PARLA IL PADRE DI SEID: “IL RAZZISMO HA CONTATO ECCOME NELLA MORTE DI NOSTRO FIGLIO”
E’ IL PADRE DEL CALCIATORE EX MILAN MORTO SUICIDA… “ALL’INIZIO ABBIAMO VOLUTO EVITARE L’ASSALTO MEDIATICO E RESTARE NEL NOSTRO DOLORE”
“Abbiamo alzato dei muri per difenderci dal dolore e per respingere un assalto mediatico che non ci aspettavamo. Non era tempo per ragionare su quello che ci era caduto addosso. Ora invece lo sappiamo: sì, il razzismo ha contato nella vita e nella morte di nostro figlio”.
Walter Visin ha cambiato idea sui motivi del suicidio del figlio, Seid, il 20enne calciatore di origine etiope, che aveva militato nelle giovanili di Milan, Inter e Benevento, morto suicida lo scorso 4 giugno.
E lo rivela al Corriere della Sera.
Subito dopo la morte del figlio, adottato quando aveva sette anni, i due genitori avevano dichiarato che il razzismo non c’entrava nulla con la morte di Seid e che il ragazzo era “tormentato, con molti problemi”.
I genitori del ragazzo erano intervenuti perché subito dopo la morte del ragazzo si era venuti a conoscenza di una lettera, risalente al 2019, scritta da Seid, in cui il ragazzo sosteneva di essere vittima di episodi razzisti.
“Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone” scriveva Said in un passaggio della lettera. Da lì si è scatenato un fiume in piena di dichiarazioni e prese di posizione da parte di politici, calciatori, associazioni. Finché i genitori del giovane calciatore avevano smentito che il razzismo fosse il motivo della morte del figlio.
Adesso, a più di un mese di distanza e dopo aver indagato, riflettuto, letto il suo tablet, ripercorso questo o quell’episodio, Walter racconta che lui e sua moglie hanno capito che invece non era così. Che il razzismo era parte del problema, un peso importante sulla bilancia della vita di Seid. Si legge sul Corriere:
“Seid era un ragazzo che aveva dei cassetti segreti chiusi nella sua mente, c’erano dentro dispiaceri e abusi subiti in Etiopia da piccolo, contenevano tutte le sue fragilità. Questo ha certamente contato nella sua decisione di togliersi la vita. Ma in quella decisione c’è anche il razzismo che ha vissuto come ragazzo nero qui in Italia”.
L’uomo racconta di aver sbagliato nel dire al figlio di considerare le frasi razziste solo come battute innocue. Perché quelle frasi, secondo il padre, hanno aperto una grossa ferita in Seid.
“Erano frasi dette per scherzo” è sicuro lui, “da persone che gli volevano anche bene. Io gli dicevo sempre di non badarci, che erano solo battute, che doveva farsele scivolare addosso come l’olio… Ora so che ogni parola può aprire una ferita. Che erano ferite anche le parole di qualche nostro parente disoccupato che diceva “vengono qui e ci rubano il lavoro”. Anch’io ho sbagliato a sdrammatizzare”.
L’uomo racconta diversi episodi razzisti che ha subito il figlio. “Quando giocava a Milano qualcuno aveva urlato ‘togliete quel negro di merda’” racconta il padre. A Nocera invece il ragazzo era più protetto, ma anche lì sono successi piccoli episodi. Walter racconta che alla fine lui e la moglie sono arrivati alla conclusione che Seid non aveva svelato loro tutta la sua sofferenza.
Si legge sul Corriere:
”[…]siamo arrivati alla conclusione che Seid ci nascondeva la sua sofferenza per il razzismo, per proteggerci. Ecco. Dirò anche questo nella cerimonia prevista a settembre per dedicare a lui il campetto di calcio in cui giocava”.
(da agenzie)
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