Dicembre 2nd, 2011 Riccardo Fucile
DA UNA SETTIMANA IL GIORNALE ESCE SENZA FIRME. IL CDR HA CHIESTO ALL’EDITORE RASSICURAZIONI CHE NON SONO ANCORA ARRIVATE… PREVISTA LA RIDUZIONE DELLA FOLIAZIONE A 4 PAGINE E POI IL PASSAGGIO DEFINITIVO SU INTERNET
La Padania ha i conti in rosso ed è costretta a tagliare il numero dei giornalisti, mostrando lo spettro della chiusura.
Così, mentre la Lega festeggia l’avvenuta rottura con Silvio Berlusconi, che la base invocava da anni, Umberto Bossi si trova a dover affrontare un problema inatteso: un possibile sciopero dei redattori del quotidiano.
Già domenica prossima il giornale rischia di non uscire, proprio il giorno in cui a Vicenza il Carroccio riapre il Parlamento Padano da dove i vertici del partito vogliono rilanciare la lotta celodurista alla secessione e dove, come in ogni grande festa leghista che si rispetti, la Padania viene distribuita in oltre diecimila copie.
Copie regalate, ma utili ad aumentare la tiratura da dichiarare per ricevere il finanziamento pubblico.
Sabato sarà una settimana esatta di sciopero bianco dei redattori che fanno uscire il giornale senza firmare gli articoli con l’unica eccezione di Stefania Piazzo, caporedattore centrale.
A dare notizia delle difficoltà in cui versa il quotidiano del Carroccio è stato ieri il Corriere della Sera.
Stamani i redattori della Padania hanno chiesto all’editore “una smentita formale”, che però non è ancora arrivata al Comitato di redazione, composto da Roberto Brusadelli, Simone Gilardin e Giancarlo Mariani.
Stamani, in un comunicato pubblicato sul giornale, i redattori hanno spiegato che ieri si è riunita l’assemblea di redazione in seguito alla pubblicazione dei contenuti del piano editoriale presentato dal direttore responsabile, Leonardo Boriani (quello politico è da sempre Umberto Bossi), che prevedeva la creazione di un sito d’informazione sull’attualità e una riduzione della foliazione del cartaceo a quattro pagine con contenuti di approfondimento.
Le due mosse, infatti, sono il primo passo verso il drastico taglio ai costi.
“L’assemblea chiede all’Editoriale Nord una smentita scritta, formale e inequivocabile alle notizie pubblicate da diversi organi di stampa circa l’intenzione della suddetta azienda di procede alla chiusura del quotidiano La Padania o di far ricorso alla mobilità con licenziamenti di giornalisti”, recita il comunicato.
“I redattori della Padania — si prosegue — deplorano, infatti, nel modo più assoluto la diffusione di tali notizie che ledono gravemente l’immagine e gli interessi del giornale e di tutti quanti vi lavorano”.
Oggi in via Bellerio ci sarà a fine pomeriggio un nuovo incontro tra la direzione e il cdr. I redattori si dicono comunque fiduciosi.
Già nel 2007, infatti, La Padania aveva affrontato un’emergenza e anche allora si diffusero le voci di una imminente chiusura.
Tutto si risolse con sette redattori su 26 in cassa integrazione, tre dei quali poi reintegrati a regime.
Anche oggi, dunque, la speranza è che si trovi una via d’uscita morbida, considerato anche il periodo potenzialmente positivo per il partito, da solo all’opposizione del governo Monti e all’inizio di una campagna elettorale che si annuncia lunga e dai toni duri.
Quindi le vendite dovrebbero aumentare.
Ma il colpo di grazia ai conti arriverà dal taglio ai fondi per l’editoria: fino a oggi la Padania ha ricevuto in media 4 milioni di euro annui, che ora rischiano di dimezzarsi.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 1st, 2011 Riccardo Fucile
IL CAPOGRUPPO DEL CARROCCIO A MONTECITORIO RIPERCORRE LA STORIA DEL PARTITO NEL LIBRO “GENTE DEL NORD”… ELOGIA IL CERCHIO MAGICO E DEDICA ALL’EX MINISTRO DEGLI INTERNI POCHE RIGHE
Nella Lega “vista dall’interno” raccontata da Marco Reguzzoni sembra non esistere Roberto Maroni.
L’ex titolare del Viminale, nonchè presidente in carica del Parlamento della Padania, è citato in appena poche righe nel libro autobiografico che il capogruppo del Carroccio a Montecitorio ha appena dato alle stampe, “Gente del Nord”.
Uomo fedele al Capo, Reguzzoni indica Renzo Bossi il futuro perchè “non tradirà ” e descrive i componenti del cerchio magico come “luminosi eroi”.
