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GENOVA, SAPORE DI SALIS PER SCONFIGGERE LA CRICCA SOVRANISTA

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL CAMPO LARGO PARE ORIENTATO A CANDIDARE L’EX ATLETA AZZURRA, VICEPRESIDENTE DEL CONI… SOVRANISTI SPIAZZATI E PREOCCUPATI, LA TIPA E’ UNA TOSTA E POTREBBE PRENDERE VOTI ANCHE A DESTRA… ERA STATA PURE NOMINATA “AMBASCIATRICE DI GENOVA NEL MONDO” DALL’EX SINDACO BUCCI, COME FANNO ORA A PARLARNE MALE?

Questione di ore o forse al massimo di qualche giorno per arrivare a lunedì con il nome pronto per la candidatura del centrosinistra alle prossime elezioni comunali di Genova.
E il nome potrebbe essere quello di una donna, Silvia Salis, atleta con all’attivo due Olimpiadi ed attuale vicepresidente vicario del Coni, intorno alla quale si concentra l’attenzione: un’ipotesi civica e una carta estratta a sorpresa quasi sul limite del tempo massimo, che ha messo il piede sull’acceleratore fuori dalle previsioni dopo sondaggi rimasti almeno fino ad oggi accuratamente sottotraccia.
Ore di telefoni che suonano e confronti sotterranei: sull’idea Salis, che arriverebbe da area orlandiana, si è aperto il sondaggio tra gli alleati ma anche con la base, e si proseguirà ancora con ogni probabilità anche nel fine settimana. Ma «si sta lavorando, e l’obiettivo non è distante», assicurano fonti interne al centrosinistra. Nessun veto, ma nel campo largo, anzi larghissimo, resterebbe qualche resistenza ancora da sciogliere in particolare nell’area M5s e tra alcune frange Dem. Ma nulla di insanabile e soprattutto non legata al nome.
Salis, 39 anni, genovese del levante città, è già un nome e un volto conosciuto. Cresciuta vicino al campo sportivo di Villa Gentile del quale il papà Eugenio, scomparso pochi giorni fa, è stato lo storico custode, in carriera è stata campionessa nel lancio del martello prima e dirigente sportiva poi.
Atleta della nazionale italiana, vincitrice di dieci titoli azzurri, nel palmarès ha un oro e un bronzo ai Giochi del Mediterraneo, due partecipazioni alle Olimpiadi di Londra e Pechino. Dopo aver lasciato l’agonismo nel 2016, l’anno dopo viene eletta nel Consiglio nazionale del Coni e dal 2021 ne diventa vicepresidente, braccio destro di Giovanni Malagò. Nel 2020 sposa il regista Fausto Brizzi, con il quale ha un figlio che porta il cognome materno. Figura di spicco del mondo dello sport, è stata nominata due anni fa dall’ex sindaco di Genova Marco Bucci – che oggi guida la Regione per il centrodestra – “Ambasciatrice di Genova nel mondo”.
La sua figura, e l’estraneità al mondo dei partiti, permetterebbe di individuare così quella figura del mondo civico sulla quale da tempo si ragiona a Genova. Una strada, dunque, attorno alla quale unire una coalizione più larga possibile, che vada dal Pd al M5s, Avs, Azione e Italia Viva comprese.
(da La Stampa)

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SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER SILVIO È ARRIVATA ALLE STELLE: IL PARTITO È DIVENTATO ORMAI UN FEUDO DOMINATO DAL QUARTETTO DA TAJANI-BARELLI-MARTUSCIELLO-GASPARRI

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

È DA TEMPO CHE LA FAMIGLIA BERLUSCONI NON SA DOVE SBATTERE LA TESTA PER RIUSCIRE A SCOVARE UN SOSTITUTO AL 70ENNE CIOCIARO, RIDOTTO IN UN BURATTINO NELLE MANI DI GIORGIA MELONI, CHE È RIUSCITA AD ANESTETIZZARLO CON LA PROMESSA DI FARE DI LUI IL CANDIDATO NEL 2029 ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

