Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
“IL FOGLIO”: “CARAVELLI SI È CONFRONTATO SUI NOMINATIVI DI ALCUNI DEI LIBICI SU CUI LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE HA EMANATO UN MANDATO D’ARRESTO. IL CAPO DELL’AISE HA INFORMATO CHI DI QUESTI POTRÀ VIAGGIARE IN ITALIA IN FUTURO SENZA IL RISCHIO DI ESSERE ARRESTATI”
Lo scorso 28 gennaio il capo dell’Aise, Giovanni Caravelli, è volato a Tripoli per un importante incontro segreto con i vertici del governo libico.
Secondo fonti sentite dal Foglio, lo scopo della visita lampo è stato escogitare un piano per evitare nuovi episodi imbarazzanti come quello che il mese scorso ha portato all’arresto e alla scarcerazione immediata di Osama al Najem “Almasri”, capo della polizia penitenziaria di Mitiga.
Caravelli ha incontrato il premier libico Abdulhamid Dabaiba e il procuratore capo di Tripoli, al Sidiq al Sour, con i quali si è confrontato sui nominativi riservati di alcuni dei libici su cui la Corte penale internazionale ha emanato un mandato d’arresto. Il capo dell’Aise ha informato chi di questi potrà viaggiare in Italia in futuro senza il rischio di essere arrestato.
Come svelato dal Foglio lo scorso 27 gennaio, dopo il caso Almasri il tribunale dell’Aia ha emanato altri 86 mandati d’arresto, tutti riservati, contro altrettanti leader e comandanti di milizie libiche.
La decisione dei giudici di non rendere pubblici i nominativi ha lo scopo di facilitare l’arresto dei ricercati, sfruttando l’effetto sorpresa. La mossa si era già rivelata efficace con Almasri, che non era a conoscenza di essere destinatario di un mandato d’arresto e che era stato identificato e fermato dalla Digos a Torino lo scorso 19 gennaio.
Il fatto che il capo dei nostri servizi segreti esterni riveli questi nomi alle autorità libiche garantendo loro libertà di movimento in caso di futuri viaggi in Italia è da annoverare tra le svariate cortesie fatte dal nostro paese al governo libico.
Per molti di questi personaggi, spostarsi fuori dalla Libia è vitale per gestire le proprie attività finanziare all’estero. Per l’Italia invece è un modo per scongiurare nuovi pasticci internazionali, con arresti – e annesse scarcerazioni – difficili da gestire, sia a livello politico sia a livello mediatico.
Sul fronte internazionale, il disvelamento del segreto può complicare ulteriormente le relazioni fra l’Italia e la Corte dell’Aia. La procura della Cpi, tra l’altro, sta già valutando la denuncia presentata da un rifugiato sudanese contro il nostro governo per il mancato arresto di Almasri.
Il contesto temporale del viaggio di Caravelli in Libia si inscrive nel pieno della guerra in corso tra magistratura e servizi segreti su diversi dossier e dimostra che il governo italiano si è attivato per evitare ulteriori incidenti.
Il 28 gennaio era il giorno in cui Giorgia Meloni ha comunicato pubblicamente con un video sui social l’avvio di un’indagine su di lei e sui ministri Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e sul sottosegretario Alfredo Mantovano da parte del procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi.
Il giorno successivo invece, il 29, era quello in cui si sarebbe dovuta tenere l’informativa di Nordio e Piantedosi in Parlamento, informativa poi rinviata proprio a seguito della notifica dell’avvio delle indagini a loro carico
La notizia del blitz a Tripoli trova alcuni riscontri grazie a un’altra testimonianza, più generica, emersa di recente. L’attivista libico Husam el Gomati ha confermato alla trasmissione “Piazzapulita” su La7 che, nei giorni successivi al rientro di Almasri all’aeroporto di Tripoli Mitiga a bordo di un volo dei nostri servizi segreti, “un alto funzionario dell’intelligence italiana ha visitato la Libia”.
(da il Foglio)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
“TEMO PER LA MIA VITA, L’OBIETTIVO ERA FARMI TACERE”
David Yambio è il portavoce di Refugees in Libya, il collettivo di migranti rifugiati
politici in Europa che denuncia da tempo le violenze e le torture che le persone migranti subiscono in Libya ad opera delle milizie in dei veri e propri lager. Anche lui è tra le vittime dello spionaggio illegale attraverso il software militare israeliano della Paragon, usato solo dagli Stati occidentali. Yambio è stato uno dei testimoni chiave contro Najeem Osama Almasri, il generale libico accusato di crimini contro l’umanità ricercato dalla Corte Penale Internazionale e liberato dalle autorità italiane, dopo essere stato arrestato lo scorso 19 gennaio, e riaccompagnato in Libia con un volo di Stato. Insieme a Lam Magok e Mohamed Daoud, David è stato tra le tre vittime di Almasri che hanno denunciato al parlamento italiano gli orribili crimini del torturatore libico. L’attività di spionaggio sarebbe stata svelata nello scorso mese di novembre, Yambio ne parlerà oggi al parlamento europeo a Strasburgo dove deve essere audito in merito al caso Almasri. Proprio ieri sempre a Strasburgo si era tenuta la conferenza con il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato.
