ECCO CHI HA SALVATO CALDEROLI DAL PROCESSO PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE
I VOLTAGABBANA: DUE TERZI DEI SENATORI PD, SINISTRA INTERNA COMPRESA, META’ DEI VENDOLIANI, QUALCHE CINQUESTELLE
“Vorrei proprio vedere se hanno il coraggio di guardarmi negli occhi”: se, come ha affermato all’Espresso , aspetta un segnale dai senatori Pd per il voto di Palazzo Madama che ha salvato Roberto Calderoli da un processo per razzismo, Cècile Kyenge può probabilmente attendere in assoluta calma.
Dietro la fredda conta numerica, infatti, c’è tutto un abisso da esplorare. Dai risvolti sinceramente inaspettati.
Secondo l’esito della votazione, solo 45 senatori hanno reputato che, per aver paragonato l’allora ministro dell’Integrazione a un orango, Calderoli meritasse l’aggravante della discriminazione razziale prevista dalla legge Mancino.
Mentre per ben 196 quella “battuta”, come l’ha definita il suo autore, era insindacabile, perchè in quel comizio il politico leghista stava esercitando le sue funzioni da parlamentare.
L’europarlamentare dem se la prende col suo partito: “Così ci distinguiamo dai populisti? Con quale coraggio rimprovereremo i nostri figli quando li sentiremo fare affermazioni razziste?”.
E sottolinea: “Quell’insulto, al Paese intero, ora arriva dalle istituzioni”
A scandagliare dietro questi quasi 200 senatori che hanno “graziato” l’esponente del Carroccio dalla pesantissima accusa, come ha fatto l’Espresso sulla base dei tabulati e delle votazioni , si resta tuttavia sorpresi per l’entità del supporto ricevuto dallo schieramento avverso.
A essere convinti che paragonare una donna di origini congolesi a un primate non prefiguri un caso di razzismo che esuli dalle funzioni parlamentari sono stati 81 senatori Pd.
Ovvero oltre due terzi del totale, considerato che i democratici a Palazzo Madama contano 113 onorevoli. Con una trasversalità assoluta fra maggioranza, minoranza interna, dissenzienti e dissidenti vari.
Si va dal capogruppo Luigi Zanda presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro, relatrice delle riforme costituzionali lo scorso anno proprio con Calderoli, dalla vicepresidente del Senato Valeria Fedeli a renziani osservanti tipo Andrea Marcucci.
Fino agli anti-Renzi per eccellenza, esponenti della sinistra interna che in questi giorni stanno alzando le barricate sulla riforma della Costituzione come Vannino Chiti o il bersaniano Miguel Gotor.
Di questi 81, la gran parte (68) hanno votato l’autorizzazione per far processare Calderoli per diffamazione, in ossequio alla via di mezzo escogitata dal Pd per non “assolvere” del tutto l’ex ministro.
Ma ce ne sono stati alcuni che hanno votato sia contro l’aggravante razziale che contro la diffamazione, proprio come il centrodestra.
Nove in tutto: Daniela Valentini, Mara Valdinosi, Maria Rosa Di Giorgi, Silvana Amati, Corradino Mineo, Raffaele Ranucci, Francesco Scalia, Ugo Sposetti e Ludovico Sonego.
Altri ancora hanno invece ritenuto non ci fosse discriminazione e non hanno votato al momento di esprimersi sull’autorizzazione a procedere per diffamazione: Anna Finocchiaro, Rosanna Filippin, Walter Tocci, Giuseppe Cucca, Claudio Broglia e Rosaria Capacchione.
Ma la convinzione che non ci fosse del razzismo nelle parole di Calderoli ha fatto breccia anche in un partito, come Sel, che si dice in prima linea sui diritti civili.
Su sei senatori vendoliani, tre hanno votato contro l’aggravante della discriminazione e si sono astenuti sulla diffamazione: Loredana De Petris, Luciano Uras e Giovanna Petraglia. Con loro anche l’ex grillina Maria Mussini.
Calderoli ha comunque potuto contare anche sull’aiuto di alcuni Cinque stelle, malgrado l’indicazione del gruppo prevedesse due voti contrari alle proposte di insindacabilità . Serenella Fucksia, la senatrice “tentata” dal salvataggio di Giovanni Bilardi in Giunta delle immunità – come Adele Gambaro, espulsa dal M5S – ha votato come il centrodestra: nelle parole di Calderoli non prefigura diffamazione nè razzismo.
Mentre le grilline ortodosse Laura Bottici e Nunzia Catalfo non hanno votato sull’aggravante razziale ma si sono espresse a favore del processo per ingiurie.
Non è mancata neppure qualche sorpresa assoluta, come quella che riguarda le senatrici fuoriuscite dal Carroccio per aderire al progetto “Fare!” di Flavio Tosi: Raffaela Bellot, Patrizia Bisinella ed Emanuela Munerato.
Tutte e tre si sono espresse sia a favore della discriminazione razziale che della diffamazione.
Hanno votato male o si tratta di una vendetta postuma nei confronti dell’ex collega leghista?
Paolo Fantauzzi
(da “L’Espresso“)
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