AL SUK DI PALAZZO MADAMA TRA OFFERTE, SOSPETTI E TANTI TROLLEY
LA MAGGIORANZA CERCA ARRUOLATI, MA OGGI SI SMOBILITA, E’ VENERDI
Scivolano verso l’estinzione, nel suk che non si vede ma si respira.
Mercato dove non si bada alla forma, “perchè tutti i voti sono buoni”, come riassumeva sul Corriere della Sera di ieri Maria Elena Boschi, ministra alla Riforme renzianissime.
Il Senato del giovedì è un palcoscenico dove molti recitano a soggetto.
Si celebra la discussione generale sulla riforma che dovrebbe ammazzare il bicameralismo perfetto, e buonanotte ai senatori eletti.
In pubblico, i parlamentari recitano discorsi di prammatica, litigano un po’, poi riempiono i divanetti e impilano trolley: tanti.
Negli angoli del palazzo, ma soprattutto altrove, trattano. E lo schema è sempre quello: voti in cambio di posti, cariche, favori.
Sui volti, voglia di mare e noia conclamata “perchè la partita vera inizia la settimana prossima”.
E poi, “ alla fine quello la spunterà , in troppi temono che cada il governo”.
Quello è Renzi, che in aula incassa le prime due votazioni in scioltezza: 171 no e solo 99 sì, che affondano le pregiudiziali di costituzionalità e la richiesta di rinvio del disegno di legge in commissione, esautorata dal Pd.
Ma la battaglia vera deve ancora arrivare, e sui numeri non vi può essere certezza. Così Renzi e i suoi cercano altri voti, ogni giorno, su più fronti.
La caccia parte dal gruppo misto. E guarda il caso, ieri proprio dal Misto arrivano sorrisi al premier.
Quattro ex M5S si astengono nel voto sulle pregiudiziali di costituzionalità .
A non premere il bottone Alessandra Bencini e Maurizio Romani, toscani, appena sbarcati nell’Italia dei Valori che appoggia la riforma (per l’orrore del fondatore Di Pietro). Ma pure Luis Orellana e Cristina De Pietro, ex Cinque Stelle, a un passo dall’abbracciare il rottamatore.
Orellana è lo stesso che nell’ottobre del 2014 salvò il governo su una risoluzione sul Def, il Documento di economia e finanza. Il suo voto fu decisivo per non mandare a gambe all’aria la maggioranza.
I Cinque Stelle gli dissero di tutto, lui replicò serafico: “Ho votato secondo coscienza”. Dalla coscienza ai numeri, ieri si sono astenute anche le tre senatrici di Fare!, il gruppetto dell’ex leghista Flavio Tosi, sindaco di Verona.
Renzi l’ha ricevuto a Palazzo Chigi due giorni fa, e l’intesa è stata perfetta. Logico che traboccasse in astensioni: di fatto, voti in più per il premier. A margine, un dissidente dem anonimo : “A una senatrice del Misto avevano spiegato che se la riforma non passa ci avremmo rimesso milioni di fondi delle Ue, e ci aveva pure creduto”.
Si passa a Sel, dove c’è nervosismo sulla rotta politica, varco in cui gli sherpa dem speravano di infilarsi.
Il 30 agosto scorso su Repubblica Dario Stefà no si disse pronto a lasciare il partito “se si smarrisce la rotta di centrosinistra” (ma ribadì il no alla riforma).
Ovvero, non vuole che Sel si presenti da sola alle amministrative. Soprattutto, Stefà no e almeno altri due senatori temono lo scioglimento di Sel in una “cosa rossa” con Stefano Fassina e magari Maurizio Landini.
Il senatore pugliese, il suo collega Luciano Uras e il sindaco di Cagliari Massimo Zedda ne hanno parlato a cena in un ristorante romano, tre giorni fa.
Ma sul no alla riforma tengono. “Il suk in Senato c’è, eccome, ma noi siamo solidi-giura la capogruppo Loredana De Petris — Magari dal Pd fanno credere altre cose, ma è propaganda”.
Si torna in Senato. I Cinquestelle provano a battere un colpo. Alzano la voce in aula, si dimettono in blocco “e a tempo indefinito” dalla commissione Affari Costituzionali. “Il disgusto era troppo forte, e poi cosa restavamo a fare se neanche possiamo lavorare?” sostiene Nicola Morra.
Un’altra 5 Stelle, Laura Bottici, posta su Facebook la foto dei trolley accatastati: “Sono tutti pronti ad andarsene, venerdì (oggi, ndr) non si vota e non c’è diaria da incassare” .
Il dem Francesco Russo le risponde: “I trolley erano i vostri, come i banchi vuoti”.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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