Lo spyware entrato da una mail
Con l’iscrizione nell’elenco delle 90 vittime di Paragon di David Yambio, la rete di attività di spionaggio illegale che ne viene fuori assume un carattere ancora più inquietante. Dopo il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, il fondatore di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini, ora anche il portavoce di Refugees in Libya. Si collegano in questo modo due dei casi più spinosi e che maggiormente hanno messo in difficoltà il governo Meloni, il caso Almasri ed il caso Paragon. “Ho scoperto che il mio telefono era spiato il 13 novembre scorso – spiega Yambio a Fanpage.it – ero molto preoccupato per la mia vita e per quella delle persone che mi contattano dalla Libia e dalla Tunisia perché vittime di torture. Ho contattato Artur Papyan, ricercatore sulle minacce di Cyber HUB-AM in Armenia, ha fatto le analisi e mi ha detto che il mio telefono era risultato negativo al test Pegasus ma che c’erano indizi di un nuovo virus molto sofisticato sul mio telefono e non poteva fare altro che indirizzarmi al Citizen Lab dell’Università di Toronto”. Proprio i ricercatori del Citizen Lab di Toronto sono gli esperti a cui Meta suggerisce di rivolgersi per tutti quelli che sono stati spiati da Paragon. Sono loro che stanno svolgendo le indagini sui telefoni infettati di cui si ha conoscenza fino ad ora, per trovare tracce dell’attività di spionaggio che riescano a permettere di risalire ai mandanti. “Le indagini dei canadesi stanno andando avanti già dalla fine del mese di novembre, e stiamo raccogliendo dati su questo spyware davvero molto sofisticato. Credo che nei prossimi giorni il Citizen Lab pubblicherà un rapporto sul mio caso a partire dalle tracce che hanno scoperto sul mio telefono” spiega il portavoce di Refugees in Libya. “Mi sono preoccupato molto quando è venuto fuori lo scandalo – sottolinea Yambio – ed ho scoperto che anche persone vicine a me come Luca Casarini sono state spiate con Paragon. Ma a differenza loro io non sono stato colpito tramite Whatsapp ma tramite una mail sul mio Iphone”. Questa è una differenza significativa rispetto ai casi di Casarini e Cancellato che invece erano stati colpiti attraverso l’app di Meta, da cui erano stati avvisati nei primi giorni del mese di Febbraio.
Il collegamento con il caso Almasri: “L’obiettivo è farmi tacere”
Appare fin troppo evidente che l’attività di denuncia delle torture e del traffico di esseri umani fatta da Yambio e da Refugees in Libya sia la motivazione per la quale l’attivista di origini sudanesi sia stato illegalmente spiato. Allo stesso tempo viene da immaginarsi un collegamento con il caso Almasri, se non temporale, visto che lo spyware sul telefono di David è stato scoperto a novembre e il generale libico è stato fermato a Torino a gennaio, sicuramente rispetto alle attività più complessive di trafficanti libici. “Io non lo so se esiste un collegamento tra lo spionaggio ai miei danni e la vicenda Almasri – spiega Yambio – ma visto che mi occupo delle sofferenze che ha inflitto alle persone, direi che tutto è possibile. Chiunque mi spii e invada la mia privacy è un criminale e ha un obiettivo: uccidermi, mettermi a tacere, ricattarmi o utilizzare i dati per uccidere le vittime della tortura in Libia, Tunisia e coloro che testimoniano davanti ai tribunali contro i regimi governativi in Libia e in Europa”. In effetti il portavoce di Refugees in Libya è uno dei testimoni che ha lavorato con la Corte Penale Internazionale per raccogliere le prove dei crimini contro Almasri commessi nel lager di Mitiga in Libya e nelle altre prigioni sotto il controllo del generale libico. “Ho vissuto nella paura costante fino ad oggi – racconta David – viviamo in un’era in cui i dispositivi possono essere manipolati e controllati e possono esplodere come una bomba. E se cercassero di uccidermi in quel modo? Vorranno prendere di mira tutti coloro che sono nei miei dati e invadere anche la loro privacy”.
“L’Europa sta diventato come le dittature africane”
Dopo aver tenuto la conferenza stampa al Parlamento italiano sul caso Almasri, a cui hanno preso parte anche i leader dell’opposizione, David Yambio si appresta ad essere ascoltato anche delle istituzioni del Parlamento europeo. “Vivo qui in Italia e in Europa, merito la tutela della mia privacy e della mia dignità. Mi aspetto un’indagine immediata e approfondita per scoprire chi ha compromesso la mia privacy e sicurezza, chi mi minaccia mentre vivo sul suolo italiano ed europeo. Non sono un criminale, non sono un terrorista e non lo sarò mai, quindi perché uno spyware gestito solo da agenzie governative dovrebbe essere lanciato contro di me?” si chiede. “Forse è anche una chiara indicazione che ciò che inizia con i meno privilegiati, i migranti e i rifugiati arriverà anche ai cittadini italiani ed europei. La privacy non è più tutelata né rispettata. Gli italiani e gli europei dovrebbero essere più preoccupati in questo momento perché questo tipo di spyware non utilizza solo WhatsApp ma, come nel mio caso, anche le email e in molti altri modi, immagino” prosegue il portavoce di Refugees in Libya. La rete delle persone spiate da Paragon si allarga quindi, definendo i contorni sempre più inquietanti di questo caso internazionale che ci mette davanti ad una deriva autoritaria senza precedenti. Giornalisti, attivisti ed un testimone della corte penale internazionale. Ad oggi oltre alla nota di Palazzo Chigi che liquida ogni responsabilità, ma a cui è seguita la cancellazione del contratto con l’Italia da parte dell’azienda produttrice dello spyware, non si hanno notizie sui mandanti dell’attività di spionaggio illegale. “Ieri ho incontrato Francesco Cancellato a Strasburgo – ci dice Yambio – la libertà di parola, di giornalismo e altri diritti vengono compromessi e questo non è diverso dai comportamenti dei regimi dittatoriali e tirannici in tutta l’Africa. L’Europa sta ricadendo in una malattia che il suo popolo dovrebbe curare e questa malattia sono gli eletti che non promettono altro che odio, divisione e attacchi alla società civile, alla solidarietà e alla democrazia. Io sono sempre stato una vittima e voglio che gli europei difendano me e se stessi, Sono venuto qui in Italia per trovare un posto dove ricostruire la mia dignità, ma ora mi viene portata via poco a poco” conclude il portavoce di Refugees in Libya.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
ENNESIMO PEGGIORAMENTO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE
L’Italia scivola al 52° posto nell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) 2024, segnando un peggioramento rispetto all’anno precedente. Con una perdita di ben due punti, scende quindi a 54 il punteggio del Paese, che ora si colloca al 19° posto tra i 27 membri dell’Unione Europea. Secondo Transparency International, questo calo rappresenta un’inversione di tendenza dopo oltre un decennio di progressi, durante il quale l’Italia aveva guadagnato 14 punti, almeno dal 2012.