Se tra i parlamentari di Forza Italia il malcontento si taglia a fette, l’irritazione di Marina e Pier Silvio Berlusconi è arrivata alle stelle: il partito fondato in tre mesi da Silvio Berlusconi è diventato ormai un feudo dominato da un quartetto formato da Tajani-Barelli-Martusciello-Gasparri.
Dopo aver spadroneggiato in lungo e in largo, non facendo toccar palla, ma nemmeno una biglia, riducendo i parlamentari forzisti a pecoroni addetti a spingere un tasto sullo scranno, è arrivata una pesante sconfitta per la ‘’Banda Bassotti’’ di Tajani.
Lo scazzo tra il partito e l’ex commissario europeo e vicepremier e ministro degli Esteri si è consumato ieri nella scelta del giudice costituzionale alla Consulta in quota Forza Italia: il nome indicato da Tajani, Gennaro Terracciano (amico di Barelli), è finito nel cestino per l’irruente opposizione di Lotito che ha chiamato a raccolta i parlamentari azzurri. E dal cappello è uscito Roberto Cassinelli.
Dalle sue improvvide dichiarazioni sul caso Almasri fino alla difesa insostenibile della Santanché, proseguendo con l’aperto sostegno sull’operazione meloniana Mps-Mediobanca di Caltagirone-Milleri, Tajani ha dimostrato ampiamente di essere un leader debole, privo di carisma, incapace di dare al partito orfano del berlusconismo una vera dimensione nazionale.
E, tanto per gradire, per nulla gradito dai conduttori di talk: una volta messo davanti a una telecamera eccolo trasformarsi in uno sfollagente, puro veleno per lo share.
Ed è da tempo che la Famiglia Berlusconi non sa dove sbattere la testa per riuscire a scovare un sostituto al 70enne ciociaro, ormai ridotto in un burattino nelle mani di Giorgia Meloni, che è riuscita ad anestetizzarlo con la vaga promessa di fare di lui il prossimo candidato del centrodestra alla Presidenza della Repubblica (ciao core!).
I due eredi del Biscione – con Marina che si avvale come consulente politico dell’Ad di Fininvest, Danilo Pellegrino, mentre Pier Silvio ha accanto Niccolò Querci, e pare che tra i due “advisor” non corra grande simpatia – hanno bisogno del sostegno politico di un partito: e non solo per l’impero mediatico, hanno questioni di business a cui badare (Pier Silvio da un pezzo sta architettando una delicata operazione in Germania su Prosiebensat)
Gli azzurri hanno visto ultimamente aumentare il consenso elettorale, superando di un pelo la derelitta Lega, solo perché dopo aver perso radici ed elettori al Nord, si sono trasformati in una ridotta a trazione meridionale nelle mani del trio Martusciello (Campania), Schifani (Sicilia), Occhiuto (Calabria). Con il flop alle elezioni europee dell’ex attivista monarchico che non è riuscito neppure a incidere né a Roma né nel Centro Italia, dove non è andato oltre il 6,99% (99mila preferenze personali contro le quasi 120mila di Vannacci e le 616mila di Giorgia Meloni)
Ultimamente, ci ha pensato “Report” a destabilizzare Tajani scodellando un servizio al vetriolo sul suo compare di potere e prosssimo consuocero, Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera: nel mirino è finita la sua gestione in Federnuoto che presiede da un quarto di secolo, al giro di finanziamenti.
Oltre all’irritazione (eufemismo) del partito e della primogenita del Cavaliere e del fratello Pier Silvio, che con imperdonabile ritardo cognitivo hanno compreso che il Governo non è frutto di un’alleanza di destra-centro, ma è sostanzialmente un monocolore di Giorgia Meloni, occorre aggiungere un altro ‘’nemico’’, e non da poco, di Tajani: l‘89enne Gianni Letta.
Non sarà più l’Eminenza Azzurrina di una volta, quando con Silvio a Palazzo Chigi gestiva la torta del potere, ma la sua rete romana di relazioni, dal Quirinale al Deep State, non è finita nella soffitta dei ricordi. Nella sua affannosa battaglia per portare alla presidenza della Rai la sua protetta Simona Agnes, Tajani e i suoi compari non si sono spesi, se non a parole. E finora l’operazione Agnes è fallita: fra i i fratellini d’Italia gira l’ipotesi di far dimettere tutti i consiglieri.
Da un pezzo, nei suoi incontri meneghini con Tajani (l’ultimo mercoledì scorso), Marina gli “consiglia” di far fuori i due capigruppo di Forza Italia: l’abile Paolo Barelli alla Camera e il chiassoso Maurizio Gasparri al Senato. E lui, come risposta, nicchia, divaga, cambia discorso. Sa bene che non è cosa facile, soprattutto per il suo strettissimo rapporto con Barelli. Da una parte, dall’altra sa altrettanto bene che i due Berlusconi hanno tempi lentissimi prima di trasformare le parole in fatti.
(da Dagoreport)