La fatica letteraria promette di raccontare “l’avventura della Lega vissuta dall’interno” ma in realtà sembra più un manifesto programmatico per il partito in via di riposizionamento.
Non si contano i messaggi diretti a quanti nel partito volessero indebolire leadership e gruppo dirigente cavalcando il malumore della base.
A scanso di equivoci, Reguzzoni ricorda nero su bianco la sua designazione diretta da parte del gran capo Umberto che zittì i detrattori con un deciso “si fa così e fine della discussione”.
Molto istruttivo come il Reguzzoni oggi “di lotta” presenta in chiave retrospettiva il Reguzzoni che fino a ieri era di governo. Ecco un passaggio.
A pagina 67 racconta di quando — appena eletto — ha mosso i primi passi alla Camera: “Ti fanno compilare mille moduli, decine di liberatorie e autorizzazioni sulla privacy (…). La sensazione è che il sistema inizi a inquadrarti, dandoti un po’ di carota (indennità , rimborsi, privilegi) ma al contempo stringendoti in una cornice di regole e ‘buoni comportamenti’ che poco per volta ti porteranno a essere parte del sistema stesso. Da rivoluzionario a componente del regime, insomma”.
Reguzzoni proprio non ci sta: si rifiuta risolutamente di fornire i propri dati bancari. Si rifiuta di sottoscrivere il conto corrente per il versamento di indennità e privilegi parlamentari.
Non gli piaceva che il conto in convenzione fosse intestato al Banco di Napoli. I commessi e i funzionari al banco vanno nel panico, mai vista una cosa simile.
“Il mio rifiuto non ha una spiegazione del tutto razionale, e forse risulta anche un po’ infantile, ma la Lega anni fa ha denunciato l’operazione di salvataggio del Banco di Napoli messa in atto grazie ai soldi dei risparmiatori padani e quindi non me la sento io — leghista — di avere un conto corrente proprio in quell’istituto.
Per me si tratta di una piccola rivendicazione di autonomia, che ha lo scopo di chiarire che non intendo assuefarmi al sistema”.
Ovviamente Reguzzoni ha fornito un altro conto corrente e la polemica si è esaurita lì. Segue top ten delle barzelle dei leghisti e quadretto strappa lacrime di Reguzzoni che sta in albergo a Roma “perchè non voglio avere una casa alternativa alla mia”.
Colore a parte, è interessante sfogliare l’album di fotografie della Lega “che conta” per l’ex presidente della provincia di Varese.
Reguzzoni ridisegna a suo modo la geografia dei rapporti interni, i valori e i pesi dentro il Carroccio.
Nella sua operazione-verità lascia appositamente vuoti i contorni di alcuni protagonisti (a lui) sgraditi. Uno su tutti, Roberto Maroni.
Non proprio uno che si possa ignorare, visto il suo passato e il suo incarico da ministro dell’Interno nel governo Pdl-Lega.
A lui sono riservate poche righe.
Non accenna neppure alla sua amicizia personale con Umberto Bossi, nè al popolo di Pontida che lo ha acclamato con tanto di striscioni “Maroni premier”.
Del resto i protagonisti della Lega-story sono altri. Stando a quanto riscrive Reguzzoni.
A partire dal cosiddetto “cerchio magico” che l’ingegnere di Busto riporta sotto la giusta luce nel suo libro, facendone “luminosi eroi”.
Un faro in pieno volto per Rosi Mauro che i detrattori hanno ribattezzato “mamma Ebe”, a indicare il suo ruolo secondo molti manipolatorio nei confronti del leader malato, circostanza che le avrebbe consentito una fulminante carriera, dal vertice di un sindacato sconosciuto e senza iscritti (SinPa) alla vicepresidenza del Senato.
La Rosi a pagina 20 è definita “la Pasionaria, una forza della natura”. Anzi, “una montagna». Di più: “Un vulcano pronto a eruttare fuoco e fiamme”.
Reguzzoni però finisce implicitamente per avvalorare le maldicenze quando racconta nei dettagli l’episodio dell’ictus del Senatur dell’11 marzo 2004.
La moglie Manuela Marrone e Rosi Mauro prendono la situazione in mano, di fronte all’immobilismo degli altri: “Bossi giace incosciente su un lettino, mentre attorno a lui decine di persone si affannano a guardare e a farsi guardare. Si ha quasi l’impressione che il paziente non sia la priorità . Io riesco solo a ottenere, non senza difficoltà , che stiano fuori dalla stanza almeno le scorte e i portaborse”, ricostruisce Reguzzoni.
E’ Manuela Marrone “che con piglio deciso fa sgombrare tutti dalla stanza e prende in mano la situazione”.
Situazione che, secondo i maroniani, da lì in poi include anche il partito.
E a leggere il libro si ha l’impressione che Reguzzoni riporti fedelmente il volere dell’intransigente moglie del Senatùr.