L’Indice che valuta la corruzione percepita nel settore pubblico in 180 Paesi su una scala da 0 (massima corruzione) a 100 (assenza di corruzione), evidenzia insomma una battuta d’arresto per l’Italia, e solleva dubbi sulla capacità del sistema di contrastare efficacemente il fenomeno.
Perché l’Italia perde posizioni
Il peggioramento dell’Italia nel CPI 2024 potrebbe essere legato a diversi fattori, tra cui scandali politici, mancate riforme strutturali e una crescente percezione di opacità nella gestione dell’amministrazione pubblica: mentre negli anni passati il Paese aveva mostrato progressi grazie a normative anticorruzione e strumenti di trasparenza, le riforme più recenti e alcune criticità irrisolte sembrano aver minato questa traiettoria positiva.
“Prevenzione, regolamentazione e cooperazione sono le parole chiave per un’Italia che voglia mettere la lotta alla corruzione al primo posto”, ha dichiarato Michele Calleri, presidente di Transparency International Italia. Secondo l’organizzazione, il sistema italiano ha introdotto misure importanti, come la protezione dei whistleblower, cioè i “segnalatori” di illeciti, e il rafforzamento della disciplina sugli appalti pubblici. Restano però lacune significative: “Le più recenti riforme e alcune questioni irrisolte stanno indebolendo i progressi del Paese nel contrasto alla corruzione ed incidono negativamente sulla capacità del sistema di prevenzione della corruzione nel settore pubblico. Dalla mancanza di una regolamentazione in tema di conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, all’assenza di una disciplina in materia di lobbying, per la quale dal 2021 chiediamo una svolta con la coalizione Lobbying4change”, ha aggiunto Calleri.
Il presidente di Transparency Italia ha poi sottolineato come l’Italia sia stata tra gli ultimi Paesi europei a rendere operativo il Registro dei titolari effettivi per l’antiriciclaggio, salvo poi rinviarne l’implementazione, “compromettendo potenzialmente l’efficacia delle misure”.
Il contesto europeo
A livello europeo, l’Indice di Percezione della Corruzione 2024 sembra evidenziare una situazione di stallo: nonostante l’Europa occidentale rimanga l’area con il punteggio medio più alto (64° posto), gli sforzi per combattere la corruzione sembrano tuttavia fermi o in discesa. “La direttiva anticorruzione dell’UE è un’opportunità che non possiamo permetterci di perdere per migliorare gli standard europei e nazionali”, ha concluso Calleri. L’Italia però sembra aver mostrato scarso sostegno alla proposta di direttiva, con la Commissione Politiche UE della Camera che nel luglio 2023 ha espresso parere negativo sul provvedimento.
La corruzione nel mondo
“La corruzione è una minaccia globale in evoluzione che fa molto di più che minare lo sviluppo: è una delle cause principali del declino della democrazia, dell’instabilità e delle violazioni dei diritti umani”, si legge sul sito dell’Associazione. “La comunità internazionale e ogni nazione devono fare della lotta alla corruzione una priorità assoluta a lungo termine. Ciò è fondamentale per contrastare l’autoritarismo e garantire un mondo pacifico, libero e sostenibile. Le tendenze pericolose rivelate dall’Indice di percezione della corruzione di quest’anno evidenziano la necessità di proseguire ora con azioni concrete per affrontare la corruzione globale”.
E proprio a livello globale, l’Indice di Percezione della Corruzione 2024 mostra che la lotta alla corruzione resta una sfida estremamente complessa: oltre due terzi dei Paesi valutati ottengono un punteggio inferiore a 50 su 100. La Danimarca mantiene il primato con 90 punti, seguita da Finlandia (88) e Singapore (84). Sul fondo della classifica si trovano invece Stati fragili e colpiti da conflitti come il Sud Sudan (8), la Somalia (9) e il Venezuela (10°). La media globale del CPI sarebbe di 43, ma il 56% dei Paesi, cioè più della metà, si colloca al di sotto di questa soglia.
Se negli ultimi dieci anni 24 Paesi hanno migliorato sensibilmente il loro punteggio, ben 32 nazioni hanno registrato peggioramenti significativi, confermando che la lotta alla corruzione resta una sfida aperta su scala mondiale.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
IL NOSTRO PAESE E’ TRA I PRINCIPALI FORNITO RIMONDIALI DI PRODOTTI METALLURGICI DEGLI STATI UNITI
Il presidente Donald Trump ha imposto dazi del 25 per cento su tutte le importazioni di
acciaio e di alluminio negli Stati Uniti, andando a colpire anche l’export dell’Italia, uno tra i maggiori fornitori di prodotti metallurgici degli Usa.
“Si tratta di una cosa importante: rendere di nuovo ricca l’America”, ha detto il magnate repubblicano, annunciando la misura. La prima a reagire è stata la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che in una nota diramata in mattinata ha promesso che questi provvedimenti “non rimarranno senza risposta”, ma innescheranno dure “contromisure” da parte dell’Unione. “L’Ue agirà per salvaguardare i propri interessi economici”, ha affermato von der Leyen. “I dazi sono tasse: dannose per le aziende, peggiori per i consumatori”, ha aggiunto l’ex ministra della Difesa tedesca. “I dazi ingiustificati contro l’Ue non rimarranno senza risposta: innescheranno contromisure ferme e proporzionate”.
L’ordine firmato nella notte italiana dall’inquilino della Casa bianca, che inaugura la prima stagione di dazi diretti anche contro l’Europa del secondo mandato Trump, colpisce in primis Canada, Cina e Messico, che rappresentano i tre principali fornitori mondiali di acciaio e alluminio degli Stati Uniti. Washington, secondo gli ultimi dati disponibili del dipartimento del Commercio, ha importato nel 2023 acciaio e ferro per circa 82,1 miliardi di dollari e alluminio per quasi 27,4 miliardi. Di questi, secondo i dati pubblicati dal quotidiano economico britannico The Financial Times, 2,73 miliardi di dollari provenivano dal nostro Paese.
Stando ai dati del portale InfoMercatiEsteri della Farnesina, nel 2023 l’Italia ha esportato negli Usa 4,1 miliardi di euro di prodotti metallurgici e in metallo (esclusi macchinari e attrezzature). Le ultime statistiche disponibili parlano di 3,9 miliardi di euro di esportazioni verso gli Usa tra novembre 2023 e ottobre 2024 di carichi e prodotti in ferro, acciaio e alluminio. Per il ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), Matteo Villa, questo vuol dire che i dazi imposti da Trump su acciaio e alluminio potrebbero costarci “tra 1,5 e 2 miliardi di euro”.
Ma le conseguenze potrebbero tradursi soprattutto in una diminuzione delle esportazioni di settore negli Usa. L’export di acciaio italiano in America, ha notato il presidente della federazione dei produttori di acciaio (Federacciai), Antonio Gozzi, sono diminuite in modo significativo da quando la prima amministrazione Trump introdusse per la prima volta dazi del 25 per cento sulle importazioni del settore nel 2018. Da allora, ha sottolineato Gozzi, l’export di acciaio italiano negli Usa è calato dalle 596.828 tonnellate del 2018 alle 194.364 del 2024.
Tuttavia, ha anche sottolineato il presidente di Federacciai, le aziende italiane esportano principalmente prodotti speciali ad alto valore negli Usa, dove è direttamente basata la maggior parte della produzione destinata ai clienti statunitensi. Tanto che alcune società non sembrano affatto preoccupate. “Siamo i potenziali beneficiari di eventuali dazi sulle importazioni nel nostro settore”, ha detto l’a.d. di Prysmian, Massimo Battaini, in un’intervista al Corriere della Sera.
Nessun problema, secondo il Governo Meloni, nemmeno per l’ex Ilva di Taranto. “Non ho preoccupazioni”, ha detto da Parigi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, rispondendo alla domanda di un giornalista sui possibili effetti dei dazi Usa sulla cessione dello stabilimento, i cui termini per la gara di aggiudicazione scadranno il prossimo 14 febbraio, quando sarà assegnato a una tra l’indiana Jindal Steel International, l’azera Baku Steel e la statunitense Bedrock.
(da tpi.it)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
INTANTO I COSTI CRESCONO PER LA RISTRUTTURAZIONE DEI CPR MENTRE LA LEGISLAZIONE EUROPEA POTREBBE FAR FALLIRE TUTTO
Come Guantanamo. Il governo Meloni vuole trasformare Gjader e Shengjin in centri di rimpatrio per gli immigrati già espulsi. Replicando così dal punto di vista legislativo in Albania i centri di permanenza e rimpatrio già presenti in Italia.
Ma c’è una serie di problemi che spingono in là nel tempo l’attuazione del piano. E quindi il decreto Albania Bis.
Il primo, e il più importante, è che per farlo bisognerebbe cambiare l’intesa firmata da Giorgia Meloni ed Edi Rama. Anche nel punto che riguarda la giurisdizione e la polizia albanese. Poi c’è il problema della legislazione europea. Infine ci sono i costi delle ristrutturazioni dei due centri. Che dovrebbero essere adattati per rispondere ai criteri dei Cpr. Mentre così decadrebbe anche il (fantomatico, finora) effetto deterrente dei centri sugli sbarchi.
Come Guantanamo
L’idea di Meloni, che sembra ricalcare quella di Donald Trump su Guantanamo, la spiega oggi il Corriere della Sera: il governo è intenzionato a trasformare per decreto la destinazione d’uso dei centri dopo le bocciature dei trattenimenti. E in attesa della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La prossima udienza è in programma per la fine di febbraio, mentre per arrivare a una decisione si potrebbe dover attendere almeno fino ad aprile. E questo significherebbe lasciare le navi ferme e i centri vuoi per altri tre mesi. Una situazione che per Meloni è insostenibile prima di tutto politicamente. I migranti che si trovano già in Italia e che sono destinatari di un decreto di espulsione finirebbero quindi nei due centri. In previsione del loro rimpatrio. Intanto però c’è un problema piuttosto difficile da gestire. Come ricorda Repubblica, in Albania si vota l’11 maggio.
Il protocollo
E gli oppositori di Rama hanno già usato il protocollo tra Tirana e Roma per fare campagna elettorale. Spingendosi fino ad annunciare di volerlo stracciare. Tecnicamente la disdetta può essere unilaterale e il preavviso è di sei mesi. Per questo Rama non ha intenzione di toccare il protocollo. Anzi, dal suo staff fanno sapere al quotidiano che nessuna modifica al piano è alle viste. Gli uffici legislativi di Palazzo Chigi e del Viminale, che segue la gestazione del decreto, si sono riuniti ieri per analizzare i possibili problemi. In teoria il testo prevede che i centri possano essere utilizzati per le procedure di frontiera accelerate, come avviene oggi, cioè ospitando a tempo i migranti salvati dalla Marina in mare, «o per i rimpatri».
I problemi
Ma cambiando natura al progetto, potrebbero essere necessarie modifiche pratiche, da far rivotare in Parlamento, sia a Roma che a Tirana. Per esempio: senza cambiare il testo, i migranti sarebbero trasportati dall’Italia all’Albania, ma da lì non potrebbero essere rimpatriati. Dovrebbero tornare di nuovo in Italia. In più oggi nei Cpr non è previsto il trattenimento generalizzato. Mentre il protocollo prevede che chi si trova nei due centri non possa uscire.
