Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
ECCESSO COLPOSO DI LEGITTIMA DIFESA E LESIONI LIEVI COLPOSE
La procura di Pisa ha iscritto nel registro degli indagati una decina di poliziotti in relazione
negli scontri contro gli studenti durante un corteo pro Palestina, avvenuti il 23 febbraio.
Le accuse, a vario titolo, sono eccesso colposo di legittima difesa e lesioni lievi colpose. Lo si apprende da fonti sindacali.
Tra gli agenti indagati ci sarebbero poliziotti del reparto mobile fiorentino, impiegati nel servizio d’ordine pubblico, e anche i responsabili sulla piazza del dispositivo di sicurezza. Dopo la manifestazione, sette poliziotti in servizio in piazza il giorno degli scontri si erano autoidentificati, informando la procura
Le indagini condotte dalla polizia scientifica pisana hanno portato alle identificazioni degli agenti coinvolti negli scontri, quando un cordone di polizia caricò una cinquantina di studenti medi superiori per impedire che il corteo raggiungesse la centralissima piazza dei Cavalieri. I disordini innescarono una serie di polemiche con critiche alla condotta della polizia.
Il monito del presidente Mattarella
All’epoca dei fatti, quelle immagini in cui studenti e manifestanti sono stati caricati e colpiti da agenti della polizia mentre protestavano a favore della Palestina, avevano spinto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a chiamare il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per fargli presente, “trovandone condivisione”, che “l’autorevolezza delle Forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni”. “Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”, concludeva la nota con cui il Quirinale aveva fatto sapere del colloquio fra il capo dello Stato e il titolare del Viminale.
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I DATI VERGOGNOSI CHE EMERGONO DAL REPORT DI “CITTADINANZATTIVA”: FINO A UN ANNO E MEZZO PER UN ECODOPPLER, 480 GIORNI PER UNA VISITA DI CONTROLLO ONCOLOGICA”…CRESCONO LE CRITICHE AI MEDICI DI FAMIGLIA PER GLI APPUNTAMENTI TROPPO IN LÀ NEL TEMPO
Le liste d’attesa sono ancora il problema più grande per gli italiani che si confrontano con il servizio sanitario e il loro impatto è così ampio da contribuire a indurre circa 1 italiano su 13 a rinunciare alle cure. Lo conferma il Rapporto civico sulla salute presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva.
Secondo il rapporto, i cui dati si riferiscono al 2023, i cittadini continuano a segnalare l’incapacità del servizio sanitario di rispondere tempestivamente ai bisogni di salute: per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, cioè da eseguire entro 120 giorni) si può aspettare 468 giorni; per una visita di controllo oncologica in classe non determinata si possono attendere 480 giorni; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve, da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler dei tronchi sovraaortici in classe P; 437 giorni per un intervento di protesi d’anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B.
Certo, si tratta dei tempi massimi segnalati dai cittadini e non delle Attese medie. Tuttavia, il fenomeno incide in maniera determinante sul percorso terapeutico e perfino sulla scelta di non curarsi Secondo l’indagine, infatti, nel 2023 il 7,6% dei cittadini ha rinunciato alle cure (+0,6% rispetto al 2022) e quasi due su tre (il 4,5%) lo fanno proprio a causa delle lunghe liste di attesa (era il 2,8% nel 2022).
La quota di rinuncia è pari al 9,0% tra le donne e al 6,2% tra gli uomini. Le rinunce, inoltre, aumentano di più al Centro, dove in un anno si è passato dal 7,0% all’8,8%, e al Sud (dal 6,2% al 7,3%). Al Nord resta stabile il livello del 7,1%. (ANSA).
Appuntamenti troppo in là nel tempo, visite troppo brevi al punto da non riuscire a riferire tutti i propri problemi, deficit nelle informazioni che vengono fornite. Il rapporto tra i cittadini e medico di medicina generale – o pediatra di libera scelta – è sempre più in sofferenza secondo l’annuale Rapporto civico sulla salute, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva, che rileva come le segnalazioni di disservizi da parte dei cittadini in questa area siano triplicate in 5 anni (si passa dal 5,4% delle segnalazioni ricevute nel 2018 al 14,2% del 2023).