In particolare il capitolo sulla possibile successione del partito. Il capogruppo manda un chiaro avvertimento: ”Il capo c’è e ci sarà , l’esercito di liberazione può continuare il suo lavoro”.
E poi dà il via alla campagna elettorale, elencando le cose che la Lega, lui capogruppo a Montecitorio, ha ottenuto al governo. Indicando vecchie e nuove sfide e un nome su tutti: Renzo Bossi.
Uno che, cresciuto a feste e comizi del Carroccio, “è chiaro che ha il nostro progetto di libertà nel sangue” e per questo, giura Reguzzoni gelando la nutrita fronda interna di chi contesta il paternalismo: “I nostri militanti veri, fuori da logiche di potere e di palazzo, vedono in Renzo una speranza per il futuro. Uno così non può tradire, non può vendersi, pensano a ragione”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
CONGRESSO DELLA LEGA NORD IN EMILIA TRA FAIDE FAMILIARI: SEI ESPULSI IN UN ANNO… GHELFI PUNTA SULL’APPOGGIO DELLA COMPAGNA E DEL FUTURO SUOCERO
Tre espulsioni in due giorni. Tanto per ricordare che “la Lega ce l’ha duro“.
Succede a Modena, dove infatti, nei giorni scorsi, la segreteria provinciale ha fatto piazza pulita sbattendo fuori ben tre dissidenti: si tratta dei consiglieri modenesi Nicola Rossi e Walter Bianchini, e dell’esponente sassolese, Mauro Guandalini, colpevole di “lesa maestà ” nei confronti della giunta comunale targata Pdl-Lega.
Ma sono solo gli ultimi di una lunga lista di epurazioni portate avanti dalla segreteria di Riad Ghelfi (nell’ultimo anno sono state scomunicate altre sei camice verdi) e di una mossa di avvicinamento verso il congresso dove Ghelfi punta a mantenere la poiltrona forte dell’appoggio della compagna, Stefania Ballantini, e il padre di lei, Loredano Ballantini.
Una questione di famiglia, insomma. Anche se nella Dynasty in salsa padana, visto il clima e i nervi a fior di pelle, sono attesi colpi di scena.
Ma andiamo con ordine e ripartiamo dalle espulsioni a raffica.
Per Rossi, politico composto di ispirazione maroniana, il primo richiamo scritto è arrivato quando ha osato intonare l’inno nazionale in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia.
Il giovanissimo Bianchini (classe 1989), invece, avrebbe peccato di superbia nei confronti del leader Umberto Bossi, quando si è permesso di criticare la candidatura del Trota con una lettera ai parlamentari del Carroccio in cui la giudicava “inopportuna e non meritocratica”.
Come è andata a finire? Che è stato costretto dalla segreteria cittadina a inviare una controlettera di scuse.
Ma soprattutto, i due sarebbero colpevoli di aver “violato l’articolo 7 del regolamento federale della Lega nord Padania, che parla di tentativi di compromissione dell’unità e del patromonio ideale del movimento”, come è scritto nella lettera di espulsione.
Il gesto più grave è stato la mozione di sfiducia avanzata dai due nei confronti del capogruppo Stefano Barberini, che è stato così destituito dall’incarico.
Ma Barberini (un volto noto soprattutto al popolo delle discoteche, famoso per essere entrato in municipio con gli sci da neve, o per girare con una Bmw pur avendo dichiarato un reddito negativo di oltre 4.000 euro), oggi può contare sul sostegno indiscusso dei vertici del partito.
Sulla sua testa, però, pesa l’accusa di poca trasparenza nella gestione dei fondi del gruppo (circa 11 mila euro su un conto corrente a cui solo lui ha accesso), mossa dagli stessi compagni di banco ribelli, Nicola Rossi e Walter Bianchini, che sono in attesa di visionare l’estratto conto.
E’ con questi presupposti, e con questa atmosfera, che il popolo “verde” di Modena si prepara alle elezioni di primavera, quando dovranno essere rinnovati i segretari comunale e provinciale. In pole resta il leader uscente, Riad Ghelfi.
Attorno a lui, quasi certamente faranno quadro la compagna, Stefania Ballantini, consigliera comunale a Lama Mocogno, e responsabile organizzativa della segreteria Lega Nord Emilia, e il padre di lei, Loredano, segretario della circoscrizione di Frignano.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 25th, 2011 Riccardo Fucile
E’ LA TESI DEL LEGHISTA GIANLUCA BUONANNO ALLA “ZANZARA” SU RADIO 24… POI AGGIUNGE: “C’E’ PURE IL GAZZETTINO PADANO”… ESPLODE LA ILARITA’ SU INTERNET
Scorrendo la classifica dei trend sul Twitter italiano, sta imperando il Grana padano. Come mai tanto interesse per il gustoso cugino dell’eccellente Reggiano?
