ECCO LE CARTE CHE ACCUSANO MINZOLINI: DA CAPRI A CORTINA, 1.500 EURO IN 5 GIORNI
IL RAPPORTO DELLA G.D.F. ALLA BASE DELL’ACCUSA DI PECULATO CONTRO IL DIRETTORE DEL TG1 SU CUI DECIDERA’ IL GUP…PER 12 VOLTE NEGLI HOTEL PIU’ LUSSUOSI IL GIORNALISTA HA PAGATO PER DUE PERSONE CON LA CARTA DI CREDITO DELLA RAI
Augusto Minzolini e Mauro Masi la chiamano “incomprensione amministrativa”.
Un innocuo pasticcio da 74.636,90 euro sperperati in un anno dal “direttorissimo”usando la carta di credito aziendale della Rai.
Non ci siamo capiti e finiamola lì.
Ma il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna lo chiama peculato e il Nucleo di polizia tributaria della Capitale addirittura truffa aggravata (reato punibile con la reclusione da 1 a 5 anni).
Il quadro probatorio sembra non lasciare scampo a Minzolini. All'”incomprensione amministrativa” è legata la sua sorte di direttore del Tg1.
Martedì il giudice delle indagini preliminari decide sulla richiesta di rinvio a giudizio.
Se dà il via libera al processo, Minzolini ha le ore contate.
In 77 pagine di informativa la Guardia di Finanza ricostruisce dettaglio per dettaglio la vicenda della carta di credito aziendale usata indebitamente dal direttore del Tg1.
Un lavoro certosino, che scava nella vita privata del giornalista quando questa è stata foraggiata dai soldi pubblici della Rai. Incrocio di ricevute sequestrate a Roma e Torino, verbali di interrogatorio, corrispondenza interna: su queste basi la procura ha messo sotto indagine Minzolini per peculato escludendo la truffa.
Il 6 dicembre sarà un’impresa far passare un vorticoso e invidiabile elenco di località di vacanza, spese allegre, misteriosi informatori, ristoranti e alberghi di extra lusso con i quali si potrebbe scrivere una breve guida Michelin, come un piccolo equivoco senza importanza.
Nel dossier si ritrovano molti particolari già conosciuti.
Le mete delle trasferte del direttorissimo: week end a Capri, Barcellona, Ischia, Cortina, Cannes, Sanremo, Venezia, Marrakech, Dubai, Londra, Palma de Majorca, Amburgo, Monaco, Saturnia, Il Cairo.
Il totale speso per questi viaggi e addebitato sulla carta di credito aziendale: 74.636,90 euro in poco più di un anno, dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010, quando scoppia lo scandalo e la Rai ritira la carta a Minzolini.
Di questa cifra il giornalista ha restituito 65.341,33 euro in 5 tranche: 2000 trattenuti sullo stipendio di febbraio 2011, 63.330,76 con tre assegni da marzo a maggio dello stesso anno, 1134 versati nel giugno scorso.
Ma, precisa la polizia tributaria, ai fini del reato “è irrilevante la successiva avvenuta restituzione in cassa della somma”.
Il pasticcio dunque si complica.
La lettura delle carte offre infatti altri particolari inediti.
Le Fiamme gialle segnalano l’ipotesi di truffa aggravata per alcuni casi in cui Minzolini ha ottenuto un doppio rimborso: quello registrato per la carta di credito e quello a forfait, “richiesto e ottenuto dallo stesso Minzolini, per un importo complessivo di 1637,16 euro”.
In pratica, il direttore pagava il ristorante con il denaro aziendale attraverso la carta ma chiedeva anche il rimborso della diaria.
Negli alberghi più belli e nelle località più lussuose, in 12 occasioni Minzolini “ha fruito di pernottamenti per 2 persone” e dieci volte è stato giustificato dall’azienda.
Il direttore si portava il lavoro a letto. Ma sull’informatore o l’informatrice che Minzolini ospitava nella sua stanza c’è il buio pesto.
Nemmeno la Finanza è riuscita a saperne di più.
Le “schede alloggiati”, come si chiamano in gergo i verbali delle Questure che registrano le presenze in hotel sulla base dei documenti presentati alla reception, non hanno fornito alcuna risposta.
L’identità della Mata Hari è destinata a rimanere un mistero.
Per legittimi motivi di riservatezza, Minzolini non rivela i nomi degli ospiti dei suoi pranzi o dei suoi aperitivi.
Fa una sola eccezione e in questo modo risparmia 3166,50 euro dalla somma restituita a Viale Mazzini.
La cifra, si giustifica il giornalista, è riferita a pasti con il vicedirettore di Libero Franco Bechis. “L’analisi delle spese – scrivono le Fiamme gialle – ha consentito di evidenziare un uso quasi quotidiano della carta di credito in esame”.
La usava anche quando non lavorava? Dal 28 luglio 2009 al 30 novembre 2010 Minzolini risulta “assente dal servizio” solo 5 giorni: il 29 e 30/8/2009, il 2 giugno, 29 giugno e 1 novembre 2010.
In queste giornate spende 1527,70 euro pasteggiando nei ristoranti di Roma La Vecchia pineta, Mirabelle, Flame, Cesare, Harry’s Bar, Gallura, Palazzo Manfredi, Girarrosto Fiorentino. “Senza autorizzazione” pranza al ristorante di Fiumicino “Bastianelli al Molo” 14 volte in un anno per una spesa di 2351,70 euro. Paga la Rai.
I numeri sono un incubo per il direttorissimo.
Quelli del Tg1 in caduta libera di spettatori. E quelli delle note spese.
Ma nel giro del mondo di Minzolini colpiscono anche gli indirizzi.
Un concetrato della migliore tradizione alberghiera planetaria.
A Venezia cambia e prova diversi alberghi: Gritti Palace, Bauer il Palazzo, Boscolo. Poi c’è il Cap d’Antibes beach (Cannes), il Carlo IV (Praga), il Four Season (Firenze), il Capri Tiberio Palace, il Principe di Savoia (Milano), Baglioni Hotel (Londra), Atlantis (Dubai), Vier Jahreszeiten Kempinski (Monaco).
Dodici volte la carta di credito lo segnala in un luogo di vacanza, ma lui risulta in servizio.
Il sistema registra. Dopo le prime notizie sull’inchiesta, “Minzolini rettifica la sua posizione considerandosi a riposo”.
Tutto questo è solo un pasticcio interno?
Incomprensione amministrativa è una formula studiata da Masi e Minzolini con il contributo degli avvocati per tirarsi fuori dai guai.
Eppure Minzolini, nello scambio burocratico di lettere, non rinuncia a uno strappo. Scrive il 19 marzo 2011 (e la Finanza annota): “Di questo cortocircuito l’azienda avrebbe potuto avvertirmi prima e non aspettare 18 mesi…”.
A Masi girano le scatole, si capisce dalla replica: “P. S.: un’amichevole precisazione.
“E’ più che evidente che la tua affermazione è sicuramente una semplificazione giornalistica e come tale la intendo”.
Schermaglie ininfluenti sulla decisione finale.
Goffredo De Marchis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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