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IL NEO PRESIDENTE DELL’ANM, CESARE PARODI, AVVERTE LA MELONI, IN VISTA DELL’INCONTRO PREVISTO PER IL 5 MARZO: “NON ANDREMO A SPIEGARE CHE SIAMO CONTRO LA RIFORMA, MA ANDIAMO A DIFENDERE LA COSTITUZIONE”

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL NEO PRESIDENTE E’ DI DESTRA, CIRCOSTANZA CHE LA DICE LUNGA SUL FATTO CHE LA MELONI NON LO SIA

All’incontro con la premier Meloni il prossimo 5 marzo “non andremo a spiegare che siamo contro la riforma, ma andiamo a difendere la Costituzione. Magari ognuno resta della sua idea, ma almeno così abbiamo la certezza di aver fatto tutto quello che andava fatto”. Così il neo presidente dell’Anm, Cesare Parodi, a Tagadà.
“Dopo la mia elezione ero confuso perché non era prevista una mia elezione, ma per una serie di equilibri è venuto fuori il mio nome. Non avevo già previsto una linea programmatica e tra le prime cose mi è venuto di dire – visto che sono una persona dialogica – che mi piacerebbe rappresentare al presidente del Consiglio l’opinione della giunta dell’Anm”, ha spiegato Parodi in merito alla sua richiesta di un incontro con la premier.
Con la riforma “non è detto che i magistrati lavorerebbero di più, forse lavorerebbero un po’ di meno e con meno responsabilità. È capitato che l’attuale sistema non abbia funzionato bene ma allora dico miglioriamo il sistema attuale, non cambiamolo. Salviamo un sistema buono, che è fisiologicamente sano, e non distruggiamolo per un problema patologico”.
“Il 27 c’è lo sciopero, che – ha proseguito Parodi – è la prima consistente manifestazione della nostra opinione globale e che faremo non contro qualcuno ma a difesa di qualcosa, poi ci saranno una serie di altre manifestazioni. Ci presenteremo il giorno dello sciopero con lo slogan che non osteggiamo la riforma per difendere i magistrati ma per difendere le ragioni cittadini. Avremo il tempo di spiegarlo?”.
In merito alla separazione delle carriere dei magistrati distinti tra requirenti e giudicanti, come prevede la riforma, il presidente dell’Anm ha commentato: “Se mi trovo indagato preferisco un pubblico ministero che si faccia carico di verificare tutti gli elementi che ruotano intorno alla mia responsabilità, affinché possa essere convinto del fatto che io sia responsabile.
Perché devo privare i cittadini del primo filtro di tutela che lo Stato mette a disposizione? La maggior parte delle denunce vengono archiviate perché c’è un pubblico ministero che ne valuta l’archiviazione”.
(da agenzie)

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LIBERAZIONE DI ALMASRI, ECCO IL DOCUMENTO DELL’AJA CHE SMENTISCE NORDIO

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE PUBBLICA ONLINE LE CARTE CON LE CORREZIONI NEL MANDATO D’ARRESTO… I MINISTRO AVEVA PARLATO DI “IMPRECISIONI” MA IN REALTA’ SONO BANALI ERRORI GRAMMATICALI “FACILI DA CORREGGERE”, E CHE IL GOVERNO ITALIANO AVREBBE POTUTO SEMPLICEMENTE SEGNALARE A BRUXELLES. E INVECE SONO SERVITI PER “COPRIRE” LA DECISIONE POLITICA DI RIMPATRIARE IL TORTURATORE LIBICO