Non va meglio negli altri servizi presenti sul territorio. Secondo il rapporto, in particolare, le ricadute positive degli investimenti legati al Pnrr e la riforma dell’assistenza territoriale tardano ad arrivare, nonostante si osservino progressi nella messa a terra della riforma: ad aprile 2024, l’86% dei progetti relativi alle Case della Comunità è arrivato alla stipula del contratto; percentuali prossime al 100 per i contratti relativi alle Centrali Operative Territoriali.
È invece più variegata la situazione degli Ospedali di Comunità, con valori che oscillano fra il 70% e il 100%, sebbene alcune Regioni siano molto più indietro: la Calabria è al 45%, la Provincia Autonoma di Trento al 33%, quella di Bolzano a 0.
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO: “ANCHE SE CRESCE IL TASSO DI OCCUPAZIONE DOVREMO AUMENTARE GLI INGRESSI”
L’Italia e il suo mercato del lavoro hanno bisogno di lavoratori stranieri. A ribadirlo è il nuovo
rapporto di Confindustria «I nodi della competitività. La crescita dell’Italia fra tensioni globali, tassi e Pnrr». Secondo l’organizzazione, l’introduzione di un numero sempre maggiore di lavoratori extracomunitari è l’unica cosa che potrà «evitare la limitazione della crescita». Un problema che per il prossimo quinquennio si configura come un problema sempre più pressante visto il disallineamento tra domanda e offerta di posti di lavoro.
Il mismatch italiano
Secondo il rapporto, nella prima metà del 2024 quasi il 70% delle aziende italiane riscontrava difficoltà nel reperire nuovo personale. Un dato che, rispetto agli anni pre-pandemici, è in continua crescita. Le motivazioni puntualizzate dalla stessa Confindustria sono molteplici. A partire da quelle economiche: scarsa mobilità interna, fuga di cervelli, carenza di lavoratori extra-Ue. E arrivando a comprendere macro-tendenze demografiche, come il continuo calo della popolazione, in concomitanza con il suo invecchiamento. Da qui deriva il «mismatch quantitativo in aumento nel mercato del lavoro italiano». Anche perché, secondo i dati Istat, da oggi al 2028 si prevede un calo del saldo naturale (nati meno morti) di circa 1,5 milioni. Perdita che – nonostante un saldo migratorio di +1,2 milioni – causerebbe una decrescita della popolazione in età lavorativa di 850mila unità. Questo significa che, a parità di tasso di occupazione, l’offerta di lavoro tra 5 anni si ridurrà di 520mila unità.
La necessità di forza lavoro straniera
A ciò si aggiunge che la modesta crescita economica italiana (+4,9% tra 2024 e 2028) porterebbe con sé un nuovo fabbisogno di occupazione pari a 815mila posti di lavoro. Con una rapida somma: il mismatch tra domanda e offerta si amplierebbe così a 1,3 milioni, con una situazione più grave nel Mezzogiorno rispetto al Nord. Questo buco potrebbe essere coperto solo alzando il tasso di occupazione del 3,7%, cifra irrealistica. Assumendo che il tasso cresca del 2%, rimarrebbero 610mila unità ancora da reperire. I principali indiziati, oltre a giovani e donne, sarebbero proprio i lavoratori stranieri, i cui ingressi dovrebbero però aumentare di 120mila unità annue.
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
TUTTO QUELLO CHE MANCA NEL PROVVEDIMENTO E I POSSIBILI EFFETTI SULLE SENTENZE
La parola chiave è «territoriale». Il decreto paesi sicuri del governo Meloni ne mette 19 in lista per recepire la sentenza della Corte di Giustizia Europea e salvare i Cpr in Albania. Ma dopo gli annunci e le sfuriate della settimana scorsa da parte di Giorgia Meloni quello che spicca è ciò che manca.
Dal provvedimento legislativo che nelle intenzioni dell’esecutivo dovrebbe superare il decreto interministeriale del ministero degli Esteri è sparita la parte sui ricorsi del Viminale contro le decisioni dei giudici. Che avrebbe dovuto introdurre il grado di appello alle decisioni prima della Cassazione.
In più manca qualsiasi riferimento al secondo argomento della Cge sui paesi sicuri: quello delle categorie e delle minoranze etniche e religiose vessate. Significa che i giudici potranno continuare a negare i rimpatri per quelle motivazioni.
Il decreto legge paesi sicuri
Da quella lista ora sono esclusi solo Camerun, Colombia e Nigeria. Proprio per l’eccezione territoriale che è stata l’unica considerata. E poi c’è l’assenza più significativa. Quella della premier dalla conferenza stampa che lo ha presentato. E a quella di oggi nella quale si doveva parlare anche della Legge di Bilancio.
