IL MALESSERE DI UDC E FLI CONTRO “BONDI-TORQUEMADA”
I CENTRISTI DIFENDONO CESA E BUTTIGLIONE… CASINI: “NON ROTTAMO”… IN FORSE LA LISTA DI FINI
Il nuovo anno del centro montiano si apre all’insegna della tensione, con l’Udc in rivolta sotterranea e Pier Ferdinando Casini in grande freddo con il premier in carica.
A gelare i rapporti è il ruolo che il Professore ha affidato a Enrico Bondi, commissario del governo per la spending review.
L’incarico di supervisore dei curriculum innervosisce gli aspiranti parlamentari, che si sentono osservati, studiati, giudicati e temono di essere respinti col bollino di «impresentabili».
Tanto che i centristi hanno preso a paragonare Bondi a Torquemada, il grande inquisitore spagnolo dell’epoca dei re cattolici.
Casini, in un’intervista ad Avvenire – oltre a gelare le aspettative del Pd mandando a dire a Bersani che «sarà premier solo se avrà la maggioranza alla Camera e al Senato» – chiarisce la definizione delle liste: «Ci sarà un rinnovamento profondo ma non la rottamazione di persone onestamente impegnate in politica».
La tensione è alta, al punto che l’Udc due giorni fa avrebbe minacciato lo strappo, nel tentativo di smussare le forbici del commissario.
Per dire del clima, il 31 dicembre sul sito Formiche.net – rivista fondata dal giornalista Paolo Messa, consigliere «pro tempore» del ministro Corrado Clini ed ex portavoce di Marco Follini quando era segretario dell’Udc – è spuntato un articolo che parla di Bondi come di un «tagliatore di teste» e definisce «giacobina» l’idea di «consegnare il potere di decidere chi deve sedere in Parlamento a un soggetto terzo».
Quel che i centristi non accettano è il veto sul nome del segretario Lorenzo Cesa per i suoi trascorsi guai giudiziari, risolti in prescrizione.
Nè intendono cedere alla richiesta di Bondi, e dunque di Monti, di convincere al passo indietro il presidente Rocco Buttiglione, sulle cui spalle gravano ben più di tre lustri di Parlamento.
Il braccio di ferro va avanti da giorni, con Bondi che insiste e Casini che resiste, determinato a non cedere sovranità al punto da farsi imporre le candidature da fare e quelle da evitare.
Il punto, per via Due Macelli, è che non sono chiari i criteri di selezione e che il partito «è sì disposto ad accettare il vaglio di Bondi, ma non può lasciar passare il fatto che alcuni nomi siano considerati tabù».
Giorni fa al tavolo delle trattative si era pensato di confinare al Senato indesiderati, naufraghi e riciclati del Parlamento, ma con la lista unica il Professore ci ha ripensato: i nomi più discussi, sempre che riescano a scampare alla ghigliottina di Bondi, dovrebbero dunque finire nelle liste dei rispettivi partiti alla Camera.
È il caso ad esempio di Italo Bocchino: Monti non ha dimenticato la dichiarazione un po’ avventata con cui, un anno fa, il vicepresidente di Fli rischiò di far saltare il suo governo sul nascere proponendo un esecutivo Monti senza il Pdl per il 2013.
Alla Camera il premier non intende schierare politici, se non nella lista Udc e in quella di Fli.
Ma nulla è ancora deciso, non si sa ancora se Gianfranco Fini riuscirà a presentare la sua lista… Le ragioni che tengono i finiani col fiato sospeso sono diverse, non ultimo il fatto che lo stesso leader teme una conta dolorosa nelle urne.
Nel listone del Senato finirebbero dunque quei parlamentari uscenti rimasti apolidi, come Mario Mauro o Pietro Ichino.
Oltre a Casini, che ha «prenotato» uno scranno a Palazzo Madama, traslocherebbe al Senato anche il capogruppo di Fli Della Vedova, tra i più accesi sostenitori della lista unica.
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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