Nessuna riscoperta del formaggio, ma la riscoperta del grattuggiato si deve alla tesi «storico-antropologica» di Gianluca Buonanno, deputato leghista e sindaco di Varallo, Piemonte.
«La Padania? Certo che esiste, altrimenti non esisterebbe il Grana padano!».
Questa la scoperta del parlamentare, rivelata mercoledì sera alla Zanzara, su Radio 24. «Perchè il Grana padano si chiama così e perchè esiste il Gazzettino padano? Se c’è questa terminologia significa che la Padania esiste».
I conduttori, Giuseppe Cruciani e David Parenzom, tra il divertito e lo stupefatto rirordano a Buonanno che «il Gazzettino è una trasmissione di Radio Rai».
Ma Buonanno è come un treno: «Ah, se anche la Rai, che è romanocentrica, qualcosa vorra dire».
Per poi ricordare «che senza la Padania, l’Italia sarebbe già in Africa e poi non c’è dubbio che la Padania ha un suo ceppo etnico che ha portato grande benessere a tutti». La filippica pro-padana continua e sono otto minuti di divertissement puro.
E il miglior commento è quello dell’utente “colamesta” su YouTube: «I tartari esistono perchè esiste la salsa tartara».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Novembre 24th, 2011 Riccardo Fucile
LE PAROLE DI NAPOLITANO HANNO SCATENATO L’IRA DEI TRE EX MINISTRI: I BAMBINI SI TRASFORMANO IN “CLANDESTINI”… EPPURE IN ITALIA CHI ISTIGA AL RAZZISMO DOVREBBE FINIRE IN GALERA
Quelli della Lega, come Erode, hanno il terrore dei bambini che non siano razza pura italiana.
Strano, direte voi, visto che dell’Italia a loro non importa niente.
Detestano il tricolore, giurano, da ministri, su una cosa chiamata Padania, parlano di secessione che vuol dire ex Yugoslavia.
Anzi, più complicata e pericolosa la loro secessione, perchè è impossibile.
Dunque di che Italia parlano quei tre ex ministri (due inutili, ma uno era ministro dell’Interno, pensate il pericolo che l’Italia ha corso) quando rispondono con violenza e furore, ad una frase del Presidente della Repubblica?
Per capire bene, ricordiamo la frase: “È folle ed è anche assurdo che un bambino nato in Italia da genitori immigrati, che resta, vive, cresce studia in Italia, non sia italiano”.
La frase va ambientata tre volte.
La prima, nel contesto di un Capo di Stato che enuncia un principio di buon senso e valore morale.
Buon senso perchè il bambino di cui stiamo parlando non ha altro Paese che quello in cui è nato, cresciuto, di cui parla la lingua (spesso la sola lingua), in cui è andato a scuola.
Di valore morale perchè dice che accoglienza e integrazione sono il solo percorso per i nuovi arrivati in un Paese civile.
C’è naturalmente una opinione pubblica che riceve il messaggio.
È una Italia che si è incattivita e che ha paura. Ma non dedica la sua paura agli immigrati e non ripone le sue speranze di salvezza nella Lega Nord.
E in più tende a stare attenta a ciò che dice il presidente della Repubblica.
Ma quando il messaggio raggiunge i destinatari, che hanno dedicato anni di devastazione alle leggi, ai regolamenti e alla burocrazia, pur di creare ostacoli a chi veniva per lavorare, e col proprio lavoro ha fatto funzionare in questi anni mezza Italia, dalla raccolta dei pomodori nel Sud alle migliaia di minifabbriche del Nord e specialmente del Nord Est detto “padano”, esplode furore, invettiva, minaccia.
Maroni, come ha sempre fatto mentre, da secessionista, era ministro chiave della Repubblica, ha cambiato la parola.
Invece di “immigrato” lui ha fatto finta di avere capito “clandestino”.
“Clandestino” è una parola cara alla Lega perchè porta, con due passaggi, in prigione. Sembra un gioco da tavolo e invece è una trovata crudele, specialità di brave persone come Maroni, Calderoli, Borghezio.
Si fa così. Di qua c’è la burocrazia che farà di tutto per rallentare, procrastinare, negare, rinviare il permesso anche se l’immigrato ha tutte le carte in regola e lavora. Te lo raccontano, umiliati, alcuni prefetti che dicono: “Lei non sa che cosa si adattano a fare certi colleghi per la carriera”.
E infatti il prefetto Mosca di Roma, sotto il governo Bossi-Maroni-Berlusconi ha dovuto dimettersi perchè ha rifiutato l’idea odiosa delle impronte digitali ai bambini Rom.
