A.A.A. CERCASI AVVERSARIO: RENZI VUOLE EVITARE UN PLEBISCITO AL CONGRESSO
MOLTO DIPENDE DALLE SCELTE DI EMILIANO… IL RUOLO DI DAMIANO E DI ORLANDO
“A.A.A cercasi avversario per primarie che non siano finte e che non siano un flop”. Al Nazareno lo potrebbero scrivere anche in bacheca all’ingresso, visto che da ieri sera, mentre infuriano i venti (incerti) di scissione sul Pd, la ricerca è ufficialmente iniziata.
Matteo Renzi infatti non ha intenzione di fare ulteriori concessioni. Domani, se sarà presente in direzione nazionale, nemmeno prenderà la parola, in quanto da ieri è “segretario dimissionario”, sottolineano dal Nazareno.
Quindi l’ultima richiesta di Michele Emiliano (“Un segnale e resto”) cade nel vuoto. “Renzi parli in direzione”, chiede Francesco Boccia, vicino a Emiliano.
Ma per Renzi e per il reggente Matteo Orfini quella di domani sarà solo una direzione “burocratica” che elegge la commissione congressuale. Il dibattito è finito ieri in assemblea. Il tempo è scaduto.
E allora al Nazareno si mette in conto l’eventuale abbandono del campo da parte di tutti e tre i candidati alternativi a Renzi: Enrico Rossi, Roberto Speranza e anche Michele Emiliano.
Il problema è serio: il segretario fa le primarie da solo?
Da ieri Renzi fa trapelare che Cesare Damiano sarebbe un buon candidato per la sinistra del partito: non ha in mente propositi scissionisti, viene dalla Cgil, insomma può essere una certezza per giocare la partita o almeno una partita.
Già perchè comunque Renzi vorrebbe anche che le primarie siano un successo, con le code ai gazebo. Un partito ferito dalla scissione può garantire questo risultato?
I luogotenenti renziani sono alla ricerca di una risposta. Obiettivo: trovare un modo per rivitalizzare quel che rimarrà del Pd dopo la scissione. Non a caso i renziani la chiamano “abbandono della minoranza”, già sono al lavoro per esorcizzare il demone della spaccatura: almeno con il linguaggio.
Missione: non finire come Forza Italia che ha sempre votato il leader, l’unico leader, Silvio Berlusconi per acclamazione.
Già il passo in avanti di Andrea Orlando, che offre di candidarsi se non c’è la scissione, potrebbe risolvere il problema, dar vita alla battaglia.
Ma se il Guardasigilli non ha truppe non si candida, risulta al quartier generale renziano. “Non vuole fare un congresso finto”, dicono dall’attuale maggioranza del partito. E allora chi? Al di là delle preferenze del segretario — che già è ben strano che sia lui a scegliersi e invogliare l’avversario — lo stesso Damiano conferma con Huffington Post che lui rimane a “presidiare il campo alternativo a Renzi nel Pd”.
E insieme a Gianni Cuperlo è partita anche dalla stessa sinistra la ricerca del candidato da contrapporre al segretario.
Chi sarà , dipende molto dalle scelte finali di Orlando. Ma si tratta di un’area che potrebbe rimettere insieme ex Diessini del calibro di Anna Finocchiaro, ora ministro per i Rapporti col Parlamento, una parte dell’area di Maurizio Martina, se non proprio lo stesso ministro all’Agricoltura che finora è rimasto al fianco di Renzi.
E poi anche una parte di Giovani Turchi, quelli che stanno con Orlando e non con Matteo Orfini, il presidente alleato con Renzi.
“E’ una forza di sinistra che va presidiata, va rappresentata. Anche nel caso in cui corresse pure Emiliano”, ci dice Damiano in Transatlantico alla Camera.
Ecco il punto. Nella sua ricerca di un avversario per giustificare le primarie, Renzi ha chiaro in testa che l’ideale sarebbe avere sfidanti che mobilitano le masse.
E in questo Emiliano è una garanzia: agitatore di popolo, toni alti, un po’ grillino, anti-renziano con stile renziano, alla fine.
Insomma, paradossalmente il governatore pugliese potrebbe rianimare un partito esangue. Se in gara ci fosse anche lui, oltre al candidato della sinistra, il gioco sarebbe fatto. E sarebbe esorcizzato anche l’altro demone: ovvero riproporre alle primarie la vecchia contrapposizione Ds-Margherita, da una parte gli ex Pci, dall’altra Renzi.
Certo, alla fine dei conti, resta da vedere come risponderà la base dopo lo spettacolo di questi giorni.
Sono questi i calcoli della vigilia di una direzione nazionale (domani alle 15 al Nazareno) che – colpo di scena – potrebbe non mettere un punto alla saga della scissione.
Come l’assemblea di ieri, insomma: ancora limbo, a meno che gli scissionisti non decidano di stracciare la tessera e dire esplicitamente addio.
Finora i più chiari in questo senso sono stati Speranza e Rossi, annunciando di non partecipare alla direzione. Ma anche se non entrano nella commissione congressuale che verrà eletta domani, possono sempre entrarci in un secondo momento.
In quanto da statuto la commissione viene integrata di un rappresentante per candidato al momento della presentazione delle candidature ufficiali.
In Transatlantico alla Camera ce lo spiega Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo Economico, esponente dell’area di Franceschini (Areadem), uno che ieri non ha avuto peli sulla lingua a dire in assemblea “Il congresso si chiude prima delle amministrative”, prendendo la parola subito dopo Emiliano.
“E’ un diritto del candidato alla segreteria avere un proprio rappresentante nella commissione, non un obbligo — dice Giacomelli – E comunque possono entrarci anche solo al momento della presentazione della candidatura ufficiale”.
Al congresso del 2013 la commissione congressuale era composta da 19 esponenti, di cui un solo renziano: Lorenzo Guerini.
(da “Huffingtonpost”)
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