FRECCIAROSSA, ITALIA
STORIA DI ORDINARIA FOLLIA
Frecciarossa Milano-Roma, ieri.
Salgo a Firenze alle14.04 con due amici e colleghi. Treno semivuoto, solita temperatura polare (Trenitalia non conosce mezze misure fra +50 e -20 gradi: o caldo equatoriano,quando l’aria condizionata non funziona, o cella frigorifera).
Entro nella toilette e chiudo la porta,o almeno questa è l’impressione che ho.
Ma, proprio mentre inizio a fare le mie cose, la porta si riapre. Non funziona. E vabbè, ordinaria amministrazione. Pigio “Acqua”,ma non viene giù niente.E vabbè, ordinaria amministrazione.
Mi siedo al mio posto e appoggio il giornale sul tavolino. I piedi mi si incollano al pavimento, dove noto tracce mesozoiche di un liquido nero e appiccicoso.E vabbè,ordinaria amministrazione.
Prelevo il giornale, ma anche quello è diventato un tutt’uno col tavolino: stesse tracce preistoriche a presa rapida. E vabbè, ordinaria amministrazione.
Arriva la controllora, molto compresa nella parte.Scruta e riscruta sul display del mio cellulare il codice Pnr del mio biglietto elettronico, e con un certo disappunto non trova nulla da obiettare: quel posto è proprio il mio.
E vabbè,ordinaria amministrazione. Quando però tocca ai miei due amici, scopre con malcelato godimento che il loro biglietto (prenotato, come il mio, due ore prima dalla segreteria del giornale) è sì per il Freccia-rossa Firenze-Roma delle 14.04,ma la data è quella di oggi anzichè di ieri.
Per un errore di digitazione, non si sa se di Trenitalia o della nostra segreteria.
Il poderoso apparato informatico sciorinato dal personale viaggiante consentirebbe di correggere la svista con un clic che riposizioni sul 27 il biglietto che segna 28.Invece no.
L’aspirante kapò si fa scura in volto ed elenca ammende, tariffe, contravvenzioni e supercazzole, per un totale di 189 euro, in aggiunta ai due biglietti già pagati dai due colleghi 90 euro (45+45).
I malcapitati guardano la tipa con aria incredula: “Mica siamo dei furbacchioni che salgono senza biglietto, c’è stato un piccolo errore: com’è possibile che ora dobbiamo pagare il triplo?”.
Seguono altre supercazzole a norma di regolamento. Mi intrometto, anch’io poco pratico ma sbalordito. “Ci sarà una differenza fra i portoghesi che tentano di viaggiare gratis truffando Trenitalia e due persone oneste che hanno regolarmente pagato il biglietto ma sono incappate in un refuso del computer”. Niente.
Obietto che 189 euro per due biglietti da 90 sono una rapina, specie su treni dove non funziona nulla, e da parte di un’azienda che dovrebbe scusarsi per i suoi, di errori.
L’aspirante kapò non sente ragionie tende il palmo della mano in attesa dei soldi.
I colleghi, giustamente, non conciliano e annunciano ricorso. Segue richiesta dei documenti ai due putribondi figuri.
Poi il doppio verbale: la controllora chiama in soccorso un collega maschio, forse perchè due verbali sono troppa fatica per una controllora sola, o forse perchè così vuole il regolamento, non è ben chiaro.
Espletata l’improba missione, la coppia in divisa se ne va.
Ma, prima che la porta (eccezionalmente funzionante) si richiuda alle loro spalle, la gentile signora mi insulta: “Ah quel Travaglio, che figura di merda”.
Non si rende neppure conto — glielo faccio poi notare io—che la figura di merda è quella che la costringe a fare la sua azienda, sempre chè le sue supercazzole fossero a norma di regolamento.
Il treno, naturalmente,arriva a Roma con 10 minuti di ritardo, il che basta e avanza in Spagna per ottenere il rimborso dell’intero biglietto: in Italia invece,per un numeretto errato, il biglietto lo paghi il triplo.
E ringrazi pure l’azienda perchè il treno era “quasi puntuale” (espressione intraducibile in qualunque altra lingua).
Racconto questa storia perchè personalmente non mi riguarda (le vittime sono i miei due amici) e perchè negli occhi della controllora ho letto un sincero stupore dinanzi alle nostre, peraltro civilissime, proteste :evidentemente casi come questo le capitano spesso, e nessuno s iribella mai ai soprusi di un’azienda tanto corriva con i propri errori e disservizi quanto feroce e rapinosa quando a sbagliare, peraltro in buona fede, sono i clienti.
Anche se uno avrebbe diritto al rimborso, parziale si capisce, del biglietto, non prova neppure a chiederlo, tanti sono gli adempimenti burocratici e le code da fare in questo e quell’ufficio.
Lo stesso accade sui treni “ordinari”, i carri bestiame che trasportano pendolari, colpevoli soltanto di lavorare lontano da casa.
Accade sugli aerei Alitalia che, specie d’estate, non riescono mai a decollare una sola volta in orario.
Accade sulle metropolitane, quando arrivano, e sugli autobus, quando passano.
Ci prendono per sfinimento. E noi, spossati e rassegnati, ci lasciamo fare di tutto dai cosiddetti “responsabili ” dei presunti “servizi pubblici”, buttando lì al massimo qualche battuta cinica, tipo: “Vabbè, siamo in Italia…”.
E se Roma affoga nella monnezza, per la gioia dei topi, ormai assurti alle dimensioni dei dinosauri di Jurassic Park, un po’meno dei turisti, siamo tentati di dare ragione ad Alessandro Gassman che, giustamente disperato ed esasperato, invita i cittadini romani ad armarsi di scope e a fare da sè.
E a nessuno viene in mente di rivolgersi all’Ama, cioè all’azienda municipale profumatamente finanziata coi soldi nostri per pulire la città .
Su questo cà mpano i politici (che ci prendono pure in giro con gli annunci sul taglio delle tasse e i tagli alla sanità ): sulla nostra infinita sopportazione che farebbe invidia a Giobbe. Il giorno in cui cominceremo a pretendere che facciano ciò per cui profumatamente li paghiamo, sarà sempre troppo tardi.
Ma sarà la loro fine.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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