Questioni grammaticali. Refusi. Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, hanno reso «nullo» il mandato d’arresto della Corte penale internazionale a carico del generale libico Almasri. «Sviste facili da correggere», ribattono alcuni esperti del diritto.
Gli errori, elencati in un documento della Corte dell’Aja, sono circa una ventina. L’avverbio «continuo» al posto del verbo «continuare», il sostantivo «abusato» invece dell’infinito «abusare», giusto per citarne alcuni. E poi quella data, 2011 invece di 2015 ripetuta tre volte.
«L’atto era connotato di imprecisioni, omissioni, discrepanze e conclusioni contraddittorie», aveva dichiarato il Guardasigilli il 5 febbraio quando, alle Camere, ha dovuto spiegare come mai il generale, accusato dalla Corte penale di crimini di guerra e contro l’umanità, era stato rilasciato
E rimpatriato in fretta e furia. Sviste, dicono esperti di diritto internazionale, che la Corte dell’Aja ha corretto con un nuovo mandato d’arresto. E che il ministro avrebbe potuto semplicemente segnalare a Bruxelles.
Il Guardasigilli si sofferma su un errore in particolare: «L’incertezza sulla data dei delitti» avvenuti nella prigione di Mitiga, a Tripoli. Nel mandato d’arresto al centro dello scontro tra governo e Bruxelles, la Corte dell’Aja fa riferimento «ai fatti commessi tra il febbraio 2015 e il marzo 2024». Ma in tre paragrafi, su oltre un centinaio, si parla «del febbraio 2011».
Errore irrimediabile per il Guardasigilli, finito sotto attacco. Che dice così: «Emerge un’insanabile e inconciliabile contraddizione riguardo a un elemento essenziale della condotta criminale dell’arresto riguardo al tempo del delitto commesso».
Il generale arrestato a Torino viene lasciato libero tre giorni dopo. La Corte d’appello di Roma solleva una questione procedurale. Il ministro tace. Poi, davanti alle Camere, punta il dito contro l’atto a suo dire impreciso. Un suo intervento, «prima di aver risolto queste discrasie e incongruenze», sarebbe stato «inopportuno» e «illegittimo».
La Corte penale internazionale il 24 gennaio si riunisce. Approva la nuova versione del mandato dall’arresto. La pubblica sul sito. «È tutto in inglese», ribatte il ministro della Giustizia. «Non ci è stata trasmessa ufficialmente». E poi torna su quei refusi. «Il vizio genetico dell’ordinanza è certamente il mutamento della data del commesso reato», ribadisce. «Banale via di fuga», commentano in diversi.
I rapporti tra la Corte dell’Aja e il governo si irrigidiscono. Sino all’altro giorno, quando l’esecutivo cerca di trovare un terreno di confronto, smorzando i toni e avviando un’interlocuzione.
L’altro giorno sarebbe arrivata in via Arenula la richiesta di acquisire una serie di atti, tra cui le interlocuzioni tra il Tribunale e il ministero della Giustizia, tra la Corte penale internazionale, l’ufficio di collegamento dell’ambasciata italiana in Olanda e gli uffici del Guardasigilli. Si vuole ricostruire la sequenza esatta degli eventi e i tempi di azione di ogni singolo protagonista della vicenda.
Comprese le eventuali comunicazioni tra Palazzo Chigi e via Arenula. Giorni concitati, quelli della vicenda del generale libico. Almasri viene fermato il 18 gennaio e arrestato il 19. Il 21 gennaio, poi, viene scarcerato.
E rimpatriato. Ma quando l’areo di Stato era già pronto per riportarlo in Libia, il ministro della Giustizia diceva di «stare valutando come procedere»
(da La Stampa)

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LA SOVRANISTA GIORGIA HA UCCISO IL LIBERO MERCATO CON L’ARMA DEL GOLDEN POWER: DA STRUMENTO PER TUTELARE GLI INTERESSI NAZIONALI IN SETTORI STRATEGICI DEL SISTEMA INDUSTRIALE E FINANZIARIO, IL GOLDEN POWER È DIVENTATO IL MEZZO CON CUI IL GOVERNO MELONI DECIDE LE SORTI DI UN’AZIENDA IN BASE ALLE INTERESSI POLITICI E SIMPATIE

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

CON ESITI PARADOSSALI, COME SULLA RETE DI TIM, TALMENTE PATRIMONIO NAZIONALE DA ESSERE CEDUTA A UN FONDO AMERICANO. O LA COMPAGNIA DI BANDIERA EX ALITALIA, PAPPATA DAI TEDESCHI