Secondo i retroscena Meloni non è soddisfatta dell’esito della parte normativa. Proprio perché non ci sono certezze sull’efficacia delle norme varate dal Cdm. Che ieri non a caso è stato al centro di un caso. La convocazione è arrivata alle ore 18,30 ma già in mattinata gli uffici di Palazzo Chigi e quelli di via Arenula erano al lavoro sul testo con il Viminale. L’ordine del giorno non è mai stato pubblicato. A causa, si dice, di un’interlocuzione piuttosto lunga con il Quirinale. Che adesso, secondo fonti parlamentari, sarebbe soddisfatto. Proprio perché la lista dei paesi sicuri per legge non cambierà molto le cose.
La lista e le eccezioni
I paesi sicuri in cui possono avvenire rimpatri dal momento della firma di Sergio Mattarella sul decreto legge sono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. L’assenza di Camerun, Colombia e Nigeria è in base al criterio «territoriale»: parti del territorio di quei paesi continuano a non essere sicure. La lista sarà aggiornata «dal Parlamento» con cadenza annuale, ha spiegato ieri il sottosegretario Alfredo Mantovano. «Nel momento in cui l’elenco dei paesi sicuri è inserito in una legge il giudice non può disapplicarla», ha detto ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio. In realtà non è così. Nel senso che ogni giudice conserva quel diritto se ritiene quella norma contraria all’interpretazione autentica della normativa.
Vale sempre il diritto Ue
Con il dimezzamento del testo quindi il governo ha ottenuto la firma del presidente della Repubblica sul decreto legge. Ma non quello che diceva di voler ottenere.
Lo spiega oggi a Repubblica Gianfranco Schiavone dell’Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione: «Il diritto europeo in materia di asilo continua ad essere sovraordinato. Anche se la lista dei Paesi sicuri è approvata per decreto, che è norma primaria, i giudici potranno continuare a decidere di non convalidare i trattenimenti alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea».
E questo perché «la sentenza fissa dei criteri interpretativi vincolanti. È una pronuncia della Gran Camera, non appellabile, che definisce anche le competenze del giudice, chiamato a valutare se un Paese sia sicuro o meno in base ai parametri ben precisi, fissati dalla Corte stessa».
I confini da difendere?
Mentre la “confusione” sui confini da difendere non rileva: «Concedere asilo a una persona non equivale a una dichiarazione di ostilità verso il paese da cui proviene».
Cosa può succedere adesso, quindi, è la domanda: «Il giudice chiamato a decidere se convalidare o meno un trattenimento, nell’ambito di una procedura accelerata di frontiera, dovrà continuare a valutare caso per caso, Paese per Paese. Qualora non lo ritenesse sicuro può disapplicare il decreto». C
on una differenza: «Nel motivare non si potrà limitare a conformarsi alla sentenza della Cge, ma dovrà spiegare perché quella legge non è compatibile con la normativa europea».
Cosa succede al Cpr in Albania
Ma il punto più importante è un altro. Schiavone spiega che i giudici «se hanno dei dubbi possono sollevare una questione di illegittimità per contrasto con l’ordinamento europeo davanti alla Consulta, ma anche solo limitarsi a disapplicare il decreto». E finire alla Corte Costituzionale.
In caso di ricorso alla Consulta e più in generale «in caso di dubbi sulla norma, il procedimento non può continuare e la persona deve tornare in libertà». Quindi comunque il trattenimento diventa inefficace: «Non potrebbe essere altrimenti se non c’è certezza sulla costituzionalità della norma».
(da Open)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
STEFANO MUSOLINO, SEGRETARIO NAZIONALE DI MAGISTRATUA DEMOCRATICA, CARICA LE TRUPPE: “QUESTO È UN GOVERNO SOVRANISTA CHE NON RISPETTA LE LEGGI EUROPEE E PUNTA A ZITTIRE LA MAGISTRATURA. MA NON FAREMO LA FINE DI UNGHERIA E POLONIA. UN PAESE CON UNA MAGISTRATURA NON INDIPENDENTE È UN PAESE PIÙ POVERO”
«Questo è un governo sovranista che non rispetta le leggi europee e punta a zittire la
magistratura. Non resteremo in silenzio e difenderemo la nostra autonomia e indipendenza. Non vogliamo fare la fine di Ungheria e Polonia».