Il giurista Gianfranco Schiavone aggiunge che l’attuale direttiva Ue non prevede che «le procedure possano espletarsi fuori dal territorio europeo e i centri in Albania non lo sono, lì vige solo la giurisdizione italiana. Se il governo tentasse un azzardo dovrebbe dimostrare di garantire tutte le procedure previste nei Cpr italiani, a cominciare dalla prima che vieta il trattenimento generalizzato».
I costi
Infine, dice La Stampa, ci sono i costi. Per le ristrutturazioni dei centri servirebbero altri milioni. E quello italiano si configurerebbe come il primo centro per il rimpatrio realizzato fuori dai confini europei. Ma prima di realizzare un’ipotesi del genere bisognerebbe puntare a una revisione della direttiva europea sui rimpatri.
(da Open)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
MONTEVARCHI PUNISCE DI NUOVO I PICCOLI MOROSI
Rieccoci. Torna ad esplodere a Montevarchi, il centro maggiore del Valdarno aretino, a
distanza di 7 anni, il caso bruschetta (altresì nota in Toscana come “fettunta”): ovvero il pane abbrustolito, condito con l’olio che viene servito nelle mense delle scuole materne ed elementari, agli alunni le cui famiglie sono morose nel pagamento al Comune del servizio.
La denuncia parte dal Pd locale, con un comunicato stampa, ma la conferma arriva anche dall’assessore municipale interessato, Sandra Nocentini: «Sì, è così, è un provvedimento scattato la scorsa settimana».
Inutile dire della polemica che si è subito scatenata, alimentata dallo stesso partito democratico ma anche da singoli cittadini: non è giusto che i bambini paghino per le eventuali colpe dei genitori, non si può servire a dei ragazzini, come pasto sostitutivo, un piatto fatto solo di pane condito con l’olio.
Già, perchè la bruschetta o fettunta è sicuramente uno dei pezzi forti, e più gustosi, della cucina toscana, ma può essere l’alternativa, per dei bambini, di un pranzo studiato dai dietisti per dare ai protagonisti la giusta qualità di alimenti? E, aggiungono in molti, come si sentono quei piccoli scolari che si vedono discriminati rispetto ai compagni: agli altri un pasto completo, a loro soltanto pane e olio?
É una contesa che torna a riaccendersi dopo un lungo periodo. Era il 2017 quando la giunta di centrodestra al primo mandato, eletta nel 2016 e guidata dalla volitiva sindaca Silvia Chiassai Martini, civica senza una precisa collocazione di partito, introdusse, fra i primi atti del suo programma, un regolamento delle mense scolastiche che prevedeva appunto il piatto sostitutivo per i piccoli alunni provenienti da famiglie che non avevano pagato per il servizio. Anche allora fu una storia che fece clamore, un caso che dilagò a livello nazionale, un atto che non è mai stato abrogato. «Una destra cattivista che non ha pietà nemmeno dei bambini», dissero allora e ripetono oggi i consiglieri del Pd che hanno preparato il comunicato.
L’assessore Nocentini preferisce non rispondere alla domanda se consideri giusta la misura, rimandando ogni commento alla sindaca.
Chiassai Martini che pure lei conferma tutto – sono sette anni che è in vigore il regolamento delle mense. Qualcuno forse l’ha scoperto ora? Prima, ai tempi del centrosinistra, era anche peggio, perché era prevista la sospensione dei pasti per i bimbi delle famiglie morose, ora almeno gli diamo la fettunta».
mpostazioni sulla privac
Ma non è un sistema per così dire discriminatorio nei confronti degli alunni?, ci si chiede. «Se qualcuno sa darmi un’alternativa credibile, io sono qui pronto a recepirla. Intanto, abbiamo aspettato per applicare il pasto sostitutivo a pane e olio da settembre a ora, invece del mese previsto. E poi so che con questo sistema, che sarà pure sbrigativo, abbiamo recuperato quasi tutta la morosità scesa da 85 mila a 6 mila euro».
E sulle famiglie che non ce la fanno a pagare: «Guardate che la morosità viene quasi tutta dai furbetti, quelli che sono convinti che a non pagare nessuno poi ti dica niente. I veri bisognosi sono i primi che pagano regolarmente. E chi rientra nei limiti della povertà ha il servizio gratuito».
Non si sa al momento attuale quanti siano i bimbi cui è stata servita la bruschetta, ma anche si contassero sulle dita di una sola mano il caso sarebbe lo stesso rovente. Il consigliere del Pd Samuele Cuzzoni, uno dei firmatari della nota, spiega di non avere informazioni in merito annunciando la presentazione di un’interrogazione consiliare alla prima riunione utile, il 25 febbraio. L’assessore Nocentini i numeri preferisce non darli.
Lo scontro allora si sposta su Facebook, dove a dar fuoco alle polveri è lo stesso Cuzzoni: «Scelta vergognosa che umilia i più piccoli, facendo pagare ai bambini colpe non loro nel luogo più sacro della scuola, la mensa». Secca la replica di un consigliere di centrodestra, Giacomo Brandi, che rinfaccia il vecchio “rosso” di mezzo milione che sarebbe stato lasciato dal centrosinistra (Cuzzoni contesta). Interviene anche l’assessore Nocentini: «Leoncino da tastiera», l’epiteto scagliato contro il consigliere Pd.
