IL PARACULISMO MELONIANO SU ISRAELE: ALLA RIUNIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, IL VICEPRESIDENTE RAFFAELE FITTO SE NE È ANDATO NEL MOMENTO IN CUI VON DER LEYEN HA POSTO IL TEMA DELLE SANZIONI EUROPEE ALLO STATO EBRAICO, COME RISPOSTA AL MASSACRO IN CORSO A GAZA
UN GESTO PER MANIFESTARE LA CONTRARIETÀ VERSO LA DECISIONE DI URSULA DI COLPIRE IL GOVERNO DI NETANYAHU… LA CAMALEONTE MELONI NON VUOLE SOSPENDERE I RAPPORTI COMMERCIALI CON ISRAELE, CONSIDERATI STRATEGICHE PER DIVERSI SETTORI E PENSA A TUTELARE SOLO I POTERI FORTI… LA PROSSIMA SETTIMANA IL CONSIGLIO DELL’ONU È CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE COSA FARA’ LA “GIORGIA DEI DUE MONDI”? GIA’ LO SAPPIAMO
È quando Ursula Von der Leyen dichiara di voler passare a discutere del punto più
importante della giornata – le sanzioni a Israele – che Raffaele Fitto decide di lasciare il collegio dei commissari europei, riunito ieri a Bruxelles. Non partecipa, si assenta, proprio in quel momento.
Un gesto per manifestare la contrarietà verso la decisione della presidente tedesca della Commissione europea di procedere contro il governo di Benjamin Netanyahu.
In realtà un voto non era previsto e non c’è stato. Al tavolo dei commissari chiunque però avrebbe potuto dichiarare di non essere favorevole, su una parte o su tutto il pacchetto ideato per costringere Tel Aviv a fermare il massacro a Gaza. Fitto ha scelto la strada, a suo modo più eclatante (anche per il suo ruolo di vicepresidente) di allontanarsi quando si è arrivati ad analizzare la proposta di Von der Leyen.
In teoria il commissario non risponde al mandato del governo del Paese che lo ha indicato. Ma è indubbio che la scelta di Fitto sia in linea con la posizione espressa più volte da Giorgia Meloni sulle sanzioni europee e che ieri ha avuto una prima formalizzazione durante il Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti, a cui partecipano gli ambasciatori degli Stati membri e che prepara il Consiglio dell’Unione europea.
L’Italia è stata tra i Paesi che hanno preso la parola. L’ambasciatore Vincenzo Celeste ha preso nota delle proposte contenute nel pacchetto, ha ricordato il sostegno italiano alla
risoluzione Onu sulla Palestina per la soluzione dei due Stati, ha ribadito di essere d’accordo con l’adozione di sanzioni contro i coloni violenti e ha riferito che il governo di Roma è anche «disponibile a parlare di sanzioni contro i Ministri estremisti israeliani».
Restano i tanti dubbi sulla sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’Accordo di Associazione tra Ue e Israele.
In sostanza, come previsto, Meloni vorrebbe provare ad affossare la parte delle intese economiche, considerate troppo importanti e strategiche per diversi settori, consapevole che sulle altre sanzioni – contro i ministri ultraortodossi e i coloni che hanno occupato i territori palestinesi – servirà l’unanimità in Consiglio, che al momento non c’è per il veto del primo ministro ungherese Viktor Orban.
Sul commercio è necessaria, invece, una maggioranza qualificata. L’Italia rimane in asse con la Germania, dentro la minoranza di blocco assieme a Ungheria e Repubblica Ceca, in grado di impedire l’entrata in vigore del regime sanzionatorio.
Di fatto l’intenzione di Meloni è di sfruttare le prossime settimane di trattative per rallentare il via libera, nella speranza che l’operazione a Gaza si fermi. Nel frattempo a Palazzo Chigi si ragiona delle modifiche che il governo proporrà, alla ricerca di un compromesso da discutere prima del Consiglio degli Affari esteri e del Consiglio europeo di fine ottobre.
L’interscambio con Israele è valutato come troppo importante, per le ricadute che la sospensione degli accordi avrebbero su diversi comparti, come agroalimentare, macchinari, tech e movimento dei capitali.
Meloni prima vuole capire fino a che punto intende davvero spingersi la Commissione, quanto peserà la volontà di Von der Leyen di dare un segnale a Netanyahu (e indirettamente al presidente americano Donald Trump, che sostiene la campagna militare israeliana), per poi procedere con la richiesta di una rimodulazione delle sanzioni, puntando a ridurre al massimo le merci da colpire.
(da La Stampa)
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