Stefano Musolino, procuratore aggiunto a Reggio Calabria e segretario nazionale di Magistratura Democratica, assicura che non faranno sconti ai mille attacchi del governo.
In che modo potrete reagire?
«È nostro dovere fare moral suasion per spiegare ai cittadini gli interessi in gioco anche in virtù di una certa stampa che fa solo l’interesse del governo, come chi ha pubblicato le email della chat di Anm, documenti riservati che sono stati strumentalizzati».
Si riferisce alla email del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello dove la premier Meloni veniva definita «un pericolo più forte di Berlusconi»?
«Quella frase è stata estrapolata da un contesto più ampio e più approfondito dove il collega ribadiva peraltro che noi magistrati “non dobbiamo fare opposizione politica”. Ma queste parole non sono state riprese dalla presidente del consiglio ed è emersa una verità distorta. Non dovrebbe accadere che da un’email si prendano solo alcune frasi e si costruisca una narrazione diversa dal testo completo».
Il vicepremier Matteo Salvini sostiene che Patarnello dovrebbe essere licenziato.
«Purtroppo non è la prima volta che Salvini anziché discutere di temi a lui sgraditi attacca le persone. Ora si scaglia contro chi difende i giudici di Roma che si sono espressi contro il rimpatrio dei 12 migranti dall’Albania all’Egitto e al Bangladesh. Paesi che la Corte di giustizia europea ritiene non sicuri. Ma Salvini, da buon sovranista, è allergico all’Europa».
Anche Giorgia Meloni è stata dura. Ha detto che i giudici stanno all’opposizione.
«Trovo ancor più grave l’affermazione che i giudici non collaborano con il governo. C’è un errore di fondo nell’idea di Meloni in merito ai rapporti istituzionali, lei vuole una magistratura servente. Dovrebbe invece tenere conto della separazione dei poteri garantita dalla Costituzione».
Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa è pronto a cambiare la Costituzione a sfavore della separazione dei poteri. Cosa ne pensa?
«Secondo La Russa quando il governo vuole applicare una norma la magistratura deve stare zitta. Non lo faremo, perché un Paese con una magistratura non indipendente è un Paese più povero. L’esecutivo vuole indebolirci anche con la separazione delle carriere che rientra nel più vasto progetto del premierato».
(da La Stampa)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“NON INTENDIAMO TRADIRE IL MANDATO COSTITUZIONALE”
“L’Associazione nazionale magistrati chiede con forza che la giurisdizione sia rispettata come esercizio di una funzione del tutto autonoma ed indipendente. Non può attendersi dalla magistratura che assuma decisioni ispirate dalla necessità di collaborazione con il governo di turno. Se agisse facendosi carico delle attese della politica, la magistratura tradirebbe il mandato costituzionale”.
Così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati in una nota. “I magistrati esprimono fondata preoccupazione quando il dileggio prende luogo della critica e il dissenso dei più alti esponenti del governo viene affidato ad accuse di pregiudizialità ideologica, di abnormità o di esondazione nella sfera riservata alla politica”, prosegue l’Anm.
Per la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati “è sorprendente che questa elementare evidenza democratica debba essere riaffermata per rispondere alle aspre e strumentali polemiche che si sono scatenate all’indomani delle ordinanze con cui la sezione specializzata del tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di alcuni richiedenti asilo allocati nel centro sito in territorio albanese.
I provvedimenti giudiziari possono certo essere criticati. I magistrati italiani non sono chiusi alla critica anche severa ma rispettosa del loro ruolo”. L’Anm ha anche parlato di “manifestazioni di dichiarata insofferenza nei confronti di una funzione che risponde soltanto alla legge e in alcune materie, come l’immigrazione, prioritariamente al diritto sovranazionale ed europeo in particolare.
L’auspicio – conclude la nota – è che si prenda tutti consapevolezza che primo interesse della collettività intera è la salvaguardia della credibilità delle sue Istituzioni. Le ricorrenti accuse di politicizzazione in danno di quei magistrati che assumono decisioni sgradite alla Politica offendono, prima ancora che i magistrati e la Magistratura, il Paese e il suo assetto democratico”.
