“GLI IMMIGRATI NON TOLGONO LAVORO AGLI ITALIANI”: ORA E’ CERTIFICATO DA UNA RICERCA DELLA BANCA D’ITALIA
CADE UNO DEI LUOGHI COMUNI DELLA PROPAGANDA LEGHISTA: UN’ANALISI DI 15 ANNI DI IMMIGRAZIONE DIMOSTRA CHE QUESTA HA SPOSTATO I LAVORATORI ITALIANI VERSO ATTIVITA’ PIU’ QUALIFICATE
Primo: gli immigrati non tolgono lavoro, portano anzi dei benefici al mercato del lavoro che li accoglie.
Secondo: gli effetti positivi per i lavoratori «nazionali», sono anche in termini di busta paga.
Terzo: consistenti flussi migratori hanno l’effetto di spostare i lavoratori «nazionali» verso occupazioni più specializzate e migliori.
Francesco D’Amuri, ricercatore di Bankitalia, e Giovanni Peri, dell’University of California, in un working paper appena pubblicato sul sito della nostra Banca centrale, sfatano alcuni luoghi comuni.
LA RICERCA
Fra il 1996 e il 2010 i lavoratori stranieri entrati nei 15 principali Paesi dell’Europa Occidentale sono quasi raddoppiati; erano poco meno dell’8% del totale della forza lavoro nel 1996, sfioravano il 14% nel 2010.
Un trend che ha superato di gran lunga quello americano: negli Stati Uniti i lavoratori stranieri (nati all’estero) erano il 6% nel 1998, sono diventati il 12,9% nel 2010. Secondo modelli econometrici e analisi dei dati statistici dei Paesi di riferimento i due ricercatori dimostrano che persino un raddoppio dei flussi immigratori, al contrario di quanto ritengono in molti, non ha impatti significativi, a livello statistico, sui livelli di occupazione.
Chi dunque teme che gli extracomunitari tolgano il lavoro agli italiani ha un falso timore.
Non solo: analizzando 15 anni di immigrazione in Europa i due autori sono giunti alla conclusione che questa ha «spostato» i lavoratori nazionali verso lavori meno manuali e più qualificati e determinato un aumento medio delle buste paga pari allo 0,7%. Effetti che sono maggiori nei Paesi che hanno un mercato del lavoro più flessibile, mentre mercati maggiormente protetti attenuano leggermente questi trend così come l’assorbimento degli immigrati attraverso un avanzamento occupazionale dei lavoratori «nativi».
Marco Galluzzo
(da “il Corriere della Sera“)
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