BALNEARI, MELONI È PRONTA A UN NUOVO SCAZZO CON BRUXELLES PUR DI SALVARE I LORO PRIVILEGI
UNA NORMA-SALVAGENTE PER AGGIRARE L’OBBLIGO DI BANDI IMPOSTO DALL’UE – MA È UNA SOLUZIONE CHE DEVE ANCORA PASSARE IL VAGLIO DEI TECNICI DELL’UNIONE EUROPEA
Una norma per superare i rilievi dell’Europa che hanno portato a una procedura di infrazione contro l’Italia. I leader della maggioranza affrontano il nodo balneari e trovano l’accordo su una disposizione-salvagente, da inserire in un decreto o più facilmente in un disegno di legge già all’esame delle Camere, con la quale si apre alla possibilità di mettere a bando la gran parte delle coste italiane al momento non oggetto di concessione: una percentuale di litorale che ammonterebbe a circa il 67 per cento, secondo una mappatura che adesso viene utilizzata per dimostrare che non esiste quella «scarsità di risorse» alla base della direttiva Bolkestein che il nostro governo, secondo Bruxelles, non sta rispettando.
È una mano tesa ai concessionari che fanno pressione su Palazzo Chigi. La premier Giorgia Meloni ne ha parlato tra gli altri con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, che già esulta: «Avanti compatti a difesa del lavoro, delle spiagge e del mare italiano». Ma è una soluzione che deve ancora passare il vaglio dei tecnici dell’Ue
Sul tavolo di un doppio vertice di Chigi anche la questione della ratifica del Mes. Meloni ha confermato che il via libera può arrivare solo se si concluderà positivamente il negoziato sul patto di stabilità, con condizioni maggiormente favorevoli per l’Italia. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha illustrato gli sviluppi della trattativa, che in ogni caso non potrà concludersi prima della prossima riunione dell’Ecofin, l’8 dicembre.
Se dovesse arrivare un esito favorevole al negoziato sul Patto, la maggioranza potrebbe prendere in considerazione, sul Mes, la mediazione proposta dal pd Enzo Amendola: la ratifica del trattato con una clausola «alla tedesca», che prevede il ricorso allo strumento finanziario mai amato dalla Destra solo in caso di un voto a maggioranza qualificata da parte delle Camere. Un punto di caduta ritenuto ragionevole, in ambienti di FdI (ma anche in parte della Lega)
Meloni ieri è salita al Colle in occasione del giuramento dei nuovi giudici della Corte costituzionale. Il capo dello stato e la presidente del Consiglio non si vedevano di persona dal 4 novembre. Ieri si sono salutati prima e dopo la cerimonia senza vedersi in disparte una volta terminato l’appuntamento .
I dossier, e i possibili punti di frizione, tra Palazzo Chigi e il Quirinale volendo non mancherebbero. Non solo per la scortese segretezza con cui il governo ha gestito l’operazione migranti in Albania, ma anche per i possibili rilievi del Colle sul dl carne sintetica per non parlare della vicenda balneari oggetto di una riunione di Meloni nel pomeriggio e soprattutto di una lettera dello scorso 24 febbraio di Mattarella “sulle norme da modificare rispetto alle concessioni”.
E proprio su questo punto l’atteggiamento del governo è attendista, ma anche di sfida nei confronti della Ue. Durante il vertice a Palazzo Chigi è emerso il timore che già la prossima settimana possa arrivare la lettera d’infrazione di Bruxelles. Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto ha messo questa ipotesi sul tavolo. Se dovesse scattare il cartellino rosso della Commissione l’esecutivo si metterà al lavoro per scrivere una norma di riordino partendo dalla mappatura.
Il tavolo tecnico ha sancito che è in concessione solo il 33 per cento delle coste italiane. Il 67 rimanente è quindi libero e questo dato sarebbe il punto sul quale insistere con la Commissione Ue per stabilire che la risorsa non è scarsa e, quindi, non è il caso di applicare la direttiva Bolkestein. Se nemmeno la norma di riordino non dovesse essere accettata il governo metterebbe a gara le concessioni balneari esistenti con dei paletti. Di sicuro per il centrodestra non sarebbe un buon viatico in vista delle elezioni europee di giugno.
Per il momento tutto rimane sospeso in attesa della possibile lettera di infrazione: la riunione è stata aggiornata alla prossima settimana. Di rinvio in rinvio e sempre seguendo questo sottile filo di tensione Meloni ha parlato con i suoi vice Matteo Salvini e Antonio Tajani più il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti anche di Mes, ma soprattutto di Patto di stabilità.
La trattativa per le nuove regole del bilancio è partita in salita e sembra questa la vera battaglia su cui si concentrano i timori del governo. Il sì alla ratifica del meccanismo salva stati per la premier è stata sempre un’arma negoziale da inserire nelle trattative ben più complesse sul Patto di stabilità.
Ecco perché in attesa di capire come finirà questa partita, il Mes resta parcheggiato. Sarebbe atteso la prossima settimana in Aula a Montecitorio, ma con due decreti in conversione e con l’informativa di Antonio Tajani è probabile che slitti tutto di altri dieci giorni. Ma per fare cosa? E’ convinzione diffusa del centrodestra, perfino anche di Matteo Salvini, che il sì sia inevitabile.
Bisogna capire i tempi. Non è escluso che in questo sovrapporsi di tavoli e strategie tra Roma e Bruxelles il governo voglia prendere ancora tempo rinviando il testo sul Mes in Commissione, da dove era stato licenziato su spinta di Italia viva. Il Pd, e questa è una notizia, sembra andare incontro a Meloni. Con una soluzione per salvare capre e cavoli.
La offre Enzo Amendola, capogruppo in commissione Esteri del Pd. La mediazione prevederebbe l’approvazione della cosiddetta “clausola alla tedesca” per la quale la eventuale futura attivazione può essere fatta solo con una maggioranza parlamentare qualificata. “Questa è l’ultima offerta – dice Amendola – e gli permette di uscire dal vicolo cieco in cui si sono cacciati”.
(da la Repubblica)
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