CECCANTI, INCANDIDABILITA’ BERLUSCONI: “NON PUO’ RICORRERE AL TAR, NITTO PALMA NON CONOSCE LA LEGGE”
IL RELATORE DELLA LEGGE SEVERINO CASSA L’INTERPRETAZIONE DELL’ESPONENTE PDL
Il presidente della commissione Giustizia del Senato aveva ventilato l’ipotesi che lo stop all’inserimento in lista del Cavaliere in caso di nuove elezioni potesse essere superato da un ricorso amministrativo: “Qualora l’aula non si dovesse pronunciare sulla decadenza in ragione dell’eventuale caduta del governo e dello scioglimento del Parlamento — ha osservato Nitto Palma – la Corte d’appello potrebbe assumere il provvedimento indicato, fermo restando che comunque sarebbe percorribile un ricorso al Tar nel cui ambito si possono sollevare tutte le questioni giuridiche già sollevate in giunta”.
“Non sa ciò di cui parla”, risponde Ceccanti. Che spiega: “Nel caso delle elezioni politiche conta sempre e solo il testo unico della Camera nel 1957. Dunque, se l’ufficio elettorale circoscrizionale dovesse dichiarare qualcuno incandidabile, l’unico ricorso potrebbe essere fatto all’ufficio elettorale centrale, che deve decidere prima della chiusura delle liste”.
Nel Pdl era circolata un’ipotesi: il ricorso al Tar avrebbe reso intanto Berlusconi candidabile, e la sua elezione sarebbe stata sub-judice in attesa della sentenza, con tempi destinati ad allungarsi anche in virtù di un possibile successivo ricorso al Consiglio di Stato.
Una soluzione priva di fondamento?
“Assolutamente sì — spiega il professore — su questo la legge è chiara”. In effetti il combinato disposto della Severino e del testo unico delle leggi elettorali non sembra lasciare spazio ad equivoci.
Recita l’articolo due, terzo comma, della legge promossa dall’esecutivo tecnico: “Per i ricorsi avverso le decisioni di cui al comma 2 trova applicazione l’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361”.
Che è, per l’appunto, il testo unico di cui sopra. Il quale stabilisce che l’unico ricorso possibile è quello all’ufficio elettorale centrale, che “decide nei due giorni successivi”.
Nessuna scappatoia per il Cavaliere, dunque.
Nemmeno quella prospettata dal vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli. “Nel vuoto della legge Severino vale solo l`articolo 66 della Costituzione, che attribuisce a ciascuna camera il giudizio sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità — ha osservato il leghista – Ragion per cui, se dovessimo tornare al voto prima del pronunciamento del Senato, Berlusconi potrebbe candidarsi sia alla Camera che a Palazzo Madama”.
Replica Ceccanti: “Ma il voto del Senato riguarda l’incandidabilità sopraggiunta dopo le elezioni. Per quanto riguarda la prossima legislatura, la legge stabilisce chiaramente quali siano i margini di candidabilità ”.
“Anche qualora venisse ammessa la possibilità di ricorso al Tar – chiosa il professore – rimane il fatto che sul piano sostanziale anche la giustizia amministrativa dovrebbe prendere atto della chiarezza della legge”.
Insomma, le scappatoie per il Cavaliere sono assai limitate.
Qualora decidesse di staccare la spina al governo, un suo ritorno in Parlamento sembra assai improbabile, se non impossibile.
Un argomento che potrebbe costituire un deterrente per indurlo a non far precipitare la situazione.
Almeno fin quando la Giunta non ne sancirà la decadenza.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply