BERLUSCONI NON CREDE PIU’ ALL’ACCORDO CON ALFANO: “MI SONO STANCATO DELLE SUE MOZIONI SUGLI AFFETTI”
MA ANCHE ALFANO NON SI FIDA DELLE RASSICURAZIONI SUL GOVERNO
È più di uno sfogo. È il segno che qualcosa si è rotto davvero se Silvio Berlusconi si abbandona alla considerazione più amara: “Mi sono stufato delle mozioni degli affetti di Angelino. Dice che mi vede come un padre, ma non si comporta come un figlio”.
La cena, interminabile, di giovedì sera ha un retrogusto amaro.
Perchè non solo non c’è accordo. Ma, nel corso delle oltre tre ore in cui è rimato seduto a tavola con Alfano e Lupi, il Cavaliere si è convinto che è difficilmente raggiungibile.
È questo che confida a qualche amico, lontano dai palazzi romani.
Angelino sta tenendo il punto, si è messo a fare politica. Chiede garanzie, non si accontenta di rassicurazioni a parole, vuole documenti votati.
È già franata l’ipotesi del grande scambio che l’ex premier gli ha sottoposto: “Io non stacco la spina al governo, ma tu ritiri il tuo documento e entri in Forza Italia”. Nell’incassare il gran rifiuto di Alfano, Berlusconi avverte che il delfino non si fida più. È l’aspetto umano che fa crac: “Angelino, devi fidarti di me, sai che ti considero il mio erede” dice, per l’ennesima volta, il Capo.
Però Angelino si fida solo a parole. E chiede che dal consiglio nazionale si esca con un “documento scritto”, in cui si dice esplicitamente che il governo non è a rischio, neanche in caso di decadenza, come dichiarano il suo ideologo Quagliariello e il suo stratega di riferimento Cicchitto.
Ecco, governo e partito. Due macigni che stanno rendendo più profondo il solco tra il Cavaliere e l’ex delfino: “Mi è venuto a dire che il partito deve essere unito — racconta il Cavaliere agli amici più stretti — ma alle loro condizioni”.
Che sarebbero due coordinatori, la garanzia di rielezione per tutte le colombe nonchè la garanzia che ad Alfano spetta il 50 per cento delle liste elettorali: “Roba — commentano a palazzo Grazioli — che ci mancava solo qualche richiesta su Mediaset”. Altrimenti, Alfano è pronto a disertare il consiglio nazionale.
A seguire cioè quella linea che Fabrizio Cicchitto esplicita da giorni nel ruolo di poliziotto cattivo lasciando ad Alfano il compito di fare il poliziotto buono.
È proprio questo atteggiamento che sa di vecchia politica a non piacere al Cavaliere. Non è un caso che nella corte attorno in molti ricordino il punto di rottura di Fini. Quando in un pranzo due giorni prima del “Che fai, mi cacci?” il Cavaliere gli chiese una serie di interventi sulla giustizia “in nome della nostra amicizia”, proprio così, “in nome della nostra amicizia”.
Verdini ricorda che Fini diventò un nemico quando rispose: “Silvio, in politica l’amicizia non esiste”.
È su questo crinale che Alfano sta conducendo la sua manovra spericolata.
Ecco che il Cavaliere ripete: “Dice che mi vuole bene, ma poi… E io mi sono stufato delle mozioni degli affetti”.
Perchè come nel caso dell’amicizia di Fini, l’affetto si vede dai fatti.
È l’insistenza con cui Alfano ha chiesto di zittire i falchi come Bondi, a cui Berlusconi vuole bene davvero, o l’intransigenza con cui ha preso di mira Verdini che prodotto in Berlusconi la dolorosa sensazione di essere tradito.
Il sangue del suo sangue ragiona solo in termini politici, non più in termini umani: “Alfano ci sta solo se si fa come dice lui — è la sintesi dell’incontro di fonti informate di palazzo Grazioli — vuole zittire chi attacca il governo consentendo ai suoi di dire che va avanti anche in caso di decadenza di Berlusconi”.
Ormai è assai labile il confina tra rabbia e amarezza.
Perchè l’ex premier ha capito che la separazione rischia di essere inevitabile. Pensa che sia diventato impossibile recuperare Alfano lasciando al loro destino le colombe. Per recuperarlo occorre cedere alle richieste sue e dei suoi.
Epperò non è ancora l’ora della rottura plateale, anche se la testa del Cavaliere si è messa già a girare attorno al come gestirla: “È lui che si mette fuori. Non sono io che lo caccio”.
E al consiglio nazionale deve apparire che è Angelino che ricatta, non che qualcuno cacci.
Almeno nelle intenzioni.
(da “Huffingtonpost“)
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