CONFINDUSTRIA BOCCIA LA MANOVRA: “LA PIU’ RESTRITTIVA DAI TEMPI DI LETTA”
“SVOLTA POSSIBILE SOLO CON UN TAGLIO SIGNIFICATIVO AL CUNEO FISCALE, AMPLIAMENTO DELLA PLATEA DEGLI 80 EURO E INTERVENTO SULL’IRPEF”
Altro non si poteva fare perchè l’eredità lasciata dal governo gialloverde era “un’ipoteca” sui conti pubblici, ma tutti gli impegni obbligati hanno un prezzo da pagare e quello del Conte 2 è l’aver tirato su la manovra più restrittiva dai tempi del governo guidato da Enrico Letta.
È il Centro studi di Confindustria a delimitare il perimetro della prima legge di bilancio dell’esecutivo M5s-Pd: l’espansione di cui parlano il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri non c’è.
C’è invece un intervento di natura sanitaria, con coperture che non sono “esaustive” e un assetto che potrebbe addirittura non bastare a rispettare il Patto di stabilità . E questo significa che Bruxelles potrebbe chiedere una nuova correzione già a novembre.
L’analisi dei tecnici di viale dell’Astronomia misura l’efficacia dell’intervento del governo, che si cala in un clima difficile.
L’economia è in bilico tra ripresa e recessione. Il Pil è inchiodato allo zero (+0,4% il prossimo anno solo senza gli aumenti di Iva e accise), come i consumi. Ogni passo è delicato, a maggior ragione che gli impegni obbligati ci saranno anche nel 2020: bisognerà ancora destreggiarsi tra la flessibilità da chiedere all’Europa e la possibilità di mettere solo pochi spiccioli sulla crescita. Per quest’anno, come per il prossimo, la vera questione è questa: l’equilibrismo tra il recente passato e uno sforzo verso il futuro che non può concretizzarsi se non in un segnale appena accennato.
Numeri alla mano, la legge di bilancio del governo giallorosso è restrittiva per circa 8 miliardi.
Era dal 2013 che un esecutivo non era costretto a un intervento simile. “Il giudizio non è negativo”, precisa il capo economista di Confindustria Andrea Montanino, perchè il deficit si sta avvicinando alla soglia critica del 3%: una strada alternativa alla correzione, insomma, non era possibile, ma questo dato deve contemplare anche una considerazione di realtà e cioè che questa manovra ha uno spazio di crescita ridotto al lumicino.
E poi c’è l’impegno a trovare le risorse per coprire i costi della manovra da 29 miliardi. Chi pensa di toccare le aliquote Iva – tema che ha fatto deflagrare lo scontro tra il Pd e i renziani – è avvisato: riordinarle può fare pagare alle famiglie un salasso da 169 euro all’anno. Al massimo, se proprio sarà necessario, allora il consiglio delle imprese è di aumentare le aliquote sui beni di lusso.
Come provare allora a dare un segno diverso all’economia e soprattutto come può il governo provare a smarcarsi dal peso del passato?
Per le imprese il 2020 può essere un anno di svolta solo a patto di sfruttare i tassi bassi per ricreare fiducia, rilanciare gli investimenti privati e avviare il taglio del cuneo fiscale “in modo significativo”. Qualcosa di molto diverso rispetto a quanto scritto nella cornice della manovra, dove all’intervento sulle tasse che gravano sulle buste paga sono stati destinati appena 2,7 miliardi, con un alleggerimento previsto di 500 euro.
L’agenda di Confindustria per la svolta punta principalmente su lavoro e fisco. Oltre all’intervento sul cuneo, la direzione di marcia ingloba l’ampliamento della platea dei beneficiari degli 80 euro ai lavoratori incapienti. E poi si suggerisce un intervento sull’Irpef, con l’allineamento dell’aliquota del secondo scaglione a quella prevista oggi per il primo. Per farlo, però, servono 8 miliardi. A trovarli.
(da agenzie)
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