I RETROSCENA DELL’ARRESTO DI SCAJOLA: TUTTO E’ NATO DALL’INCHIESTA SU BELSITO, L’EX TESORIERE DELLA LEGA
SCAJOLA AVREBBE CERCATO DI FAVORIRE IL TRASFERIMENTO DI MATACENA DA DUBAI AL LIBANO DOVE NON ESISTE UN TRATTATO DI ESTRADIZIONE CON L’ITALIA
L’ex ministro dell’ Interno Claudio Scajola è stato arrestato dalla Dia (Direzione investigativa antimafia) di Reggio Calabria in un’indagine che ha portato a otto provvedimenti cautelari.
È accusato di aver tentato di aiutare l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena – latitante per la giustizia italiana – a lasciare Dubai per il Libano, dove sarebbe stato al sicuro dall’arresto per l’esecuzione della pena per la condanna a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dopo un arresto a Dubai, Matacena era tornato in libertà perchè non completata la procedura di estradizione.
L’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex ministro rappresenta un troncone di una indagine molto più ampia coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, denominata «Breakfast».
L’indagine, nell’aprile del 2012, ha portato i magistrati reggini ad indagare l’allora tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ed altre persone.
«Sconcertato e sconvolto»: è apparso l’ex ministro Scajola agli uomini della Dia. Scajola ha detto di non aspettarsi il provvedimento e ha chiesto di conoscerne le motivazioni. L’ex ministro è negli uffici del Centro operativo della Dia di Roma.
L’arresto di Scajola è avvenuto in un albergo romano, in via Veneto.
«Amedeo Matacena godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto», ha detto il procuratore De Raho. Scajola, secondo l’accusa, avrebbe aiutato Matacena a sottrarsi alla cattura in virtù dei rapporti che ha con la sua famiglia.
Matacena è un noto imprenditore, figlio dell’ex patron della Caronte Navigazione, noto per avere dato inizio al traghettamento nello Stretto di Messina e morto nell’agosto 2003.
L’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola rappresenta un troncone di una indagine molto più ampia coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, denominata «Breakfast». L’indagine, nell’aprile del 2012, ha portato i magistrati reggini ad indagare l’allora tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ed altre persone.
Indagando sui reinvestimenti di capitali illeciti movimentati dalla ‘ndrangheta in Italia e all’estero, gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, coordinati dal pm Giuseppe Lombardo, eseguirono una serie di perquisizioni a carico di varie persone.
Tra queste l’imprenditore veneto Stefano Bonet, il procacciatore di affari Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio” e ritenuto dagli investigatori vicino alla ‘ndrangheta, e il consulente Bruno Mafrici, di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) ma residente a Milano.
ipotesi formulata dagli inquirenti è che Belsito abbia chiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro tenuto in Italia.
Gli inquirenti sono anche a caccia di un conto cifrato in Svizzera che potrebbe essere stato messo a disposizione degli emissari milanesi della famiglia di ‘ndrangheta dei De Stefano di Reggio Calabria per riciclare il denaro.
L’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ipotizza che tra i fondi neri della Lega finiti all’estero vi possa essere anche il denaro frutto degli affari illeciti della cosca De Stefano, fatto confluire nella massa di denaro gestita da Belsito allo scopo di riciclarlo e ripulirlo per nuovi investimenti.
In totale sono otto i provvedimenti eseguiti stamani dalla Dia.
Tra gli arrestati, figurano anche la segretaria di Scajola e persone ritenute legate ad Amedeo Matacena, anch’egli colpito da provvedimento restrittivo insieme alla moglie Chiara Rizzo ed alla madre Raffaella De Carolis.
E’ ancora in corso la perquisizione dell’ufficio di Claudio Scajola, in via Matteotti a Imperia. Secondo quanto appreso, l’ufficio era già presidiato da uomini in borghese già dalle prime luci dell’alba, quando sono scattati gli arresti.
Quattro uomini della Dia accompagnati da una impiegata stanno cercando carte e documentazione bancaria nell’ufficio dove per anni Scajola ha tenuto riunioni e svolto la sua attività politica.
È stata Roberta Sacco, la storica segretaria di Claudio Scajola, arrestata stamani a Imperia, a accompagnare nell’ufficio di via Matteotti gli uomini della Dia. Intanto, secondo quanto appreso, è in corso anche la perquisizione della villa di Scajola, sulle colline di Imperia
Claudio Scajola stava cercando di fare uscire Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova attualmente, per farlo andare in Libano dove sarebbe stato al sicuro dall’arresto per l’esecuzione pena per la condanna a 5 anni subita per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dopo essere fuggito dall’Italia, infatti, Matacena ha girato alcuni Paesi fino ad arrivare negli Emirati Arabi Uniti dove era stato arrestato dalla polizia locale al suo arrivo all’aeroporto di Dubai su segnalazione delle autorità italiane.
Pochi giorni dopo, però, Matacena è tornato in libertà in quanto non è stata completata la procedura di estradizione in Italia.
La giurisdizione degli Emirati arabi, dove non esiste il reato di criminalità organizzata e con i quali l’Italia non ha accordi bilaterali, prevede che i cittadini stranieri in attesa di estradizione non possano essere privati della libertà oltre un certo limite di tempo. Matacena non poteva però lasciare il Paese arabo in quanto privato del passaporto.
Per la giustizia italiana è rimasto un latitante.
È in questa fase, secondo l’accusa, che sarebbe intervenuto Scajola che avrebbe cercato di aiutare Matacena a trasferirsi in Libano.
Gli altri arrestati, invece, stavano cercando di sistemare dei factotum di Matacena al vertice di alcune società .
La Direzione investigativa antimafia di Catania sta eseguendo perquisizioni, acquisendo anche documenti, a Messina e nelle isole Eolie.
Personale della Dia di Reggio Calabria sta eseguendo numerose perquisizioni in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia, oltre a sequestri di società commerciali italiane, collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro.
La Dia reggina è coadiuvata dai Centri operativi e sezioni Dia di Roma, Genova, Milano, Torino, Catania, Bologna, Messina e Catanzaro.
(da “il Secolo XIX”)
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