I SOVRANISTI SI SONO DATI UNA MARTELLATA NEI COGLIONI: ALL’ARENA PARIS NORD 6.000 SPETTATORI IN DELIRIO GRIDANO IN CORO: “IMANE, IMANE”
DOPO LA VITTORIA LA PUGILE ALGERINA IN LACRIME: “SUL RING PER LA DIGNITA’ DI TUTTE LE DONNE”
All’Arena Paris Nord tutto il pubblico è per Imane Khelif, ci sono tante bandiere algerine e i cori One, two, three, vive l’Algérie! cominciano ben prima che l’atleta si presenti sul ring, ma è quasi tutto il palazzetto di seimila spettatori che grida «Imane, Imane» appena la pugile 25enne esce dagli spogliatoi, vestita di rosso.
Prima dell’incontro, l’avversaria ungherese 23enne Anna Luca Hamori ha dato il suo contributo per spostare definitivamente il pubblico dalla parte di Imane, con una serie di cattiverie sui social: «Mi toccherà combattere con un uomo, pazienza, la mia vittoria sarà ancora più grande», «Forse è più giusto che sul ring salga il mio compagno (anche lui pugile, ndr)», fino alla pubblicazione di un’immagine che raffigura Imane Khelif come una specie di creatura mostruosa con le corna, un demonio gigantesco.
Quando la pugile ungherese si fa vedere nell’arena, con un vezzoso fazzoletto in testa, le lunghe trecce e un atteggiamento spavaldo più da match professionistico che da spirito olimpico, dalle tribune partono inesorabili i «buu».
Tutti guardano Imane Khelif, sarà davvero così più forte dell’avversaria? Si rivelerà pericoloso farla combattere, così alta e agile? Il match comincia, e in realtà è simile a quelli che lo hanno preceduto: tutte le pugili sono in effetti atlete, dalle braccia evidentemente muscolose, e non sono vestite da sera; siamo alle Olimpiadi.
Imane Khelif sembra più tecnica e scattante, in altre parole più brava dell’ungherese, la potenza qui non sembra l’unico parametro. I tre round si susseguono senza drammi né colpi di scena, la pugile algerina prende sicurezza e assesta qualche colpo notevole. Alla fine il verdetto è unanime, 5 a 0 e qualificazione di Khelif per la semifinale.
Le due ragazze si abbracciano rapidamente, come per togliersi il pensiero, poi salutano il pubblico, e Khelif torna nell’angolo a stringersi ai suoi, che saltano di gioia.
A quel punto la pugile scoppia in lacrime, e ci vorrà qualche minuto prima che riesca a riprendersi. Si ferma una prima volta davanti ai microfoni, vorrebbe parlare ma l’emozione è troppo forte, non ce la fa. Qualche altro metro, e ci riprova ma niente. Molta gioia, soprattutto molto dispiacere da buttar fuori dopo essere diventata in pochi giorni una specie di fenomeno da circo.
«Ringrazio il mio allenatore Mohammed Chaaoua e il coach cubano Pedro Luis Diaz. Sono felice e orgogliosa per questa medaglia (almeno il bronzo è assicurato, ndr) dopo tanti anni di lavoro. È in gioco l’onore e la dignità di tutte le donne. La federazione internazionale mi ha fatto un torto, ma io ho Allah con me».
(da Il Corriere della Sera)
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