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LA REPLICA: “IL PARLAMENTO UE DIFENDA LO STATO DI DIRITTO. NON SUSSISTONO LE CONDIZIONI MINIME AFFINCHÉ IN UNGHERIA POSSA SVOLGERSI UN PROCESSO GIUSTO”
L’Ungheria ha chiesto la revoca dell’immunità per l’eurodeputata Ilaria Salis. Lo hanno
annunciato gli eurodeputati ungheresi di Viktor Orban durante la sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. La conferma è arrivata anche dalla stessa Salis.
“Come ho già detto più volte, auspico che il Parlamento scelga di difendere lo stato di diritto e i diritti umani senza cedere alla prepotenza di una ‘democrazia illiberale’ in deriva autocratica che, per bocca anche dei suoi stessi governanti, in diverse occasioni mi ha già dichiarato colpevole prima della sentenza”. Lo scrive Ilaria Salis commentando la richiesta di revoca della sua immunità parlamentare da parte delle autorità ungheresi.
“In gioco non c’è solo il mio futuro personale, ma anche e soprattutto cosa vogliamo che sia l’Europa, sempre più minacciata da forze politiche autoritarie”, aggiunge.
“Non è una coincidenza che la trasmissione della richiesta al Parlamento sia avvenuta il 10 ottobre, il giorno successivo al mio intervento in plenaria sulla presidenza ungherese, quando ho criticato duramente l’operato di Orban. Evidentemente, i tiranni faticano a digerire le critiche”, sottolinea Salis.
“Non sussistono le condizioni minime affinché in Ungheria possa svolgersi un processo giusto – aggiunge -. Né per me, né per Maja, né per nessun oppositore politico, tantomeno se antifascista. Abbiamo già dimostrato cosa può la solidarietà. È tempo di mobilitarsi di nuovo, in nome dell’antifascismo, della democrazia e di una vera giustizia”.
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
L’ANELLO CON UN BEL FASCIO LITTORIO ACCANTO ALLA X DELLA DECIMA MAS E’ STATO CREATO DA UNA GIOIELLERIA DI AREZZO, SI COMPRA A 50 EURO MA SOLO CON IL VIA LIBERA DEI VERTICI… IL FEELING DI VANNACCI CON ALEMANNO E RIZZO
Un anello per i soli iniziati, cultori di Roberto Vannacci, con un bel fascio littorio accanto alla X della Decima mas. La storia viene fuori il giorno dopo il compleanno del generale eletto con la Lega. Lui su Facebook pubblica la foto assieme al suo “manipolo”, come lo chiama lui evocando il gergo mussoliniano, cioè i fedelissimi dell’associazione quasi partito del Mondo al contrario. Torta di compleanno e sorrisi.
E guarda bene, tranne Vannacci e uno dei suoi assistenti accreditati, cioè Massimiliano Simoni, hanno tutti un anello particolare all’anulare. Si tratta di una creazione ad hoc di una gioielleria di Arezzo, dal modico valore (pare una cinquantina di euro).
Ma non tutti possono averlo.
«Per ciò che concerne la messa in lavorazione dell’anello, mi devono dare autorizzazione i dirigenti del comitato, per cui la prego di rivolgersi al dottor Cristiano Romani, responsabile dell’Italia centrale del Movimento stesso», è stata la risposta del gioielliere a un ex dirigente, uscito in polemica con la gestione verticistica dell’associazione, e che però avrebbe voluto tanto avere anche lui l’anello. Ma al di là del cameratesco suggello per il corpo vannacciano di élite, un qualcosa a metà tra una saga adolescenziale ed esoterismo nazista, colpisce per l’appunto il fascio littorio accanto al simbolo della X Mas.
Che i sodali di Vannacci siano legati al neofascismo non è un mistero, anche se il generale sul tema cerca sempre di sviare il discorso. Di certo la scelta del simbolo principale aggiunge un nuovo inquietante tassello. Compiendo al contempo un errore storico, per certi versi. “Noi siamo apartitici e apolitici così come da statuto e regolamento in auge.
La Xa Flottiglia Mas non è mai stata né regia, né repubblicana, né fascista, né badogliana. Essa fu splendidamente e soltanto italiana”, recita il sito dell’associazione ufficiale che si richiama al battaglione e fondata dal generale golpista Junio Valerio Borghese. «Una figuraccia culturale meschina», l’ha definita il Perbenista , sito di informazione gestito da Marco Belviso, un altro ex scottato del mondo vannacciano.
