JOBS ACT, TANTI DATI (E RUMORE) PER NULLA
I POSTI IN PIU’ IN REALTA’ SONO SOLO 7.235
Ancora un’altra serie di numeri e dati utilizzati per dimostrare la bonta del Jobs Act.
Si tratta di numeri ufficiali, che derivano direttamente dalla fonte naturale, il ministero del Lavoro: “Le comunicazioni obbligatorie” relative al mese di aprile 2015 e che descrivono “le dinamiche dei contratti di lavoro”.
Sulle agenzie e i siti internet si è letta subito la cifra di 210 mila posti di lavoro in più. Guardando meglio si scopre che i posti in più sono 7.235.
Una guerra di numeri, di interpretazioni che ormai sta stancando.
La tesi ottimistica, infatti, mette a confronto le oltre 756 mila attivazioni di contratti registrate a luglio con le 546 mila cessazioni.
Il saldo attivo, dunque, è di 210 mila.
Ma nell’aprile 2014, segno di una regolarità di quest’andamento, il saldo tra attivazioni (717 mila) e cessazioni (514 mila) era stato di circa 200 mila unità .
Quindi non c’è molto di nuovo.
Il dato analiticamente più corretto per misurare l’effettiva capacità di creare nuovi posti di lavoro è quello relativo al saldo tra attivazione-cessazioni del 2015 in rapporto alle attivazioni-cessazioni del 2014.
Fatte le somme, viene fuori la cifra di 7.235 nuovi contratti.
Tanta fatica per niente, si potrebbe dire.
Quello che va effettivamente riconosciuto è altro: il saldo attivo relativo ai contratti a tempo indeterminato.
Rispetto all’anno precedente, ad aprile 2015 crescono di 48 mila unità .
Anzi, la crescita sarebbe ancora maggiore se consideriamo che nell’aprile 2014 il saldo tra cessazioni e attivazioni era favorevole alle prime di oltre 4 mila unità .
Allo stesso tempo, diminuiscono di circa 25 mila unità le attivazioni di contratti a tempo determinato.
Quindi la tendenza a stabilizzare i rapporti di lavoro esiste. Ma i nuovi contratti, quelli stipulati senza articolo 18, quindi con un licenziamento sempre in vista, quanto possono essere davvero considerati a tempo indeterminato?
E quanto pesa il fatto che per ogni nuova assunzione le imprese possono godere di un beneficio fiscale fino a 8000 euro l’anno?
Domande già fatte su dati già visti.
Meglio, allora, concentrarsi sull’andamento della disoccupazione e su quanti posti di lavoro, veri e nuovi, saranno creati d’ora in poi. Il resto sono cifre che contano poco.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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