Se la democrazia non si sente tanto bene, il libero mercato è già morto, cadavere. L’armaattraverso cui i suoi killer hanno compiuto il misfatto si chiama golden power, mistificazione sovrana utilizzata appunto dai sovranisti per esercitare la loro discrezionalità.
Originariamente il golden power doveva essere lo strumento che consentiva ai governi di tutelare gli interessi nazionali in settori strategici del sistema industriale e finanziario, in modo che dei suoi pezzi rilevanti finendo in mani straniere non compromettessero la loro integrità. Nei fatti, è diventata la modalità con cui la politica decide le sorti di un’azienda in base ai propri umori e alle proprie simpatie.
Sono i desiderata dell’esecutivo, spesso dei suoi ministri che hanno interessi e legami contrapposti, il motore di un’economia che si sta ineluttabilmente sovietizzando. Tu sì, tu no, tu forse. È così che il libero mercato e le sue regole sono diventate un’obsoleta reminiscenza.
La mano dello Stato, un tempo vituperata come il peggiore dei mali, torna di prepotenza a far valere le sue prerogative. E chi ne possiede le leve non si tira indietro, anzi. Così finisce che senza appello l’interesse privato prevale sulla pubblica virtù, e la salvaguardia dell’italianità costringe a mirabolanti contorsioni e sovente fallimenti.
RETE TIM – FONDO KKR
Il nuovo corso è talmente discrezionale che dà adito a esiti paradossali. Come la rete di Tim, talmente patrimonio nazionale da essere ceduta a un fondo americano. O come la compagnia di bandiera, che dopo aver bruciato decine di miliardi dei contribuenti, è finita (per fortuna) in mano tedesca. O ancora l’industria automobilistica, per quasi un secolo asset industriale strategico i cui destini sono finiti Oltralpe.
Sulla rete Tim, giusto per la cronaca, l’incongruenza è macroscopica. Bandiera delle patrie tutele, è stata venduta forse al più speculativo dei fondi americani dove a essere sovrano è solo il suo (legittimo) tornaconto. Eppure Giancarlo Giorgetti continua a ribadire che la tutela dell’interesse nazionale è prioritario. Nei fatti, un ossimoro.
Palazzo Chigi è passato da essere una merchant bank dove non si parlava inglese (copyright Guido Rossi) a una banca d’affari che la lingua la mastica sin troppo bene visto la pletora di consulenti e mediatori stranieri che ne frequentano i corridoi. E che naturalmente sono al servizio di sé stessi, riducendo l’italianità e la sua retorica a intonaco di facciata.
Risultato? Il golden power è diventato qualcosa che si porta su tutto, una coperta che ciascuno tira dalla propria parte a seconda della convenienza. E spesso a sproposito, al punto che una banca italiana che vuole comprare un concorrente diventa off limits per il solo fatto di avere, come la quasi totalità dei grandi gruppi, qualche presenza straniera tra i suoi azionisti.
E al punto che settori assolutamente non strategici improvvisamente lo diventano solo per rispondere a interessi di parte che ne vogliono condizionare lo sviluppo. Sempre usando attori e soldi stranieri, naturalmente. La politica è dunque ritornata a essere un arbitro le cui decisioni sono inappellabili. È così che il regime dell’economia, che aveva le sue fondamenta nella concorrenza e nel libero scambio, sta diventando economia di regime.
(da Lettera43)

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L’INDAGINE SU LA RUSSA JR INCROCIA QUELLA SUGLI SPIONI, ACQUISITI I VERBALI DI CALAMUCCI E GALLO

