BUROCRAZIA ITALIANA SOTTO LA MEDIA UE, COSI’ PERDIAMO 30 MILIARDI ALL’ANNO
LE REGIONI DEL SUD IN FONDO ALLA CLASSIFICA
La riforma della pubblica amministrazione è un cantiere aperto: sono stati presentati soltanto i primi undici decreti attuativi, molti ancora ne mancano all’appello, e a volte viene da pensare che alcuni di essi abbiano uno straordinario significato mediatico, ma almeno per ora non troppa efficacia dal punto di vista della effettiva trasformazione della macchina della pubblica amministrazione.
Certo è che a leggere i dati riportati da uno studio della Cgia di Mestre – sulla scorta di un’indagine europea condotta dall’Ue sulla qualità della Pubblica amministrazione a livello territoriale – per adesso siamo decisamente indietro.
Lontanissimi dalla Scandinavia, ma anche da Paesi come Ungheria e Slovacchia.
E secondo i conti del Fondo Monetario Internazionale, se l’efficienza del settore pubblico si attestasse sui livelli ottenuti dai primi territori italiani, come Trento e Bolzano, la produttività di un’impresa media potrebbe crescere del 5-10 per cento e il Pil italiano di due punti percentuali, ovvero 30 miliardi di euro.
Nel complesso dei 206 territori interessati dallo studio dell’Unione Europea (che interessa anche Turchia e Serbia), le Regioni del Sud d’Italia compaiono ben 7 volte nel rank dei peggiori 30, con la Campania che si classifica a un davvero poco lusinghiero 202° posto nell’efficienza (inefficienza diremmo) della macchina pubblica.
Lo squilibrio tra regioni del Nord e del Sud – afferma la Cgia – determina il posizionamento negativo dell’Italia nella classifica, con un diciassettesimo posto e un indice negativo (-0,930) lontano dalla media europea (posta a zero).
L’indice fornito nell’analisi Ue – ricorda la Cgia – è il risultato di un mix di quesiti posti ai cittadini sulla qualità dei servizi pubblici, l’imparzialità con la quale questi vengono assegnati e la corruzione.
I servizi pubblici direttamente monitorati a livello regionale sono quelli a valenza più «territoriale» (formazione, sanità e sicurezza) ma l’indice tiene conto, a livello Paese, anche di servizi più generali come la giustizia.
Il risultato finale è un indicatore che varia dal +2,781 della regione finlandese delle isole Aland, che conquista la prima posizione, e il -2,658 della regione turca Bati Anadolu (Anatolia occidentale), che arriva in ultima posizione. La media europea è posta a zero.
Per l’Italia i servizi sono valutati come migliori nelle due province autonome del Trentino Alto Adige (indici superiori a 1) e nelle due Regioni a statuto speciale del Nord (Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia) che presentano un indice maggiore di zero, ovvero superiore alla media delle 206 regioni europee. In negativo tutte le altre Regioni italiane, ma con gap minori per Veneto ed Emilia Romagna, che tendono alla media europea (indici pari a -0,186 e -0,217).
Scorrendo il rank, a centro classifica vi sono due terzetti: il Centro Italia con Umbria (-0,495), Toscana (-0,533), Marche (-0,535) e il Nord Ovest con Lombardia (-0,542), Piemonte (-0,652), Liguria (-0,848).
Del tutto negativa, invece, la situazione del Mezzogiorno, a partire dal risultato meno pesante dell’Abruzzo (-1,097), fino a quelli peggiori di Sicilia, Puglia, Molise, Calabria (indici che variano da -1,588 a -1,687), per finire con la Campania (-2,242). Situazione critica anche per il Lazio che, con un indice pari a -1,512 si posiziona al 184esimo posto tra le 206 regioni europee.
Complessivamente, come detto, l’Italia si posiziona al 17esimo posto. La qualità dei servizi del settore pubblico è molto elevata nel Nord d’Europa con Danimarca (+1,659), Finlandia (+1,583) e Svezia (+1,496) ai primi tre posti.
A mezza classifica – ma molto lontani da noi nella valutazione – ci sono Germania (6° posto con un indice pari a +0,852), Regno Unito (8° posto con +0,803), Francia (10° posto con +0,615) e Spagna (11° posto con +0,131). Dietro di noi, Grecia, Croazia, Turchia, Bulgaria, Romania e Serbia.
Roberto Giovannini
(da “La Stampa“)
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