BERLUSCONI: “IL PD VUOLE PRENDERSI TUTTO”
MA L’EX PREMIER PRONTO A VEDERE IL SEGRETARIO… “ANCORA TEMPO PER VOTARE A GIUGNO”…POI BLOCCA UL ULTIMATUM DEI FALCHI PDL CHE VOLEVANO IL RITIRO DEI SAGGI
Lo strappo del Cavaliere è rinviato solo di qualche giorno.
Al momento esatto in cui – forse già nel fine settimana se nulla cambierà – ogni spiraglio d’intesa col Pd sul Quirinale si sarà chiuso.
A quel punto saranno barricate.
«Hanno deciso di prendersi tutto e allora non pensino di fare il loro governo col nostro sostegno: di larghe intese non vogliono sentir parlare e allora subito al voto».
Silvio Berlusconi commenta in presa diretta la conferenza stampa del leader democratico. «Ma sentitelo, Bersani, parla ancora come se avesse vinto le elezioni, continua a volerci tenere fuori, a dettare condizioni».
Il salotto di Villa San Martino ad Arcore diventa il quartier generale del partito.
Sono arrivati Alfano e Verdini, Gianni Letta e i capigruppo Brunetta e Schifani, il portavoce Bonaiuti con Cicchitto e Gasparri.
Pranzo veloce e poi tre ore filate di vertice per valutare le mosse a due settimane dall’elezione del nuovo capo dello Stato.
Mentre i deputati erano furenti a Roma perchè precipitati dalle minivacanze per un’assemblea poi saltata.
Le decisioni si prendono in Brianza. E la decisione è unanime.
Se tutte le porte si chiuderanno, se quelle del Quirinale si apriranno per «un presidente alla Prodi», allora per il Pdl sarà subito campagna elettorale. Nella nota che lo stato maggiore mette per iscritto collegialmente per essere infine resa pubblica da Alfano, si parla ancora di «voto a giugno».
Ma Berlusconi sa bene quanto quella finestra elettorale si faccia ormai ogni giorno più improbabile. E si chiuderà del tutto con un capo dello Stato «ostile».
Nelle tre ore di vertice non manca chi, come Denis Verdini, prova ad alzare i toni dello scontro. Da subito.
Sua e dei falchi del partito la proposta-ultimatum: dare solo 72 ore di tempo ai saggi nominati da Napolitano.
Non gli otto già previsti dal capo dello Stato, ma tre da oggi.
Poi, a fine settimana, ritirare Quagliariello e il leghista Giorgetti oppure indurli ad alzare bandiera bianca.
Strada barricadera che, raccontano, avrebbe pure solleticato il capo.
Poi indotto a più miti consigli da Letta, Alfano, Lupi e gli altri.
Le commissioni Berlusconi le considera ancora «una perdita di tempo». Ma ai suoi ripete di aver «fiducia in Napolitano».
Tanto più ritiene incoraggiante la notizia che le Camere saranno convocate il 17-18 aprile per l’inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica.
«Ci sono ancora i margini per sciogliere le camere e votare a giugno», è la sua tesi ardita.
Ma sono le uscite di Bersani ad aver risollevato il muro tra Pdl e Pd.
«Abbiamo fatto il gioco dell’oca e siamo tornati alla casella di partenza, il nocciolo resta la governabilità che Bersani non assicura» spiega Paolo Bonaiuti lasciando Arcore.
La disponibilità a un incontro a due manifestata dal leader Pd viene considerata un’apertura. Berlusconi sarebbe pure pronto a incontrarlo «in sedi istituzionali » se questo portasse a qualcosa.
Ma la considera «troppo generica » e buttata un po’ lì.
La grande paura resta per le sorti del Colle, per la trappola in agguato.
Il leader Pdl sa che dovrà cercare di trattare fino all’ultimo istante utile per evitare il «peggio», per lui e per il centrodestra: che a scegliere il presidente siano democratici e grillini.
Salvare il salvabile, dunque.
Poi, se tutto sarà perduto, paralizzare il Parlamento e costringere allo scioglimento delle Camere.
Intanto «fiducia in Napolitano »: il Cavaliere si dice soddisfatto del limite temporale e del «silenzio- stampa» imposto comunque ieri ai saggi, «niente più che consulenti chiamati a dare un parere in otto giorni, come chiedevamo noi», commenta a fine giornata.
Tanti e tali i paletti, da rendere le commissioni poco più che un palliativo per consentire ai partiti di trattare.
Finito il vertice ad Arcore arriva la nota di Angelino Alfano a nome del partito: «Se questo stallo prosegue perchè il Pd pensa più alla fazione che alla nazione, c’è solo la strada delle urne già a giugno prossimo».
E a seguire decine di interventi, tutti uguali e dello stesso tenore, di altrettanti dirigenti e parlamentari.
Intesa o voto a giugno. Berlusconi – per il quale tra il 20 e il 22 aprile riaprono i processi – la scadenza di ottobre non vuole nemmeno prenderla in considerazione.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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