CACCIATI DAL BAOBAB, IN CENTO ORA SARANNO PER STRADA, COSI’ SALVINI POTRA’ SPECULARE SU CHI PISCIA CONTROVENTO
CI SONO ITALIANI E STRANIERI, MA QUESTA VOLTA NON VALE IL PRINCIPIO “PRIMA GLI ITALIANI”… COMUNE LATITANTE, CONTINUA LA CACCIA AI POVERI
“E mo ‘ndo vado? “. Luca Ottaviani fa un giro su se stesso, allarga le braccia, si guarda intorno disorientato, mentre le ruspe portano via tutto quello che è rimasto del piazzale che accoglieva 150 migranti.
Capelli bianchi rasati, occhi azzurri, pelle chiara, è italiano – “romano romano”, ci dice, e da tre mesi dormiva a piazzale Maslax, nel campo di accoglienza da tre anni presidiato dall’associazione Baobab Experience e sgomberato stamattina, per la ventiduesima volta
Baraccopoli, ghetto, covo di immigrati e clandestini, si è detto, e il ministro dell’interno Matteo Salvini poco dopo l’avvio dello sgombero ha scritto in un tweet: “Zone franche, senza Stato e legalità , non sono più tollerate”. Poi a cose fatte annuncia “presto altri 27 interventi” per “riportare la legalità a Roma quartiere per quartiere”. Zone in cui si trovano anche italiani.
Come Luca, appunto, che ha 47 anni ed è arrivato nello slargo alle spalle della stazione Tiburtina – “dopo che ci hanno buttato fuori dall’ostello di via Marsala”, racconta – con la moglie, quattro anni meno di lui, e i loro tre gatti, che ora occhieggiano da un trasportino piazzato in cima a un cumulo di pentole, coperte, scarpe, vestiti stipati in un carrello da supermercato.
“Ecco la mia famiglia e i nostri averi”, balbetta e quasi piange, urlando: “Ma dico vuoi fare lo sgombero? Fallo a marzo, ad aprile. Di questo passo a dicembre sarò morto. Poi tutti a dire si poteva evitare, si doveva aiutare, di qua e di là . Dove andiamo noi col freddo che sta arrivando?”.
Se lo chiedevano gli ex occupanti, trascinando trolley e borsoni con le loro cose, mentre, tra i blindati delle forze dell’ordine, sfilavano i pullman della polizia sui quali sarebbero stati caricati per raggiungere l’ufficio immigrazione della Questura, e gli operatori della municipalizzata che gestisce raccolta e smaltimento dei rifiuti accatastavano alcune bombole di gas ritrovate nelle baracche.
Se lo chiedevano gli attivisti del Baobab lanciando l’allarme: “Ci sono almeno un centinaio di persone delle quali il Comune non si è ancora fatto carico”.
Se lo chiedevano i giornalisti confinati dietro una transenna, guardando, tre ore dopo l’inizio dello sgombero, la piccola ruspa che abbatteva la prima capanna, a un passo dal cancello di ingresso e poi, più tardi, l’arrivo dei due grossi camion con bracci ragno che hanno raso al suolo baracche e tuguri fatti di lamiere, assi di legno e teloni di plastica.
Se lo chiedevano pure il consigliere in assemblea capitolina di Sinistra per Roma, Stefano Fassina, arrivato al piazzale insieme alla consigliera del II Municipio, Giovanna Maria Seddaiu – “Le persone che stanno mandando via dove andranno stasera? La città è più sicura o meno sicura dopo questo sgombero?”, si domanda Fassina .
L’assessore alla Cultura del III Municipio, Christian Raimo, aggiunge: “Molte delle persone che erano in questo campo, sapendo dello sgombero imminente, hanno preso le loro cose e sono andati a dormire per strada. Azioni come questa denotano un evidente desiderio di annichilimento, si vuole cancellare l’esistenza dei poveri, dei migranti. Si parla di ricollocazione, ma che vuol dire? Si portano queste persone in un’altra struttura, ma manca una visione di insieme, un progetto politico”.
Ernest Oba annuisce. Nigeriano, ventitrè anni, da quattro è in Italia. Nell’ultimo mese e mezzo ha dormito a piazzale Maslax e ora non vorrebbe andar via.
Il permesso di soggiorno ce l’ha – indica con il dito la dicitura “protezione sussidiaria”- ma “non ho più un lavoro, per un periodo aiutavo in un supermercato di Viterbo, e non ho un posto dove dormire”.
Sarà uno degli ultimi a salire sul bus della polizia, mentre i carabinieri passano in rassegna tende e baracche, sollevano giacigli improvvisati con stracci e materassi, prima di far entrare in azione la ruspa. Anche Iacu non sa dove finirà .
Cappuccio grigio calato sulla testa racconta di avere vent’anni, di essere partito dalla Guinea e di essere arrivato dalla Spagna a Foggia, dove ha lavorato come bracciante nella raccolta dei pomodori. “Sono a Roma da tre giorni e no, non so dirti dove andrò”, scuote la testa.
Secondo una prima stima, le persone presenti nel campo informale stamattina sarebbero state circa centocinquanta, circa 120 sarebbero state portate presso gli uffici immigrazione della Questura, mentre i restanti trenta sarebbero richiedenti asilo o in possesso di documenti di riconoscimento regolari e dunque allontanate.
“Le questioni sociali a Roma si risolvono con ruspa e polizia”, ha commentato Roberto Viviani, presidente di Baobab Experience – il Campidoglio a Cinque Stelle non è diverso dai precedenti nè dalla Lega. Ma quale cambiamento, è una vergogna infinita per questa città . L’ennesimo sgombero effettuato senza fornire una soluzione alternativa”.
Andrea Costa ha anticipato: “Sicuramente ricominceremo da qualche altra parte. Abbiamo già dato appuntamento ai tanti ragazzi e ragazze ex occupanti di questo campo, persone non pericolose e con tutto l’interesse a regolarizzarsi, che ci hanno detto di non sapere dove andare, fuori dalla stazione Tiburtina”.
È lì che Luca Ottaviani e la moglie si sono accampati per la notte che verrà . Seduti sul marciapiede, col loro carrello e i gatti nel trasportino. “Vedi che belli che sono i nostri gattini?”, chiede lei. E lui mastica amaro: “A noi invece ci hanno buttati per strada, peggio dei cani”.
(da “Huffingtonpost”)
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