Ma nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” di Maroni la cui approvazione svergogna il Parlamento italiano, “clandestino” diventa reato.
Il reato non dipende dal fare ma dall’essere, come in ogni serio regime razzista.
E sei nelle mani di quei poliziotti o padroni (non tutti, e forse non tanti, per fortuna) che stanno al gioco sporco della Lega.
Quando sei “clandestino” o vieni rimpatriato dove non sai, o vai in prigione o, altra variante barbara, ti rinchiudono nei centri di identificazione e di espulsione, dove nessuno ti identifica, dove l’ottanta per cento dei detenuti è in regola (lo certificano le periodiche visite di parlamentari ), dove ti tengono per un anno e mezzo senza assistenza legale o sanitaria e senza regole, sorvegliati da poliziotti e soldati che non hanno alcuna preparazione nè alcun voglia di fare quel lavoro.
Direte che è tutto assurdo.
Ma questo è il mondo della Lega finchè è durato, fondato sulla paura, sul rapporto inesistente tra sicurezza e immigrazione (nel Paese di ‘ndrangheta, mafia e camorra , dove ci sono due morti al giorno di attentati malavitosi a Roma), fondato sul sostegno non gratuito di Berlusconi, a cui i voti leghisti davano ossigeno, e che lui ricambiava dando via libera alla Italia dell’apartheid.
Quelli del mondo di Berlusconi si ricordano anche adesso del dovere di sostenere le barbare assurdità della Lega e il linguaggio deformato dei leghisti.
“Napolitano adotta i clandestini” intitola Libero del 23 novembre, facendo subito uso truffaldino della parola “clandestino” come hanno imparato da Maroni, per vedere se si può spaventare qualcuno.
“Non vorrei — suggerisce su Il Giornale l’astuto Calderoli — che fosse un cavallo di Troia per concedere il diritto di voto agli immigrati”.
E crede di avere annunciato il colmo del colpo di mano, della indecenza, della paura.
Però attenti a ciò che ha da dire Cicchitto: “Se invece di economia vi occupate di diritti, noi potremmo difenderci con la nostra riforma della giustizia”.
Conoscendo autori e intenzioni, la minaccia è chiara e malevola.
Ma sentite La Russa, che un tempo usava il tricolore come sciarpa. “Questa è la strada per rompere subito e andare dritti alle elezioni”.
Pensate: la minaccia inaccettabile sono bambini nati in Italia che diventano italiani. Diciamo che poche parole umane, chiare, quasi ovvie, hanno portato allo scoperto la vera natura del mondo berlusconiano, la vera natura della Lega, incompatibile con un normale livello di civiltà .
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
MEGLIO LIMITARE I FOTOGRAFI PER EVITARE CHE COLGANO DETTAGLI IMBARAZZANTI… LA PROPOSTA DEL LEGHISTA MARONIANO STUCCHI LASCIA DAVVERO DI STUCCO
I tempi cambiano, e tocca adeguarsi.
Per esempio, se fotografi e cameraman s’infiltrano nei palchi parlamentari per cogliere dettagli imbarazzanti — dimostrando peraltro uno scarsissimo senso delle istituzioni e un disastroso amor di patria —, sarà meglio inventarsi un modo per tenerli alla larga.
E infatti domani, dopo che Mario Monti sarà andato in giro a convincere l’Europa che siamo diventati un Paese tanto adulto e responsabile, l’Ufficio di Presidenza della Camera affronterà di petto lo spinoso argomento: come bloccare zoom selvaggio?
Alle ore 11,30, primo punto all’ordine del giorno, ecco due proposte da esaminare con la dovuta attenzione.
Secondo l’agenzia Dire, una è stata depositata dal Pdl e messa a punto dall’onorevole Gregorio Fontana: dirette a parte, concesse solo in occasioni eccezionali, l’accesso ai fotoreporter dovrebbe essere garantito solo per una mezzoretta, giusto il tempo di qualche scatto d’ordinanza e poi via libera a smanettoni e grafomani.
L’idea della Lega, firmata Giacomo Stucchi, va giù con la roncola: niente più obiettivi supersensibili in aula onde evitare la diffusione di zoommate su pizzini, giochini e messaggini indebitamente sottratti alla faticosa vita parlamentare.
Può infatti l’onorevole deputato tollerare che il suo girovagare sui siti di escort (“per sbaglio”, come ebbe a dire Simeone Di Cagno Abbrescia, Pdl) o a tweettare (vedi Roberto Menia, Fli) o ancora a inviare disponibili inviti cartacei al neopremier (vedi Enrico Letta, Pd) sia disturbato da invadenti mezzi che moltiplicano via web e giornali l’indecorosa aggressione popolare?
Ennò, caspita , si trovi subito una soluzione.
Un giusto freno all’eccesso di curiosità che segnò anticipatamente l’uscita di scena di Silvio Berlusconi quando una lente biricchina colse quell’appunto sugli “8 traditori” che non votarono per il bilancio consuntivo. Galeotto fu il foglietto: vergato con ira funesta dal premier, segnò la fine materiale della maggioranza, e subito giunsero le truppe cammellate a proporre un sano rimedio, le due ipotesi in discussione domani.
Perchè, fin quando il fotografo coglie amorosi bigliettini alle belle deputate, si può anche strizzare l’occhio.
Ma se ci va di mezzo la contabilità delle poltrone, che di qui a fine legislatura diventerà scienza e arte sempre più raffinata, è opportuno stendere un pietoso copriobiettivo.
E chissà come reagirà il trasparente Pd dopo la figuraccia di Enrico Letta. Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, parte soft: “Penso vadano introdotte delle regole. Anche un deputato ha diritto alla privacy”.
Anche nelle aule dove si lavora in nome del popolo italiano?
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 20th, 2011 Riccardo Fucile
COSA SI ASPETTA A RESTITUIRE I LOCALI AL COMPLESSO MONUMENTALE?… SE CALDEROLI VUOLE OPPORSI, INVECE DI INCENDIARE FALDONI PATACCA A ROMA, SI DIA FUOCO PER PROTESTA NEI GIARDINI ANTISTANTI LA VILLA, COSI’ ENTRERA’ NELLLA STORIA DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA E LE SUE CENERI SARANNO SPARSE NEL PO
L’ultimo segnale di vita risale a più di un mese fa, ma il sindaco leghista di Monza, Marco Mariani, non ci sta a dare per morti i ministeri aperti la scorsa estate in Villa Reale.
Da giorni i vertici del Carroccio sono scesi in trincea per difendere l’operazione e il borgomastro non è stato da meno lanciando un invito a Mario Monti, neo presidente del Consiglio: «Rispetti i principi del decentramento e non li chiuda».
Il futuro di quei cento metri quadrati attorno ai quali fra luglio e settembre si è scatenata una polemica culminata in uno scontro istituzionale fra il Presidente della Repubblica Napolitano e l’ex premier Berlusconi è nelle mani di Palazzo Chigi.
Dalla scossa estate a oggi la disponibilità di quelle tre stanze, prive fra l’altro di toilette, è passata dal Consorzio per la gestione della Villa al ministero dei Beni Culturali e da questo alla presidenza del Consiglio, che poi la «girò» ai ministeri senza portafoglio per le Riforme e per la Semplificazione normativa, di cui erano titolari Bossi e Calderoli (poi si sono aggiunti l’Economia e il Turismo).
Dunque, chi dovrà decidere cosa farne è Monti.
E a lui il borgomastro si è rivolto, convinto fino in fondo della necessità di mantenere vivo il progetto per favorire la ripresa dell’economia del territorio. «La Lombardia è una delle regioni più sviluppate dell’Europa – aggiunge – e la Brianza ha una concentrazione tale di imprese che chiudere i ministeri non avrebbe senso».
L’obiettivo della Lega era di avvicinare le istituzioni ai cittadini e alle imprese.
I numeri, tuttavia, dicono che in due mesi e mezzo di vita gli uffici decentrati sono finiti sotto i riflettori una mezza dozzina di volte, principalmente per accogliere manifestazioni di protesta o per ospitare riunioni della Lega.
Di imprenditori e cittadini, fuori dalla porta in attesa di parlare con Calderoli o Bossi, non se ne sono mai visti.
Sia Confindustria che Camera di commercio si sono sempre dimostrate molto tiepide e il centro-sinistra non ha mai perso l’occasione per sottolineare come alla fine venissero trattati alla stregua di sedi di partito.
Adesso, sul loro destino pesa la dichiarazione di incostituzionalità fatta dal capo dello Stato la scorsa estate (violazione dell’articolo 114, quello che sancisce Roma capitale) e una sentenza del Tribunale di Roma che li ha chiusi a doppia mandata per comportamento antisindacale della presidenza del consiglio: nessun dipendente di Palazzo Chigi può essere trasferito a Monza per il semplice motivo che il personale non è stato avvisato dell’istituzione dell’ufficio decentrato.
Inoltre, il neo premier Monti non solo ha cancellato il ministero alle Riforme di Bossi, che avrebbe dovuto rappresentare lo snodo centrale verso il federalismo, ma ha dato vita al nuovo dicastero alla Coesione territoriale, considerato come un vero e proprio affronto alla Lega.
I «lumbard», però, non hanno intenzione di arretrare e l’ex ministro Calderoli è arrivato a minacciare l’autodeterminazione se da Roma non dovessero arrivare segnali favorevoli al mantenimento in vita dei ministeri del Nord.
La presa di posizione ha subito provocato la reazione del Pd. «Al nostro territorio e al nostro paese non servono provocazioni ma responsabilità – replica Gigi Ponti, segretario provinciale del Pd -. Ai cittadini non interessano l’autodeterminazione, i parlamenti del Nord, la difesa di fantomatici uffici ministeriali che hanno suscitato l’interesse solo di chi li ha aperti».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. «La Villa è un bene troppo importante per svilirlo con funzioni senza senso – conclude Di Simine. Mi auguro che quei cento metri quadrati vengano reintegrati al più presto nel complesso monumentale che deve essere valorizzato con iniziative culturali di prestigio».
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Novembre 20th, 2011 Riccardo Fucile
LA SPARTIZIONE E’ IN CORSO, TUTTO SI NEGOZIA: LA BOMBA SCOPPIERA’ A MARZO, QUANDO SCADRANNO IL CONSIGLIO DDI AMMINISTRAZIONE DELLA RAI, I COMMISSARI DELL’AGCOM E IL GARANTE DELLA PRIVACY
Una ventina di poltrone che ne terremoteranno molte di più.
Dirigenti e direttori, consulenze e incarichi: e a decidere “chi va dove” sarà il Parlamento delle larghe intese.
Inutile domandarsi quale sarà il criterio di spartizione: uno a me, uno a te, un altro al Terzo Polo.
In mezzo c’è l’incomodo, che ha già cominciato a battere i piedi.
È l’opposizione, nella persona della Lega Nord.
Se infatti i 7 membri del Cda Rai e il successore di Lorenza Lei, gli 8 commissari dell’autorità garante per le comunicazioni e l’erede di Corrado Calabrò, i quattro garanti dei dati personali con l’aggiunta del sostituto di Francesco Pizzetti resteranno in carica fino a primavera, c’è una poltrona che dovrebbe liberarsi subito, quella del Copasir.
Il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è composto da dieci parlamentari e controlla i servizi segreti.
Visto il compito delicato, la norma dice che deve essere presieduto da un esponente della minoranza parlamentare e che al suo interno deve essere garantita “la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni”. Ora a guidarlo c’è Massimo D’Alema (Pd). Ha rimesso il suo mandato ai presidenti di Camera e Senato perchè possano valutare “l’anomalia” del momento.
Dalle parti di via Bellerio sono nervosi. Non hanno preso bene le dichiarazioni del leader Pd che ieri ha detto: “Mi pare che il primo obiettivo della lotta della Lega siano le poltrone, non so quale sarà il secondo”.
Loro sono furibondi e avvertono: “Se non ci danno quello che ci spetta ci mettiamo a fare i cattivi su tutto”.
Cioè la commissione di Vigilanza Rai, le 14 commissioni permanenti di Camera e Senato, le giunte, le commissioni speciali e d’inchiesta.
La Lega (in qualità di partito della ex-maggioranza) ne presiede 5: la commissione Bilancio, la Esteri e quelle sulle Attività produttive, i Lavori pubblici e le Politiche comunitarie.
Per questo nel Pd devono fare i conti con due istinti contrapposti: da un lato evitare di concedere alla Lega di “crogiolarsi nel ruolo dell’opposizione”, perchè quella che sostiene il nuovo esecutivo “non è una maggioranza politica”.
Dall’altro sperare che D’Alema non sia “così sprovveduto da non considerare le conseguenze che comporterebbe tenersi quella poltrona”.
Ancora una volta il mediatore potrebbe farlo il Terzo polo: se Fini, da presidente della Camera, sarà uno degli incaricati di valutare l’affare-Copasir, Casini potrebbe essere la persona giusta per favorire lo “scambio” tra la poltrona di D’Alema e quella della commissione Esteri, ora nelle mani del leghista Stefani.
Pare che la trattativa sia a buon punto, anche se ovviamente i leghisti sbraitano appena gliela nomini. “
Tra i leghisti non c’è accordo su come gestire la partita.
Nè tantomeno sui nomi.
La parte vicina a Umberto Bossi fa il nome di Roberto Maroni: l’ex ministro dell’Interno è il più adatto a quel ruolo.
Ma i parlamentari vicini a “Bobo” sanno che finire al Copasir significherebbe arginare la sua ascesa politica e tenersi Reguzzoni come capogruppo (in teoria “scade” a Natale).
Candidare il braccio destro di Bossi al posto di D’Alema, invece, sarebbe un modo per farlo uscire di scena senza drammi e far cominciare il cammino da leader a Maroni .
Ma sono ipotesi che non fanno i conti con una certezza, che pare assodata, sia tra i maroniani che nel cerchio magico: “D’Alema non se ne andrà mai, dovremo rivolgerci al Capo dello Stato”.