Anche il Pd toscano si unisce alla protesta di quello montevarchino, postando su Instagram il pezzo pubblicato on line dal nostro giornale. «Un gesto che lascia il segno – è il commento – che mette un bambino o una bambina nella condizione di sentirsi diversi. Umiliare i più piccoli è sbagliato e ingiusto nel profondo. Questa è la politica della destra, umiliare i più fragili invece di trovare soluzioni. Continueremo a lottare perchè ogni bimbo possa sedersi a tavola senza vergognarsi»
Sul caso è infine intervenuta anche l’assessora all’istruzione della Regione Toscana, Alessandra Nardini: «È inaccettabile far pagare alle bambine e ai bambini, umiliandoli e discriminandoli, responsabilità che non sono loro», ha affermato. «È tanto più inaccettabile che questo accada a scuola, ossia nel luogo che più di tutti dovrebbe essere uno spazio di uguaglianza e pari opportunità per tutte le bambine e tutti i bambini, a prescindere dalle condizioni economiche delle loro famiglie o dalle loro scelte. Il ministro Valditara aveva parlato di umiliazione come fattore di crescita, evidentemente la sindaca Chiassai lo ha preso proprio alla lettera e dunque mi rivolgo a lei chiedendole che torni indietro rispetto a questa scelta vergognosa»
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
LEGA E FORZA ITALIA ASSENTI IN AULA, DI FDI SOLO 12 PRESENTI
Nelle redazioni dei giornali scattano spesso automatismi antichi, forse c’è anche un po’ di pigrizia, forse è solo l’abitudine a certe liturgie, però è chiaro che hanno sbagliato a mandare quassù, nella tribunetta stampa di Montecitorio, la solita brigata di cronisti, tutta gente di mestiere, intendiamoci, e pure giovani di bel talento. Stavolta, per raccontare l’ennesimo show della Santa, sarebbero serviti dei medium
Esseri capaci di interpretare i pensieri segreti che la ministra Daniela Santanché custodisce nella sua mente con una forza prodigiosa.
Appollaiati sui mitici e scomodi sedili di pelle e di velluto liso, davanti a scrittoi di legno antico su cui tenere cellulare e Moleskine, puntiamo gli sguardi come laser verso l’emiciclo e i banchi del governo e scorgiamo cose, facce e situazioni (anche interessanti): ma nessuno di noi è in grado di trovare risposte a quei roventi interrogativi che, da settimane, rimbalzano nei salotti del potere e nei talk televisivi, nei siti dei giornali, sui social.
Inermi, ma non rassegnati, si assiste alla discussione della mozione che vorrebbe sfiduciare questa donna di 63 anni (sembra ieri che scendeva da Palazzo Grazioli, la guardia scelta berlusconiana in fila indiana, avanti lei e dietro Verdini e Brunetta, con Capezzone rincorso da Dudù, barboncino di corte), una donna forte e coraggiosa, spavalda e spregiudicata, adesso inseguita dai magistrati, già rinviata a giudizio per falso in bilancio, a rischio processo per una truffa all’Inps, e a suo tempo diventata ministra del Turismo pur essendo proprietaria (insieme a Flavione Briatore) del più lussuoso stabilimento balneare italiano (il Twiga di Marina di Pietrasanta, oh yeah).
Dopo un’ora, restano solo dettagli estetici. E cominciamo proprio da lei. Che, finito un frugale pranzo al ristorante della Camera, è arrivata baldanzosa, con il tradizionale passo da guerriera su tacco 16 e Birkin d’ordinanza. Indossa uno chicchissimo tailleur color panna, su una camicia bianca: e anche il suo volto sembra bianco e liscio come una preziosa porcellana di Capodimonte. Gli occhi, però, si muovono. E sembrano dire: guardatemi, non tremo, non vi temo, sono venuta anche oggi, e anche oggi — come dieci giorni fa alla direzione di Fratelli d’Italia — vi sfido. Tutti. Non faccio distinzioni tra gente del mio partito e alleati e quelli dell’opposizione. A Milano, poche ore fa, ho persino ballato una taranta con un Pulcinella. Perché io ballo e continuo a ballare, capito?
§Gira voce che Giorgia Meloni non veda la Santa dallo scorso 17 gennaio. La evita. Cambia strada, programmi. Lascia filtrare fastidio profondo. E fior di retroscenisti si esercitano in ipotesi. Tante. Tutte possibili, e probabili. Che si sommano al frullato di chiacchiere e pettegolezzi, con il gossip che diventa trama noir, e il sospetto che si fa, talvolta, certezza.
Breve riassunto. Giorgia aspetta che sia lei, la Santa, a dimettersi. Fosse per Giorgia l’avrebbe già cacciata, ma la Santa è protetta da Ignazio La Russa. Con La Russa sono amici e hanno interessi in comune. Non è vero che La Russa l’ha mollata. Non del tutto, almeno. Perché non vuole. E, forse, nemmeno può. L’ha solo invitata a riflettere. Del resto, l’intero partito le è ostile.
Plasticamente. I Fratelli eletti deputati sono 117, ma adesso, qui, se ne contano solo 13 (che poi, dopo un po’, ce n’è uno che si scoccia, ed esce). Un’occhiata sui banchi della Lega: deserto. E Forza Italia? Zero. Noi moderati, già pochini di loro, non pervenuti.
Intorno e accanto alla Santa (che resta muta): la viceministra leghista Vannia Gava, il Fratello sottosegretario Marcello Gemmato, e due Fratelli ministri, Nello Musumeci e Luca Ciriani
Quando tutto finisce, giù, alla buvette, i due ministri vengono avvicinati come fossero appena venuti via dal martirio. Si tratta di due politici con un passato a destra lungo e netto, rivendicato con orgoglio. Sono entrambi pieni di garbo, e pazienti.
Ministro Musumeci, è stata la premier a chiederle di venire? «No, sono venuto di mia spontanea volontà». Sentiva di dover essere accanto alla sua collega Santanché? «Si discuteva una mozione di sfiducia, m’è parso naturale esserci». Le sembra opportuno che la ministra resti, imperterrita, al suo posto? «Beh, ma così entriamo nel campo delle valutazioni, delle sensibilità, no?»
Intanto, alla buvette, un altro paio di Fratelli divorano crostatine nervosamente. Masticano amarezza. Mentre loro attaccavano manifesti e rischiavano botte, la politica intesa come passione, come militanza, la Santa era in barca con Flavione. E ancora non si capacitano: «Perché una così è finita dentro la nostra comunità?». Di colpo, si scatena un piccolo parapiglia. Qualcuno ha visto la Santa? Che ha detto? Si dimette? No, davvero? E quando?
