GRANDI RIFORME? NO, SOLO LINEE GUIDA DEL PARTITO DELLA FUFFA
DALLE SLIDE AI PROCLAMI: IL METODO DEL RENZISMO SPOPOLA IN TV E ARRIVA IN EUROPA… E I FATTI SONO COME LA NEBBIA MILANESE DI TOTà’ E PEPPINO, CHE C’È MA NON SI VEDE
Il renzismo c’è ma non si vede. Esattamente come la mitica nebbia milanese nella mala-femmina di Totò e Peppino.
L’ultimo sviluppo della tradizione orale imposta dalla nuova era di Matteo Renzi ingloba adesso anche la delicatissima materia della giustizia, al centro dello scontro politico nel ventennio breve berlusconiano.
Il dibattito sulla presunta riforma, annunciata dal Guardasigilli in un’intervistona a Repubblica, ferve da due giorni ma si basa appunto su proclami e intenti.
Di scritto, nulla. Falso in bilancio, stretta o meno sulle intercettazioni, prescrizione, giustizia civile, responsabilità dei magistrati sono questioni tornate d’attualità solo in pagine di giornali e dichiarazioni d’agenzia.
Qualcosa di concreto dovrebbe arrivare lunedì prossimo ma attenzione: nel Consiglio dei ministri la Grande Riforma della giustizia sarà truccata sotto forma di linee guida.
Tutto il renzismo è impregnato di linee guida: la riforma della Pubblica amministrazione (sfociata poi in due decreti), quella del terzo settore, la presidenza del semestre europeo e ora la giustizia.
Le linee guida sono un caposaldo della tradizione orale del governo (già raccontata da Salvatore Cannavò sul Fatto del 19 giugno scorso) e rischiano di trasformare il Pd non solo nel PdR, cioè il Partito di Renzi, ma anche nel nuovo Pnf, secondo la strepitosa battuta di Pietrangelo Buttafuoco: Pnf come Partito nazionale della fuffa.
Di questo passo il renzismo postideologico del Terzo millennio porrà un serio problema agli storici di domani.
Lo stesso che ha assillato generazioni di studiosi dell’Africa. La storia del continente nero è infatti definita come “civiltà della parola” per mancanza di fonti scritte e stabili. Tutto deriva della tradizione orale, appunto.
Oltre alla maschera delle linee guida, resa più sexy dal culto delle slide, un altro concetto chiave della propaganda delpremier è il fatidico metodo.
Il “metodo” si sta affermando in questi giorni europei molto intensi. Ancora non si sa cosa porterà a casa di fattuale Renzi, ma i suoi aedi girano di trasmissione in trasmissione ad annunciare che il “metodo di Matteo” ha spopolato in Europa. Esemplare, in merito, il sottosegretario Sandro Gozi, ex prodiano, che ha una faccia da secchione pignolo.
L’altra mattina, a Omnibus, i giornalisti lo incalzavano sulla natura dei risultati raggiunti da Renzi nell’Ue.
Lui, con ossessiva ripetitività , ha opposto sempre “la vittoria del metodo”. In che cosa consista il metodo non è però ben chiaro. Si torna alla metafora della nebbia di Totò e Peppino. Il metodo c’è ma non si vede.
Sulle promesse e sulle linee guida Renzi ha messo la faccia centinaia di volte. Memorabile il suo duetto con Bruno Vespa nel marzo scorso, a Porta a Porta, sul pagamento dei debiti alle aziende da parte della Pubblica amministrazione.
Il premier annunciò, sicurissimo di sè, l’azzeramento delle richieste entro la fine dell’estate.
Il conduttore si mostrò scettico e lui rilanciò: “Al 21 settembre, ultimo giorno d’estate, se noi abbiamo pagato tutti i debiti della pubblica amministrazione Bruno Vespa fa un pellegrinaggio a piedi da Firenze e Monte Senario”.
Il 21 settembre si avvicina, mancano meno di tre mesi, ma l’unica certezza è che l’Italia è stata colpita da una procedura di infrazione europea. Non solo. Tutti i pagamenti fatti sinora, 23,5 miliardi di euro su un totale di 68, sono merito soprattutto dei soldi stanziati dai precedenti governi di Mario Monti ed Enrico Letta.
Archiviato il tormentone degli 80 euro, approvati per decreto quasi un mese dopo le elezioni europee (la specialità del Pnf è l’azzardo), il premier ha puntato tantissimo anche sulle riforme istituzionali, ridottesi alla fine nella querelle sul Senato non elettivo e di fatto congelando l’Italicum, la nuova legge elettorale.
Qui, sul Senato, il renzismo delle linee guida e del metodo dovrà fare i conti con una variabile impazzita che ha già ingannato molti a sinistra: Silvio Berlusconi.
Il Cavaliere, in vista della sentenza d’Appello del processo Ruby, sembra sempre più intenzionato a legare i suoi guai giudiziari al patto del Nazareno, sottoscritto con “Matteo”.
Senza dimenticare i mal di pancia trasversali sul nuovo Senato, cosa succederà quando l’ennesima Grande Riforma resterà sulla carta per la marcia indietro dell’ex Cavaliere, gravato da una nuova condanna definitiva sulle spalle?
Giustizia, Pubblica amministrazione, riforme istituzionali.
Il renzismo, a parole, non si è risparmiato nulla. Un altro grandioso annuncio è stato il Jobs Act, il piano per il lavoro.
Ma tra spacchettamenti e legge-delega bisognerà attendere almeno il 2015 per vedere qualcosa di concreto.
È la conferma ulteriore che siamo precipitati in una civiltà della parola.
E quando gli storici rinverranno le slide renziane come fonti storiografiche, aggiorneranno il catalogo delle forme della tradizione orale.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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