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

LE DICHIARAZIONI SONO STATE RILASCIATE MNELL’AMBITO DEL PROCEDIMENTO SUI PRESUNTI DOSSIERAGGI

La procuratrice aggiunta Letizia Mannella e la pm Rosaria Stagnaro, titolari del fascicolo sulla presunta violenza sessuale per la quale sono indagati Leonardo Apache La Russa e un amico, stanno lavorando per acquisire le dichiarazioni a verbale di Samuele Calamucci e Carmine Gallo rilasciate nell’altro procedimento, che si è intrecciato col primo già da mesi, sul gruppo di Equalize e sui presunti dossieraggi illegali.
Oggi, infatti, in procura a Milano c’è stata una riunione tra il procuratore Marcello Viola e le due pm, dopo che ieri sul Fatto Quotidiano sono stati pubblicati contenuti di un verbale dell’hacker Samuele Calamucci, il quale avrebbe raccontato che il 19 maggio 2023, giorno in cui la ragazza si svegliò a casa La Russa convinta di aver subito abusi e quando il caso non era ancora uscito sui media (la denuncia della ragazza è di oltre un mese dopo), avrebbe sentito Enrico Pazzali parlare al telefono con tale “Ignazio”, con riferimento al presidente del Senato, della vicenda dei presunti abusi.
Poi, sempre Pazzali, presidente autosospesosi di Fondazione Fiera Milano e titolare di Equalize, avrebbe anche parlato con un militare. Dichiarazioni simili sarebbero arrivate pure dall’ex superpoliziotto Carmine Gallo. I pm del caso della presunta violenza stanno acquisendo quei verbali, ancora secretati, perché la Procura, che aveva già fatto verifiche sui tabulati e su altri elementi accantonando la questione dei presunti contatti La Russa-Pazzali, vuole ora effettuare approfondimenti, ripartire da zero, rileggere i dati e semmai nel caso svolgere anche qualche audizione. Si sta verificando, quindi, il termine esatto di scadenza delle indagini sulla vicenda dei presunti abusi, che cadrà nei prossimi giorni. L’inchiesta era quasi definita, ma eventuali nuove indagini dovrebbero passare per una richiesta di proroga al gip.
(da agenzie)

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E ANCHE OGGI FERROVIE NEL CAOS: TRENI ALTA VELOCITA’ IN TILT, RITARDI A VALANGA

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

UN FRECCIAROSSA FERMO VICINO A BOLOGNA CAUSA FINO A TRE ORE DI ATTESA… ENNESIMO GUASTO TECNICO SUL TORINO-NAPOLI… MA NON ERA COLPA DI PRESUNTI ATTENTATORI? QUALE ALTRA PALLA TROVERANNO?

Rallentamenti a cascata sulla linea di alta velocità Bologna-Firenze e su altre direttrici collegate, dopo che stamattina – intorno alle 11.30 – il Frecciarossa FR 9311 Torino-Napoli si è bloccato per un inconveniente tecnico nei pressi del capoluogo dell’Emilia-Romagna e ha accumulato un ritardo di almeno tre ore. Sul sito, Trenitalia ha comunicato che i treni alta velocità già partiti potrebbero accusare un ritardo di massimo un’ora. I sei Frecciarossa direttamente coinvolti saranno rallentati di almeno un’ora. E su uno di questi, come si legge dalle note ironiche postate sui social media, ci sarebbe anche Matteo Renzi.
I treni direttamente coinvolti
Sono appunto sei i convogli il cui tempo di percorrenza ha subito maggiori variazioni:
FR 9311 Torino Porta Nuova (8:40) – Napoli Centrale (15:03)
FR 8508 Roma Termini (9:50) – Brescia (14:00)
FR 9527 Milano Centrale (10:10) – Salerno (16:06)
FR 9413 Venezia Santa Lucia (10:26) – Napoli Centrale (15:48)
FR 9626 Roma Termini (10:50) – Torino Porta Nuova (15:10)FR 9623 Milano Centrale (10:58) – Reggio Calabria Centrale (20:29)
FR 9625 Milano Centrale (11:25) – Napoli Centrale (16:07)
Problemi sulla Bari-Pescara: «Rischio cancellazioni»
Traffico rallentato anche sulla linea Bari- Pescara, per un «inconveniente» a due passaggi a livello nei pressi del capoluogo pugliese. I treni alta velocità e intercity, fa sapere Trenitalia, «possono registrare tempi di percorrenza maggiori fino a 40 minuti», mentre i regionali «possono subire limitazioni di percorso e cancellazioni».
(da agenzie)

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IL “BIMBOMINKIA” SALVINI SI PREPARA A RIFILARE CALCIONI ALLA MELONI: “‘L’IMPORTANTE È PARTECIPARE’ PUOI DIRLO A UN FIGLIO DI 7 ANNI CHE GIOCA A CALCETTO”

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL LEADER LEGHISTA VUOLE BLINDARE LA GUIDA DEL CARROCCIO. AD APRILE CI SARA’ IL CONGRESSO E C’È CHI PARLA DI TESSERAMENTI “AVVENTUROSI”… LA POLEMICA DI PAOLO GRIMOLDI, EX LEGHISTA FONDATORE DEL “PATTO PER IL NORD”: “LA NOSTRA TESSERA È INCOMPATIBILE? BENISSIMO! E L’ASSOCIAZIONE DI VANNACCI?

