COMPRAVENDITA PARLAMENTARI, I PM DI NAPOLI INDAGANO SUI BONIFICI: 1 MILIONE DI EURO DAL PDL AI “LIBDEM” MELCHIORRE E TANONI
ALTRI DIECI PARLAMENTARI SOTTO INCHIESTA: ALMENO 5 EX FLI TRA QUELLI CHE “TRADIRONO” FINI
L’indagine sulla compravendita dei parlamentari da parte di Silvio Berlusconi nel 2010-2011 è stata aperta alla fine del 2013 dai pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Fabrizio Vanorio come un modello 21.
Gli indagati insomma già ci sono anche se la Procura di Napoli, dopo le prime indiscrezioni uscite ieri sui quotidiani, non lascia trapelare una sola parola sul fascicolo che rischia di aprire un nuovo fronte con Berlusconi, stavolta non protetto dallo scudo dell’immunità .
Mentre ieri si è tenuta la seconda udienza del processo per la corruzione di Sergio De Gregorio, realizzata nel 2007 (quindi a un passo dalla prescrizione) insieme a Valter Lavitola, presente in aula, i magistrati proseguono il loro lavoro anche su fatti più recenti, dunque più preoccupanti penalmente per il Cavaliere, che lunedì, alla prossima udienza, dovrebbe essere finalmente dichiarato contumace, come deciso ieri. Il fronte più avanzato della nuova indagine, secondo quanto risulta al Fatto , è un filone sviluppato parallelamente a Napoli e Roma e nasce da una segnalazione di operazione sospetta su due parlamentari in carica fino al 2013: Italo Tanoni e Daniela Melchiorre.
La Segnalazione è partita dall’Uif, l’Ufficio Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, ed è stata trasmessa al Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza guidato dal generale Giuseppe Bottillo.
I pm Nello Rossi e Alberto Pioletti hanno aperto un’indagine nella quale sono confluite le informative della Gdf su questo afflusso sospetto di denaro dal Pdl ai conti gestiti dai due parlamentari, rappresentanti del gruppo Liberal Democratici, una formazione gemmata dalla scissione del movimento di Lamberto Dini.
Il primo versamento di 300 mila euro avveniva e metà del 2011.
Dopo avere votato contro la fiducia a Berlusconi, puntando sul cavallo perdente di Fini, il 29 settembre 2010, Melchiorre e Tanoni iniziano a riavvicinarsi a Berlusconi. Il 5 aprile del 2011 in mattinata vanno a palazzo Grazioli dall’allora premier, e da Denis Verdini e proprio quel giorno la Camera solleva a maggioranza un conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale sul processo Berlusconi-Ruby.
Melchiorre e Tanoni, come l’ex Idv Aurelio Misiti, anche lui ricevuto da Berlusconi, votano insieme alla maggioranza.
La mozione passa con 314 si contro 302 no.
Poco dopo il partito dei Liberal democratici riceve 300 mila euro dal Pdl.
Poi ne incassa altri 700 mila euro a metà del 2012. Nulla di segreto.
Il Fatto aveva già raccontato il contenuto della relazione al bilancio del Pdl: “Va segnalato — scrivono i tesorieri Rocco Crimi e Maurizio Bianconi nella relazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale — che l’ammontare iniziale dell’impegno verso la formazione politica in questione era di 1 milione 300 mila euro, sceso a 1 milione di euro per effetto del pagamento di 300 mila euro eseguito nell’anno, importo infine successivamente ridotto a 700 mila euro” per le norme che decurtavano i rimborsi elettorali ai partiti.
“La scadenza di pagamento” ammettono candidamente i tesorieri del Pdl “è stabilita negli impegni economici e politici sottoscritti nel 2011”.
In sostanza la relazione tra gli impegni politici da parte dei Libdem e quelli economici da parte del Pdl è nero su bianco nel bilancio ufficiale.
Il problema ora al centro dell’attenzione degli inquirenti napoletani è proprio la liceità del collegamento.
L’informativa delle Fiamme gialle è arrivata da molto tempo sul tavolo dei pm Nello Rossi e Alberto Pioletti. I pm romani hanno sentito a sommarie informazioni un anno fa Italo Tanoni e Daniela Melchiorre che quindi non sono indagati perchè i pm romani ritengono scriminante il fatto che i contributi sono iscritti a bilancio.
La medesima segnalazione di operazione sospetta con le carte della Gdf è però finita anche sul tavolo dei pm napoletani più recentemente.
Qui è stata inserita in un quadro più ampio, composto di atti segreti o depositati, che potrebbero attribuire altra valenza ai pagamenti.
Secondo l’impostazione dei pm napoletani, se un parlamentare compie un atto contrario ai suoi doveri in cambio di soldi, è un corrotto.
Ci vuole però un atto specifico, non basta il cambio di casacca.
L’atto specifico nel caso dei Libdem potrebbe essere quindi la votazione sul caso Ruby.
Nel caso di De Gregorio, i pm già contestano i singoli voti dell’allora presidente della commissione difesa del Senato.
I parlamentari nel mirino dei pm napoletani non sono solo Melchiorre e Tanoni. In tutto dovrebbero essere addirittura dieci.
L’atto per alcuni di loro potrebbe essere la votazione della fiducia a Berlusconi nel dicembre 2010.
In particolare alcuni, spesso aderenti al partito di Gianfranco Fini, dopo avere firmato la mozione di sfiducia a Berlusconi non gli votarono poi contro in aula.
Oltre ai celebri Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, ci sono anche i parlamentari di Fli, Catia Polidori, Maria Grazia Siliquini, Silvano Moffa e Giampiero Catone.
Nel verbale di sommarie informazioni di Gianfranco Fini si trova traccia di questo interesse degli investigatori per l’improvviso mutamento di atteggiamento quando i pm napoletani chiedono all’ex presidente della Camera se fosse vero che alcuni parlamentari, dopo avere firmato la mozione di sfiducia, poi votarono in senso opposto.
Ora gli investigatori vogliono capire se ci sia stata una contropartita e di che natura per quella scelta.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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