Paola Zanca
( da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 20th, 2011 Riccardo Fucile
UNO SCRITTORE AFFRONTA LA GRAMMATICA E LA RETORICA NEI DISCORSI POLITICI DEI LEGHISTI: FINZIONE O REALTA’?
Sono venuto molto volentieri a parlare in questa bella piazza, ma per quanto mi riguarda, sia
chiaro, questa è l’ultima manifestazione senza bastoni.
Cominciamo a dare segnali, e un bel segnale è una scarica di legnate; controlliamoli noi con delle ronde questi posti, e siccome sono luoghi impervi appoggiamoci a sostanziosi bastoni. Servono i bastoni. Duri. Belli duri. Come noi padani.
Noi ce l’abbiamo duro, ed è per questo che qui oggi è pieno di donne!
La Lega non ha bisogno di armarsi, noi siamo sempre armati… di manico!
Si dice che il Paese stia andando a fondo, ma io conosco un solo Paese, che è la Padania. Dell’Italia non me ne frega niente.
Siamo celti e longobardi, non siamo merdaccia levantina o mediterranea, la Padania è bianca e cristiana!
Con le bandiere del cuore crociato! Noi che non diventeremo mai islamici.
Siamo circondati da ruffianeria di Stato, leccaculismo diffuso, bigottismo universale… sono moderati, sì sono moderati… moderati un cazzo!
I partiti sono lo strumento attraverso cui i meridionali gestiscono lo Stato, questo deve essere chiaro.
Il progetto mondialista americano è chiaro: vogliono importare in Europa venti milioni di extracomunitari, vogliono distruggere l’idea stessa di Europa garantendo i propri interessi attraverso l’economia mondialista dei banchieri ebrei e attraverso la società multirazziale.
Ma noi non lo consentiremo.
Il disegno dei venti potenti americani non passerà , anche se usano armi potenti come la droga e la televisione.
Quegli islamici di merda e le loro palandrane del cazzo! Li prenderemo per le barbe e li rispediremo a casa a calci nel culo! Rompono il cazzo nelle scuole e vorrebbero privarci dei nostri simboli! Li prenderemo per le barbe, statene pur certi.
Gli immigrati, ma anche i profughi fora da i ball, bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile. Sì, pim, pim, pim, col fucile. Pim, pim, pim!
Per i negri bisognerebbe usare pallottole di gomma e prendergli le impronte dei piedi per risalire ai tracciati particolari delle tribù.
Credo si dovrebbe sul serio rispedire gli immigrati a casa in vagoni piombati.
Uomini della Padania, questi bingo bonghi col cazzo lungo vogliono scoparci le mogli, le nostre donne!
Cosa facciamo degli immigrati che sono rimasti in strada dopo gli sgomberi?
Purtroppo il forno crematorio non è ancora pronto.
E poi se prima c’erano i posti riservati agli invalidi, agli anziani e alle donne incinte, adesso si può pensare a posti o vagoni riservati ai padani. Perchè no?
Noi la proposta l’abbiamo fatta.
Qualcuno si è scandalizzato perchè un nostro militante ha detto che i topi sono più facili da debellare degli zingari.
Niente di più vero, sono più facili da debellare perchè sono più piccoli. Lampante, direi.
La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni.
Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni!
Gli omosessuali devono smetterla di vedere discriminazioni dappertutto. Dicano quello che vogliono, la loro non è una condizione di normalità .
Se ancora non si è capito essere culattoni è un peccato capitale.
C’è bisogno di iniziare una pulizia etnica contro i culattoni. Devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli.
Qui da noi non c’è nessuna possibilità per culattoni e simili. La tolleranza ci può anche essere ma se vengono messi dove sono sempre stati… anche nelle foibe.
E ricordatevi: il cristiano che vota a sinistra si schiera dalla parte del peccato e del demonio.
N.d.A.: Questo testo è frutto di un montaggio con tutte dichiarazioni originali rilasciate nel tempo da esponenti politici della Lega Nord (Miglio, Borghezio, Bossi, Calderoli, Castelli, Gentilini, Boso, Tosi, Salvini, Zaia, Stiffoni, Boni, Schiubola, Moretti, Gidoni, Caparini, Speroni, Aliprandi).
Il mio lavoro è stato solo quello di assemblarli senza mai cambiare il senso delle dichiarazioni, creando un comizio linguisticamente organico, anche se delirante.
Questo testo è uno stralcio di Comizio, contributo dell’autore alla raccolta Sorci verdi. Storie di ordinario leghismo, Edizioni Alegre, pagg. 192, – 14,00 (con testi di Valerio Evangelisti, Valeria Parrella, Stefano Tassinari e altri)
Angelo Ferracuti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Bossi, Costume, denuncia, governo, LegaNord | 1 Commento »