Paese fosse necessario ricreare una mentalità costituzionale, molto viva nel dopoguerra ma poi andata spegnendosi nel corso di questi decenni».
(da Repubblica)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
DOPO AVER SFIORATO LA RISSA IL 3 OTTOBRE SCORSO ALLA GNAM, MINACCIANDO “SCHIAFFONI” A UN CONTESTATORE IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ITALO BOCCHINO, L’EX SENATORE DI ALLEANZA NAZIONALE INAUGURERÀ, NELL’EX SEDE DEL MSI DI PIAZZA TUSCOLO A ROMA, IL PRIMO COMITATO ITALIANO “PRO TRUMP”
Il “camerata Pinguino” è in grande spolvero in questo periodo. Dopo aver sfiorato la rissa il 3 ottobre scorso alla Gnam, minacciando “schiaffoni” a un contestatore in occasione della presentazione del libro di Italo Bocchino, l’ex senatore Domenico Gramazio domani inaugurerà, nell’ex sede del Msi di piazza Tuscolo a Roma, il primo comitato italiano “pro Trump”, a sostegno del candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti.
Ospite d’onore sarà Pietro Giubilo, sindaco di Roma negli anni 80, già andreottiano di ferro all’epoca molto vicino a “Lo Squalo”, Vittorio Sbardella. All’iniziativa “hanno aderito già centinaia e centinaia di esponenti di associazioni di categoria, oltre a donne e uomini che si oppongono alla egemonia della sinistra”.
Si preannuncia per domani pomeriggio, alle 17.30, un vero e proprio raduno di estrema destra. D’altronde l’ex sezione Msi di piazza Tuscolo è uno dei totem della destra post-fascista romana. Basti pensare che il Cis (Centro iniziative solidali) oggi è intitolato a Alberto Giaquinto, il giovane militante di destra ucciso nel 1979 mentre era in compagnia del futuro terrorista dei Nar, Massimo Morsello.
Tempi andati. Anche se Gramazio, avvistato molto spesso dalle parti di via della Scrofa – sede nazionale di Fratelli d’Italia – ci tiene molto alla memoria missina. Tanto che da consigliere dell’Associazione Acca Larenzia, guidata da persone vicino a Casapound, è riuscito a mediare con la Fondazione An una donazione di 70 mila euro affinché si potesse provvedere all’acquisto della storica sede dell’Appio Tuscolano dove nel 1978 furono uccisi tre giovani militanti.
(da il Fatto quotidiano)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL MINISTRO NON RINUNCIA ALLA FIERA DELL’UVA E DEL TARTUFO NE’ AGLI EVENTI DI FORZA ITALIA
Mercoledì 2 ottobre, Palazzo Chigi. È l’ennesima giornata di inferno in Medio-Oriente, con
l’Iran che attacca Israele e Netanyahu che grida alla guerra contro “l’asse del male”. Antonio Tajani si presenta in conferenza, ma dopo una breve dichiarazione, il capo ufficio stampa di Palazzo Chigi Fabrizio Alfano lo scorta fuori: “Se non ci sono domande, il ministro degli Esteri deve lasciare la conferenza stampa per impegni”. Tajani replica brevemente a una cronista, poi fila via. Deve partecipare a una riunione del Quint, un gruppo informale dei Paesi Nato. Qualche ora più tardi però, alla Farnesina guardano con stupore i social del ministro: Tajani posa con tale Linda Elezi, consigliera regionale nelle Marche che in quel giorno ufficializza il passaggio a Forza Italia: “Cresce ancora la squadra di Forza Italia nelle Marche, avanti cosi!”.
È solo uno dei tanti episodi che in queste settimane hanno fatto storcere il naso a molti, tanto al ministero degli Esteri quanto a Palazzo Chigi. Il malumore riguarda un’agenda allegra: nonostante la tensione internazionale, Tajani non rinuncia a sagre, festival e gazebo di partito. Il perché è intuibile, visto che il leader di FI convive con l’ingombrante presenza della famiglia Berlusconi e non può permettersi scivoloni o sconfitte elettorali, a partire dalle imminenti regionali in Liguria. Non è un caso che Tajani sia già andato a Genova il 18 settembre e l’1 ottobre, sia stato a Savona due giorni fa e si prepari a tornare nel capoluogo il 25 ottobre.
