DAL PATTO DEL NAZARENO AL “PATTO DEL BAR”
ALFANO DA’ VOCE ALLA RIVOLTA DEI PICCOLI: “RENZI DEVE TRATTARE”
È con l’idea di archiviare il “Patto del Nazareno” e di siglare il “patto del BAR” sulla legge elettorale che Alfano varca la soglia di palazzo Chigi.
Dove BAR sarebbe l’acronimo di Berlusconi-Alfano-Renzi, insomma un patto a tre e non più a due. Proprio il giorno prima dell’incontro del premier col Cavaliere.
Per questo Angelino, in versione battaglia della vita, specifica all’inizio dell’incontro col premier che non parla solo a nome del suo partito consapevole che Renzi lo considera morituro, ma del nascituro gruppo “costituente popolare” che sta per essere battezzato in Parlamento.
Il rassemblement di centristi — Ncd, Udc, quel che resta di Scelta civica e di popolari per l’Italia – i cui parlamentari si sono riuniti la mattina proprio per investire Alfano di un mandato pieno a trattare.
Affidandogli un doppio messaggio, da mettere sul tavolo di Renzi come un pistola. Uno numerico, ovvero che il nascituro gruppo conta di 95 eletti, tra deputati e senatori, quindi in Parlamento è più numeroso di Forza Italia.
Il secondo messaggio, che suona come una subordinata al primo, è che questa “seconda gamba” della maggioranza è l’alleato con cui Renzi dovrà affrontare il settembre nero, l’eventuale manovra, le difficoltà dei conti.
Pretendere di stritolarlo nell’asse con Berlusconi non sarebbe privo di conseguenze.
Alfano è un mite mediatore, ma all’interno del suo gruppo c’è già chi teorizza che “se Renzi e Berlusconi “continuano col patto a due mettendo sulla legge soglie che ci cancellano allora bisogna ragionare di crisi di governo”.
E che il nuovo gruppo nasce proprio per “trattare con maggiore forza con palazzo Chigi e rompere il patto del Nazareno”.
Basta ascoltare i ragionamenti di Roberto Formigoni e di Fabrizio Cicchitto. È per questo che Alfano propone a Renzi quella che ai suoi occhi appare come una via ragionevole. In prima battuta fa sua la proposta che Gaetano Quagliariello ha illustrato sull’HuffingtonPost — voto di lista e non di coalizione — che di fatto smonta l’Italicum. Un modo per far capire che, come si diceva una volta, a brigante brigante e mezzo.
Poi chiede, nell’ambito della trattativa sulle soglie, quella del 2 per cento per i coalizzati e il 4 per i non coalizzati, praticamente le soglie del Consultellum.
Come contropartita cede sui 120 capilista bloccati, che per un partito come il nascituro rassemblement di centro rappresentano un bel problema.
Perchè è chiaro che un partito piccolo o medio elegge un deputato per circoscrizione se gli va bene, quindi chi non è capolista non ha alcuna motivazione ad acchiappare voti e a correre.
Due e quattro. Soglie che Alfano propone anche con l’obiettivo di andare a vedere le intenzioni di Berlusconi: “Se vuole un’alleanza con noi deve dare segnali. Su questo si misurano le sue vere intenzioni”.
Perchè dietro i numeri c’è una partita politica enorme.
“Questi di Alfano non contano più nulla, con Renzi ci parliamo noi e devono ragionare come se già stessero in coalizione con noi” è il ragionamento schietto dei berlusconiani. Proprio perchè lo sa, Alfano affida alle due soglie basse le speranze di sopravvivenza.
Il quattro consente di andare da soli, se invece i sondaggi dicono che tira un’ariaccia al momento delle alleanze, il due consente di stare in coalizione e di eleggere qualcuno. Nell’ambito della trattativa è stato già messo in conto che il due diventerà tre.
Perchè è chiaro che per Berlusconi non avrebbe più nessun appeal una legge “salva-piccoli”. Renzi annota, in vista dell’incontro con Berlusconi.
Il risultato gli pare a portata di mano. È convinto di chiudere al 4 (per i coalizzati) e 5 (non coalizzati).
E di “avvitare” — così dicono a palazzo Chigi — l’accordo prima della pausa. E magari di annunciarlo già nel corso del discorso che farà giovedì al Senato.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply