“IL GOVERNO E’ FAVOREVOLE”. EVVAI CON L’IMMUNITA’ AL SENATO
LO SCUDO PASSA IN COMMISSIONE… POTRà€ SERVIRE ANCHE A NAPOLITANO… LE NORME SULL’ANTICORRUZIONE SLITTANO ANCORA (DOPO LA METà€ DI LUGLIO)
Venti minuti, poche obiezioni, un assenso convinto e la commissione Affari costituzionali approva l’emendamento di Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, i relatori di una riforma che trasforma la Carta: viene introdotta (o confermata) l’immunità per i futuri senatori, che poi senatori non sono, ma consiglieri regionali, sindaci e nominati.
Il Partito democratico ha votato compatto, assieme ai berlusconiani (con l’eccezione di Augusto Minzolini), ai leghisti e ai centristi-alfaniani misti.
Sel e M5s contrari.
Il ministro Maria Elena Boschi, presente in Commissione, ha concesso al tema un centinaio di secondi, in tre ha riassunto: “Il governo è favorevole”.
Scomparso l’imbarazzo; pareva asfissiante un paio di settimane fa. Poi s’è scoperto che la protezione ai senatori aveva il timbro di Matteo Renzi, di un gruppo di democratici e, ricordano, di svariati costituzionalisti consultati in Commissione.
Il bersaniano Miguel Gotor ha assistito a questi venti minuti, che avranno tempi supplementari in aula.
Convinto, per nulla pentito: “Il Senato che aveva pensato Renzi non aveva poteri, noi abbiamo ripristinato le funzioni legislative, di controllo e di garanzia e abbiamo bisogno di un ombrello”. Perchè, Gotor?
“Per — chè? Io sono quasi sicuro di essere ascoltato in questo mo mento. Viviamo in un paese con precedenti eclatanti di spionaggi illegali”.
E i politici locali che non saranno tra i fortunati 100, non sono discriminati?
“La questione è stata aperta, ma non era possibile trovare una soluzione”.
Con disprezzo per il pericolo, e per il cortocircuito normativo, la Commissione voleva coinvolgere la Consulta: in via informale, ma non interlocutoria, la Corte ha fatto sapere che non vuole cadere in impicci politici.
E non vuole sbrigare questioni che non le competono: creare una sezione per accogliere o respingere le richieste dei Tribunali non avrebbe senso. Non è possibile.
Per il governo non c’era neanche l’esigenza di disturbare la Consulta: l’immunità non è “dirimente” per le ri- moforme.
Anna Finocchiaro è in perfetta sintonia con Palazzo Chigi e il cosiddetto patto del Nazareno (allargato ai leghisti- alfaniani): “L’immunità non c’entra nulla con il mezzo di elezione. Non è cambiato niente rispetto alla Costituzione vigente, così come riformata nel ’92”.
Ma il Senato sta per cambiare. I Cinque Stelle dicono che l’immunità è uno sfregio al dialogo dei cittadini: “Non sanno neppure se i componenti saranno eletti o meno”.
Il governo non vuole cedere sul Senato elettivo nè tantomeno l’alleato Silvio Berlusconi è ricettivo.
Renzi ha spedito una missiva, un elenco di buoni propositi ai Cinque Stelle e rimette i contrasti in sospeso.
Ancora qualche giorno in Commissione, poi la settimana prossima la riforma sarà in aula.
E in aula, però, non ci sarà il disegno di legge anticorruzione.
Precedenza al Senato che corregge se stesso. Il ripristino (o la tutela) di una guarentigia costituzionale di Palazzo Madama potrebbe tornare utile anche a Giorgio Napolitano che, dimissionario a breve o dimissionario più tardi, potrà usufruire dell’ar — ticolo 68 quando non alloggerà più al Colle.
Ai magistrati di Palermo che lo volevano interrogare in qualità di testimone della trattativa Stato- mafia, il presidente della Repubblica inviò una lettera: “Non ho nulla da riferire”.
E nulla ha riferito.
Da senatore a vita senza immunità avrebbe riferito. Adesso non più. O mai più.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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