Ed è stata proprio la visita dell’1 ottobre a esser notata dagli alleati. Come detto, si tratta del giorno dell’attacco dell’Iran, parte di un’escalation che – come prevedibile – ha presto coinvolto anche i militari italiani in Libano. In quelle ore, Tajani sta presentando le liste di FI per le regionali ed è costretto a collegarsi in video, da Genova, a una riunione d’urgenza convocata a Palazzo Chigi. “Ma Tajani dov’è?”, si chiedono gli sherpa della premier. Due giorni dopo, nel pieno dell’escalation, il vicepremier compare a una conferenza stampa nella sede del partito a san Lorenzo in Lucina col viceministro Francesco Paolo Sisto e Alessandro Cattaneo per presentare “la relazione e la sintesi” sull’iniziativa “L’Estate in carcere” di Forza Italia.
Altro caso analogo succede il 6 ottobre. Israele da ore minaccia l’Iran e il clima è reso ancor più teso dall’imminente anniversario dell’attacco di Hamas che ha fatto nuovamente deflagrare la guerra in Medio-Oriente. Tajani è reduce da un sabato passato a Milano a un evento di FI per presentare lo Ius Italiae, un ddl sulla cittadinanza. E la domenica mattina Tajani si concede una visita alla celebre Sagra dell’uva di Marino, in provincia di Roma. Il ministro esalta la festa con tanto di emoticon su X: “Storia, tradizione, cultura, anche con la rievocazione del ritorno di Marcantonio Colonna dalla Battaglia di Lepanto e il miracolo delle fontane”. La gita gli viene rinfacciata anche da Matteo Renzi nel question time al Senato: ieri il leader di Iv ha definito Tajani “moralmente indifendibile e istituzionalmente indecente”.
E si arriva a giovedì, altra giornata campale. L’Italia è in allarme per i soldati della missione Unifil, più volte colpita da Israele. Tajani è di ritorno da una lunga missione in Argentina e Brasile e a convocare l’ambasciatore quindi è Crosetto: il ministro degli Esteri non si farà sentire fino a tarda sera di giovedì, quando fa il giro delle tv per mostrare che anche lui esiste. Ma al suo rientro non fa in tempo a rimettere piede alla Farnesina che si rimette subito in viaggio. Stavolta per impegni tutti italiani: venerdì mattina è a Torino per un confronto sui trasporti col presidente di Regione Alberto Cirio e le associazioni di categoria; a Cherasco (Cuneo) fa una riunione di partito con i ministri Paolo Zangrillo e Gilberto Pichetto Fratin in cui dice che alle prossime elezioni Forza Italia arriverà al 20%; il pomeriggio si sposta a Savona per promuovere Marco Bucci e poi, prima di sera, raggiunge il Teatro Sociale di Alba (Cuneo) per l’inaugurazione dell’imperdibile Fiera internazionale del Tartufo Bianco. La crisi in Medio-Oriente può aspettare.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
CRESCE ANCHE LA POVERTÀ EDUCATIVA: IL 10,5% DEI GIOVANI TRA I 18 E I 24 ANNI HA INTERROTTO IL PERCORSO FORMATIVO CON LA LICENZA MEDIA, E L’8,4% DEGLI STUDENTI DEL QUINTO ANNO DELLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO HA UN BASSO LIVELLO DI COMPETENZE IN ITALIANO, MATEMATICA E INGLESE…IL 16,8% DEI RAGAZZI NON È MAI ANDATO AL CINEMA, A TEATRO, IN UN MUSEO, A MOSTRE, SITI ARCHEOLOGICI, MONUMENTI, CONCERTI
Cresce, in Italia, la povertà educativa con il 70,5% dei bambini e dei ragazzi tra i 3 e 19 anni che non è mai andato in biblioteca nel 2023, mentre il 39,2% non ha praticato sport nel corso dell’anno. Allarme anche per il dato che registra come il 14% dei minori in Italia viva in condizioni di assoluta povertà, da tutti i punti di vista. È quanto emerge dai dati Istat presentati alla ventiquattresima edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile.
Secondo i nuovi dati – presentati da Monica Pratesi dell’Università di Pisa e Direttrice del Dipartimento per la produzione statistica Istat – nel 2023 il 10,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha interrotto il percorso formativo con la licenza media, e l’8,4% degli studenti del quinto anno della secondaria di secondo grado ha un basso livello di competenze in italiano, matematica e inglese.
