DIVORZIO ALL’ITALIANA A BRUXELLES
PD E M5S VOTANO IN MODO DIVERSO, SI SPACCA ANCHE IL CENTRODESTRA… IN EUROPA NON SI PUO’ CERTO DIRE CHE STIAMO DANDO UN ESEMPIO DI SERIETA’
La crisi del coronavirus divide Pd e M5s anche a Bruxelles, dove i due alleati della maggioranza di Governo ‘divorziano’ proprio nel voto sulla risoluzione del Parlamento europeo che chiede i recovery bond, ma apre anche all’uso dei fondi del Mes e dice no ai coronabond.
Dieci eletti pentastellati si astengono al voto finale e votano contro il paragrafo del testo dove si chiedono i recovery bond, ma si apre al Salva Stati.
Mentre tre – Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e Rosa D’Amato – votano contro (Eleonora Evi non partecipa al voto).
Anche il centrodestra si spacca: Forza Italia con la risoluzione di maggioranza, la Lega vota contro su quasi tutto, anche sui coronabond, vota a favore di un emendamento della risoluzione della sinistra del Gue chiede un ampi poteri per la Bce.
La risoluzione passa ad ampia maggioranza, con 395 sì, 171 contrari e 128 astenuti. “Potrò presentarmi al Consiglio europeo della prossima settimana con una volontà chiara da parte del Parlamento europeo”, commenta il presidente David Sassoli.
I 27 capi di stato e di governo dell’Ue si riuniranno in videoconferenza giovedì prossimo per discutere del piano europeo di ripresa chiesto da Italia e Francia e sostenuto dalla Spagna, Portogallo, Irlanda, Grecia e altri paesi più indebitati.
Sui ‘recovery bond’, titoli di debito comune temporaneo, pesano ancora i veti del nord. Sassoli difende la mediazione votata dall’Europarlamento, approvata anche dal Ppe, il gruppo più folto in aula, originariamente contrario ad ogni forma di mutualizzazione del debito.
“Ma stiamo parlando del debito che si produrrà con gli interventi per uscire dalla crisi, parliamo di bond che mutualizzano non il debito pregresso, di cui ciascuno ha le proprie responsabilità , ma di quello futuro, che servirà alla ricostruzione”, dice il presidente.
Il Consiglio europeo della prossima settimana potrebbe dare mandato alla Commissione di stendere un piano per creare il ‘recovery fund’, questo nella migliore delle ipotesi.
Significa che bisognerà aspettare perchè il fondo sia attivo: alcuni osservatori prevedono che questo non possa avvenire prima della fine dell’anno. Nel frattempo, almeno in Italia, si continuerà a litigare sul Mes. Come è successo oggi all’Europarlamento tra Pd e M5s e anche nella stessa coalizione di centrodestra.
La differenza tra la risoluzione approvata e quella dei Verdi, bocciata, è che la prima mette in chiaro che non c’è “alcuna mutualizzazione del debito esistente ma solo di quello legato a investimenti futuri”, mentre la seconda parla di “mutualizzazione di una quota sostanziale del debito”, formulazione più vaga che non ha convinto la maggioranza.
Anche il centrodestra non è messo meglio. Forza Italia vota col Ppe la risoluzione di maggioranza approvata, Fratelli d’Italia vota solo la parte sui recovery bond ma vota pure a favore dei coronabond, al voto finale vota no, perchè c’è il Mes.
La Lega appoggia la parte della risoluzione della sinistra del Gue che chiede un maggior ruolo per la Bce (nella stessa risoluzione i cinquestelle votano a favore dell’emendamento sui coronabond), ma vota contro gli eurobond.
“Mai stati a favore”, giurano il presidente del gruppo ‘Identità e democrazia’ Marco Zanni e il capo delegazione della Lega Marco Campomenosi.
“Non è vero — ribatte il pentastellato Fabio Massimo Castaldo – Il 28 novembre scorso, in un’intervista pubblicata su Formiche.net, il deputato leghista della commissione Bilancio ma soprattutto ex viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia sosteneva a chiare lettere che esistesse una via d’uscita al dibattito sul Mes, e lo cito testualmente: ‘Se si vuole fare la riforma del Mes allora dobbiamo fare anche gli eurobond, per avere un debito europeo e più garantito. Se io devo aiutare qualcuno col Mes allora voglio in cambio un debito formato europeo, con gli eurobond, così siamo 1 a 1. Io ti aiuto sulle banche e tu mi aiuti sul debito, in sintesi’.
Gli schieramenti politici italiani vanno in frantumi a Bruxelles.
La parola resta agli Stati membri: la partita si gioca lì.
(da “Huffingtonpost”)
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