EXPO, FINORA SOLO 3.738 NUOVE ASSUNZIONI, NE AVEVANO PREVISTE E PROMESSE 100.000
I DATI REALI SMENTISCONO LE BUGIE DEL GOVERNO: SI FERMERANNO A QUOTA 10.000… E IL LIVELLO DI SPECIALIZZAZIONE RICHIESTO E’ MOLTO BASSO
C’è un numero che toglie il sonno agli ottimisti dell’Expo.
È 3.738, ovvero il totale dei contratti fatti dalle aziende e finalizzati alla realizzazione dell’Esposizione universale che hanno riguardato 3.442 lavoratori e 1.519 imprese.
A meno di dieci mesi all’apertura dei padiglioni, le cifre sono ancora lontane dalle previsioni che qualcuno favoleggiava all’inizio: «L’Esposizione universale porterà 100mila posti di lavoro», erano le stime che circolavano tra gli addetti ai lavori.
Poi ridimensionate in «ci saranno 70mila nuove assunzioni».
Perfino i sindacati, che si dichiaravano cauti, parlavano di «20mila opportunità di lavoro».
A oggi però, secondo i dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro della Provincia di Milano, le previsioni sono molto più magre.
La rilevazione dell’Osservatorio si basa su quanto dichiarato dalle aziende.
Queste devono per legge comunicare ogni avviamento alla Provincia di Milano, che ha quindi il controllo su tutte le nuove assunzioni.
Dal 2012 nella dichiarazione del datore di lavoro è stato inserito un quesito a cui dare risposta: bisogna «indicare se l’assunzione del lavoratore si riferisce ad attività finalizzata alla realizzazione di Expo 2015».
Così il monitoraggio dell’impatto sul mercato del lavoro avviene mese per mese. E a meno di due anni dal via alle rilevazioni, i numeri impongono una revisione delle stime iniziali. «Secondo le nostre previsioni – ha spiegato Graziano Gorla, segretario generale a Milano della Cgil – alla fine arriveremo a 9mila assunzioni, a cui si deve aggiungere una crescita dell’indotto che si aggira intorno alle 3mila assunzioni».
Il secondo elemento che desta qualche preoccupazione riguarda il profilo dei lavoratori che le aziende cercano: manovali, camerieri, carpentieri, telefonisti dei call center, magazzinieri, parrucchieri, aiuti cuoco.
«Tutte professioni nobili – aggiunge Gorla – ma che indicano un livello di specializzazione piuttosto basso».
Al primo posto dei settori più attivi sul mercato del lavoro in funzione Expo c’è quello della ristorazione e dell’alberghiero (15 per cento del totale), seguito dal turismo (14 per cento) e dal commercio (12 per cento).
L’edilizia è al quarto (10 per cento), mentre per trovare il manifatturiero bisogna scendere al quinto posto (9 per cento) al pari con le attività professionali.
Un panorama desolante, su cui però non tutti sono concordi nel ridimensionare l’impatto di Expo sul mercato del lavoro.
«È presto per tirare le somme – avverte Lanfranco Senn, economista e docente alla Bocconi – bisognerà anche valutare come l’Esposizione universale influirà sul mondo del lavoro in generale: in una prossima ricerca valuteremo come l’Expo stia rivitalizzando le imprese che sottoutilizzavano i propri dipendenti».
Questi dati sull’Expo si vanno a inserire in un quadro provinciale che mostra i primi timidi segnali di ripresa.
Dopo anni di riduzione del numero di assunzioni, nei primi cinque mesi dell’anno si è tornati a salire del 5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013: da gennaio a maggio i nuovi avviamenti sono stati 238.974 rispetto ai 226.012 dello scorso anno.
«Ma è presto per fare i salti di gioia – conclude Gorla – serve un progetto per stabilizzare questa ripresa: qui entra in gioco la politica e il suo ruolo in quello che sarà il futuro del sito Expo. Noi diciamo no allo stadio di calcio che non serve all’economia. E rilanciamo le nostre proposte: diventi un distretto legato al mondo dell’alimentare, dell’Ict e della ricerca».
Luca De Vito
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