In base ai dati resi noti all’appuntamento di Bertinoro, ancora, il 16,8% dei giovani compresi tra i 6 e i 19 anni, non ha fruito di spettacoli fuori casa, ossia non è mai andato al cinema, a teatro, in un museo, a mostre, siti archeologici, monumenti, concerti. Questi numeri, viene evidenziato, mostrano come siano stati raggiunti livelli di povertà assoluta tra i minori mai toccati dal 2014.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL CRIMINALE DI GUERRA NON VUOLE TESTIMONI DELLO STERMINIO: “L’ONU SE NE VADA”
Israele ha preso ancora una volta di mira postazioni di Unifil, la missione Onu di
interposizione con Hezbollah già colpita nel corso degli ultimi giorni. Nella giornata di domenica le forze israeliane avrebbero addirittura abbattuto il cancello principale di un sua base, dove i tank avrebbero poi fatto irruzione.
Per questo Unifil ha detto di aver richiesto spiegazioni all’esercito israeliano a proposito delle nuove «scioccanti violazioni».
«Questa mattina presto», ricostruisce Unifil in una nota, «le forze di peacekeeping dislocate presso una postazione a Ramyah hanno osservato tre plotoni di soldati dell’Idf attraversare la Linea Blu verso il Libano. Verso le 4.30 del mattino, mentre i peacekeeper erano nei rifugi, due carri armati Merkava dell’Idf hanno distrutto il cancello principale della posizione e vi sono entrati con la forza. Hanno chiesto più volte che la base spegnesse le luci. I carri armati se ne sono andati circa 45 minuti dopo, dopo che l’Unifil ha protestato tramite il nostro meccanismo di collegamento, affermando che la presenza dell’Idf stava mettendo in pericolo i peacekeeper».
L’Unifil aggiunge che «verso le 6.40 del mattino, i peacekeeper nella stessa posizione hanno segnalato lo sparo di diversi colpi a 100 metri a nord, che hanno emesso fumo. Nonostante indossassero maschere protettive, quindici peacekeeper hanno subito effetti, tra cui irritazioni cutanee e reazioni gastrointestinali, dopo che il fumo è entrato nel campo. I peacekeeper stanno ricevendo cure». Il tutto all’indomani di un altra seria azione di disturbo da parte di Israele: «i soldati dell’Idf hanno fermato un movimento logistico critico dell’Unifil nei pressi di Meiss ej Jebel, negandogli il passaggio».
La protesta della missione Onu
«Per la quarta volta in pochi giorni, ricordiamo all’Idf e a tutti gli attori i loro obblighi di garantire la sicurezza del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite e di rispettare in ogni momento l’inviolabilità dei locali delle Nazioni Unite», alza la voce l’Unifil. «Violare ed entrare in una posizione Onu è un’ulteriore flagrante violazione del diritto internazionale e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza. Ogni attacco deliberato ai peacekeeper è una grave violazione del diritto internazionale umanitario. Il mandato dell’Unifil prevede la sua libertà di movimento nella sua area di operazioni e qualsiasi restrizione a ciò è una violazione della risoluzione 1701». Per questo l’Unifil rende noto di aver chiesto a Israele «spiegazioni in merito a queste scioccanti violazioni».
L’avviso di sfratto di Netanyahu
Il governo dello Stato ebraico, d’altra parte, fa capire ormai esplicitamente di non volerne più sapere della presenza del contingente internazionale nel sud del Libano. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto infatti stamattina ai vertici dell’Onu di mettere fuori pericolo «immediatamente» i caschi blu in Libano. «È ora di ritirare l’Unifil dalle roccaforti di Hezbollah e dalle zone di combattimento», ha affermato il leader israeliano in una dichiarazione ufficiale indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Netanyahu ricorda che l’Idf ha già avanzato questa richiesta che è stata «costantemente respinta»
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL GENERALE PORTOLANO, CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA: “I NOSTRI SOLDATI IN LIBANO SONO COSTRETTI A RESTARE NEI BUNKER 5-6 ORE AL GIORNO. VIVONO CON FRUSTRAZIONE IL FATTO CHE LE LORO ATTIVITÀ OPERATIVE SONO LIMITATE DAGLI ISRAELIANI. HANNO REGOLE DI INGAGGIO INADEGUATE”
“La reazione dei nostri soldati in Libano, che io sento giornalmente attraverso i comandanti del contingente è estremamente professionale: sono a conoscenza dei rischi e delle regole d’ingaggio e vivono con una certa frustrazione il fatto che le loro attività operative sono limitate dalla presenza degli israeliani in un’area sotto la responsabilità dell’Onu”. Lo ha detto il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano al programma ‘In mezzora’ su Rai 3.
