CONTINUANO LE TELEVENDITE: ORA E’ IL TURNO DELLE NEOMAMME
DA UN CANALE RENZI PUNTA AI GENITORI, DALL’ALTRO PADOAN SI INVENTA 800.000 NUOVI POSTI DI LAVORO
La domenica il governo è Live.
Lo si trova dal vivo in televisione a spiegare una manovra economica che nessuno ha ancora visto.
Pier Carlo Padoan sceglie la platea tradizionale di Lucia Annunziata (In 1/2 Ora su Raitre), Matteo Renzi invece regala il meglio delle sue capacità di intrattenitore a Barbara D’Urso (Domenica Live, appunto, su Canale 5): entrambi, però, svolgono lo stesso ragionamento invocando contro la crisi soprattutto l’ottimismo (“investite”, “spendete”, “assumete”).
La manovra, d’altronde, è recessiva e lo stesso Padoan lo dice, seppur in maniera obliqua: “Il deficit continuerà a diminuire”, per la precisione di uno 0,1%, anche se meno di quanto Letta e Monti avevano promesso a Bruxelles.
I messsaggi che palazzo Chigi voleva lanciare ieri — al netto dei soliti sprezzanti riferimenti alle regioni del premier (“Sono arrabbiate? Gli passerà ”) — erano sostanzialmente due.
Il premier s’è tenuto un argomento consono col pubblico della domenica pomeriggio: “Daremo gli 80 euro al mese per tre anni — ha detto Renzi — anche a tutti quelli che faranno un figlio nel 2015” (il limite di reddito sarà 90mila euro l’anno).
Le risorse sono quelle stanziate nel Fondo per la famiglia: 500 milioni, una cifra all’ingrosso sufficiente per pagare il bonus ai poco più di 500mila bambini che nascono in Italia ogni anno. Leggermente disturbante il modo in cui la racconta Renzi: “Visto che hanno detto che gli 80 euro erano una misura elettorale, ora diamo i soldi a chi non vota: i bambini”. (come se non votassero i genitori…)
Quanto al ministro dell’Economia gli è toccata una ambigua quanto modesta rimodulazione del “milione di nuovi posti di lavoro” di quando c’era lui.
Il nostro aveva sostenuto venerdì, in un’intervista col Sole 24 Ore, che secondo le stime del suo ministero la detassazione per tre anni delle assunzioni a tempo indeterminato “porterà 800 mila posti” dal 2015 al 2017.
Ieri ha ribadito la cosa aggiungendo che forse “è una stima per difetto”: “D’altronde — aveva spiegato al giornale di Confindustria — col Jobs Act questo tipo di contratto diventerà molto più conveniente”.
Nel senso che tanto le aziende dopo tre anni potranno comunque licenziare i neoassunti pagando un indennizzo.
Quale che sia l’intenzione di Padoan — propagandistica o meno — è bene chiarire una cosa: non si tratta di nuovi posti di lavoro, al massimo della platea interessata.
Cerchiamo di spiegarlo coi numeri.
Lo stesso Sole 24 Ore analizzando le bozze della manovra ha calcolato che — stanti il tetto massimo di sgravio (6.200 euro l’anno a contratto) e le risorse stanziate (un miliardo l’anno fino al 2017) — la platea interessata è di 162mila contratti l’anno.
Padoan, però, ieri ha citato per il prossimo anno la cifra di 1,9 miliardi, il che porterebbe lo stanziamento complessivo a 3,9 miliardi nel triennio: grazie all’invenzione della calcolatrice, si può dunque sapere che i beneficiati saranno in tutto 629mila.
A scanso di equivoci: è impossibile sapere quali saranno i contratti in più determinati dagli sgravi della manovra.
D’altronde lo stesso governo Renzi non crede molto negli effetti salvifici di quello che fa: nel “Piano nazionale delle riforme” prevede una disoccupazione sostanzialmente stabile nel 2015 (12,5%) e quota l’effetto delle sue riforme sul Pil allo 0,1% .
Torniamo ai nuovi posti. Nel 2013, anno di recessione nera, il ministero del Lavoro ci dice che furono attivati oltre un milione e mezzo di contratti a tempo indeterminato, 400mila a trimestre: come farà Padoan a contare i suoi 800mila?
Non solo: stanziare 1,9 miliardi significa che i soldi finiranno già a febbraio e dunque, almeno nel 2015, finanzieranno assunzioni in larga parte già decise. Un regalo.
Fare conti più precisi è impossibile perchè, giova ribadirlo, la legge di Stabilità ancora non c’è: “Domani sarà al Quirinale”, dice Padoan.
Peccato dovesse essere depositata alle Camere — e cioè resa pubblica — mercoledì scorso. Intanto le bozze continuano a girare: una delle ultime, per dire, riporta una decisa riduzione dei tagli ai ministeri (non tre miliardi, ma a malapena due).
È così? Non si sa. Bisogna aspettare martedì. Forse.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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