DAVANTI A DRAGHI RITORNA IL CONTE SOFT
IL PREMIER CONCEDE SOLO PICCOLE MODIFICHE, MA LA RIFORMA RESTA INDIGERIBILE PER BUONA PARTE DEL GRUPPO M5S
Quaranta minuti di incontro, convenevoli compresi, non proprio i tempi di una trattativa tanto serrata quanto complicata.
Le intenzioni bellicose di Giuseppe Conte, il cui entourage nei giorni scorsi ha alzato la tensione soprattutto sul fronte giustizia, si sono ammorbidite davanti a Mario Draghi. Il primo incontro tra i due dalla cerimonia della campanella, l’uscita del capo politico M5s da Palazzo Chigi per dichiarare davanti ai giornalisti, come ai bei vecchi tempi, quando dal suo ufficio si segnalava che il presidente sarebbe andato “a prendere un caffè”, segnale che aveva qualcosa da dire. Quello che esce a dichiarare è un leader senza più il volante della macchina in mano, che cerca un posto a bordo rivendicando al massimo che non sia scomodo.
Dice l’avvocato del popolo pentastellato che “sicuramente al Governo stanno a cuore tempi rapidi, ma è giusto che ci sia dibattito in Parlamento, mi rimetto al dibattito parlamentare e a soluzioni che non siano ideologicamente convincenti ma tecnicamente sostenibili”.
Non una dichiarazione di guerra, insomma. E infatti, nello studio del premier, Conte avrebbe spiegato a Draghi che, così com’è, la riforma Cartabia sarebbe indigeribile per buona parte del gruppo, ricevendo una risposta garbata ma secca dal premier: “Qualche modifica si può studiare, ma senza stravolgere l’impianto”.
L’intenzione del governo è chiara: presentare un maxi emendamento tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima per recepire qualche aggiustamento richiesto dai partiti sul quale poi imporre la questione di fiducia.
Piccole modifiche che non pregiudichino da un lato l’efficacia della riforma, dall’altro la stabilità del governo, con Matteo Salvini che ha “accolto” Conte a Chigi con uno stentoreo “sulla giustizia non si cambia”, stessa posizione espressa da Forza Italia e da Italia viva.
È questo il perimetro assai stretto in cui Conte potrà muoversi, dopo aver assicurato a Draghi “un contributo attento e costruttivo del M5s” e dopo aver spiegato che “si continuerà a lavorare e il Movimento sarà molto attento per miglioramenti e interventi che possano scongiurare soglie di impunità”.
Non si è parlato di fiducia, l’ex premier non ha ventilato la possibilità di astensione o addirittura di voto contrario del suo gruppo, l’attenzione si sposta sulla corrida che si aprirà in Parlamento a partire da venerdì prossimo. Perché l’altro punto sul quale il capo del Governo non transige sono i tempi: “Non possiamo procrastinare, dobbiamo approvarla almeno in uno dei due rami Parlamento prima dell’estate, serve dare un segnale a Bruxelles sul rispetto dei tempi del Recovery plan”.
Frustrate le speranze del neo presidente M5s di avere qualche giorno in più per trovare un punto di caduta, forte anche del sostegno di Enrico Letta. Ieri il segretario del Pd ha aperto a modifiche, impattando sull’ira del premier, secondo il quale la linea discussa dai due nell’incontro della settimana scorsa era profondamente diversa.
Che l’intenzione di Conte sia quella di creare le condizioni per uno smarcamento dal governo è opinione diffusa all’interno del Movimento, che strappi a freddo a un passo dall’inizio del semestre bianco è un’opzione che nessuno considera.
È per questo che, come anche durante il weekend, Conte si rimetterà al lavoro con i deputati della commissione Giustizia per mettere a punto modifiche al testo che possano piantare una bandierina per rivendicare un successo ma che non vengano stroncati da Palazzo Chigi. La tensione rimane alta, ma scende sotto il livello di guardia, i prossimi giorni saranno decisivi.
(da agenzie)
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