INTERVISTA A SERGIO ROMANO: “L’ITALIA SI TENGA STRETTA ALLA UE, LA MALATTIA ITALIANA PUO’ FARE MALE A TUTTA EUROPA”
L’AMBASCIATORE REGISTRA UNA “CRISI DEL MODELLO DEMOCRATICO”
Si chiama l’Ambasciatore quando la crisi di governo italiana si attorciglia oscuramente e si ha bisogno di osservarla anche un po’ dal di fuori, considerando lo spazio che l’Italia occupa oggi sulla cartina geografica del mondo: “La novità di questa crisi” dice Sergio Romano, “è che avviene in un contesto del tutto diverso da quello delle crisi della Prima Repubblica, contrassegnate dallo sfondo della Guerra Fredda. C’è la pandemia, certo. Ma, per la prima volta, si è anche manifestata una sovranità europea, di cui l’enorme quantità di soldi stanziati per il Recovery Plan sono una testimonianza inedita. La crisi italiana preoccupa seriamente l’Europa perchè se l’Italia farà un cattivo uso dei soldi che le sono stati elargiti non sarà solo un problema italiano: sarà un grande fiasco europeo, dal momento che la prima iniziativa sovrana dell’Europa politica verrebbe marchiata da un fallimento. Ecco perchè la malattia italiana può far male a tutta l’Europa”.
Dopo oltre trent’anni da quando ha smesso di esercitare la professione, Sergio Romano è ancora per tutti l’Ambasciatore, anche se il suo lavoro non è più quello di spiegare l’Italia al mondo, ma quello di spiegare il mondo agli italiani: “Quando ho lavorato in Francia e Gran Bretagna, avevo il dovere di raccontare le crisi politiche italiane ai nostri alleati. Circostanza che avveniva con una certa regolarità . Me la cavavo raccontando qualche bugia, e insistendo sul fatto che l’Italia bene o male è sempre riuscita a superare le difficoltà , e senza mai compiere delle scelte internazionali dannose per i nostri alleati”.
Oggi è diverso?
Oggi la crisi è più grave perchè avviene nel contesto di una pandemia e di una frenata economica che rende la situazione più grave per tutti. Dal punto di vista politico, l’Italia ha sempre sofferto di instabilità . Il problema potrebbe diventare disastroso se la crisi politica avesse una ricaduta sull’economia. Il ruolo politico dell’Italia nel mondo si è molto ridotto nel corso degli anni. Quello economico, invece, no. Siamo ancora una potenza economica mondiale. E, per ora, non c’è motivo di credere che smetteremo di esserlo.
Come spiegherebbe questa crisi?
Considerando, innanzitutto, che è una crisi che si inserisce in una crisi più grande: la crisi del modello democratico. Soprattutto, parlamentare. Pochi mesi fa abbiamo assistito alla paralisi della Camera dei comuni britannica, la casa madre del parlamentarismo mondiale, per ordine del primo ministro Boris Johnson. Ma i sintomi di questa crisi sono ovunque e sono diventati plateali quando il Parlamento della più grande potenza mondiale, gli Stati Uniti d’America, è stato preso d’assalto da bande anche armate. È il segno che la democrazia non sta funzionando. Almeno, non come dovrebbe.
Allora la crisi italiana è più inquietante di quello che sembra.
Un momento. L’Italia e l’Europa sono state già attraversate da una crisi del modello parlamentare: è avvenuto all’inizio del secolo scorso e l’esito è stato la nascita di un certo numero di regimi autoritari: Mussolini in Italia, Hitler in Germania, Francisco Franco in Spagna, mentre la Francia si salvò per un soffio. Quei regimi non furono sconfitti dai parlamenti, ma nei campi di battaglia. Oggi di crisi ce n’è un’altra.
E questo non la inquieta?
Meno di quanto mi avrebbe inquietato all’inizio del secolo scorso.
E perchè?
Perchè il ricordo dei regimi totalitari è ancora vivo in tutta Europa e quindi il modello autoritario è un modello in fin dei conti inutilizzabile. In più, c’è l’Europa.
Ma come fa l’Europa a non essere investita dalla crisi del modello democratico di cui è figlia?
Perchè è in crisi il modello parlamentare nazionale, non quello sovranazionale. Al contrario, la crisi dei sistemi democratici nazionali è un incentivo al consolidamento della sovranità europea, poichè l’Unione Europea può offrire agli stati nazionali una via d’uscita dalle difficoltà che attraversano i loro sistemi democratici.
Lei vede questa consapevolezza nelle classi dirigenti europee e italiane?
In questo campo quello che spero tende a influire sulla mia analisi, e non vorrei che i miei desideri prendessero troppo il sopravvento sulla realtà . Però osservo che l’Europa ha assunto via via sempre più consistenza. Le persone la riconoscono, confidano in essa.
Eppure, sui vaccini l’Europa non è stata impeccabile. La Russia ha il suo vaccino, la Cina anche, e anche gli Stati Uniti sono davanti a noi.
Non c’è stata in Europa la coesione che avevamo il diritto di aspettarci. Tuttavia, la situazione che stiamo affrontando è tutt’altro che ordinaria, ed è comprensibile che l’Europa sia stato colta di sorpresa. Il fatto nuovo, però, è che ha comunque risposto come Unione europea e non come somma di stati nazionali.
È ottimista?
Sono soddisfatto della sovranità che l’Europa sta creando.
E per l’Italia?
Finchè l’Italia starà dentro l’Europa, si ridurranno i motivi per pensare negativamente al nostro futuro. Anche nel pieno di una crisi di governo. Qualora l’Italia dovesse allontanarsi dall’Europa, invece, il mio umore sarebbe molto diverso, e assai peggiore.
(da “Huffingtonpost”)
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