Falso allarme. La calma torna rapidamente. Ci sarebbe solo il tempo per un caffè, prima di andare a scrivere. Ma il caffè qui è la solita ciofeca imbevibile.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
LA PITONESSA NON SI VUOLE DIMETTERE E MELONI HA PENSIERI PIU’ IMPORTANTI, DAL CAOS ALBANIA ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
Vive la mozione di sfiducia come una seduta dal dentista. Un’oretta e passa la paura.
Solo che invece di aprire la bocca, Daniela Santanchè la tiene bella cucita. Nonostante Pd, M5s e Avs gliene dicano di tutti i colori. “Fascista”. “Barabba”. “Bugiarda”. “Vergogna” . Addirittura c’è chi le ricorda il suicidio dell’imprenditore che aveva salvato la sua azienda. La ministra del Turismo balla da sola. Non solo alla fiera di Milano del Bit con Pulcinella, da cui proviene e per la quale ripartirà finita l’incombenza. In Aula ci sono una decina di deputati di Fratelli d’Italia e nessun altro della maggioranza.
Lunedì uggioso alla Camera, il convento passa la “Santa” e tutti i giornali in grandi forze accorrono: retroscenisti, coloristi, notisti. “E’ vestita di color panna o d’avorio?”, è la prima domanda dei cronisti quando la ministra appare a Montecitorio in compagnia del deputato di FdI Andrea Mascaretti, uno dei martiri meloniani costretto a star seduto sugli scranni mentre le opposizioni – presenti i leader Giuseppe Conte ed Elly Schlein – si divertono con il tiro al piccione. Nessuno in Aula la difende. Sui banchi del governo parlotta con Musumeci, accanto al quale c’è Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento. Davanti la viceministra Vannia Gava (Lega) e il sottosegretario, di FdI, Marcello Gemmato. Santanchè prima di questa seduta, di togliersi questo dente, si è lamentata per il garantismo che non percepisce nell’aria: “Io vengo da Forza Italia, ne ho passate tante ai tempi di Berlusconi, io resto garantista. E gli altri?”.
Musumeci, che la conosce dai tempi della Destra di Storace, ribadisce che la Pitonessa è una tipa tosta. Non dice che farebbe bene a dimettersi, “ci mancherebbe non do giudizi”. Ma aggiunge: “Spero che tutto questo finisca presto”. Dentro Fratelli d’Italia i più smaliziati, specie i romani, vivono la pratica senza entusiasmo, consapevoli che “è una questione di giorni: deve lasciare, c’è da capire solo quando”. Intanto in settimana, quando il calendario delle mozioni avrà preso un verso si arriverà al voto. “E allora in quel momento saremo in Aula”, ride il leghista Stefano Candiani, che si è tenuto lontano dall’emiciclo. Poi quando arriverà il rinvio a giudizio per truffa ai danni dello stato probabilmente Palazzo Chigi staccherà la spina. Forse. La mozione, presentata dal M5S, alla fine cade addosso alla premier Meloni. Il Pd – con i deputati Toni Ricciardi e Federico Gianassi – ma anche i pentastellati – con Vittoria Baldino – suonano lo stesso citofono: “La premier è ricattata dalla ministra? Perché non la fa dimettere?”. Anche Filiberto Zaratti di Avs insiste su questo argomento. Elly Schlein in divanetto della galleria fumatori dice: “Non c’è nulla da fare: Santanchè tiene testa a Meloni perché la ministra è la scatola nera del partito”. Giuseppe Conte in Transatlantico aggiunge: “Oggi la maggioranza non c’è in Aula, ma presto dovrà difenderla quando ci sarà da votare la mozione, poi se la ministra lascerà che figura faranno?”.
Notizie di Meloni? Si sa che da tempo non parla con la sua ministra, che le comunicazioni dirette sono ridotte all’osso. Che ha un diavolo per capello. In pieno scontro con la Corte penale internazionale ha Matteo Salvini che vola in Israele e si fa fotografare con il primo Ministro Benjamin Netanyahu, nel mirino dell’Aja, creando scompiglio nella maggioranza. Perché nel frattempo Palazzo Chigi prova a mandare segnali distensivi dopo il caso Almasri, almeno di facciata. Tenendo il punto nel merito del “pasticcio” ma cercando una sponda. Non a caso mentre Salvini è da Bibi esce una nota che chiede “all’Aja di avviare consultazioni funzionali a una comune riflessione sulle criticità che hanno connotato il caso Almasri al fine di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe”. Il trambusto è figlio dell’indagine che la Cpi ha aperto sul governo italiano (già al centro di un’inchiesta in cui sono coinvolti la premier, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario Mantovano) e ora allo studio della camera preliminare dell’Aja. In questo scenario Meloni non vuole mollare su un’altra ciambella che non è uscita con il buco: quella dei migranti in Albania. Per questo la giornata a Palazzo Chigi è attraversata dagli incontri tecnici fra il dipartimento legislativo del governo e quello del Viminale per trovare una via di uscita. La soluzione in cottura è la trasformazione dei centri in Cpr purissimi, senza più centri di riconoscimento veloce, osteggiati finora dai giudici. Servirà però un decreto che il governo potrebbe licenziare in settimana senza toccare il protocollo d’intesa con Tirana. In questo modo i centri di espulsione congestionati in Italia invierebbero migranti in Albania. Non proprio la certificazione di un successo. Ecco perché Santanchè riparte per Milano pensando che anche questa è passata e che la priorità al momento non sono certo le sue dimissioni.
(da ilfoglio.it)
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Febbraio 11th, 2025 Riccardo Fucile
LA COALIZIONE ATTUALE CHE SOSTIENE LA VON DER LEYEN (PPE, SOCIALISTI E RENEW) OTTERREBBE 399 SEGGI
La nostra stima dei seggi al Parlamento europeo mostra che il Partito Popolare Europeo mantiene il suo vantaggio sull’Alleanza Progressista di centro-sinistra di Socialisti e Democratici, anche se con un piccolo calo.