“Il mandato emanato per Unifil è adeguato. Ciò che non è adeguato e che mi ha creato spesso frustrazione anche nei confronti della popolazione locale sono le regole d’ingaggio che non sono proporzionali ai compiti assegnati alla forza, tra cui la capacità e la necessità di disarmo dei gruppi armati in Libano, nella fattispecie Hezbollah”.
La situazione critica nel sud del Libano dove opera il contingente Unifil “costringe i militari italiani a rimanere fino a 5-6 ore al giorno nei bunker predisposti nelle basi”
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2024 Riccardo Fucile
HA DATO UNO SCOSSONE AL SISTEMA OTTENENDO LA MAGGIORANZA IN PARLAMENTO ED È ANDATO MOLTO VICINO A REALIZZARE IL SOGNO DI UNA SCOZIA INDIPENDENTE (IN UNO STORICO REFERENDUM DEL 2014, LA MAGGIORANZA DEGLI ELETTORI HA SOSTENUTO LA PERMANENZA NEL REGNO UNITO CON IL 55% CONTRO IL 45% CHE VOLEVA L’USCITA)
L’ex leader e figura di spicco del movimento per l’indipendenza scozzese Alex Salmond è
morto all’età di 69 anni. La conferma è giunta dallo Scottish National Party (Snp), da lui un tempo guidato, dopo le voci su un malore accusato durante un discorso del politico in Macedonia del Nord e il successivo e quasi immediato decesso. E nel Regno Unito la notizia ha subito dato il via ad una valanga di messaggi di cordoglio, a partire dal primo ministro laburista Keir Starmer e al suo predecessore, il conservatore Rishi Sunak.
Con un vero proprio tributo cui ha preso parte l’intero spettro parlamentare di Westminster. Salmond, pur politico a volte discusso e soprattutto, nell’ultima parte del suo percorso, a tratti controverso, ha segnato la storia del movimento indipendentista: ha portato l’Snp da un piccolo partito a Westminster a forza dominante nella politica scozzese, ha dato uno scossone al sistema e allo status quo ottenendo la maggioranza a Holyrood (il parlamento locale) nel 2011 ed è anche andato molto vicino a realizzare il sogno, suo personale e del partito, di una Scozia indipendente.Ha lambito infatti la soglia dell’indipendenza con lo storico referendum del 2014, e sebbene la maggioranza degli elettori ha sostenuto la permanenza nel Regno Unito con il 55% contro il 45% che si è espresso per l’indipendenza, con quel voto è caduto un tabù che ha introdotto un elemento fondamentale nel dibattito politico contemporaneo del Regno Unito.
E di questo non si può che attribuire la gran parte del merito appunto ad Alex Salmond. Salmond ha iniziato il suo secondo mandato come leader dello Snp nel 2004, assicurandosi il potere a Holyrood nel 2007 quando quello indipendentista è diventato il partito di maggioranza relativa in Scozia.
Così il 16 maggio 2007 è stato eletto dal Parlamento scozzese come nuovo First Minister, il primo non appartenente aal partito laburista, e ha guidato per tutta la legislatura 2007-2011 un governo monocolore di minoranza. A ciò è seguita una schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari scozzesi nel 2011, che ha di fatto aperto la strada al voto per l’indipendenza. Quindi ha mantenuto la carica di First Minister fino al 2014, quando si è dimesso dopo non essere riuscito a garantire l’indipendenza nel referendum e ha passato lo scettro alla sua vice Nicola Sturgeon.
Per poi dimettersi anche dall’Snp nel 2018 sulla scia delle accuse di molestie sessuali, formando e guidando il partito rivale Alba. È stato scagionato da tutte le accuse penali nel 2020. Anas Sarwar, leader del partito laburista scozzese, ha affermato che “la triste notizia della scomparsa di Alex Salmond è uno shock per tutti coloro che lo conoscevano in Scozia, nel Regno Unito e oltre”, descrivendolo come “una figura centrale nella politica degli ultimi tre decenni e il suo contributo al panorama politico scozzese non può essere sottolineato abbastanza”.
(da agenzie)
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