IL DRAMMA DEL PD: “COME FACCIAMO A STARE NELLO STESSO GOVERNO CON BRUNETTA E LA GELMINI MINISTRI?”
BERLUSCONI FA IL NOME DI AMATO E CHIEDE PROPRI MINISTRI PER UN GOVERNO FORTE
Il totoministri s’inabissa nel giorno cruciale delle consultazioni di fronte alle paure del Pd: “Come facciamo a stare nello stesso governo con Brunetta e la Gelmini ministri? Si dice che anche la Santanchè voglia farne parte”.
Ma il nodo della formula e della composizione dell’esecutivo, di scopo e non politico, e con personalità “non attive in Parlamento”, secondo la definizione democratica della “bassa intensità partitica”, è soprattutto legato al duello tra Giuliano Amato ed Enrico Letta per la poltrona di premier.
Il capo dello Stato dalle otto di ieri sera ha avuto tutta la notte per pensarci e trovare una soluzione.
Il favorito resta il Dottor Sottile già craxiano, cioè Amato.
Il suo nome è stato l’unico a essere pronunciato nel giro-lampo di Napolitano.
A farlo, il Cavaliere in persona, che poi è uscito un po’ cupo in viso.
Il Pd ha messo in giro questa versione dell’incontro tra il capo dello Stato e B.: “Napolitano è in difficoltà perchè a questo punto Amato è il nome di Berlusconi”.
Versione completamente ribaltata da chi ieri ha parlato con il Cavaliere a Palazzo Grazioli: “È il Pd che non vuole Amato perchè non lo reggerebbe. Loro non vogliono un governo forte e politico con ministri nostri e sono in difficoltà sulla restituzione e sull’abolizione dell’Imu. Non siamo così tanto sicuri che il governo nasca”.
In ogni caso, il Pdl è pronto a mettere in campo una delegazione governativa al massimo livello, guidata dal segretario Angelino Alfano e con dentro anche i due capigruppo parlamentari: i due Renati, Schifani e Brunetta.
In ribasso, invece, le quotazioni di Mariastella Gelmini e Gaetano Quagliarierello.
In compenso vanno su i nomi di Mara Carfagna e Raffaele Fitto, l’ex governatore pugliese molto attivo nella gestione del partito.
La questione, appunto, è legata alla tenuta del Pd, sia sul nome di Amato, sia sulla coabitazione dei democratici con Brunetta e la Gelmini, tanto per fare l’esempio più ricorrente.
Ma l’asse tra Napolitano e Berlusconi sembra aver resistito alle fibrillazioni di ieri.
Il primo nome fatto cadere dal Cavaliere è stato quello di Matteo Renzi. Il no di B. è stato perentorio: “È il nostro prossimo competitor, non possiamo permetterglielo”.
Poi il colloquio al Colle con Napolitano e l’endorsement per Amato, cancellando così anche l’ipotesi di Enrico Letta.
Nel Pdl, l’incarico al vicesegretario dei democrat, che comunque darebbe il via libera a una formula piena e politico dell’esecutivo, minerebbe il concetto di “pari dignità ” e sarebbe una riduzione per il segretario Alfano, costretto a fare il secondo di Letta.
Il dilemma tra Amato e Letta è quindi decisivo per capire quale sarà il contributo del Pd alla formazione del governo.
In pole position ci sono ancora le personalità che non siedono più in Parlamento ma sono ancora impegnate in politica: Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Luciano Violante, Pier Luigi Castagnetti.
Per D’Alema sarebbe naturale la casella degli Esteri, per la quale sarebbe in corsa anche Mario Monti. La presenza dell’attuale premier però non è scontata.
La sua ambizione non è in discussione, il problema sono gli altri alleati che non lo vorrebbero: il gioco dei veti incrociati in queste ore riguarda anche il professore.
Per i centristi di Scelta Civica uno dei nomi sicuri è quello del ciellino Mario Mauro, uno dei dieci saggi nominati dal Colle alcune settimane fa.
Dopo il no della Lega, si abbassano a zero, invece, le chance del saggio del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, che ieri ha scortato il segretario Roberto Maroni al Colle.
Sul fronte dei tecnici sicura l’uscita della Severino, oggi Guardasigilli, mentre dovrebbero restare al loro posto Cancellieri (al Viminale) e Moavero Milanesi.
I boatos di Palazzo continuano infine a riferire di una poltrona all’Economia per Saccomanni, il numero due di Bankitalia.
Ma tutto dipende da chi sceglierà stamattina il capo dello Stato.
Fabrizio D’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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