8 MARZO, POCA FESTA, TANTA PROTESTA: DONNE IN PIAZZA IN TUTTA ITALIA
CORTEI IN TANTE CITTA’, SI FERMANO SCUOLA E TRASPORTI
C’è poco da festeggiare, tanto da protestare per l’8 marzo, festa della donna.
Sono previste manifestazioni e cortei in tutte le Regioni, in piazza contro la discriminazione di genere, contro la violenza sulle donne e i femminicidi, contro le molestie nei luoghi di lavoro, contro la precarietà , contro l’obiezione di coscienza nei servizi sanitari pubblici, a difesa della legge 194, contro il disegno di legge pillon su separazione ed affido, per il diritto alla parità salariale.
Se il 2018 è stato l’anno del #MeToo e della reazione agli abusi sessuali, il 2019 è l’anno del #BalanceforBetter, un appello all’azione per velocizzare l’uguaglianza di genere in ogni ambito sociale.
Manifestazioni, eventi, incontri e flash mob sono previsti in molte città . Tra le altre, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma e Torino.
A Roma il movimento femminista “Non Una di Meno” si ritrova alle 9 al ministero della Salute, con le donne che metteranno al centro del presidio la qualità delle condizioni di lavoro di operatrici e operatori sanitari e la “richiesta di consultori e ospedali laici, aperti e finanziati, senza obiettori”.
Alle 10,30 la protesta si sposterà al ministero del Lavoro per richiedere “un salario minimo europeo, un welfare universale, congedi retribuiti e obbligatori per una maternità veramente condivisa; contro la discriminazione delle donne nel mercato del lavoro e la disparità salariale”.
Poi una manifestazione alle 17. Tanti gli appuntamenti anche a Milano, dal presidio della mattina in piazza Oberdan al pranzo solidale, fino al corteo delle 18 e alla festa serale.
I numeri parlano chiaro. In Italia, il tasso di occupazione maschile è superiore rispetto a quello femminile quasi del 20%, i posti di comando di Università , imprese, pubbliche amministrazioni o uffici giuridici sono quasi sempre appannaggio degli uomini.
Il pay gap, la differenza salariale tra uomo e donna, è pari al 17,9%.
In politica, le donne in parlamento, sono il 35%, secondo i dati Eurostat in Svezia sono il 47%, in Finlandia il 42%, in Belgio e Spagna il 40%.
Secondo quanto riportato da World Bank “Women, Business and the Law 2019” sono soltanto 6 i paesi al mondo che garantiscono per legge a uomini e donne la stessa possibilità . La battaglia dev’essere di tutti, uomini e donne, sinistra e destra.
Tra uomini e donne la differenza salariale è sostanziale. Le donne guadagnano, nel settore privato, il 17,9% in meno rispetto agli uomini.
Secondo il Corriere della Sera le italiane lavorano gratis 66 giorni su 365. Ma le differenze non si fermano al privato. Nel pubblico il divario è del 4,4% una percentuale minima ma comunque esistente.
Mentre tra i ragazzi, tra i 14 e 17 anni, a ricevere regolarmente la paghetta sono per il 53,1% gli uomini e per il 42,1 le donne. Dopo un anno di laurea triennale, lo stipendio di una donna, è inferiore del 17,3 rispetto a quello di un uomo, a distanza di 5 anni il gap diminuisce ma si attesta comunque sul 13,9%. Un dirigente maschio? Guadagna il 20,5% in più di una donna. Un impiegato? il 35,1%.
Alla base di un’eventuale piramide lavorativa, la presenza femminile nei posti di lavoro è sempre più forte ma diminuisce vertiginosamente scalando di posizioni. Nei posti di comando le donne sono nettamente meno degli uomini. Come riportato da la Repubblica In politica sono cinque le ministre e tredici i ministri.
Nei ruoli di comando degli uffici giuridici sono 119 donne contro 315 uomini quando la maggioranza dei magistrati è femminile. Negli uffici apicali delle aziende contiamo cinquemila amministratrici contro diciassettemila amministratori. Senza contare che la pensione di una donna è il 37% inferiore a quella di un uomo.
I tentativi di cancellare aborto e divorzio tolgono libertà fondamentali per l’individuo. Il DDl Pillon in questo momento è la pietra dello scandalo che racchiude, secondo buona parte delle contestatrici, un attacco alle conquiste sociali, “Il ritorno al Medioevo” dicono in molte durante le manifestazioni contro il disegno di legge.
(da agenzie)
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