«Perché, c’è un congresso?». La battuta del leghista di lungo corso racconta bene lo stato d’animo del partito. E, peraltro, l’autore è un salviniano convinto. E convinto, come tutti, che per Matteo Salvini sarà una passeggiata.
La Lega tornerà a congresso «prima di Pasqua». Il 5 e 6 aprile (ma la data ufficiale ancora non c’è) Matteo Salvini chiederà al suo partito un nuovo mandato da segretario.
Dopo undici anni al timone, due volte da ministro e vicepremier (e due governi impallinati, Conte 1 e Draghi), dopo una navigazione sempre in mezzo alla burrasca, Salvini non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Per quanto riguarda il governo, ieri ha chiarito che «da numero due mi riposo, ma l’obiettivo è tornare numeri uno. L’importante è partecipare puoi dirlo a un figlio di 7 anni che gioca a calcetto». E per il partito, l’intenzione è quella di mettere a tacere una volta per tutte le voci che lo vogliono in difficoltà.
Certo, l’evento di aprile — con il leader che batte sul tasto del congresso «programmatico» — certificherà il cambio di pelle della Lega. Partito non più nordista ma nazionale anche nei delegati che saranno chiamati al voto per il nuovo mandato.
Ai delegati del Sud è infatti affidato il compito non detto di mettere al sicuro il risultato del leader. Nel partito si parla di tesseramenti avventurosi, del modo per chiudere la questione degli anni di militanza necessari per far parte della platea congressuale. In breve: dei circa sette o ottocento delegati, moltissimi saranno del meridione. Del resto, spiega un leghista pragmatico, «ci sono territori al Sud in cui la Lega prende più che al Nord».
E così, i salviniani si attendono di vincere. E di vincere bene. Ironizza Paolo Grimoldi, ex leghista fondatore del «Patto per il Nord» che mercoledì è stato dichiarato incompatibile con la Lega: «Sostengono che chi ha la nostra tessera è incompatibile? Benissimo! E l’associazione di Vannacci?».
Grimoldi è sferzante: «Rieletto Salvini, i tesserati che faranno? Passeranno altri dieci anni a lottare per il Sud?».
Ad ogni modo, se congresso deve essere, qualcosa di nuovo andrà pur detto. Salvini inaugurò il suo mandato, nel dicembre del 2013, intessendo l’alleanza con i partiti sovranisti che oggi siedono con lui nei Patriots all’Europarlamento. Così come questa volta insisterà sulla linea ultra trumpiana che ha (da tempo) assunto. Però, occorre non dimenticare che la Lega è un partito autonomista, che ascolta i territori.
Magari i territori esprimeranno un presidente del partito e il congresso sarà preceduto da tre giornate programmatiche, al Nord, Centro e Sud. Veneto, Marche e Campania. Ma appunto: se è vero che i problemi di Salvini non sono pochi, il congresso della Lega pare proprio che non sia tra questi .
(da corriere.it)

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PARENTI, AMICI E L’EX NAR VICINO A FIORAVANTI: L’AMICHETTISMO DELLA DESTRA A SOGESID

Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile

LA PARTECIPATA DEL MEF, CHE SI OCCUPA DI DISSESTO IDROGEOLOGICO, TORNA AL CENTRO DELLE POLEMICHE PER LE DECINE DI CONSULENZE (LEGATE SOPRATTUTTO ALL’AREA FDI-CASAPOUND) BEN RETRIBUITE PER UNA SOCIETÀ CHE HA GIÀ 520 DIPENDENTI… IL CASO GABRIELE DE FRANCISCI, CHE GUADAGNA 105 MILA EURO: ERA IL GUARDASPALLE DI GIUSVA FIORAVANTI E QUELLA STRANA STORIA LEGATA A UN TRASLOCO SUPER PAGATO