Il gruppo di estrema destra Patriots for Europe (Patrioti per l’Europa) rimane il terzo gruppo più numeroso, mentre la destra radicale di Conservatori e Riformisti Europei e il gruppo liberale Renew Europe si collocano rispettivamente al quarto e al quinto posto.
La nostra esclusiva analisi combina le tendenze dei sondaggi di tutti i 27 Paesi dell’UE, assegna i nuovi partiti non affiliati al gruppo del Parlamento europeo più vicino a loro e tiene conto dei cambiamenti di affiliazione.
Il risultato è la seguente proiezione dei seggi:
PPE (Partito Popolare europeo) – 184 seggi
Socialisti e Democratici (S&D) – 141 seggi
Patrioti per l’Europa (PfE) – 91 seggi
Conservatori e riformisti (Ecr) – 84 seggi
Renew Europe (RE) – 74 seggi
The Left (Left) – 47 seggi
Verdi/European Free Alliance – 44 seggi
Europa delle nazioni sovrane (ESN) – 32 seggi
Non iscritti – 23 seggi
L’analisi dello scenario suggerisce una chiara maggioranza per la “grande coalizione plus”, composta da PPE, S&D e RE.
Un’alleanza di centro-destra che includa PPE, RE e ECR non raggiungerebbe comunque la soglia di maggioranza.
Cosa è successo nei trend dei sondaggi dopo le elezioni?
Guardando alle proiezioni dei seggi dopo il rapporto di gennaio, il principale partito di centro-destra, Partito Popolare Europeo (PPE) e l’Alleanza Progressista di centro-sinistra di Socialisti e Democratici (S&D) hanno mantenuto il loro dominio. Il PPE è ancora significativamente in vantaggio sull’S&D, ma con un leggero calo rispetto al mese scorso.
Il gruppo dei Patrioti per l’Europa (PfE) si colloca ancora al terzo posto e ristagna, mentre la destra radicale dei Conservatori e Riformisti europei segue a notevolmente distanza, con un piccolo guadagno rispetto al mese scorso.
Dopo ogni elezione per il Parlamento europeo, un gran numero di europarlamentari entra nel Parlamento attraverso partiti di nuova costituzione o che non sono ancora ufficialmente affiliati a un gruppo partitico europeo. A questa incertezza si aggiunge il fatto che non si sa ancora in quali costellazioni i partiti dei diversi Paesi si presenteranno
alle prossime elezioni. Correranno da soli, si uniranno in alleanze elettorali o decideranno di non candidarsi affatto?
SCENARIO. Assegnazione di nuovi seggi non affiliati a gruppi partitici esistenti.
In questa esclusiva analisi di scenario, le tendenze dei sondaggi vengono arricchite con informazioni sui potenziali riallineamenti dei gruppi partitici europei, prestando particolare attenzione ai nuovi eurodeputati non affiliati e ai gruppi a cui potrebbero aderire una volta entrati nel Parlamento europeo alle prossime elezioni.
La nostra analisi di scenario rivela che in un Parlamento europeo eletto oggi, il PPE rimarrebbe il gruppo parlamentare più numeroso con un margine considerevole, con 184 seggi, ovvero oltre il 25% dei seggi, con un calo di oltre mezzo punto percentuale rispetto alla quota attuale.
Il gruppo S&D otterrebbe 141 seggi, una quota di seggi di poco inferiore al 20 per cento e più di mezzo punto percentuale in più rispetto alla quota attuale.
Il gruppo di estrema destra del PfE otterrebbe 91 seggi o più del 12% dei seggi. secondo la nostra analisi di scenario, che è più di mezzo punto percentuale in più rispetto alla sua attuale quota di seggi. L
a destra radicale ECR otterrebbe 84 seggi [con un aumento di oltre mezzo punto percentuale rispetto alla rappresentanza attuale. Allo stesso tempo, il gruppo liberale RE sarebbe rappresentato da 74 parlamentari, e guadagnerebbe oltre il 10% dei seggi.
Nella nostra analisi delle coalizioni, consideriamo le alleanze parlamentari che sono politicamente e valutiamo se esse otterrebbero i 361 europarlamentari necessari per maggioranza.
Se le elezioni si tenessero nel febbraio 2025, la storica “grande coalizione plus” potrebbe mantenere una chiara maggioranza, con i gruppi PPE, S&D e RE che otterrebbero un totale di 399 seggi.
Al contrario, l’alleanza di centro-destra con il PPE, l’ECR e RE continuerebbe a non raggiungere la maggioranza, che ora si prevede di 342 seggi. Allo stesso modo, una maggioranza di centro-estrema sinistra che includa S&D, RE, Verdi e i gruppi di sinistra non raggiunge i seggi necessari per la maggioranza.
Le elezioni del Parlamento europeo del 2024 hanno visto un’affluenza media di poco superiore al 50%. Dal 1979, la partecipazione è calata fino al 2014, quando l’affluenza ha ricominciato a crescere. Il voto obbligatorio è una delle opzioni per aumentare la partecipazione, il che lo rende un metodo interessante.
Il voto è obbligatorio in quattro Paesi membri, Belgio, Bulgaria, Lussemburgo e Grecia,
Il Belgio e il Lussemburgo registrano la più alta affluenza alle urne, poiché la mancata partecipazione al voto comporta sanzioni, come ad esempio multe. In Belgio, chi non si presenta ai seggo almeno quattro volte in 15 anni rischia di perdere il diritto di voto.
La Bulgaria ha introdotto il voto obbligatorio nel 2019 […] e ha registrato un tasso simile, pari al 32,64%, in leggero calo rispetto al 35,84% del 2014 e al 38,99% del 2009.
Ivo Bantel, Rodrigo Gutierrez, e Nisa Khan
per “Politico Pro”
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