Della compagnia dell’anello fanno parte Fabio Filomeni, presidente del comitato, Bruno Spatara (segretario), Gianluca Priolo (tesoriere) e Andrea Romiti (vicepresidente), oltre al già citato Romani. Il 23 novembre a Marina di Grosseto è fissata la seconda assemblea nazionale del Mondo al contrario, dove da realtà culturale sancirà il passaggio a movimento politico.
Tutto questo con la benedizione di Vannacci, che sarà presente all’appuntamento; il parlamentare europeo continua a tenere i piedi in due scarpe, cioè ufficialmente garantendo lealtà alla Lega che lo ha ospitato in lista e al contempo promuovendo la sua struttura personale. Non solo, il generale sospeso dall’esercito continua a coltivare rapporti con Gianni Alemanno e il suo movimento Indipendenza!, e questa non è una novità. Ma è anche scoppiato un certo feeling con Marco Rizzo…
(da La Repubblica)
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Ottobre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I FONDI ARRIVERANNO DALLA RIDUZIONE DEL FONDO DA 5,6 MILIARDI DI EURO CHE NEL 2024 FINANZIAVA L’ASSEGNO DI INCLUSIONE (L’EX REDDITO DI CITTADINANZA)
Tocca ancora una volta alla vecchia platea del popolo che aveva il reddito di cittadinanza fornire
la copertura a un decreto del governo guidato da Giorgia Meloni. La sorpresa arriva dalla relazione tecnica al decreto fiscale collegato alla legge di bilancio per il 2025 da poco approvato dal Consiglio dei ministri.
Ben 200 milioni di euro che servono urgentemente a Rete Ferroviaria italiana per sistemare le proprie infrastrutture che negli ultimi mesi hanno mostrato parecchi deficit anche sull’alta velocità vengono infatti dalla riduzione del fondo da 5,6 miliardi di euro che nel 2024 finanziava quell’assegno di inclusione che ha sostituito il vecchio reddito di cittadinanza.
Alle Ferrovie per altro vengono destinati dal decreto fiscale altri 750 milioni di euro che incrementano nel 2024 i fondi già previsti dal contratto di programma. Altri 300 milioni vengono trovati per l’Anas a vario titolo
E ancora: 220 milioni già nel 2024 servono a incrementare il fondo per pagare il servizio civile volontario. Nella lista della nuova spesa ci sono però a partire dal 2025 20 milioni, per proseguire nel 2026 (30 milioni) e nel 2027 (50 milioni di euro) anche i rifinanziamenti dell’Ape sociale.
Ci sono 100 milioni di euro per pagare gli straordinari già effettuati nel 2024 da poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili del fuoco e polizia penitenziaria. Ci sono 78,4 milioni di euro da girare alla Regione Sicilia per gli effetti subiti dalla riforma fiscale sugli incassi Irpef e le nuove detrazioni concesse.
L’elenco delle nuove spese termina con un lungo elenco di piccoli contributi, fra cui spiccano i 25 milioni al comitato organizzatore dei Giochi del Mediterraneo, i 4 milioni per il Comitato italiano paraolimpico, i 4 milioni da girare a Roma Capitale per spese extra sul Giubileo 2025 e il mezzo milione che serve a sostenere la spesa italiana per l’organizzazione della conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina.
A pagare oltre ai più deboli (i percettori dell’assegno di inclusione) c’è soprattutto l’Unione europea. Perché nel taglio della spesa dei ministeri la parte più grossa arriva con i 633,27 milioni di euro fatti sparire dal capitolo che finanzia la partecipazione dell’Italia al pagamento del bilancio dell’Unione e l’attuazione delle politiche europee sul territorio italiano.
Altri 50 milioni di euro vengono tolti al fondo da 100 milioni di euro che serviva a finanziare «il recepimento della normativa europea nell’ordinamento italiano». Una spesa delicata tagliata al Mef è quella che serve a finanziare il recupero dell’evasione fiscale: 34,1 milioni di euro in meno sull’accertamento e la riscossione delle entrate e 12,468 milioni di euro tagliati al capitolo sulla «prevenzione e repressione della evasione fiscale».
Per pagare i 100 milioni di euro di straordinari alle forze di polizia si usano 12 milioni di euro delle tasse che arriveranno da quel loro incremento di reddito: una partitella di giro. I 110 milioni che pagheranno l’Ape sociale fino al 2028 compreso vengono sottratti al fondo che finanziava il pensionamento anticipato dei lavoratori precoci.
(da agenzie)
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