DA PRODI A RENZI: LO STRANO AMORE DELLA SINISTRA PER I POTERI FORTI
‘LE CATENE DELLA SINISTRA'” IL NUOVO LIBRO DI CLAUDIO CERASA
Il matrimonio fra sinistra italiana e poteri forti pare ormai un luogo comune, ma non è sempre stato così.
Il colpo di fulmine (o il peccato originale) lo descrive Claudio Cerasa ne “Le catene della sinistra – Non solo Renzi. Lobby, interessi, azionisti occulti di un potere immobile”, un libro pubblicato da Rizzoli.
Cerasa guarda indietro nella storia del paese (un lavoro da giornalista, ma ormai quasi da storico) e sfoglia quelle che paiono le foto della cerimonia, così nitide che potrebbero essere state scattate oggi.
“Il primo momento storico da prendere in considerazione per osservare in modo nitido la progressiva sovrapposizione tra il pianeta dell’establishment e il mondo della sinistra — sovrapposizione che in parte riguarda non solo i vecchi leader del centrosinistra, i vari Massimo D’Alema, i vari Walter Veltroni, i vari Pier Luigi Bersani, ma anche […] lo stesso Matteo Renzi — risale al 1992. E più in generale agli anni di Tangentopoli”.
Alla fine di Mani Pulite, argomenta Cerasa, il panorama politico italiano era infatti perlopiù desertificato, e il “vecchio establishment” (guidato da Fiat, Eni e Mediobanca) si trovava a corto di cavalli su cui puntare, con la solitaria eccezione del sopravvissuto ex-Partito comunista, il Pds.
Inizia così quel flirt un po’ incestuoso coi cosiddetti poteri forti che l’autore imputa alla sinistra italiana, “soprattutto democristiana”.
“Nasce in quegli anni la classe dirigente ibrida, un po’ tecnica e un po’ progressista, che vede in Beniamino Andreatta (ex dirigente Eni, futuro ministro dell’Industria, padre dell’Ulivo, molto legato al mondo Fiat), in Romano Prodi (all’epoca presidente dell’Iri), in Giovanni Bazoli (all’epoca capo del Banco Ambrosiano), in Luigi Abete (all’epoca capo di Confindustria, oggi capo della Bnl) e in Giovanni Guzzetti (all’epoca uomo di collegamento tra il centrosinistra e il mondo delle fondazioni e delle casse di risparmio) i suoi veri, solidi e affidabili punti di riferimento”.
Ma la vera luna di miele, come da immaginario, si fa in crociera. Mentre la classe politica della Prima Repubblica sta affondando – una manetta dopo l’altra – al largo fra Civitavecchia e l’Argentario il 2 giugno 1992 salpa una nave, la Britannia.
Ed è proprio a bordo di questa nave che il matrimonio sinistra-poteri forti – così come lo racconta Cerasa – si consuma.
“Sulla fregata ci sono tutti: il direttore generale del ministero del Tesoro, Mario Draghi, il presidente di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, il futuro ministro del Bilancio e allora dirigente dell’Eni, Beniamino Andreatta, il vicepresidente dell’Iri, Riccardo Gallo, il presidente del Banco Ambrosiano Veneto, Giovanni Bazoli, il presidente dell’Imi, Rainer Masera, il capo della Comit, Mario Arcari, il presidente dell’Ina, Lorenzo Pallesi, il direttore generale della Confindustria, Innocenzo Cipolletta, e naturalmente George Soros, uno dei più grandi finanzieri e speculatori del mondo”.
Il dono di nozze? Qui Cerasa procede cauto, con un’avvertenza: il tema solitamente attrae “i sostenitori della teoria del complotto”, cioè della presunta svendita dei “gioielli italiani” agli speculatori internazionali da parte dei politici italiani.
La particolarità fu che la stagione delle privatizzazioni [del governo di Giuliano Amato] avvenne a ridosso di un attacco speculativo che cambiò per sempre il rapporto tra le èlite italiane, la sinistra e il mondo dell’establishment: quello con cui George Soros, nel settembre del 1992, sferrò un clamoroso assalto alla lira costringendo l’allora capo di Bankitalia, e prossimo presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, a prosciugare le riserve auree della Banca d’Italia, a spendere 48 miliardi di dollari per difendere la lira, a svalutare la moneta del 30% e a non avere sufficienti armi a disposizione per evitare che i pacchetti azionari degli enti statali messi in vendita dal presidente Amato (con il decreto 333/1992 che trasformò in società per azioni aziende come Iri, Enel, Ina) finissero nelle mani degli speculatori a un prezzo molto basso.
Ma aldilà di “curiose coincidenze”, il dato di fatto che resta, secondo l’autore, è che fu proprio quello il momento in cui gli elettori italiani avrebbero avvertito una sensazione “precisa e mai del tutto chiarita”: cioè che “la sinistra e l’establishment sono due facce di una stessa medaglia: quella del potere”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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