Uomini e donne di partito, parenti, camerati, ex estremisti e, in generale, decine di consulenti ben pagati per una società che ha già 520 dipendenti. Oltre a una strana storia legata a un trasloco super pagato. La Sogesid torna al centro delle polemiche per le assunzioni facili e la gestione del personale
Parliamo della partecipata del Mef che si occupa di ambiente e in particolare di dissesto idrogeologico, nota per aver ricevuto dal commissario Francesco Paolo Figliuolo il compito di provvedere agli interventi ingegneristici, amministrativi e legali legati alla ricostruzione post alluvione del 2023 in Emilia-Romagna. Il Fatto aveva già raccontato le vicissitudini di Sogesid, come nel 2016 quando passò da 81 a 443 dipendenti in pochi mesi e nel 2020 con l’arrivo in azienda di altre 200 persone, a vario titolo, senza concorso. Ora che al governo c’è la destra, c’è stata una nuova infornata di consulenti.
La gestione attuale è quella di Errico Stravato, ingegnere, nominato amministratore delegato il 6 luglio 2023 e il 2 ottobre scorso divenuto anche direttore generale. Stravato è noto a Roma per essere stato uno dei dirigenti più stimati da Gianni Alemanno nel suo quinquennio da sindaco. Il manager all’epoca fu l’ispiratore del progetto del waterfront di Ostia e, successivamente, ha seguito il dossier dello stadio dell’As Roma a Tor di Valle. Con lui, nel Cda di Sogesid, è arrivato ad agosto 2023 Massimiliano Panero, ex militante di Casapound in Piemonte.
Da destra, a volte estrema, sono approdati in Sogesid anche diversi consulenti. Su tutti spicca il nome di Gabriele De Francisci, 70 anni, scelto il 21 settembre 2023 come il “solo operatore economico in possesso dei requisiti” per il ruolo di supporto amministrativo del Commissario unico della Depurazione. De Francisci – che guadagna 105 mila euro – il 9 gennaio 1979 era nel commando guidato da Giusva Fioravanti che assaltò Radio Città Futura durante la registrazione della trasmissione femminista Radio Donna. De Francisci non partecipò materialmente all’assalto e dunque fu assolto. In altre azioni aveva il ruolo di “copertura”.
Sempre da destra arriva Manfredi Pinelli, responsabile delle Relazioni esterne, che nel 2016 si era candidato con Casapound al 1° Municipio di Roma. Gradite a Fratelli d’Italia, invece, ci sono due avvocate: Valentina Milani, 49 anni, consulente a 134 mila euro l’anno e Valentina Augello, consulente da 31 mila euro l’anno, figlia del compianto senatore di FdI, Andrea Augello, e figlioccia della vicepresidente della Regione Lazio, Roberta Angelilli. Spostandosi più al centro, inoltre, c’è il caso di Daniele Lucci, esponente dell’Udc molto vicino al segretario Lorenzo Cesa
Emerge poi un caso curioso, legato al trasloco a luglio 2023 dagli uffici di via Calabria 35 alla nuova sede di via Nomentana 41. I due edifici distano appena 600 metri, costati però a Sogesid la cifra monstre di 138 mila euro. La ditta di traslochi assegnataria fu la De Vellis Servizi Globali srl, società di Ennio De Vellis, coinvolto a luglio scorso in un’inchiesta della Procura di Milano su un presunto giro di appalti truccati.
Non solo. Un anonimo il 31 ottobre 2024 ha protocollato alla Procura di Roma un esposto sulla nomina di Francesco Santini – già dipendente del Mit – a consulente dell’Ufficio Gare e Contratti, incarico retribuito 75 mila euro l’anno, sollevando dubbi sulla nomina che dovranno essere ora vagliati dagli inquirenti.
L’Ad Stravato, contattato dal Fatto, ha sottolineato la bontà del suo operato e la buona fede delle nomine. “La Sogesid è sott’attacco – afferma – ci sono continue segnalazioni di persone che hanno interessi privati. La nostra è un’azienda legata al risultato, non c’è spazio per i raccomandati. Si guarda solo il curriculum, non l’appartenenza politica. E il lavoro dei dipendenti è controllato costantemente. Le segnalazioni? Arrivano, certo: ho detto tanti no”. Sul trasloco: “La gara fu assegnata prima del mio arrivo, è parsa particolare anche a noi, ma è stata rivalutata in Cda e infine risultata congrua”.
(da Fatto Quotidiano)

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